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Autore: Apricot    06/08/2011    1 recensioni
Si, la sua voce era morbida, calda, familiare ed elegante proprio come il velluto rosso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'autunno si stava facendo sentire. Il venticello che passava tra le foglie degli alberi ancora attaccate non era caldo come una volta. Era freddo. Ti penetrava nella pelle e potevi sentire le ossa ghiacciarsi.
A Holmes Chapel non c'è mai bel tempo d'autunno.
Avevo male alla testa; e quando hai mal di testa è come se ogni minimo suono che senti sia amplificato di un bel po' di decibel.
Sentivo il tonfo delle foglie rosse e secche che cadevano sul marciapiede. Sentivo il rumore del vento che si intrufolava in camera mia dagli spifferi della finestra.
Mi accovacciai sul mio letto e posai lo sguardo aldilà del vetro freddo e un po' appannato della finestra. Il paesaggio troppo familiare mi dava la nausea. Di tanto in tanto passava un double-decker vuoto che portava via le foglie dalla strada.
Il sole non brillava più da quando ero ritornato, e delle orrende nuvole nere coprivano l'intero cielo. Si sarebbe sicuramente messo a piovere entro qualche secondo.
La pioggia. Odiavo la pioggia. Non è vero che ti fa sentire meno solo. Non è vero che ti lava via i pensieri tristi i peccati o quant'altro. Sono tutte cazzate. Sono sempre state tutte cazzate.
Avevo sempre avuto solo due certezze nella mia vita; la prima era che la pioggia faceva davvero schifo, la seconda era Ronnie.
Dunque mi tolsi il maglione che indossavo. Mi guardai allo specchio del bagno. Fissai il mio corpo. Non era più il corpo di una volta. Era più robusto, più muscoloso. Questo mi spaventò.
Ero cambiato persino fisicamente.
Corsi giù per le scale, aprii la porta e mi buttai in mezzo alla strada sotto la pioggia.
Gridai. Gridai con tutta la voce che avevo. Non mi importava niente che erano le 4 del mattino. Non mi importava niente della quiete pubblica e tanto meno del fatto che ero mezzo nudo.
Fu il grido più lungo della mia vita.
Un grido mischiato alle lacrime, all'impotenza e alla rabbia.
Ingredienti indispensabili per sentirsi disperati.
Caddi in ginocchio gridando il suo nome. E in quell'urlo di disperazione c'era tutto me stesso. C'era tutto l'amore che provavo ancora per quella persona. C'era tutta la vita mia vita. C'era lei, e questo era sufficiente.
Sentii il freddo di quella gelida notte di settembre invadermi il cervello, finché tutto dentro di me non si ghiacciò. I miei piedi, le mie mani, le mie spalle, il mio cuore, io. Io ero diventato di ghiaccio.
Feci una promesso a me stesso, una promessa che sapevo benissimo non avrei mantenuto. Giurai di non amare mai più nessuno nella mia vita, nessuno.
Sapevo di mentire quando pronunciai uno stridulo e soffocato 'giuro!'.
Quella promessa si sciolse in qualche pozzanghera di Holmes Chapel, e rimase lì, sola, al freddo, vuota, proprio come me.
 
Mi risvegliai nel mio letto. Avrei pensato fosse stato solo un incubo se non appena tentai di tirare su la testa non avessi sentito un dolore lancinante.
Mi facevano male tutte le ossa. Accanto al mio letto c'erano tre pacchetti di farmaci e una tisana bollente.
Mi tirai su a fatica e appoggiai la schiena contro il muro.
Dato i primo sorso alla tisana entrò mia madre in camera.

-Harry! Santo cielo come stai?-


-Sono stato meglio.-


-Ma sei pazzo? Cosa cavolo ti è saltato in testa? -


-Cosa?-


-Per quale assurdo motivo i vicini ti hanno ritrovato questa mattina raggomitolato sull'asfalto bagnato? Che diavolo ci facevi lì? Ma che cos'hai nella testa?-


-Scusa io non credevo di essermi addormentato per terra.-


-Più che addormentato suppongo che tu sia svenuto! Si può sapere cosa ti prende Harry?-


-Io volevo solo... non intendevo...non lo so.-


Mi madre si sedette affianco a me e mi prese la mano.

-Capisco quello che stai passando, Harry. Però non puoi rimanere qui per sempre. Non puoi non sentirli più, e questo lo sai.-


-Si, lo so.-


-Da quant'è che non li senti? Harry, sono i tuoi migliori amici!-


Girai la testa dalla parte opposta e abbassai lo sguardo. Non volevo ammettere che era da quando ero scappato via da Londra che non mi facevo sentire. Avevo spento definitivamente il cellulare dopo aver ignorato la sesta chiamata, non avevo acceso il computer e non avevo messo piede fuori di casa.

-Io non li voglio più sentire.-


-Si che vuoi farlo, lo so. E se solo tu dessi loro la possibilità di spiegare sono sicura che le cose si sistemerebbero.-


-No mamma! Tu non capisci! Le cose non si sistemeranno! Io non posso far finta che non sia successo niente! Non ci riesco!-


-Come fai a dirlo se non ci hai nemmeno provato! Amore, fammi una promessa.-


-Cosa?-


-Tu telefonerai ad almeno uno di loro, almeno uno. Parlerai con lui e vi vedrete.-


-Non posso!-


-Si che puoi! E lo farai.-


La guardai negli occhi. Quello sguardo mi scaldò e mi diede conforto molto più di quel che mi aspettassi.

-Promettimelo!-


-Va bene, promesso!-


-Il concetto che volevo rimanere da solo le era chiaro, così uscì dalla mia stanza dopo avermi dat o un bacio sulla guancia.

-Ah, Harry!-


-Si?-


-Cerca di non tentare il suicidio di nuovo per favore!-


Sorrisi.

 -Va bene.-

  
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