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Autore: Fuffy91    07/08/2011    2 recensioni
“ Ehi, avete sentito la novità? Quest’anno ci saranno nuovi arrivati ad Hogwarts.”
Disse Ginny, sedendosi accanto ad un’assorta Hermione.
“ Come ogni anno.”
Disse laconico Ron, con la bocca impegnata a masticare l’ennesimo boccone di brioche.
“ Non intendo solo i bambini del primo anno, ma proprio di nuovi studenti.”
“ Sono ragazzi provenienti da un’altra scuola, esattamente la Woodgreen High Magic School.”
Specificò Hermione, riponendo il giornale di lato.
“ La cosa?!”
Esclamarono Harry e Ron in contemporanea.
“ La Woodgreen High Magic School. E’ una scuola molto prestigiosa, che possiede gli stessi metodi di insegnamento di Hogwarts, solo più duri ed impegnativi. È divisa anche lei in case, ma sono solo due. Questo vi fa capire quanto sia altolocata. So anche che gli studenti del primo anno, vengono sottoposti ad un test per essere ammessi e se non lo superano, vengono rimandati al prossimo anno.”
SALVEEEEEEEEEEEE!!! SI, NON E' UN FANTASMA CHE VI PARLA, SONO PROPRIO IO, LA VOSTRA FUFFY91!!XD ASCOLTATE, TRATTENETE IL FIATO E FATE RULLARE I TAMBURI, PERCHE' STO TORNANDO! PER FARMI PERDONARE PER LA PROMESSA MANCATA, AGGIORNERO' SABATO 6 AGOSTO!! NON MANCATE! BACIIIIIIIIIIII!!! FUFFY91!! ^________^***
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Da VII libro alternativo
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Capitolo 14

Il mattino dopo, Harry si risvegliò nel letto improvvisato della camera degli ospiti, senza ricordare come ci fosse arrivato, le orecchie piene dei bisbigli femminili, provenienti dalla stanza accanto, e del respiro pesante di Ron che, durante la notte, aveva allungato il braccio verso il suo viso, spiaccicandogliene il dorso sulla guancia destra. Il corpo di Daniel era posto di fianco, il viso sereno volto verso di lui, ancora immerso in un sonno profondo.

Una volta toltasi gentilmente la mano di Ron dal volto, provocando nell’amico solo un rantolo soffocato, Harry si alzò dal letto, rabbrividendo al contatto diretto con l’aria fredda. Grattandosi il capo ed inforcati gli occhiali sul naso, si chiese che ora fosse. Guardò fuori dalla finestra e vide i raggi del sole già caldi e splendenti, illuminare il comò in legno antico e i petali delle stelle di Natale poste nel vaso ad angolo.

Prese l’orologio da polso e costatò con stupore che erano già le undici passate. Era comprensibile che avesse dormito fino a tardi, dopotutto, l’altra sera, si erano attardati fino all’ultimo, alla festa dei gemelli White. Scosse la testa, ancora incredulo di fronte alla scoperta che la White avesse un gemello, Jonathan, che era così diverso, almeno caratterialmente, da lei. Era proprio vero il detto che citava: la vita riserva molte ed inaspettate sorprese.

Non appena Harry varcò la soglia della cucina, da cui proveniva un’inconfondibile odore di sugo di pomodori freschi e carne al vapore, vide tutte le ragazze già in piedi, con ancora indosso la camicia da notte e la veste da camera.

Hermione era seduta di spalle alla cucina, con in braccio Grattastinchi che produceva rumorose fusa ad ogni sua distratta carezza, con gli occhi fissi sul Profeta della giornata e le orecchie ben tese ad ascoltare i discorsi delle sue amiche, visto che sorrise ad una battuta sulla White, opera di Mary. Quest’ultima, invece, era acciambellata sul divano, i capelli ricci indomabili più del solito, ma con un sorriso ampio e gli occhi lucidi di chi descrive un avvenimento che lo rende altamente felice. Ginny, che era seduta accanto a lei, le mani in grembo e la vestaglia rosata che le scivolava lungo la spalla, scoprendo il braccio nudo, appena lo vide corse ad abbracciarlo, dandogli il buongiorno con un bacio sulle labbra che riuscì a catapultarlo immediatamente nel mondo reale.

“ Hai visto? Che ti dicevo? L’amore è nell’aria, a Natale!”

Esclamò, con voce risaputa e con una punta di malizia, Mary, facendo scappare un breve risolino divertito ad una assorta Hermione.

Harry ci mise un po’ a capire che si stava rivolgendo ad Erin, indaffarata intorno ai fornelli. Sorrise nel constatare che l’elegante e femminile Erin, che aveva visto alla festa, si era ritrasformata nel maschiaccio ed iperattiva ragazza di sempre. Infatti, con indosso un pigiama rigorosamente rosso, con pantaloni in taglio bermuda, calze a righe bianche e rosse a nascondere le gambe altrimenti scoperte, maglione in pile con scollo a barca, che le lasciava scoperta una spalla, troppo grande per lei, visto che le calzava come un vestito intero, i capelli castano scuro arricciati sulle punte all’insù,

si voltò verso il tavolo, masticando una crosta di pane, immersa nel sugo, che le aveva macchiato in piccole gocce la bocca, e con in mano una padella, dove stava facendo girare una frittella.

Appena la vide, così invitante e fumante, la pancia di Harry borbottò all’istante, reclamandola a gran voce. Erin lo guardò sorridente e, facendola scivolare in un piatto, glielo offrì.

“ Tieni, mangiala pure. Le sto preparando per voi, ragazzi dormiglioni.”

Gli disse, per poi ritornare a trafficare in cucina.

“ Allora?”

Le chiese sibillina Mary, bisbigliandole nell’orecchio. Erin, mentre aggiungeva del sale alla nuova frittella che stava preparando, le lanciò un’occhiata fugace, la fronte aggrottata.

“Allora, cosa?”

Mary sbuffò, gesticolando.

“ Come cosa? Com’è andata con Jonathan?”

Le chiese schietta e desiderosa di sapere. Erin fece spallucce, per nulla turbata.

“ Non capisco cosa vuoi sapere.”

Le disse, con voce incolore. Mary storse la bocca, in una smorfia buffa, ma che rivelava tutta la sua impazienza, per poi attaccare ancora, con maggior energia.

“ Ieri sera, non avete fatto altro che parlare e avete addirittura ballato insieme. Ballato! Ti dice

niente la tua testolina, riguardo a questo?”

“ Mary, dove vuoi arrivare?”

Le chiese, con l’aria di conoscere benissimo la risposta. Mary la prese per le spalle, costringendola a guardarla negli occhi e, con espressione seria, le disse:

“ Jonathan è innamorato di te.”

Erin scoppiò a ridere, divincolandosi dalla sua stretta e ricominciando ad impastare nuove frittelle.

“ Si, certo! Molto divertente, Mary!”

Le disse, continuando a ridere. Mary si indispettì.

“ Non sto scherzando!”

Esclamò, cercando di sovrastare la sua risata. Erin si voltò ad osservare la sua postura rigida e il suo volto fumante, dicendole con un tono di voce che pretende ragionevolezza:

“ Oh, andiamo! Non puoi pensarlo davvero.”

“ Ah, si? E perché no? Erin, apri gli occhi: è chiaro come il sole, che quel ragazzo ha una cotta per te.”

Erin non ne sembrava per nulla convinta.

“ Se ti riferisci al vestito, alle scarpe e all’averci invitato a tutti i costi alla sua festa di compleanno, è ovvio che fosse un suo modo per fare amicizia. Plateale, certo, ma…insomma, hai visto anche tu, in che ambiente vive, circondato dal lusso e governato dall’etichetta. È evidente che, quel suo modo di comportarsi, sia una conseguenza di ciò che lo circonda. Per lui, è normale comportarsi così.”

Mary, con le braccia incrociate al petto, la guardò scettica.

“ Parli così, perché gliel’hai chiesto?”

“ No, ci sono arrivata da sola.”

Confermò i suoi timori Erin, visto il sorriso che apparve sulle sue labbra carnose.

“ Quindi, è una tua conclusone? Sbagliata, sicuramente.”

Erin sbuffò.

“ Basta, è ridicolo. Non voglio nemmeno ascoltarti. Un po’ di sciroppo, Harry?”

Harry, che era attento ai loro discorsi, inghiottì velocemente, una volta sentitosi chiamato in causa.

“ Si, grazie.”

La ringraziò, mentre la vide versargli dello sciroppo al cioccolato, sulla sottile frittella. Doveva ammettere, che Erin era proprio un’ottima cuoca.

“ Non è ridicolo, è la verità.”

Sentì replicare Mary, subito dopo.

“ Oh, senti, Mary, non stressarmi! Oggi è la Vigilia di Natale, dopotutto. E ci sono cose molto più importanti, di cui discutere.”

La rimbeccò Erin, lavando padella e stoviglie, con cui aveva cucinato.

“ Ah si? E cosa sarebbe?”

Erin si voltò a sfidare il suo sguardo scuro con le sue iridi nocciola.

“ Lady Zara.”

Le ricordò, facendola ammutolire ed abbassare lo sguardo a terra, arrossendo sotto le guance scure.

“ Si, hai ragione. Scusa.”

Erin si raddolcì, abbracciandola amichevole.

“ Non importa. Però, adesso, smettiamola di discutere.”

Mary annuì, prendendo una frittella fra le tante e cominciando a mangiarla con avidità, sedendosi accanto ad Hermione.

“ Nessuna novità, dal Ministero, sul suo conto. Sembra che il suo seguace non si sia fatto più vivo.”

Disse Hermione, riponendo il giornale da parte e bevendo dalla sua tazza del caffè ancora tiepido.

“ Parli di Sylver? Be’, del resto non ne hanno fatto menzione nemmeno quando ha attaccato Hogwarts. Sembra quasi, che non vogliano renderlo pubblico.”

Constatò Harry, traendo una lunga sorsata di succo d’arancia. Hermione lo guardò, impallidendo.

“ Se così fosse, vuol dire che non potremmo mai sapere cosa il Ministero, in effetti, stia facendo nei confronti di Zara. Mi riesce impossibile credere che la McGrannit non abbia avvisato il Ministro della situazione.”

“ Knigsley vorrà mantenere il silenzio stampa, per garantire l’ordine fra i cittadini. Del resto, è comprensibile, dato che la minaccia di Voldemort si è dileguata da poco.”

Le disse Harry, cercando di rassicurarla. Hermione guardò apprensiva Erin.

“ Spero solo che si stia muovendo, per proteggere Erin. Ieri, alla festa, ho riconosciuto due Auror di classe avanzata, mischiati tra gli invitati.”

“ Davvero? E quando?”

Le chiese Ginny.

“ Al banco delle bibite. Stavano appoggiati alle colonne, osservando i movimenti di Erin.”

Disse Hermione, quasi rassicurata all’idea. Erin, invece, ne era contrariata.

“ Non mi piace per niente, questa cosa. Io non ho bisogno di essere protetta. So farlo benissimo da sola.”

Disse quasi fra sé, e il suo tono irritato ebbe il potere d’innervosire anche Derek, che agitò le ali, sibilando minaccioso verso il vuoto, beccando il legno del trespolo dove era arpionato. Erin gli si avvicinò, accarezzandogli le piume variopinte, rasserenandolo.

“ Non dire così. E’ un bene, invece, che prendano la cosa seriamente. Non mi piacerebbe affatto, se archiviassero il tutto, non muovendo nemmeno un dito.”

Disse Hermione, accigliata.

“ Per quello che mi importa.”

Disse Erin, con una nota stizzosa nella voce frizzante. Hermione la rimproverò con lo sguardo.

“ Non essere superba, Erin. Tutti noi abbiamo sempre bisogno di una mano amica a cui aggrapparci.”

“ Si, lo so. Ma, sinceramente, Hermione, non mi va giù che il Ministero metta il naso nella mia vita.”

Le disse Erin, appoggiandosi al bordo della finestra, osservando con sguardo lontano il paesaggio innevato.

“ Prima o poi, sono convinta che Zara si farà viva, di persona. E quando lo farà, allora io…”

Sussurrò metallica. Quel tono nuovo, riportò Harry indietro con la mente, ai ricordi mostrati loro dalla Bane, sul conto di Ian Allen. In quel momento, l’amica non era mai stata così simile al padre, nell’adolescenza. La sua espressione era dura e splendente, la posizione fin troppo rilassata per essere naturale e quegli occhi color nocciola, non erano mai stati così ricolmi di sentimenti negativi come in quel momento e, tuttavia, non erano mai stati più attraenti.

Anche gli animali si erano accorti del suo cambio di atteggiamento. Grattastinchi aveva alzato il capo dal grembo di Hermione, osservandola circospetto, muovendo in larghe virgole la coda fulva. Derek emise un sibilo melodioso ma con gli occhi dorati spalancati e vigili sulla sua padrona, come se la vedesse per la prima volta, mentre il gatto Spazzola le cominciò a soffiare contro, con il pelo ritto, trattandola alla stregua di una nemica, nascondendosi dietro le gambe di Mary, impaurito.

“ Non avrai intenzione di ucciderla, vero Erin?”

Le chiese Daniel, ritto sulla soglia, le mani ai fianchi, i capelli castano ramato disordinati, lo facevano apparire un bambino ancora assonnato, ma la sua espressione intransigente, tradiva tutta la sua maturità. Erin si voltò ad osservarlo ed Harry sentì Hermione trattenere il fiato, di fronte al suo viso scuro e contratto.

Il pensiero di Zara bastava a scatenare il lato oscuro che risiedeva in lei, tramutando il suo aspetto mite e solare, in uno cupo e temibile. Del resto, suo padre era stato un mago devoto al male per molti anni, che poi si fosse pentito, grazie all’influenza dell’amore, quello era un altro paio di maniche. Tuttavia, i fatti non potevano essere mutati. Erin era il prodotto di un miscuglio di magia nera e magia bianca. Il miracolo era che la seconda avesse predominato sulla prima, richiudendola in un angolo oscuro della sua mente. Ma Lady Zara, era riuscita a destabilizzare quel delicato equilibro, rendendola nervosa ed ostile.

Erin non rispose alla domanda di Daniel, reclinando il capo e stringendo i denti. Il suo silenzio, valeva più di mille parole urlate a voce alta.

“ No, Erin. E’ sbagliato.”

Disse Hermione, ansimando, preoccupata.

“ Ha ucciso entrambi i miei genitori. Merita di morire non una, ma dieci volte.”

Disse glaciale Erin. In quel momento, era meno Erin che mai. Faceva quasi paura, la sua sottile e oscura determinazione.

“ Non puoi decidere della vita di un’altra persona.”

Disse Harry, con tono il più pacato possibile.

Erin si voltò, fulminandolo con lo sguardo. Sembrava che ci fosse una invisibile elettricità ad avvolgerla, emanata direttamente dalla sua persona. Ma Harry era abituato a ben peggio, tanto che sostenne senza sforzo il suo sguardo torvo.

“ Ha ucciso i miei genitori, Harry. Tu, più di tutti, dovresti capirmi.”

Harry si alzò lentamente, avvicinandosi a lei.

“ E’ vero.”

Ricominciò a parlare, ogni sillaba un passo verso di lei.

“ So quel che provi. Sei arrabbiata, terribilmente arrabbiata. Hai voglia di urlare fino a perdere la voce, di disintegrare tutto ciò che colpisce il tuo sguardo.”

Continuò, ormai tanto vicino da poterla facilmente toccare. Allungò un braccio e le strinse gentile la spalla destra.

“ Ma in cuor tuo, sai che è sbagliato desiderare la morte di Zara, solo per ricambiarla della sua stessa moneta.”

Erin lo guardò, negli occhi un’espressione quasi supplichevole.

“ Ma tu, hai ucciso Voldemort.”

Mormorò, abbattuta. Harry annuì.

“ Si, ma il mio era un caso ben diverso. Non ho avuto scelta. Era scritto che fossi io a farlo. Non che non  lo avessi voluto, ma più volte Silente mi ha ripetuto che l’amore e non l’odio lo avrebbe condotto alla sua fine. E così è stato. La mano di Voldemort, si è ritorta contro di lui. L’odio che lui stesso provava verso tutto e tutti, perfino verso se stesso, lo ha ucciso. Tu, vuoi essere come lui? Vuoi perdere te stessa per un insano desiderio di vendetta? Credi che i tuoi genitori, vorrebbero questo?”

Le chiese, quasi dolcemente. Erin abbassò il capo, scuotendo la testa, l’inflessibilità negli occhi nocciola, sciolta in un velo di lacrime.

“ No.”

Sussurrò, deglutendo e torturandosi il labbro inferiore con i denti. Harry le sorrise, asciugandole con le dita una lacrima silenziosa, che le rigava il volto.

“ Allora, non dimenticare chi sei, Erin. Perché la capacità di ammettere i tuoi errori e superarli, sarà la tua vera forza.”

Disse, sintetizzando quella che un tempo, era stata la filosofia di vita di Silente, che in molte oscure circostanze, era stata l’unico sbocco che gli aveva fatto ritrovare la luce.

Erin si sbilanciò verso di lui, stringendolo in un abbraccio riconoscente. Harry, per un attimo, rimase sorpreso, ma poi ricambiò l’abbraccio, cullandola come un fratello con la sorella minore.

“ Grazie.”

Gli mormorò, il viso nascosto nel suo petto. Harry fece spallucce, facendola ridere, mentre si distaccava da lui, asciugandosi le ultime lacrime.

Mary corse a riabbracciarla, anche lei commossa e lo stesso fece Hermione, trattenendola fra le sue braccia più del necessario.

Ginny si affiancò ad Harry, mostrandosi compiaciuta di lui con uno sguardo carico di significati, che si prodigò a sottolineare con l’incrocio delle dita delle loro mani.

“ Che succede? Mi sono perso qualcosa?”

Chiese Ron, sbadigliando e passandosi una mano fra i capelli rossi arruffati. Hermione corse ad abbracciarlo e a baciarlo, risvegliandolo di colpo.

“ Ehi, che bel buongiorno! A cosa lo devo? Uhm, ma quelle sono frittelle? Ho una fame…”

“ …che dovrai ignorare, visto che è tardi per fare colazione, per te. Coraggio, vestitevi, che è pronto in tavola.”

Disse Erin, ritornando a sorridere a tutti, luminosa come sempre. Harry sorrise, nel ritrovare in lei la vecchia Erin.

“ Svegliarsi fino a tardi, gustare ottimi pasti, evitando la colazione…oh, Erin! Io mi trasferisco da te. E’ il paradiso!”

Disse Ron, tuffandosi subito nel suo piatto di spaghetti al sugo, ingoiandone una gran forchettata.

Tutti risero della sua battuta, imitandolo subito dopo essersi vestiti in fretta. Quando Harry iniziò a gustare il primo pasto, Ron era già alla seconda portata.

“ Dopo pranzo, cosa facciamo?”

Chiese Mary, aiutando Erin a servire i secondi, costolette al vapore con contorno di patatine fritte e insalata mista.

Erin le sorrise, negli occhi quel brillio birichino che riusciva a strappare un sorriso anche alla più intransigente delle madri.

“ Andiamo a trovare il Dottor Daves, ovvio.”

Come Erin aveva anticipato, la residenza del Signor Daves era un castello diroccato e dall’aspetto tetro, messo in evidenza soprattutto dai Gargoile di pietra scolpiti sulle colonne a sostegno del cancello in ferro battuto, che si picchiavano a vicenda con piccole clave del medesimo materiale.

Per non parlare, del giardino arido e delle rose blu appassite che si inerpicavano sulla facciata principale della dimora, e degli innumerevoli corvi neri che gracchiavano rumorosi, volando in uno stormo disordinato, in tutte le direzioni. Harry si voltò ad osservare uno particolarmente grosso picchiettare con il becco appuntito sul legno vecchio dell’insegna fissata nel terreno fangoso, che citava a grandi lettere verde scuro ‘ Non calpestate le aiuole!’.

“ Aiuole? Ma quali aiuole? Se c’è solo erbaccia e fanghiglia tutt’intorno.”

Come a risposta al commento di Ron, la testa viola di una pianta carnivora uscì da un cumolo di neve, le fauci aperte, pronte a mordere il suo piede destro. Urlando per la sorpresa e lo spavento, Ron si scostò giusto in tempo, facendo picchiare la testolina dell’orribile fiore sul terreno in pietra, ripiegando su se stessa, barcollando stordita.

Intanto, altre piante carnivore si erano ridestate, muovendo lo stelo e la corolla di petali color pastello in onde frenetiche, come infastidite di essere state svegliate, così bruscamente. Ora quel cartello, ad Harry non sembrava poi tanto ridicolo.

“ Le Carnivore vanno in letargo, in inverno. Ma, se qualcuno per caso le calpesta svegliandole, sarebbero capaci di morderlo fino a lasciarne solo le ossa.”

Spiegò Erin, guidandoli verso le scale in pietra smussata, che conducevano all’alto portone nero d’entrata.

“ E’ terribile. Chi uomo sano di mente, pianterebbe nel proprio giardino piante di questo tipo?”

Chiese Ron, ancora frastornato.

“ Non sono poi tanto male. In primavera, ad esempio, sono tutte ritte e rigide, tanto da sembrare innocui tulipani. Ma, ovviamente, rimangono sempre facilmente irritabili.”

Continuò la spiegazione Erin, per poi arrestarsi di fronte al portone.

“ Eccoci qua. Speriamo ci sia. Di solito, durante le vacanze, passa il Natale da suo fratello, che vive a Londra.”

Disse Erin, picchiando il chiavistello della bocca di leone in acciaio, che rimbombò nella casa come un suono assordante d’organo. Harry non sapeva se ridere o ed esserne impaurito.

La porta si aprì all’ultimo stridio di corda minore, rivelando una donna sulla cinquantina, con profondi occhi verdi con pagliuzze castani intorno alla pupilla, viso cavallino, capelli crespi color biondo granato striati di grigio, acconciati in un molle chignon. Indossava un vestito lungo, a collo alto di velluto grigio, le mani dalle dita ossute incrociate in grembo, l’espressione arcigna.

Soppesò con lo sguardo ognuno dei ragazzi, soffermandosi principalmente su Erin, l’unica che le sorridesse cordiale, nonostante l’espressione dell’inquietante donna non mutasse di minuto in minuto. Harry si sorprese nel constatare che quella che sembrava essere una statua di sale vivente, fosse dotata di parola, nel momento in cui disse loro, con voce mortuaria:

“ Si?”

Erin lo prese come un buon segno, visto che, facendo un passo avanti, le rispose squillante:

“ Signora Darwin, buongiorno. Mi perdoni per la visita improvvisa, ma è la vigilia di Natale e non ho resistito al desiderio di porgere i miei auguri al Dottor Daves. È in casa?”

La Signora Darwin non emise un fiato, ma si limitò a rispondere con lo stesso volto impassibile e lo stesso lugubre tono di voce:

“ Si, è nel suo studio. Se vuole accomodarsi…al momento è libero.”

Erin annuì con vigore, superandola mentre lei, con una mano verso l’interno, si scostava per farla passare.

“ Si, la ringrazio molto. Ah, non le dispiace se ho portato con me alcuni amici…”

“ Affatto, signorina, affatto. Signorina Allen! Il cappotto.”

La richiamò, non appena mise piede sul lungo tappeto persiano, posto sull’ingresso e che ricopriva quasi tutto il pavimento dell’atrio, dominato da un’imponente scala centrale, che aveva due rampe che si congiungevano ad ‘U’ ai piani alti. Harry alzò gli occhi sull’alto soffitto in calcare lavorato, con affreschi di putti e ninfee, in stile quattrocentesco, che si rincorrevano allegre, gettandosi nelle acque cristalline dei laghetti, sfuggendo alle frecce d’amore dei piccoli, riccioluti cupidi.

Le pareti in marmo lucido erano ricoperte di quadri raffiguranti paesaggi o ritratti di famiglia, che li osservavano curiosi mentre gli passavano accanto. Una bambina con una ghirlanda di fiori sul capo biondo, sventolò una mano verso Erin, salutandola allegra, senza parlare. Erin la ricambiò, mentre consegnava ad un’altera Signora Darwin il suo cappotto. Harry fece altrettanto, quando la vide avvicinarsi a lui. In breve, quella che doveva essere la governante dell’imponente dimora Daves, fu carica di cappotti e sciarpe dei suoi amici. Un elfo domestico, sbucato praticamente dal nulla, con un lindo panno bianco al posto dei vestiti, prese i cappotti che la Signora Darwin gli porgeva, allontanandosi poi, un po’ barcollante e con solo le orecchie e il naso lungo e dritto visibili, verso l’altra ala della casa.

“ Ciao, Mordim!”

Lo salutò calorosa Erin. L’elfo si voltò verso di lei e spalancando gli occhi a palla marroni, emise uno strillo acuto e terrorizzato, per poi smaterializzarsi, dopo una breve corsa.

Erin si voltò verso i suoi amici sconvolti, ridendo sotto i baffi.

“ E’ timidissimo.”

“ Non dovrebbe parlare con i nostri elfi domestici, signorina Allen. È sconveniente, oltre che improduttivo, visto che non amano essere al centro dell’interesse di un mago o di una strega.”

La rimproverò la Signora Darwin, del tutto inflessibile. Erin le sorrise birichina:

“ Lo so. Ma io non demordo, Signora Darwin.”

Harry la vide arcuare un fine sopracciglio, stringendo le labbra in una linea amara, mentre sospirava:

“ Si, lo so bene.”

Disse, mostrando per la prima volta una sfumatura di leggera esasperazione, nella voce profondamente femminile.

Mary fu colta da un leggero risolino, mentre la Signora Darwin, con passo misurato, li conduceva ai piani alti.

Dopo un’infinità di scale e due corridoi illuminati parzialmente da lampade ad olio, stile barocco, intervallando il silenzio con commenti relativi alla casa, bisbigliati a bassa voce dalle ragazze, i borbottii dei personaggi raffigurati su quadri disseminati qua e là sulle pareti fredde e l’urlo soffocato di Ron al leggero morso di un fiore carnivoro posto in un vaso, che lui aveva accidentalmente sfiorato, finalmente il gruppo arrivò alla soglia di una porta scura, accanto ad altre identiche, che doveva corrispondere allo studio del Dr. Daves.

Prima che la Signora Darwin bussasse e li annunciasse, Harry provò ad immaginarsi che aspetto poteva mai avere quell’uomo che, a detta di Erin e da come si mostrava la sua casa, doveva essere un tipo piuttosto stravagante ma raffinato. Nella sua mente, si affacciò l’immagine di un uomo sulla sessantina, con lunghi baffi bianchi e a punta, gli occhi un po’ spiritati, magari come quelli dell’elfo Mordim, dal fisico gracilino e con indosso un frac vecchio stile, come le sue lampade, con una tuba a taglio lungo sulla testa quasi calva.

Sorrise fra sé, scuotendo la testa di fronte alla sua fervida immaginazione, per poi tornare serio quando la Signora Darwin bussò alla porta con il pugno stretto, due, tre colpetti, per poi aprire la porta, senza aspettare che una voce la invitasse a farlo.

“ Dottore, c’è una visita per lei. Si tratta della signorina Allen e di alcuni suoi conoscenti.”

Il Dr. Daves avrà dovuto compiere un gesto d’assenso, visto che Harry non udì nessun consenso a riceverli provenire dalla stanza. Tuttavia, questo bastò per far sì che la Signora Darwin li lascasse entrare, scostandosi nuovamente con la stessa fluidità di una statua di granito.

Erin fu nuovamente la prima ad entrare, seguita da Mary ed Hermione, Ginny e Ron, Daniel ed infine Harry che si voltò a seguire i movimenti della Signora Darwin, che gli chiuse la porta alle spalle. Fu solo quando udì il tonfo definitivo e il ticchettio della serratura, che Harry si voltò ad osservare l’abitacolo. Era una stanzetta accogliente e molto illuminata, nonostante il disordine che sembrava essere una nota costante di quell’ambiente, a tratti più casalingo di tutto ciò che avesse visto fino ad ora.

Cumuli e cumuli di scartoffie, libri aperti o chiusi, sovrapposti in pile e pile, su ogni angolo, sull’ampio cassetto sulla parete destra, con sopra un quadro raffigurante un vaso pieno di fiori di ogni genere, che persero alcuni petali, come smossi da un vento invisibile, oppure sull’immensa biblioteca, che conteneva non solo libri e pergamene arrotolate, ma anche oggetti di ogni tipo: vasi, porcellane, bottiglie vuote di Whisky Incendiario, piume raccolte alla bell’e meglio in un bicchiere di vetro soffiato…

Ma la cosa che sconvolse di più Harry fu la scrivania, ampia, in legno pregiato e levigato, come tutti i mobili dell’arredamento, con sopra di tutto e di più: libri rimanenti, una bottiglia -questa volta piena- di Whisky Incendiario e una d’Idromele del 1948, come luccicavano le cifre in oro sul davanti, colpite da un raro raggio di sole, che filtrava dalla finestra aperta posta sulla parete frontale, mentre quelle sulla parete destra, due, erano sigillate e con le tende di pesante scarlatto, tirate fino a nascondere ogni possibile spiraglio.

Harry cercò Daves con lo sguardo, ma non riuscì a trovarlo, nonostante non fosse estraneo al soqquadro generale, anche se doveva ammettere che quello li superava di gran lunga tutti.

“ Ma dov’è?”

Chiese Ron, dando voce ai suoi pensieri. Erin sospirò, arrancando fra il disordine che dilagava anche sul pavimento, lasciando solo presagire negli angoli che sotto quello strato di oggetti indefinibili, c’era un tappeto persiano, identico a quello nell’atrio. Con falcate e saltelli per evitare alcuni vetri rotti, forse appartenenti ad un bicchiere infranto per sbaglio, si accovacciò accanto ad un gomitolo informe in bianco e nero, posto fra i piedi di un divanetto e di un tavolino, punzecchiandolo con una mano. Harry si sorprese di vederlo muoversi e rimase ancora di più sbalordito quando una massa di capelli informi e neri si levò dal pavimento.

Il Dr. Daves, con in mano una bottiglia di whisky vuota e il braccio destro allungato, fino a sfiorare con le dita un bicchiere di vetro mezzo pieno, girò lentamente il viso, i capelli schiacciati da una parte e sparati dall’altra, il segno del tappeto sulla guancia sinistra, le labbra leggermente carnose e rosate dischiuse, gli occhi azzurri arrossati e per metà ancora chiusi, si sforzarono di focalizzare Erin, che lo guardava in un misto di rimprovero e divertimento.

“ Abbiamo fatto le ore piccole, ieri sera, vero?”

Gli chiese retorica, mentre lui allungava la mano verso di lei, afferrando solo aria. Era ovvio che ci vedesse doppio.

“ Erin?”
Chiese, con voce impastata dal sonno e resa roca dall’alcol.

“ Si, e sono qui.”

Disse, afferrandogli la mano e lasciando che il suo braccio gli cingesse il collo. Si mise in piedi, alzandolo a mezzo busto, trascinandolo nel suo movimento.

“ Forza, si alzi dal pavimento. Per quanto possa trovarlo comodo, noi comuni mortali non offuscati dai fumi dell’alcol, sappiamo che è freddo e duro.”

Daniel, che era il più vicino, accorse ad aiutarla, prendendogli l’altro braccio, la cui mano era ancora saldamente attaccata alla bottiglia. Daves se la portò alle labbra, cercando di berne il contenuto, senza accorgersi che non ne era rimasta neppure una goccia.

La scosse, sperando di vederne uscire qualcosa, ma invano.

“ La smetta. Non vede che è vuota? La dia a me.”

Gli intimò gentile, ma il Dr. Daves preferì lanciarsela alle spalle, fracassandola sulla parete, già notevolmente macchiata. Chissà quante bottiglie avevano fatto la stessa identica fine!

“ Grazie, Daniel. Appoggiamolo qui.”

Disse subito dopo, accasciandolo sul divanetto, miracolosamente pulito e privo di oggetti. Harry ipotizzò che vi si era steso la sera prima, per poi rotolare sul pavimento durante il sogno agitato.

Erin lo contemplò a lungo, cercando di aggiustargli i capelli informi con le dita, ma per quanto poté, non riuscì a fare miracoli, visto che rimasero indisciplinati ed impertinentemente sparati lungo le tempie, nonostante in testa avessero assunto una forma accettabilmente delineata.

Ora che poteva osservarlo meglio, il Dr. Daves apparve ad Harry completamente diverso da come se lo era immaginato: alto, sulla quarantina, con un fisico tonico ed asciutto, nonostante l’età. Avrebbe potuto dare l’apparenza di un uomo professionale, se non fosse stato per il viso disfatto e con un accenno di barba scura sulle guance, la camicia bianca stropicciata dal colletto di traverso, i primi bottoni slacciati, ad individuare un ciuffo di peluria scura e rada sul petto, il pantalone classico e nero, con braghe allentate sulle spalle larghe, con una gamba tirata sul ginocchio destro e l’altra abbassata, ai piedi un paio di scarpe classiche, con lacci sciolti e calzini di lana a fantasia colorata.

“ Sta bene?”

Chiese preoccupata Hermione, avvicinandosi e chinandosi per esaminarlo circospetta. Erin sbuffò avanzando verso le finestre ancora chiuse. Il dottore sembrò prendere vita a quel gesto sbrigativo, visto che aprì di più gli occhi ancora velati, voltandosi inespressivo verso di lei:

“ Sta benissimo. Deve solo…”

Iniziò, per poi spalancare le tende ed aprire le finestre, facendo entrare altra aria pulita. Il Dr. Daves emise un urlo acuto, nascondendo la testa sotto un cuscino, quasi ferito dalla luce, che lo colpì in pieno viso.

“ Prendere un po’ d’aria. E…”

Continuò ancora incessante Erin, ritornando verso di lui e sedendosi sul divanetto, cominciando a tirare il cuscino con cui si stava schermando il volto, facendolo mugugnare sofferente dei ‘no’ di protesta.

“ Vedere tanta, tanta, tanta luce.”

All’ultimo ‘tanta’, sottolineato con tono marcato, riuscì a sfilargli il cuscino dalla presa delle sue mani, facendolo esclamare un:“ No!” Deciso e sofferto.

Erin sorrise soddisfatta, mentre il Dr. Daves veniva abbagliato da un fascio di luce e il suo strato di sudore post-sbronza asciugato dall’aria fredda del pomeriggio.

Daves, dopo molti sbattiti di ciglia e gemiti sommessi, sembrò riacquistare lucidità, lanciando un’occhiata sdegnosa ad Erin, che mantenne il suo costante sorriso luminoso.

“ Ti odio, quando fai così.”

Erin rise divertita:

“ Suvvia, per così poco? Dovrebbe ringraziarmi, invece. Si può sapere perché si è ridotto di nuovo così?”

Gli chiese, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla scrivania, raccogliendo dietro di essa una, due…cinque bottiglie di Whisky Incendiario vuote e gettandole nel contenitore della spazzatura, completamente vuoto.

“ Mi annoio. Non ho un vero paziente da tre mesi.”

Rispose semplicemente Daves, allungando la mano verso la parte destra del suo corpo, toccandosi il petto, alla ricerca di qualcosa.

“ Ci credo. È il periodo di Natale. Tutti sono felici e contagiati dall’atmosfera festosa. Solo lei, appare depresso tanto da ubriacarsi senza ritegno, distruggendo il suo studio e condannandolo al disordine perenne.”

Disse Erin, con aria risaputa. Daves la guardò in tralice, alzandosi e camminando impettito e, con grande stupore di Harry, per nulla barcollante, avanzando solo un po’ strascicato verso la sedia della scrivania, dove c’era appoggiata una giacca, dalla cui tasca interna, prese una fiaschetta luccicante di metallo, aprendola con un ‘pop’ e bevendo avido quello che sicuramente non era di certo acqua fresca.

Erin lo intercettò in tempo, strappandogliela dalle mani e gettando il whisky rimanente in una pianta carnivora posta nell’angolo, che vibrò, colta da un brivido frizzante, per poi rilassarsi, emettendo versi simili a fusa.

Il Dr. Daves, rimasto confuso dall’accaduto, si limitò a seguire Erin sul divanetto, su cui si lasciò cadere nuovamente, questa volta seduto.

“ Natale, hai detto?”

Disse dopo un po’, guardandola stranito. Erin portò gli occhi al cielo, annuendo mentre diceva:

“ Si, certo.”

“ E’ già dicembre?”

“ Si, dottore. È dicembre.”

Disse Erin, guardandolo esasperata.

“ Però, come vola il tempo.”

Disse sorpreso il Dr. Daves, mentre Mary si recò verso la finestra frontale, sul cui davanzale apparve un gufo reale con un occhio viola ed uno giallo, che portava in mano il giornale del mattino, un po’ tardi del previsto, visto che erano già le cinque del pomeriggio. Ma, forse, il gufo era abituato agli orari sregolati del suo padrone.

Mary lo consegnò a Daves, che la ringraziò, lasciando che il gufo entrasse nella stanza, occupando il suo trespolo, bevendo dalla vaschetta e ritornare a solcare i cieli assolati dell’esterno.

“ Chi sei?”

Le chiese, studiandola come a riconoscerla.

“ Lei è Mary Brown, una mia carissima amica. Le ho parlato di lei, si ricorda?”

“ Vagamente. Ah, L’ Emporio della Medicina ha messo in vendita quell’erba curativa ai fiori di zucca e granelli di dittamo che aspettavo da tempo. Dovrò ordinarne un po’ per il prossimo mese, così la Signora Dasheel non si lamenterà più per i suoi reumatismi.”

Ripiegò il Profeta sul poggiapiedi accanto al divano, per poi osservare distrattamente Daniel, che lo studiò attento, mentre lo vedeva assumere nei suoi confronti un’aria circospetta.

“ Hai un’aria familiare. Dimmi, ti ho già curato altre volte?”

Gli disse, inclinando il capo, come ad analizzare ogni dettaglio del suo viso. Daniel trattenne un risolino, mentre gli rispondeva:

“ No, non credo.”

“ Forse conosce suo padre. Lavora al San Mungo, nel reparto Maledizioni. E’ il Dottor Sandford.”

Lo informò Erin, guadagnandosi un sussulto come risposta.

“ Il figlio di Max? Max Sandford?”

“ Si. Conosce mio padre?”

Gli chiese Daniel, ora analizzandolo lui con lo sguardo, aggrottando la fronte, come a sforzarsi di ricordare se l’avesse già visto da qualche parte. Daves sbuffò, assumendo un’aria contrariata e mal celata.

“ Si, eccome se lo conosco. Mi ha soffiato il posto al San Mungo, superandomi solo di pochi crediti al test d’ingresso per giovani medimaghi apprendisti. Ora ricordo…sei identico a lui. Non sapevo si fosse sposato…be’, buon pro’ gli faccia.”

“ Anche lei potrebbe mettere su famiglia. Ci ha mai pensato?”

Gli propose inaspettatamente Erin, guadagnandosi un’occhiata incredula del dottore.

“ E per quale motivo dovrei circondarmi di marmocchi impertinenti? Sto bene così come sto.”

Erin lo osservò scettica.

“ A me, non sembra affatto. Si guardi con occhio obbiettivo: ha l’aspetto di un vagabondo ubriacone.”

Daves sbuffò come un bambino risentito, per poi strabuzzare gli occhi all’entrata discreta della  Signora Darwin che appoggiò un vassoio pieno di tazzine da tè e biscotti alla cannella in bilico sul tavolino ricolmo di oggetti.

Il Dr. Daves assottigliò lo sguardo e storse la bocca, come amareggiato.

“ Cosa sarebbe?”

Chiese ad un’affaccendata governante.

“ Semplicemente tè, dottore. Per lei e i suoi ospiti.”

Fu la sua risposta serafica.

“ Non l’ho chiesto.”

Ribatté lui, con aria di disappunto.

“ E lei non può permettersi di essere maleducato. Deve offrire pur qualcosa a questi ragazzi.”

Gli disse con la sua solita calma, facendolo ammutolire, seppur risentito.

Erin sorrise alla donna.

“ Grazie, Signora Darwin.”

Accennando un sorriso e dopo un solenne inchino, la Signora Darwin sparì dalla stanza, silenziosa così come era entrata.

Erin afferrò un biscotto e una tazzina, porgendola a Daves, che la guardò inespressivo.

“ Suvvia, mangi qualcosa. Gioverà sicuramente al suo stomaco, dopo tutto l’alcool che ha ingurgitato.”

Daves la osservò in tralice, mentre afferrava mollemente il suo biscotto, mordendolo con un gesto svogliato. Lo sguardo di Harry, fin’ora concentrato sul buffo quadretto, si posò sul pavimento, accanto al suo sgabello, dove vide l’immagine animata di un’avvenente ragazza che sorrideva, ammiccando divertita verso l’obbiettivo. Gli ci vollero pochi secondi per capire che si trattava di una foto, ch spiccava in copertina su una rivista di gossip femminile. La didascalia citava a grandi lettere:

<< Matrimonio dell’anno, per lo Sceicco Munir e la sua Donna-Misteriosa!>>

Incuriosito, Harry sollevò la rivista dal pavimento, spolverando con il palmo della mano la foto della donna. Non era proprio il genere di bellezza che preferiva, visto che la sconosciuta aveva lunghi capelli ricci e scuri, una bocca volitiva e uno sguardo da cacciatrice, ma non poteva non  considerarla oggettivamente bella. Notò, stranamente, che la parte in cui doveva essere raffigurata una seconda persona, era stata strappata. Ginny si sporse verso di lui, lanciando un’occhiata alla rivista.

“ Cos’è, Harry?”

Gli chiese, catturando l’attenzione di tutti, perfino dello stralunato dottore, che sbarrò gli occhi, deglutendo rumorosamente.

“ L’ho trovata a terra.”

Rispose tranquillo Harry, facendo per gettarla nuovamente al suolo. Ma Erin lo prevenne, afferrandola al volo ed osservando la foto in copertina rovinata, all’inizio stupita, poi sorniona.

“ Ora capisco.”

Sussurrò, alzandosi dal divanetto, prima che il Dr. Daves potesse strapparle di mano la rivista.

“ Ridammela!”

Esclamò, perentorio e nervoso.

“ Ecco spiegata l’improvvisa amarezza. Uhm…”

Mugugnò assorta, sorseggiando il suo tè come se nulla fosse, incurante della reazione di panico che stava scatenando nel dottore, che la osservava pallido e con le braccia inerti, incapace di muoversi, attendendo una sua reazione. Erin sventolò sorridente la rivista davanti ai suoi occhi, per poi gettarla sul tavolino, facendo tintinnare infastidite le tazzine sul vassoio.

“ Così, Catherine si è sposata.”

Daves si afflosciò sul divano, incurvando le spalle, annuendo grave.

“ Si.”

Mormorò in un soffio.

“ Di nuovo.”

Aggiunse Erin, affondando il colpo. Daves chiuse gli occhi, sospirando.

“ Si.”

“ Per la terza volta.”

Chiarì ancora Erin, riponendo la tazzina vuota sul vassoio.

“ Quinta.”

La corresse il dottore, reclinando il capo sullo schienale del divanetto, coprendosi gli occhi con un braccio.

Erin aggrottò la fronte, cominciando ad enumerare qualcosa sulle dita, a bassa voce. Harry la sentì borbottare nomi di persone, come ad esempio:

“ Charles Williams, Jacob Fly, lo Sceicco del Sahara...non mi sembra manchi qualcuno.”

“ Jiulian Dallas e Anthony Yellow.”

Mugugnò fra le labbra schiuse il dottore, quasi rassegnato. Erin sorrise lievemente, facendo spallucce e risedendosi al suo fianco.

“ Sembra quasi che quella donna provi piacere a farla soffrire, dottore.”

Gli disse Erin, mettendogli una mano sulla spalla.

“ Mi dia retta, è meglio se la lascia perdere. E’ una donna fin troppo volubile. Lei ama soltanto due cose: se stessa e i soldi. Basta guardare tutti gli uomini che sposa: ricconi senza cervello che pendono dalle sue labbra e che lei trova piacere a portare sul lastrico.”

Il dottore mugugnò, lasciandosi scivolare una mano sugli e stropicciandoseli, quasi assente.

Erin continuò, traendo un sospiro:

“ E poi, suo padre non avrebbe voluto che perdesse tempo con donne simili, ma che pensasse esclusivamente a diventare un grande medico.”

“ Mio padre era un pazzo egocentrico.”

Fu la laconica risposta di Daves.

“ Si, ma era un pazzo egocentrico molto saggio.”

Replicò con un sorriso Erin, versandogli altro tè e porgendoglielo affettuosa. Daves raccolse la tazzina dalle sue mani e ne bevve il contenuto tutto di un fiato.

“ Grazie.”

La ringraziò, riconsegnandole la tazzina vuota.

“ Non c’è di che.”

Gli disse Erin, sorridendo ampia. Si guardò intorno, sgranando gli occhi dallo stupore.

“ Ha tolto il quadro del Dottore.”

Disse, smarrita. Il Dr. Daves annuì.

“ Si, naturale.”

“ Perché? Era così bello.”

“ Era grande e occupava tutta la parete. Per di più, mio padre continuava ad assillarmi con le sue strampalate considerazioni. Una cosa molto seccante.”

“ Non avrebbe dovuto. Era un suo regalo.”

Lo rimproverò, mentre beveva altro tè avidamente.

“ Senti, gli ho fatto un funerale da re. Gli ho messo nella tomba tutti i suoi oggetti preferiti: la borsa medica – come se dovesse andare a curare le anime del Purgatorio – la sua prima pianta Carnivora, che teneva sulla scrivania – soltanto per farle mordere altra gente – la sua collezione di francobolli d’epoca, il modellino volante della Firebolt, una foto della sua prima fidanzata, quella di mia madre – come se sperasse di poterla commuovere con questo gesto, quella donna fredda e dispotica, che non si è curata nemmeno di venire al funerale, perché impegnata a prendere il sole alle Bahamas -  una tua, mentre inciampi nel tappeto…”

“ O mio Dio. Ce l’ha messa davvero?”

Chiese Erin, più divertita che offesa.

“ Si, l’ha voluta a tutti i costi. Nelle sue ultime volontà, l’aveva sottolineato tre volte.”

Erin sorrise, nostalgica.

“ Me l’aveva scattata a tradimento, un pomeriggio dell’estate scorsa. Che caro, a portarmi con sé.”

“ Si, adorabile, come un riccio sotto un piede.”

Disse sprezzante, il Dr. Daves.

“ Suvvia, in fondo ha assecondato tutte le sue richieste.”

“ Che altro avrei dovuto fare? Non ho potuto non farlo. Mi avrebbe perseguitato fino alla morte ed oltre, se mi fossi rifiutato ad adempiere ai miei doveri di unico figlio.”

“ Ah, e immagino l’abbia scritto sul testamento.”

“ Si, insieme al fatto che avrei dovuto ereditare questa casa, esercitare qui la mia professione di medico,…”

“ Sposarsi e avere dei figli. Si, lo ripeteva sempre anche a me.”

Gli rivelò, sorridendo. Daves sbuffò.

“ Come se una famiglia potesse stabilizzarmi. Il suo esempio non è stato molto costruttivo e non mi invita certo a ripetere l’esperienza. I miei genitori si sono separati quando io avevo quattro anni e da allora sono stato sballottato a destra e a sinistra per i loro comodi. Alla fine, il giudice ha deciso che dovevo stare con lui, perché fra i due, mio padre era meno pazzo e aveva un tasso di egoismo più basso rispetto a mia madre che non vedo, fra l’altro, da…vediamo…sette anni? No, forse otto.”

Disse, serafico ma con una nota d’amarezza nella voce.

“ Suo padre, comunque, le voleva molto bene. Parlava sempre con molto affetto, di lei. Mi è dispiaciuto sapere che è morto il mese scorso. Sarei voluta venire al suo funerale.”

Daves osservò il suo faccino triste e l’ombra di un sorriso tenero gli schiarì il volto teso.

“ Non ho voluto informarti, perché sapevo che eri impegnata con lo studio. E poi, i funerali sono troppo angoscianti. Non volevo che ti rattristassi. Immagino, ti abbia informato questa mattina la mia governante.”

Erin annuì, persa nei suoi pensieri.

“ Si. Mi ha scritto questa mattina, quando le ho comunicato che sarei venuta a trovarvi nel pomeriggio. Non ho voluto crederci, all’inizio. Ancora adesso, non riesco a credere che sia tutto un errore, uno dei suoi soliti scherzi.”

Harry cominciava a capirci sempre meno. Osservò l’uomo che sorseggiava il suo tè e l’espressione abbattuta di Erin. Evidentemente, il vero Dr. Daves, l’anziano e stravagante signore della casa vicina a quella di Erin, era passato a miglior vita. E quello seduto accanto ad Erin, doveva essere suo figlio.

Sospirò, deluso alla prospettiva di aver perduto l’occasione di chiedergli della Lacrima di Celeno e rattristato al pensiero che Erin avesse perso una persona a lei molto cara, un’altra, dopo Nonna Jo. Ora si, che doveva sentirsi molto sola.

Hermione le si sedette accanto, circondandole le spalle con un braccio, per confortarla.

“ Mi scusi, Dottor Daves…”

Iniziò Hermione, con voce delicata.

“ Ti prego, chiamami Anthony.”

Le disse, con un sorriso lieve, mentre riponeva la tazzina vuota sul piattino.

“ Anthony, cosa sa dirci della Lacrima di Celeno?”

Gli chiese bruciapelo, guardandolo ansiosa. Tutti noi alzammo lo sguardo ad intercettare la sua reazione. Harry lo vide voltarsi di scatto verso Hermione, per poi osservare sbalordito Erin, l’ombra di un’espressione accigliata sul suo volto.

“ Come hai detto?”

Chiese, con voce soffocata.

“ La Lacrima di Celeno, ne ha mai sentito parlare prima?”

Lo incalzò Hermione, studiandolo in viso. Ma l’espressione del dottore si fece imperturbabile.

“ Non so di cosa si tratti, mi dispiace.”

“ Suo padre non gliene ha mai parlato?”

Gli chiese Daniel, osservandolo scuotere la testa, mentre si accendeva un sigaro.

“ No, assolutamente.”

“ Lei mente.”

Lo interruppe Harry, con voce serafica, guadagnandosi un’occhiata ostile.

“ Nemmeno per idea. Perché dovrei?”

“ Semplice. Lei ha paura. Si direbbe che qualcuno l’abbia minacciata, per metterla a tacere.”

Disse tranquillo, portandosi le mani in tasca. Questa volta, Daves sorrise, quasi beffardo.

“ Ma davvero? E da cosa lo deduci?”

“ Be’, da molte cose. Innanzitutto, l’espressione sorpresa e quasi spaventata che ha assunto quando Hermione le ha chiesto della Lacrima. Poi il modo nervoso in cui ha acceso il sigaro, consumandolo senza nemmeno fumarlo e terzo, ma non trascurabile elemento, la paura e l’apprensione che ho letto nei suoi occhi, quando ha guardato Erin. È stato solo un attimo, poi ha smesso accuratamente di guardarla, come se si vergognasse di qualcosa, qualcosa che le provoca fastidio ed imbarazzo al solo pensiero.”

Tutti lo osservarono attonito. Ron sorrideva quasi compiaciuto, Hermione era sbigottita, quasi quanto gli altri presenti. Erin era l’unica che osservasse Daves impallidire, mentre stringeva le labbra e lasciava che la cenere del sigaro cadesse sul pavimento.

“ Dottor Daves…”

Lo richiamò, scuotendolo dai suoi pensieri. Sorrise amaramente, lasciando che il sigaro scivolasse sul tappeto persiano, ormai spento.

“ Sei in gamba, ragazzo. Ti ho sottovalutato, lo ammetto.”

“ Ho solo avuto a che fare con molti bugiardi nella mia vita. Quindi, diciamo che l’esperienza mi ha aiutato a mascherarli e lei, mi permetta, non è molto bravo a mentire.”

Gli disse, quasi ironico. Daves rise.

“ Si, è vero. Sono stato sempre un pessimo bugiardo.”

Sospirò, reclinando la testa sullo schienale del divano, quasi sollevato.

“ Però, anche tu ti sopravvaluti. Non sono stato minacciato da nessuno, ma solo pregato.”

Disse, avanzando strascicato, quasi riluttante, ma convinto, verso la parete macchiata di whisky.

Estrasse la bacchetta dalla cintura e la picchiettò quattro volte, formando un quadrato perfetto.

La parete sussultò per un attimo e la carta da parati fiorita si srotolò come nastro adesivo, in tante piccole striscioline e con un rumore sordo, fuoriuscì quella che doveva essere una cassaforte, di pietra calcarea.

Daves l’aprì sospirando, tirandone fuori una scatolina in legno.

Chiuse la cassaforte, che si ritirò da sola, mentre la carta da parati si rimetteva da sola al suo posto.

Si lasciò ricadere sul divanetto, dopo aver consegnato il cofanetto ad Erin, che lo guardò stranita per un attimo.

“ Mio padre, una settimana prima che morisse, mi mandò a chiamare dal suo elfo domestico. Quando arrivai, lo vidi per la prima volta preoccupato e serio. Eravamo proprio qui, in questa stessa stanza. Mi disse che aveva una cosa urgente da dirmi, prima che fosse troppo tardi. Credevo fosse un’altra delle sue stranezze e stavo per andarmene, ma lui mi trattenne e mi urlò di tacere e di ascoltarlo. Mi disse che a breve sarebbe morto e voleva assicurarsi che tenessi al sicuro una cosa molto importante, una cosa molto importante per te, Erin. Mi disse che ne andava della tua vita, che doveva restare al sicuro. Mentre mi diceva queste cose, era agitato, sbirciava spesso dalla finestra…non l’ho mai visto così inquieto. Mi consegnò la scatola che ti ho dato e mi fece giurare che mai e poi mai te l’avrei consegnata. Non voleva dirmi cosa contenesse. Mi accennò solo ad una certa Lacrima…”

“ La Lacrima di Celeno?”

Chiese Harry, prelevando, quasi senza accorgersene, dal vassoio un biscotto alle mandorle.

Daves lo guardò dritto negli occhi:

“ Si. Mi disse che dovevo custodirla con la massima cura e segretezza. Continuava a dirmi che la tua vita era in pericolo, che dovevo proteggere la scatola ad ogni costo, che non doveva cadere nelle sue mani, che l’aveva giurato a Deborah…”

“ Deborah? Mia madre?”

Chiese ansimante Erin, gli occhi nocciola sbarrati per lo sconcerto.

Daves annuì, stanco.

“ Si. Loro due si conoscevano, lo sapevi, no?”

Erin annuì, svelta.

“ E’ stata Deborah a consegnare la scatola a suo padre?”

Lo incalzò Harry, avido di informazioni.

“ Si, a quanto mi ha detto.”

“ A chi si riferiva, quando diceva le sue mani? Nelle mani di chi, non doveva cadere?”

Gli domandò ancora Harry, con cura e ansioso di conoscere i dettagli di quella faccenda allucinante, nella sua imprevedibilità. Anche se, in cuor suo, lui conosceva già la risposta, ma non voleva dirlo ad alta voce, per non turbare né il dottore né Erin, che continuava ad osservare la scatolina con sguardo basso, accarezzandone i bordi con gli indici delle mani tremanti.

“ Non lo s,o non ha voluto dirmelo. Ciò che è certo, è che mio padre non è morto di malattia, come tutti sanno.”

Rivelò Daves, tetro. Erin alzò lo sguardo ad incrociare il suo, stupita ed inorridita.

“ E come, allora? Mi dica la verità.”

Daes sospirò ancora, profondamente, passandosi una mano fra i capelli arruffati.

“ Lo hanno trovato dei contadini del Nord Caroline, disteso al centro di un grande cerchio nero, formato nel grano bruciato. Era sanguinante e aveva gli occhi ricolmi ancora di lacrime. Non so chi sia stato, ma so di sicuro che mio padre già sapeva tutto. Sapeva, che sarebbe morto a breve. Che qualcuno, l’avrebbe cercato e poi ucciso. Gli Auror hanno cancellato la memoria dei contadini e quella dello sceriffo della città e stanno ancora indagando su chi possa essere stato l’assassino.”

“ Io lo so chi è stato. E la pagherà anche per questo.”

Disse Erin, con gli occhi lucidi, stringendo con  maggiore forza la scatola, quasi come se volesse romperla. Hermione notò, come Harry, lo strano bagliore omicida che trapassò i suoi occhi in un lampo invisibile, rendendoli bui. Ma tutto si sciolse in un debole sospiro da parte di Erin, che strinse la mano che Hermione le porgeva, con un debole sorriso. Mary le strinse la spalla destra, accarezzandole la vena arteriosa del collo con un dito.

Daves la guardò stranito e confuso.

“ Bene. La ringraziamo del suo tempo, signor Daves. Mi dispiace per suo padre, ma ora dobbiamo proprio andare.”

Disse Harry, facendo un cenno ad Hermione, per far alzare Erin. Hermione annuì e si alzò, seguita da Erin. Mary l’affiancò, mentre procedevano lente verso l’uscita.

“ Può tenere la scatola, vero?”

Chiese Harry, al dottore.

“ Si…basta che non la apra. Almeno in questo, vorrei rispettare la volontà di mio padre. Ho deciso di consegnargliela, perché sento che è giusto così. Ti pregherei soltanto, signor Potter, di starle vicino. Sei giovane, ma sei un mago molto potente, almeno a quanto dicono. Ti prego di proteggerla. Non sembra, ma anch’io tengo molto ad Erin. Ha offerto troppo nella sua vita e non è così forte come può sembrare.”

“ Lo so, stia tranquillo. Lo farò. Anche se, non credo di essere così potente, come lei crede.”

Il Dottor Daver ricambiò il suo sorriso, con uno tirato, ma sincero, aggiungendo con un debole sussurro:

“ Lo sei. Fidati, lo sei.”

Harry si avviò verso l’uscita, il cuore colmo di sentimenti contrastanti e la mente in frenetica lavorazione, accorgendosi solo allora, di essere rimasto l’unico ancora nella stanza.

“ Buon Natale, signor Daves.”

Lui sospirò, distendendosi di nuovo sul divanetto, un braccio a coprirsi gli occhi, quasi sovrappensiero.

“ Buon Natale, ragazzo.”

 

 

 

Il gruppo procedette silenzioso, attraversando il prato, infagottati nei loro cappotti e con gli scarponi che affondavano nella neve, producendo tonfi soffici.

La scatola bruciava fra le mani nude di Erin, mentre quelle inguantate di rosso di Hermione, non avevano abbandonato ancora il suo braccio.

Fu solo quando arrivarono a casa della loro amica e si furono tolti i vestiti pesanti, che si sedettero tutti intorno al tavolo, osservando quasi in trepidazione, la scatola al centro del tavolo. L’unico suono prodotto, era quello dei loro respiri, lo scoppiettare allegro del focolare e i versi melodiosi prodotti da Derek la fenice, appollaiato sul suo trespolo.

Harry era convinto che dentro ci fosse la Lacrima. Quasi la sentiva pulsare, come una cosa viva, ansiosa di fuoriuscire da quell’involucro di legno.

“ Credo…”

Iniziò Ron, schiarendosi la voce, continuando con voce più chiara.

“ Credo che dovremmo aprirla.”

Disse, rompendo il ghiaccio.

“ Daves non avrebbe voluto che lo facessi.”

Disse Erin, quasi triste.

“ Ma Erin…se dentro ci fosse la Lacrima…”

“ Non voglio, Hermione.”

Disse, scuotendo la testa, quasi urlando.

Hermione tacque, guardando tutti, cercando appoggio.

Mary allungò una mano a toccare quella di Erin, iniziando con dolcezza.

“ Tesoro, non sei obbligata. Però…forse Hermione ha ragione. Se dentro questa scatola ci fosse realmente la Lacrima di Celeno, saremmo in vantaggio rispetto a Zara.”

“ Vantaggio?”

Disse Erin, osservandola sbigottita.

“ E lo chiami vantaggio? Dovrei forse aprire quella scatola, scoprire che dentro c’è quella dannata Lacrima e magari condannare uno di voi a morire per essa? No, preferisco rimanere nell’ignoranza, piuttosto che avere un altro morto sulla coscienza.”

Disse, quasi sprezzante, lo sguardo lontano.

“ Non bastava aver ucciso i miei genitori e Nonna Jo. No, lei voleva farmi carta bruciata intorno, eliminando tutte le persone a me care. Io volevo molto bene al Dr. Daves e scoprire che è morto in quel modo atroce, non mi piaciuto per niente.”

Disse Erin, con la voce rotta.

Tutti tacquero, dispiaciuti. Improvvisamente, come colta da un raptus di follia, Erin prese con foga la scatola, alzandosi con tale impeto da far cadere la sedia. Si diresse spedita al caminetto, la mano lavata, come pronta a lanciare una frusta.

“ Cosa fai? Fermati!”

Esclamò Daniel, aggirando il tavolo per raggiungerla. Ma fu troppo tardi. Quando le fermò il braccio, Erin aveva già lanciato la scatola nel fuoco, bruciandola.

“ Lasciami! E’ meglio così. La distruggerò, così tutto questo dolore per causa mia cesserà.”

  Per causa tua? Credi davvero che tutto questo sia causa tua? Quella donna è una pazza, con evidenti manie di potere e di grandezza. Tu non c’entri affatto, con lei.”

Disse Ron, convinto.

“ Non c’entro? Non c’entro, dici? E come mai ha cercato di uccidermi ad Hogwarts? Come ti spieghi che si sia accanita contro di me, eliminando tutto ciò a cui tengo? Io non voglio perdere anche voi, non voglio!”

Disse, con disperazione, le lacrime che scorrevano sul suo viso. Daniel la lasciò andare e lei cadde in ginocchio, il volto fra le mani.

“ Non voglio che moriate per questa follia. Non mi è rimasto nessuno, ormai. Solo voi…soltanto voi…”

Disse, ormai in singhiozzi.

“ Oh, Erin…”

Mary corse ad abbracciarla, gli occhi lucidi e il volto triste, per l’amica.

“ Tesoro, non piangere. Vedrai, non succederà nulla. Non ti lasceremo da sola.”

Le disse, commossa, accarezzandole i capelli.

“ Si. Non piangere, Erin.”

Le intimò quasi duro, ma addolorato Daniel, mentre deglutiva, trattenendosi dallo scoppiare in lacrime insieme alle amiche.

Harry si avvicinò al camino, uno strano presentimento gli ronzava nella mente.

“ Harry?”

Lo richiamò Ginny, interrogativa.

Harry si chinò sul focolare, sentendo gli occhi dei suoi amici fissi sulla sua schiena. Anche Erin aveva messo di singhiozzare e lo stava guardando, ancora negli occhi le ultime stille di pianto.

“ Cosa c’è, Harry?”

Gli chiese, con voce rauca.

Harry allungò la mano nel fuoco.

“ Harry! Sei impazzito? Ti scotterai.”

Lo rimproverò Hermione, trattenendogli il braccio.

“ No, Hermione…guarda.”

Le disse, ancora incapace di crederlo.

Nella sua mano, c’era una pietra, una piccola pietra ovale liscia e nera, come l’onice. Harry la girò tre volte nel palmo della mano, constatandole la lucentezza e la bellezza. Soffiò, per toglierle i residui di cenere.

Gli parve di cogliere un debole bagliore al suo interno, bianco e splendente. Ma fu solo un attimo, troppo breve per esaminarlo.

“ Toccala.”

Disse ad Hermione, porgendola nel palmo della mano aperta. Lei sussultò, come se si aspettasse che fosse rovente.

“ E’ fredda.”

Sussurrò, meravigliata. Harry annuì.

“ Esatto. E’ incredibile, vero? Era immersa sotto un tappeto di brace, solo con un velo di cenere a proteggerla. La scatola è distrutta ma lei è intatta.”

“ Questo è strano…”

Disse Hermione, accigliata.

“ E’ molto strano.”

Convenne Harry, prendendola di nuovo in mano e consegnandola a Ron, che era al suo fianco. Il rosso la scrutò dubbioso, riconsegnandola ad Harry, quasi disgustato.

“ Non mi piace.”

“ Nemmeno a me. Ma…chissà…”

Disse, voltandosi, con in testa un’idea stranissima, quasi folle.

“ Erin.”

La chiamò, tendendogliela.

“ Tieni. Prendila.”

Erin lo guardò negli occhi per un attimo, colse il piglio intelligente del suo sguardo e con ancora il volto arrossato dagli ultimi segni del pianto, lasciò che la pietra cadesse nel suo palmo aperto.

Appena toccò la sua pelle, la pietra si risvegliò e cominciò  riacquistare calore.

Un tenue chiarore si sprigionò nel pugno di Erin, che disse:

“ E’ calda.”

“ Apri la mano.”

Le consigliò Harry.

Erin ubbidì e una luce accecante abbagliò tutti, costringendo Mary a ripararsi gli occhi, gemente.

“ Ma che diavolo succede?”

Disse, stizzita, mentre si strofinava gli occhi con le mani.

“ Questo…guarda qui. È incredibile.”

La Lacrima di Celeno brillava pura e rinvigorita nel palmo della mano di Erin.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve, scusate il ritardo! XD

Ieri non ho potuto postare il capitolo per ragioni private. Ma, credo di essermi fatta abbondantemente perdonare! ;D

Dedico questo capitolo a Yukari Hoshina, per la sua splendida e-mail che ha resuscitato in me l’amore per questa mia inaspettata creazione! Grazie di cuore, mia carissima Yukari! ^__^*

 

Ringraziamenti a…

 

Beuzz94, Mattamaty e Keira Lestrange, le ultime che mi hanno commentato con amore e passione! Grazie di cuore, ragazze! ^__^*

Un grazie speciale a tutti quelli che hanno letto, seguito e messo fra le storie ricordate e tra le seguite la mia piccola FF! Grazie di tutto, siete grandi! Con la speranza, che continuerete a farlo! Sarò più assidua negli aggiornamenti, d’ora in avanti, va bene? ^__^*

 

Prossimamente a…

 

Sabato 13 Agosto! Bacioni e buona domenica a tutti e a tutte voi!XD

^__________________________________^***

  
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