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Autore: Tati Saetre    07/08/2011    18 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
“Se sei così sicura perché ogni venerdì ti ostini ad andare a cena in quel Pub?”... “Per l’ottima cucina!” Angela sorrise, lisciandosi la coda che si era fatta in basso a destra.
A chi volevo darla a bere? Tutti sapevano – e quel tutti includeva me ed Angela -, che ogni venerdì andavo in quel Pub per vedere lui.
Era stato una specie di colpo di fulmine, proprio dritto al cuore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando ho iniziato a scrivere questo capitolo, l’ho fatto con un solo pensiero in testa: ‘devo ringraziare i miei lettori’. Dopo l’episodio accaduto una settimana fa, non ho potuto fare a meno di leggere tutte le vostre recensioni. Tutto il vostro supporto, che mi ha lasciata a bocca aperta, davvero. Sentire tutti voi, sia privatamente che sulle recensioni, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. E no, non sto scherzando. Spero soltanto che questo capitolo non vi deluda, e spero vivamente di risentirvi tutti di nuovo, questa volta non a causa di tutto il supporto, ma solo per lasciarmi un piccolo parere sul capitolo. Grazie ancora. E non smetterò più ripeterlo.
Grazie.
 
 
Quindicesimo Capitolo – Un nuovo inizio.
 
BELLA’S POV
 
“E… quindi?”
“Phil è stato trasferito a Miami, per lavoro. E’ entrato in una grande squadra di Football, Isabella. Una delle più famose. Quindi ho pensato di venire a prenderti, per andare a Phoenix qualche settimana. E dal prossimo mese, andremo a Miami.”
La tazza di caffè tremò nelle mie mani.
Renée era entrata in quella casa come un fiume in piena, lasciandomi a bocca aperta. E dopo varie spiegazioni, ora eravamo seduti tutti e tre nel piccolo tavolo della cucina.
E mia madre era venuta per portarmi via.
“Mamma… io non so se sia una buona idea. Vorrei finire la scuola.”
“Ma la finirai a Phoenix, tesoro! Ho portato tutti i documenti proprio per parlare con il tuo Preside, oggi!”
“No, mamma. Ti prego!” Mi lamentai, implorante.
Non volevo andarmene da Forks.
Non volevo lasciare Charlie da solo, di nuovo.
E non volevo lasciare neanche la scuola, a metà.
Ma più di tutti, non volevo lasciare Edward. Non l’avrei mai fatto.
“Tesoro, devi venire. Abbiamo tantissimi piani futuri per te! Io e Phil non abbiamo fatto altro che parlarne, in questi ultimi mesi.”
Piani futuri per te.
Io e Phil non abbiamo fatto altro che parlarne.
Ovviamente io ero esclusa da tutto questo. I ‘piani futuri’ che programmava mia madre, non includevano me.
“Renée, perché non mandi Bella a scuola e quando torna ne riparlate?”
“No, Charlie. No! Il volo è fra poco, e Bella deve venire con noi. C’è anche Phil, che sta aspettando in uno squallido Motel a Port Angeles!” Sventolò una mano in aria, mostrando il diamante nell’anulare destro.
Saranno stati almeno tremila carati.
Certamente. Forse per lo squallido Motel si trattava di una normalissima camera, con un letto e un bagno.
Mamma! Fammi almeno andare a scuola!”
“Non se ne parla.” Disse, sbattendo una mano sul tavolo di legno.
“Scusa… ma non dovevi portare i Documenti al Preside?”
“Forse… forse ci ho già pensato, ecco. Via e-mail, grazie al più bravo avvocato di Phoenix, nonché amico stretto di Phil. Sai, si conosco tutti su questo piano…” Rimasi con la bocca a mezz’aria, sperando che stesse scherzando.
Io non avrei mosso un piede da quella casa.
Non sarei uscita da Forks per niente al Mondo.
“Non posso, mamma. Mi dispiace. Dì a Phil che sono felice per la sua promozione, ma non posso.” Mi alzai arrabbiata e con le lacrime agli occhi, pronta a dirigermi al piano superiore.
“Non credevo di dover arrivare a questo, Isabella.” Esordì d’un tratto, facendomi girare.
Le lacrime grazie al cielo erano tornate dentro.
“C-cosa?” Ma la voce incrinata, quella, non mancava mai.
“La tua custodia è affidata a me, Isabella. E tu sei ancora minorenne, da quel che so’. Non voglio chiamare un avvocato.” E con la parola ‘avvocato’, mi fece capire che avrebbe vinto lei.
Almeno finché io non avessi compiuto diciotto anni. “Quindi verrai con me a Phoenix. Fuori c’è l’autista di Phil che aspetta. Sbrigati a fare le valigie.” E senza neanche guardarla in faccia, salii al piano superiore con grandi falcate.
Le lacrime però questa volta avevano iniziato a sgorgare, anche copiosamente.
Come poteva farmi una cosa del genere? Era pur sempre mia madre!
Singhiozzando presi il piccolo trolley che era sotto il letto, iniziando a svuotarci interi cassetti dentro. Con una mano mi asciugavo le lacrime, e con l’altra cercavo di chiudere la valigia.
Lasciai nella mia camera il piccolo Beauty Case, con dentro i miei Shampoo alla fragola. Tutti i libri di scuola. La mia copia di Romeo e Giulietta, riposta sulla scrivania. 
E quando finalmente riuscii a chiudere la valigia, il cellulare vibrò.
Ti passo a prendere io?
Ed.
E singhiozzi ancora più forti iniziarono a scuotere il mio corpo.
Cosa gli avrei detto? Cosa?
Non vengo a scuola oggi.
Scusa.
Bella.
Scusa…
Ti senti male? Tutto apposto?
Scusa di cosa?
Ed.
Oh, Dio! Non potevo fargli questo.
Non potevo andarmene senza dirgli niente.
Dovevo parlarci.
Tutto bene.
Ti chiamo dopo.
Ricordati che ti amo.
Bella.
E dopo quelle ultime parole, chiusi di scatto il cellulare.
Non potevo continuare a mentirgli.
“ISABELLA!” Sbuffai rumorosamente, accollando dietro di me la valigia, e facendola strusciare fino al piano inferiore.
Charlie era sulla porta, con lo sguardo assente.
“Papà…” Sussurrai appena, fiondandomi tra le sue braccia.
“Hey, tesoro…”
“Aspettami, okay? Tornerò il prima possibile.”
Accarezzò i miei capelli gentilmente, stringendomi ancora più forte.
“Certo che ti aspetto, tesoro. Farò in modo che tu torni il prima possibile.” Si staccò di qualche centimetro, stampandomi un bacio sulla fronte e asciugandomi le lacrime.
“Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io, Bells.” Lo lasciai andare, dirigendomi nel vialetto. Una macchina nera era parcheggiata proprio al centro, e mi ci fiondai dentro. Prima di aver lasciato la valigia ad un uomo in smoking, troppo serio ed elegante.
No, non avrei fatto parte di quel Mondo.
Quando la macchina partì per Port Angeles, guardai fuori i vetri oscurati di quella Mercedes.
Le strade di Forks sfrecciavano troppo velocemente sotto i miei occhi, impedendomi di assaporarne ogni dettaglio.
Lasciai Forks con una promessa, che sarei tornata.
Lasciai Charlie con una promessa, che sarei tornata da lui.
Lasciai Edward… Oh, Edward! Lasciai Edward con una certezza, sarei tornata da lui, in ogni modo possibile.
 
EDWARD’S POV
 
Tutto bene.
Ti chiamo dopo.
Ricordati che ti amo.
Bella.
Rilessi più volte quel messaggio, socchiudendo gli occhi.
Ricordati che ti amo.
Quella non era la mia Isabella Swan. Non avrebbe mai scritto una cosa del genere.
Ricordati che ti amo.
Senza pensarci due volte, mi alzai dal letto indossando gli stessi vestiti della sera prima, e uscendo di corsa dalla mia camera.
Fuori al bagno incontrai Alice, con gli occhi ancora chiusi a causa del sonno.
“Dove vai?” Anche la sua voce era roca, segno che doveva ancora svegliarsi del tutto.
“Da Bella.”
“Non la starai prendendo troppo sul serio? Ieri sei tornato tardi, ed sono solo le sei e trenta.” Ma anche se era mezza addormentata, non le sfuggiva mai niente.
“No.”
Alzò entrambe le spalle, come se non glie ne fregasse niente.
Meglio, allora.
Al piano inferiore, invece, incontrai mia madre. Con un panno in mano, si apprestava ad asciugarsi le mani.
“Mamma.”
“Dovei stai andando?”
“A… scuola, no?”
“Per caso vuoi aprirla tu?”
“Oh, mamma.” Mi avvicinai stampandole un bacio sulla fronte. “Devo andare. Quando torno ti spiego tutto, eh.” E senza aggiungere altro uscii, entrando nella mia Volvo. Misi in moto, dirigendomi verso casa Swan.
Cinque minuti dopo entrai, intravedendo una macchina nera allontanarsi. Senza pensarci due volte scesi, attaccandomi al campanello.
Neanche due secondi dopo venne ad aprirmi Charlie Swan, con le occhiaie e il visto… triste.
Capo… scusi l’ora, davvero! Ma… non è che potrei parlare con Bella?”
Charlie sgranò entrambi gli occhi, e poi si fece da parte per lasciarmi entrare. Salii al piano di sopra, per poi bloccarmi a metà strada.
“Bella non c’è, Edward.”
Cosa?
Mi… mi ha detto che non sarebbe venuta a scuola.” Annunciai, prendendo in mano il mio cellulare.
Rilessi distrattamente il messaggio, che era identico a prima.
“Edward… perché non ti siedi un attimo?”
No, stavo davvero perdendo la pazienza. Dov’era Bella?
“Charlie, non credo sia il caso.”
“Edward…”
“Può dirmi soltanto dov’è Bella? Non la tratterrò oltre, se questo è il suo problema.”
“No, Edward. Non è il un mio problema.”
“Allora…”
“Bella è andata via, Edward. E’ venuta Renée a prenderla.”
“E’ andata con sua madre? Dove? A fare colazione? Perché non me l’ha detto?” Ormai ero un turbinio di domande.
La mia mente viaggiava per conto suo.
Magari, Edward.” Sussurrò Charlie, chiudendo la porta di casa dietro di sé. “Renée… Renée è venuta per portarsela a Phoenix.” Mi appoggiai al corrimano, sentendomi mancare.
“Portarla via? Come… perché lei è andata con sua madre?”
“Non ha avuto scelta, Edward. Bella è ancora in affidamento a sua madre. E così ha deciso.”
Scesi di corsa le scale, mentre la rabbia si impossessava di me.
“Come si è permesso?” Gli puntai un dito contro, mentre il mio viso si faceva tutto rosso. “Perché l’ha lasciata andare? E’ sua figlia! Sua figlia!” Sbottai, alzando le mani al cielo.
“E tu credi che io l’abbia lasciata andare, Edward? Non mi resta che contattare il mio avvocato, e parlarne con lui. Ma Renée ha una cosa che io non ho, Edward. Il potere. E essere il Capo della Polizia di una  cittadina sperduta come Forks, non mi fa andare tanto lontano.” Anche lui aveva alzato la voce di alcune ottave, fronteggiandomi.
“I-io.. io devo andare da lei!” Aprii la porta, quando la mano di Charlie si posò sulla mia spalla.
“Non credo che ti convenga, Edward. Anche se la vedrai, Renée non la lascerà mai. Mi dispiace, ragazzo.” Parlava in modo distaccato, come se non si trattasse di sua figlia. Mi voltai schioccandogli un’occhiataccia, ed raggiunsi la mia Volvo.
Una volta dentro, ingranai la marcia. Diretto all’aeroporto.
 
BELLA’S POV
 
Guardai il piccolo aeroporto di Port Angeles, dove non c’era nessuno.
Più o meno tre coppie, più io, mia madre e… Phil.
“Tieni.” Si avvicinò a me, porgendomi il biglietto aereo appena fatto.
Neanche un ‘Ciao Isabella, come stai?’ No, perché io non meritavo tutto quello. Mi sedetti sulla sedia di plastica, appoggiando malamente la schiena sullo schienale.
Non volevo essere una figlia perfetta, e non lo sarei mai stata.
Non volevo stare lì, in quel momento.
Non volevo partire, volevo solo…
“Mamma, vado in bagno.” Annuncia, prendendo la mia borsa nera.
Alzò lo sguardo dalla rivista di moda che stava leggendo, annuendo svogliatamente.
Proprio come se non glie ne fregasse niente.
Con la borsa a tracollo e il biglietto aereo nella mano destra, mi diressi a passo spedito verso il bagno. Una volta dentro aprii l’acqua del rubinetto, facendola scorrere sui miei polsi. Poi posai lo sguardo sullo specchio, guardandomi per qualche secondo.
Gli occhi erano ancora gonfi, e i capelli più scompigliati del solito. Sicuramente sarei stata una rovina per la nuova famiglia di mia madre. Aprii la borsa, prendendo il portafogli nero e guardando dentro.
Cinquanta dollari.
Sì, di certo mi sarebbero bastati. Accartocciai il biglietto aereo, buttandolo nel primo cestino che trovai. E mi diressi a velocità supersonica fuori da quell’edificio.
Buttai un’occhiata a mia madre, che ancora stava leggendo quella rivista. E a Phil, che con il suo iPad in mano di documentava su chissà quale partita di Football. Appena uscii avevo il fiatone, ed iniziai a chiamare un taxi.
Nulla. Tutti quelli che passavano se ne andavano, e parcheggiato non ce ne era neanche uno.
Finché una Volvo parcheggiò in malo modo accanto a me. Beh, non mi sarebbe importato di niente. Sarei salita ugualmente, chiunque fosse.
Anche se era Edward, che era appena sceso con lo sguardo assente e i capelli più scompigliati del solito.
Indossava gli stessi abiti della sera prima.
Arcuai entrambe le sopracciglia, fissandolo bene.
Non stavo sognando, vero?
Cc-che… Che ci fai qui?” Domandai incerta, mentre lui era dall’altra parte dell’auto, che mi scrutava.
“Te ne stai andando?”
“No. N-no. Stavo cercando un taxi. Per tornare a casa.”
“E… tua madre?”
“Non sa niente. E’ dentro che mi sta aspettando.” Sussurrai appena, mentre le lacrime iniziavano a sgorgare dai miei occhi.
Avevo una paura fottuta.
Paura che Renèe uscisse dall’aeroporto, portandomi via. Lasciando Edward lì. Lo vidi deglutire rumorosamente, e fece scattare la sicura dell’auto.
“Sali, ti porto via.”
Non aspettavo altro che sentire quelle parole, mentre entravo silenziosamente nella Volvo, scoppiando in fragoroso pianto.
 
*
 
“Non devi farmi mai più una cosa del genere.” Sussurrò, accarezzandomi i capelli.
Eravamo nella nostra radura, seduti sull’erba. Edward con la schiena appoggiata su un albero, ed io con la schiena appoggiata sul suo petto.
“Scusa.”
“M-mi… mi hai fatto prendere un colpo. Sarei stato disposto a prendere il primo volo, se non ti avessi trovata.”
“Oh, Renée te l’avrebbe impedito.” Strinsi la sua mano, giocando con le dita.
Appena arrivati avevo spento il cellulare, sicura che mia madre mi avrebbe tartassata di domande.
“No, Isabella. Sarei salito su quell’aereo, a qualsiasi costo.” Mi voltai, incontrando i suoi occhi più sinceri che mai.
“Ti amo, Edward.” Dissi appena, avvicinandomi a lui per baciarlo sulle labbra. Quando mi staccai, gli accarezzai una guancia. “E scusa. Per la storia di Emmett, e per quella di stamattina. Scusa. Non avrei dovuto.”
“E’ tutto passato. Tutto.” E con quelle parole, mi baciò nuovamente. “E poi… ti devo dire una cosa.” Sospirai pesantemente, mettendomi a cavalcioni su di lui.
“Se si tratta di qualche notizia spiacevole, non dirmela.” Annunciai risoluta. Non volevo sentire più niente di brutto, per i prossimo giorni.
“Non direi… Emmett…”
Oh, con quel nome sì che iniziavano le complicazioni
“Se non vuoi dirmelo…” Mi bloccò, posando una mano sulla mia bocca.
“Sì, sì. Sì che voglio dirtelo. Emmett ci ha invitati al suo matrimonio, in Alaska. Ha deciso di sposarsi con Rosalie.”
Oh…
“I miei andranno, e così anche Alice andrà. Ma io… Non so se sia una buona cosa, Bella. Non voglio andarci, non sono ancora pronto.” Abbassò lo sguardo, mentre iniziai ad accarezzargli i capelli.
“Hey, lo sai che prima o poi dovrai affrontarlo, no?”
“Sì, e credo che non ci sia occasione migliore di questa.” Disse, questa volta abbassandosi per posare la sua bocca sul mio collo. Lo spostai di lato, socchiudendo gli occhi.
“All-lora?”
“Ne ho parlato con i miei genitori, ieri sera. Vieni con me.” Lo feci staccare, prendendo il suo viso fra le mani e guardandolo.
Quello che aveva appena detto, mi sembrava tutto tranne che una richiesta.
Era una specie di ordine.
Come a dirmi: ‘Vieni, ho bisogno di te’.
E poi sorrisi, stampandogli un casto bacio sulle labbra. Presi la sua mano e intrecciai le dita fra le mie, invitandolo ad alzarsi.
“Bene. Andiamo in Alaska!” Sorrise, e al centro della radura si avvicinò a me, circondandomi la vita con una mano ed abbassandosi fino alla mia altezza, sorridendo sulle mie labbra.
Saremmo andati insieme in Alaska, e quello sicuramente sarebbe stato un nuovo inizio.
 
**
 
Niente finale da soap per questo capitolo =D chi mi ha su FB mi conosce bene! Il prossimo capitolo sarà tutto Alaska, neve, camino, una camera solo per Edward e Bella, letto, piumone… VI LASCIO IMMAGINARE!
Grazie, grazie e GRAZIE!
   
 
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