- Quando
ho iniziato a scrivere questo
capitolo, l’ho fatto con un solo pensiero in testa:
‘devo ringraziare i miei
lettori’. Dopo l’episodio accaduto una settimana
fa, non ho potuto fare a meno
di leggere tutte le vostre recensioni. Tutto il vostro supporto, che mi
ha
lasciata a bocca aperta, davvero. Sentire tutti voi, sia privatamente
che sulle
recensioni, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. E no, non sto
scherzando.
Spero soltanto che questo capitolo non vi deluda, e spero vivamente di
risentirvi tutti di nuovo, questa volta non a causa di tutto il
supporto, ma
solo per lasciarmi un piccolo parere sul capitolo. Grazie ancora. E non
smetterò più ripeterlo.
- Grazie.
- Quindicesimo
Capitolo – Un nuovo inizio.
- BELLA’S
POV
- “E…
quindi?”
- “Phil
è stato trasferito a Miami, per lavoro. E’ entrato
in una grande squadra di Football, Isabella.
Una delle più famose. Quindi ho pensato di venire a
prenderti, per andare a
Phoenix qualche settimana. E dal prossimo mese, andremo a
Miami.”
- La
tazza di caffè tremò nelle mie mani.
- Renée
era entrata in quella casa come un fiume in piena,
lasciandomi a bocca aperta. E dopo varie spiegazioni, ora eravamo
seduti tutti
e tre nel piccolo tavolo della cucina.
- E
mia madre era venuta per portarmi via.
- “Mamma…
io non so se sia una buona idea. Vorrei finire la
scuola.”
- “Ma
la finirai a Phoenix, tesoro! Ho portato tutti i
documenti proprio per parlare con il tuo Preside, oggi!”
- “No,
mamma. Ti prego!”
Mi lamentai, implorante.
- Non
volevo andarmene da Forks.
- Non
volevo lasciare Charlie da solo, di nuovo.
- E
non volevo lasciare neanche la scuola, a metà.
- Ma
più di tutti, non volevo lasciare Edward. Non
l’avrei mai fatto.
- “Tesoro,
devi venire. Abbiamo tantissimi piani futuri
per te! Io e Phil non
abbiamo fatto altro che parlarne, in questi ultimi mesi.”
- Piani futuri
per te.
- Io e Phil non
abbiamo fatto altro
che parlarne.
- Ovviamente
io ero esclusa da tutto questo. I ‘piani
futuri’ che programmava mia madre, non includevano me.
- “Renée,
perché non mandi Bella a scuola e quando torna ne
riparlate?”
- “No,
Charlie. No! Il volo è fra poco, e Bella deve venire
con noi. C’è anche Phil, che sta aspettando in uno squallido Motel a Port
Angeles!” Sventolò una mano in aria,
mostrando il diamante nell’anulare destro.
- Saranno
stati almeno
tremila carati.
- Certamente.
Forse per lo squallido Motel si
trattava di una normalissima camera, con un
letto e un bagno.
- “Mamma! Fammi
almeno andare a scuola!”
- “Non
se ne parla.” Disse, sbattendo una mano sul tavolo di
legno.
- “Scusa…
ma non dovevi portare i Documenti al Preside?”
- “Forse…
forse ci
ho già pensato, ecco. Via e-mail, grazie al più
bravo avvocato di Phoenix,
nonché amico stretto di Phil. Sai, si conosco tutti su
questo piano…” Rimasi
con la bocca a mezz’aria, sperando che stesse scherzando.
- Io
non avrei mosso un piede da quella casa.
- Non
sarei uscita da Forks per niente al Mondo.
- “Non
posso, mamma. Mi dispiace. Dì a Phil che sono felice
per la sua promozione, ma non posso.”
Mi alzai arrabbiata e con le lacrime agli occhi, pronta a dirigermi al
piano
superiore.
- “Non
credevo di dover arrivare a questo, Isabella.”
Esordì
d’un tratto, facendomi girare.
- Le
lacrime grazie al cielo erano tornate dentro.
- “C-cosa?”
Ma la voce incrinata, quella, non
mancava mai.
- “La
tua custodia è affidata a me, Isabella. E tu sei
ancora minorenne, da quel che so’. Non voglio chiamare un avvocato.” E con la parola
‘avvocato’, mi fece capire che avrebbe
vinto lei.
- Almeno
finché io non avessi compiuto diciotto anni.
“Quindi verrai con me a Phoenix. Fuori
c’è l’autista di Phil che aspetta.
Sbrigati a fare le valigie.” E senza neanche guardarla in
faccia, salii al
piano superiore con grandi falcate.
- Le
lacrime però questa volta avevano iniziato a sgorgare,
anche copiosamente.
- Come
poteva farmi una cosa del genere? Era pur
sempre mia madre!
- Singhiozzando
presi il piccolo trolley che era sotto il
letto, iniziando a svuotarci interi cassetti dentro. Con una mano mi
asciugavo
le lacrime, e con l’altra cercavo di chiudere la valigia.
- Lasciai
nella mia camera il piccolo Beauty Case, con dentro
i miei Shampoo alla fragola. Tutti i libri di scuola. La mia copia di
Romeo e
Giulietta, riposta sulla scrivania.
- E
quando finalmente riuscii a chiudere la valigia, il
cellulare vibrò.
- Ti passo a
prendere
io?
- Ed.
- E
singhiozzi ancora più forti iniziarono a scuotere il mio
corpo.
- Cosa
gli avrei detto? Cosa?
- Non vengo a
scuola
oggi.
- Scusa.
- Bella.
- Scusa…
- Ti senti
male? Tutto
apposto?
- Scusa di
cosa?
- Ed.
- Oh, Dio! Non potevo
fargli questo.
- Non
potevo andarmene senza dirgli niente.
- Dovevo parlarci.
- Tutto bene.
- Ti chiamo
dopo.
- Ricordati che
ti amo.
- Bella.
- E
dopo quelle ultime parole, chiusi di scatto il
cellulare.
- Non
potevo continuare a mentirgli.
- “ISABELLA!”
Sbuffai rumorosamente, accollando dietro di me
la valigia, e facendola strusciare fino al piano inferiore.
- Charlie
era sulla porta, con lo sguardo assente.
- “Papà…”
Sussurrai appena, fiondandomi tra le sue braccia.
- “Hey,
tesoro…”
- “Aspettami,
okay? Tornerò il prima possibile.”
- Accarezzò
i miei capelli gentilmente, stringendomi ancora
più forte.
- “Certo
che ti aspetto, tesoro. Farò in
modo che tu torni il prima possibile.” Si
staccò di qualche
centimetro, stampandomi un bacio sulla fronte e asciugandomi le
lacrime.
- “Ti
voglio bene.”
- “Ti
voglio bene anch’io, Bells.” Lo lasciai andare,
dirigendomi nel vialetto. Una macchina nera era parcheggiata proprio al
centro,
e mi ci fiondai dentro. Prima di aver lasciato la valigia ad un uomo in
smoking, troppo serio ed elegante.
- No,
non avrei fatto parte di quel Mondo.
- Quando
la macchina partì per Port Angeles, guardai fuori i
vetri oscurati di quella Mercedes.
- Le
strade di Forks sfrecciavano troppo velocemente sotto i
miei occhi, impedendomi di assaporarne ogni dettaglio.
- Lasciai
Forks con una promessa,
che sarei tornata.
- Lasciai
Charlie con una promessa, che sarei
tornata da lui.
Lasciai Edward… Oh, Edward! Lasciai Edward con una certezza, sarei tornata da lui, in ogni modo possibile. - EDWARD’S
POV
- Tutto bene.
- Ti chiamo
dopo.
- Ricordati che
ti amo.
- Bella.
- Rilessi
più volte quel messaggio, socchiudendo gli occhi.
- Ricordati che
ti
amo.
- Quella
non era la mia
Isabella Swan. Non avrebbe mai scritto una cosa del genere.
- Ricordati che
ti
amo.
- Senza
pensarci due volte, mi alzai dal letto indossando
gli stessi vestiti della sera prima, e uscendo di corsa dalla mia
camera.
- Fuori
al bagno incontrai Alice, con gli occhi ancora
chiusi a causa del sonno.
- “Dove
vai?” Anche la sua voce era roca, segno che doveva
ancora svegliarsi del tutto.
- “Da
Bella.”
“Non la starai prendendo troppo sul serio? Ieri sei tornato tardi, ed sono solo le sei e trenta.” Ma anche se era mezza addormentata, non le sfuggiva mai niente. - “No.”
- Alzò
entrambe le spalle, come se non glie ne fregasse
niente.
- Meglio,
allora.
- Al
piano inferiore, invece, incontrai mia madre. Con un
panno in mano, si apprestava ad asciugarsi le mani.
- “Mamma.”
- “Dovei
stai andando?”
- “A…
scuola, no?”
- “Per
caso vuoi aprirla tu?”
- “Oh,
mamma.” Mi avvicinai stampandole un bacio sulla
fronte. “Devo andare. Quando torno ti spiego tutto,
eh.” E senza aggiungere
altro uscii, entrando nella mia Volvo. Misi in moto, dirigendomi verso
casa
Swan.
- Cinque
minuti dopo entrai, intravedendo una macchina nera
allontanarsi. Senza pensarci due volte scesi, attaccandomi al
campanello.
- Neanche
due secondi dopo venne ad aprirmi Charlie Swan,
con le occhiaie e il visto… triste.
- “Capo… scusi
l’ora, davvero! Ma… non è che potrei
parlare con Bella?”
- Charlie
sgranò entrambi gli occhi, e poi si fece da parte
per lasciarmi entrare. Salii al piano di sopra, per poi bloccarmi a
metà
strada.
- “Bella
non c’è, Edward.”
- Cosa?
- “Mi… mi ha detto
che non sarebbe venuta a scuola.” Annunciai, prendendo in
mano il mio
cellulare.
- Rilessi
distrattamente il messaggio, che era identico
a prima.
- “Edward…
perché non ti siedi un attimo?”
- No,
stavo davvero perdendo la pazienza. Dov’era Bella?
- “Charlie,
non credo sia il caso.”
- “Edward…”
- “Può
dirmi soltanto dov’è Bella? Non la
tratterrò oltre,
se questo è il suo problema.”
“No, Edward. Non è il un mio problema.” - “Allora…”
- “Bella
è andata via, Edward. E’ venuta Renée a
prenderla.”
- “E’
andata con sua madre? Dove? A fare colazione? Perché
non me l’ha detto?” Ormai ero un turbinio di
domande.
- La
mia mente viaggiava per conto suo.
- “Magari,
Edward.” Sussurrò Charlie, chiudendo la porta di
casa dietro di sé. “Renée…
Renée è venuta per portarsela a
Phoenix.” Mi appoggiai al corrimano, sentendomi mancare.
- “Portarla
via? Come…
perché lei è andata con sua madre?”
- “Non
ha avuto scelta, Edward. Bella è ancora in
affidamento a sua madre. E così ha deciso.”
- Scesi
di corsa le scale, mentre la rabbia si impossessava
di me.
- “Come
si è permesso?” Gli puntai un dito contro, mentre
il
mio viso si faceva tutto rosso. “Perché
l’ha lasciata andare? E’ sua figlia!
Sua figlia!” Sbottai, alzando le mani al cielo.
- “E
tu credi che io l’abbia lasciata andare, Edward? Non mi
resta che contattare il mio avvocato, e parlarne con lui. Ma
Renée ha una cosa
che io non ho, Edward. Il potere. E
essere il Capo della Polizia di una
cittadina sperduta come Forks, non mi fa andare tanto
lontano.” Anche
lui aveva alzato la voce di alcune ottave, fronteggiandomi.
- “I-io..
io devo
andare da lei!” Aprii la porta, quando la mano di Charlie si
posò sulla mia
spalla.
- “Non
credo che ti convenga, Edward. Anche se la vedrai,
Renée non la lascerà mai. Mi dispiace,
ragazzo.” Parlava in modo distaccato,
come se non si trattasse di sua figlia. Mi voltai schioccandogli
un’occhiataccia, ed raggiunsi la mia Volvo.
- Una
volta dentro, ingranai la marcia. Diretto
all’aeroporto.
- BELLA’S
POV
- Guardai
il piccolo aeroporto di Port Angeles, dove non
c’era nessuno.
- Più
o meno tre coppie, più io, mia madre e… Phil.
- “Tieni.”
Si avvicinò a me, porgendomi il biglietto aereo
appena fatto.
- Neanche
un ‘Ciao
Isabella, come stai?’ No, perché io non
meritavo tutto quello. Mi sedetti
sulla sedia di plastica, appoggiando malamente la schiena sullo
schienale.
- Non
volevo essere una figlia perfetta, e non lo sarei mai
stata.
- Non
volevo stare lì, in quel momento.
- Non
volevo partire, volevo solo…
- “Mamma,
vado in bagno.” Annuncia, prendendo la mia borsa
nera.
- Alzò
lo sguardo dalla rivista di moda che stava leggendo,
annuendo svogliatamente.
- Proprio
come se non glie ne fregasse niente.
- Con
la borsa a tracollo e il biglietto aereo nella mano
destra, mi diressi a passo spedito verso il bagno. Una volta dentro
aprii
l’acqua del rubinetto, facendola scorrere sui miei polsi. Poi
posai lo sguardo
sullo specchio, guardandomi per qualche secondo.
- Gli
occhi erano ancora gonfi, e i capelli più scompigliati
del solito. Sicuramente sarei stata una rovina per la nuova
famiglia di mia madre. Aprii la borsa, prendendo il
portafogli nero e guardando dentro.
- Cinquanta
dollari.
- Sì,
di certo mi sarebbero bastati. Accartocciai il
biglietto aereo, buttandolo nel primo cestino che trovai. E mi diressi
a
velocità supersonica fuori da quell’edificio.
- Buttai
un’occhiata a mia madre, che ancora stava leggendo
quella rivista. E a Phil, che con il suo iPad in mano di documentava su
chissà
quale partita di Football. Appena uscii avevo il fiatone, ed iniziai a
chiamare
un taxi.
- Nulla. Tutti quelli
che passavano se ne
andavano, e parcheggiato non ce ne era neanche uno.
- Finché
una Volvo parcheggiò in malo modo accanto a me.
Beh, non mi sarebbe importato di niente. Sarei salita ugualmente,
chiunque
fosse.
- Anche
se era Edward, che era appena sceso con lo sguardo
assente e i capelli più scompigliati del solito.
- Indossava
gli stessi abiti della sera prima.
- Arcuai
entrambe le sopracciglia, fissandolo bene.
- Non
stavo sognando, vero?
- “Cc-che… Che ci
fai qui?” Domandai incerta, mentre lui era
dall’altra parte dell’auto, che mi
scrutava.
- “Te
ne stai andando?”
- “No.
N-no. Stavo
cercando un taxi. Per tornare a casa.”
- “E…
tua madre?”
- “Non
sa niente. E’ dentro che mi sta aspettando.”
Sussurrai appena, mentre le lacrime iniziavano a sgorgare dai miei
occhi.
- Avevo
una paura fottuta.
- Paura
che Renèe uscisse dall’aeroporto, portandomi via.
Lasciando Edward lì. Lo vidi deglutire rumorosamente, e fece
scattare la sicura
dell’auto.
- “Sali,
ti porto via.”
- Non
aspettavo altro che sentire quelle parole, mentre
entravo silenziosamente nella Volvo, scoppiando in fragoroso pianto.
- *
- “Non
devi farmi mai più una cosa del genere.”
Sussurrò,
accarezzandomi i capelli.
- Eravamo
nella nostra
radura, seduti sull’erba. Edward con la schiena appoggiata su
un albero, ed io
con la schiena appoggiata sul suo petto.
- “Scusa.”
- “M-mi…
mi hai fatto prendere un colpo. Sarei stato
disposto a prendere il primo volo, se non ti avessi trovata.”
- “Oh,
Renée te l’avrebbe impedito.” Strinsi la
sua mano,
giocando con le dita.
- Appena
arrivati avevo spento il cellulare, sicura che mia
madre mi avrebbe tartassata di domande.
- “No,
Isabella. Sarei salito su quell’aereo, a qualsiasi
costo.” Mi voltai, incontrando i suoi occhi più
sinceri che mai.
- “Ti
amo, Edward.” Dissi appena, avvicinandomi a lui per
baciarlo sulle labbra. Quando mi staccai, gli accarezzai una guancia.
“E scusa.
Per la storia di Emmett, e per quella di stamattina. Scusa. Non avrei
dovuto.”
- “E’
tutto passato. Tutto.” E con quelle parole, mi
baciò
nuovamente. “E poi… ti devo dire una
cosa.” Sospirai pesantemente, mettendomi a
cavalcioni su di lui.
- “Se
si tratta di qualche notizia spiacevole, non dirmela.”
Annunciai risoluta. Non volevo sentire più niente di brutto,
per i prossimo
giorni.
- “Non
direi… Emmett…”
- Oh,
con quel nome sì che iniziavano le complicazioni…
- “Se
non vuoi dirmelo…” Mi bloccò, posando
una mano sulla
mia bocca.
- “Sì,
sì. Sì che voglio dirtelo. Emmett ci ha invitati
al
suo matrimonio, in Alaska. Ha deciso di sposarsi con
Rosalie.”
- “Oh…”
- “I
miei andranno, e così anche Alice andrà. Ma
io… Non so
se sia una buona cosa, Bella. Non voglio andarci, non sono ancora
pronto.”
Abbassò lo sguardo, mentre iniziai ad accarezzargli i
capelli.
- “Hey,
lo sai che prima o poi dovrai affrontarlo,
no?”
- “Sì,
e credo che non ci sia occasione migliore di questa.”
Disse, questa volta abbassandosi per posare la sua bocca sul mio collo.
Lo
spostai di lato, socchiudendo gli occhi.
- “All-lora?”
- “Ne
ho parlato con i miei genitori, ieri sera. Vieni con
me.” Lo feci staccare, prendendo il suo viso fra le mani e
guardandolo.
- Quello
che aveva appena detto, mi sembrava tutto tranne
che una richiesta.
- Era
una specie di ordine.
- Come
a dirmi: ‘Vieni, ho bisogno di te’.
- E
poi sorrisi, stampandogli un casto bacio sulle labbra.
Presi la sua mano e intrecciai le dita fra le mie, invitandolo ad
alzarsi.
- “Bene.
Andiamo in Alaska!” Sorrise, e al centro della
radura si avvicinò a me, circondandomi la vita con una mano
ed abbassandosi
fino alla mia altezza, sorridendo sulle mie labbra.
- Saremmo
andati insieme in Alaska, e quello sicuramente
sarebbe stato un nuovo
inizio.
- **
- Niente
finale da soap per questo capitolo =D
chi mi ha su FB mi conosce bene! Il prossimo capitolo sarà
tutto Alaska, neve,
camino, una camera solo per Edward e Bella, letto, piumone…
VI LASCIO
IMMAGINARE!
- Grazie,
grazie e GRAZIE!