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Autore: DreamWanderer    08/08/2011    1 recensioni
Karen, i suoi pensieri e le sue paure, riguardo a un po' tutto... dagli scontri con lo specchio, alla nostalgia.
Fa parte della saga "Shards & Shades".
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shards & Shades'
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9.
Incanto di Neve.


Karen’s PoV

Sospiro, e sul vetro appare una nuvoletta di vapore. È inverno, e fa freddo. Tanto, davvero tanto freddo.

Tuttavia, nonostante io stia indossando una semplice sottoveste di raso, in questo momento non lo sento poi troppo. Sono nella casa di campagna della mia famiglia, dove ci troviamo sempre per Natale. È una struttura antica, anche se rimessa a nuovo, enorme, tanto che ognuno di noi può avere la sua stanza.

C’è appena stata una festa in mio onore. La festa per il mio compleanno. Una festa a cui io mi sono sentita completamente estranea e assente.

Gli invitati erano abbastanza, amici delle superiori nella stragrande maggioranza, più qualcun altro a cui mi sento leggermente più vicina, assieme a mia sorella Jen e alcune sue amiche. Lei era l’unica della famiglia: con loro avevo già festeggiato.

La festa è finita da qualche ora, e alcuni dei partecipanti si sono fermati a dormire qui: troppo alcol nel sangue per permettermi di lasciarli andare a guidare con il cuore in pace. Li ho quasi costretti a rimanere.

Nel mio, di sangue, non c’è niente di più che qualche sorso di vodka alla pesca. Non mi fa quasi niente, posso berne anche mezza bottiglia senza stare male. Buffo, considerando che invece basta appena un sorso di coca-cola e rum per farmi rimettere l’intera cena, oltre all’anima.

Una delle mie contraddizioni.

Fuori, uno stormire di fronde d’alberi spogli, causato da un’improvvisa folata del vento gelido che tormenta la mia città da qualche giorno ormai, mi rivela che la bora non se n’è ancora andata. Io non rabbrividisco nemmeno.

Quando avevamo risistemato tutte le stanze, tutti quanti mi avevano dato della ragazzina: ho insistito fino all’esasperazione per convincerli a creare una piccola nicchia nella parete esterna, in corrispondenza della finestra.

Ora c’è una piccola ansa, foderata da un bel cuscino morbido e caldo che sta esattamente sopra un termosifone. Il tepore si spande piacevolmente, imprigionato dalle tende che ho appeso per proteggere questo mio angolino.  La lunghezza di questo rifugio non è altra che quella della finestra, ma per me basta e avanza. Ho fatto mettere addirittura una lampadina, per ogni evenienza che coinvolga una probabile lettura di mezzanotte. Attraverso il vetro pulito vedo il giardino della casa, immerso nell’oscurità. La totale assenza di luci intense mi permette di godermi il cielo invernale in tutto il suo splendore.

È il mio angolino, quest’ansa.

Mi rannicchio qui ogni volta che voglio staccarmi dal mondo esterno. Peccato che non basti tirare le tende per cancellarlo, né per fermarlo.

Sento un mugugno indistinto, e do uno sguardo veloce nella mia camera.

Luke si sta rigirando tra le lenzuola del mio letto. A giudicare dalla sua espressione, mi sembra anche che si stia godendo il soggiorno.

Torno a raggomitolarmi nella mia nicchia, sollevata dal fatto che non si sia svegliato. Non so come l’avrebbe presa nel vedermi accoccolata qui.

Lontana da lui.

Sono stata praticamente costretta a invitarlo alla mia festa, ma l’avevo visto un po’ brillo e così ho insistito perché rimanesse. Io però sono l’unica che conosce, visto che gli altri che si sono fermati erano i miei compagni. Non voleva stare da solo, quindi mi ha implorata di lasciarlo dormire con me. E io, ovviamente, da brava scema, ho ceduto.

L’ho accompagnato in camera mia prima, dicendo che tornavo giù a salutare gli altri che dovevano ancora andarsene. In realtà, ci sono voluti altri tre quarti d’ora buoni per rimandare tutti a casa, più un altro po’ per mettere a posto un minimo. L’aiuto dei miei compagni ha sveltito, ma comunque ci è voluta un’oretta prima che tornassi di sopra. Una volta salita, l’ho trovato addormentato.

Con mio sommo piacere.

Mi sono cambiata, e poi sono scivolata qui nel mio rifugio. Lontana da lui. Si è preso una specie di sbandata per me, credo. Alcuni dei miei amici mi incoraggiano, ma non capiscono che la cosa è molto superficiale.

Luke è bello. Non è quel tipo di bellezza assoluta o folgorante, ma non è affatto male. A essere onesta, però, mi mette un po’ in soggezione: ho una corporatura piuttosto minuta, e lui ha sia una certa altezza sia le spalle robuste. Mi fa sentire ancora più fragile di quanto già non mi veda, e questa cosa non va bene. Judith, una delle mie amiche che spinge perché vorrebbe che ci mettessimo assieme, mi ha detto che lo vedrebbe bene a proteggermi, ma io mi sento… minacciata.

So cosa vuole da me. È la stessa cosa che si vogliono tutti. Ognuno cerca di ottenere il mio corpo per poi arrivare alla mia anima, ma non riesce mai ad affondare fino al mio cuore. Forse perché ha anche poche possibilità.

Perché c’è lui, tra me e chiunque cerchi di conquistarmi. Lui, che mi manca terribilmente. Lui, che, nonostante sia mio amico, da me vuole quello che vogliono tutti gli altri bastardi: vuole il mio corpo, perché sa che cercare il mio cuore sarebbe complicato, vista la nostra situazione… così cerca di accontentarsi. Lui, che invece potrebbe averlo, se solo non avessimo le vite che abbiamo.

Ryan.

“Sto facendo del mio meglio per non innamorarmi di te”, mi diceva. Non credo si aspettasse che fossi io, a cedere ai sentimentalismi.

I miei occhi scuri tornano a guardare il cielo, si perdono a contemplare la falce di luna che spunta fuori a tratti dalle nubi. Li sento farsi lucidi, ma le lacrime restano impigliate alle mie ciglia. Sospiro.

Il vetro mi rimanda il mio riflesso, un’immagine semplice e perfettamente ordinaria: iridi brune, viso da bambina, capelli disordinati, occhiali. Niente di che. Non si vede nemmeno l’inquietudine che si sta contorcendo dentro il mio petto. Della rabbia verso me stessa che mi riempie ogni pensiero di disgusto, nessuna traccia.

Mi sento irrequieta, in questi giorni, e non riesco a trovare pace, né respiro. Non c’è una ragione precisa, ma i sensi di estraneità e inadeguatezza non mi abbandonano nemmeno per un momento.

Il mio disprezzo per me stessa è forte. Ho queste emozioni insolite, e non dovrei provarle. Perché la mia è una vita niente male: un buon percorso di studi, un rendimento soddisfacente, una famiglia integra e unita, amici con cui andare a ballare nelle serate libere, nessuna difficoltà imminente dal punto di vista economico. Obiettivamente, non sono messa affatto male.

Ecco perché sto ancora peggio quando mi rendo conto di questi sentimenti sgradevoli che tempestano la mia anima: perché non sono giustificati.

Selene, un’amica di quelle vere, mi ha detto che semplicemente non ho ancora trovato il mio posto, la mia strada. Credo che abbia ragione, ma non saprei cosa fare per tentare di identificare il luogo dove potrei stare bene. Anche perché sento di non poter abbandonare ciò che ho qui. Per cosa, poi? Per una meta utopica e completamente ipotetica? Non saprei nemmeno dove andare. Preferisco accontentarmi di questa vita sicura, anche se sento di non appartenerle.

La verità è che mi manca un sogno. La mia vita è bella, ma io non so che farmene. Non ho nessun talento particolare da coltivare, nessuna ambizione da inseguire. Mi limito a fare quello che sento di poter fare, che mi piace, anche se non è la mia aspirazione. Tutto sommato, basta fare, almeno per tenere la mente impegnata, lontana da riflessioni come questa.

Qualche volta mi sento stanca, anche un po’ esasperata, e insofferente verso tutto ciò che mi circonda. In momenti del genere cerco rifugio nei soli sogni che posso ancora permettermi: sogni impossibili. Esistenze alternativo che vivo attraverso la lettura, che costruisco grazie alla scrittura. È il mondo dell’irrealtà, dell’invenzione, quello a cui sento di appartenere. Un mondo che però è fuori dalla mia portata, precluso a questo universo perché esiste solo a livello creativo. Non appartiene a questa dimensione più di un riflesso all’acqua.

Stringo le labbra, soffocando un gemito di dolore tra le corde vocali. Mi sento sola in questo momento. Sola e stanca, ma i miei pensieri non mi danno pace. Nella mia testa si alternano dolore, irrequietezza, rabbia, esasperazione, impotenza, in un ciclo ripetitivo che toglie il fiato. Lascio ciondolare la testa all’indietro, con un sospiro.

Succede all’improvviso, il miracolo.

Tentacoli di silenzio si avviluppano attorno a ogni cosa, includendo me nel loro abbraccio. Il tormento causatomi dalle mie riflessioni sembra affievolirsi appena, la sua presa sulla mia anima ferita si allenta.

Guardo fuori, e vedo che il prato è imbiancato da una leggera spolverata di brina. Il candore della rugiada ghiacciata rifulge un poco sotto la delicata luce sfumata dei tenui lampioni lontani. Il tempo passa, e sotto i miei occhi meravigliati quel manto chiaro s’ispessisce, fino a diventare una coltre di neve. I fiocchi leggeri si attaccano subito, fanno presa senza difficoltà sul paesaggio già gelato dal freddo del mese invernale.

Sono del tutto incredula, è semplicemente troppo bello per essere vero. Apro leggermente la finestra, giusto quello che basta per far passare la mia mano, dopo aver controllato che le tende siano ben tirate: l’ultima cosa che voglio è che Luke si svegli adesso a causa del refolo freddo che si insinua in camera mia, e che riempie subito il piccolo anfratto in cui mi sono rifugiata. Tremo appena.

L’aria fredda di questa notte d’inverno mi punge impietosa la pelle. Ma il disagio passa in secondo piano, quando avverto tanti piccoli cristalli di neve sciogliersi al contatto con le mie dita. Stringo il pugno e lo porto al petto, felice, e richiudo la finestra. Sento gli occhi farsi lucidi per la gioia, e soprattutto per il sollievo.

Man mano che la neve ricopre ogni cosa, la quiete s’insinua in me, districa la matassa ingarbugliata dei miei pensieri e porta un po’ di tranquillità e di silenzio. Le mie riflessioni da masochista sono finalmente sopite, e anche se la cosa è temporanea per ora mi basta.

Mi distendo sul cuscino, raggomitolandomi, e mi tiro la coperta fin sotto il naso. Con un braccio sotto la testa, ricoperto dai miei capelli, non levo lo sguardo dal giardino che s’imbianca, fiocco dopo fiocco. Socchiudo appena gli occhi, mentre un sorriso inconsapevole distende sia le mie labbra che il mio volto.

Pace.









Angoletto!

Buongiooorno! Lo so, ho saltato una settimana. È un mio problema temo, in vacanza perdo il senso dei giorni e delle settimane... e visto che buona parte di questa saga è già scritta mi scordo di pubblicare ^^''''' sì sono un disastro, ne sono consapevole.

Allora, che dire di questo capitolo? Beh, finalmente cominciamo a scoprire qualche personaggio in più che fa parte della vita di Karen. È lontana da Ryan ormai da un po', e per lei è tempo di ricominciare a lottare un po' ogni giorno. Per quanto ammetto che sia un personaggio malinconico e un po' lagnoso, devo dire in sua difesa che sa anche quando è ora di darci un taglio e ricominciare a mettersi in cammino.

Abbiamo incontrato un po' di gente in questo capitolo! Abbiamo Luke, che le darà non pochi pensieri. Abbiamo sua sorella Jen e la sua amica Judith. E Selene, che per adesso è ancora una presenza più distante ma non per questo si rivelerà meno decisiva.

I volti di questa nuova "folla" li trovate tutti sulla mia pagina autrice di FB, di cui vi lascio qui l'indirizzo: DreamWanderer (EFP)

Il prossimo capitolo lo troverete nella storia Slices of Life., dove conosceremo un po' meglio Selene.

E questo è tutto.
Ci risentiamo presto, un bacio a tutti voi!
;*
   
 
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