Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: GoldenRose    08/08/2011    11 recensioni
"Il ragazzo le aveva posato le mani sulle spalle, e le sue dita avevano scavato nella sua pelle. Le sue parole erano dolci, a differenza dei suoi modi, il suo tono suadente. Ma qualcosa, in quello che Lily - era davvero lei? Aveva vissuto quel sogno semplicemente da esterna, prima, eppure ora si ritrovava a viverlo in prima persona; una prospettiva terrificante - aveva mormorato lo aveva fatto adirare. I suoi occhi avevano mandato lampi, la stretta sulle spalle di lei era aumentata a ogni secondo che passava, diventando sempre più dolorosa."
Tutto sembra andare per il meglio, più di vent'anni dopo la fine della seconda guerra. Eppure, in questa apparentemente ormai consolidata pace, nuove, inattese forze sono pronte a sferrare i loro attacchi, mentre Lily Luna Potter si trova a dover affrontare sinistre ombre che emergono dalle brume di una memoria lasciata inavvertitamente mal sepolta.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Beneath our Skin


Capitolo 1
Sognò un vecchio sogno. Un grosso, viscido serpente, un ragazzo dai capelli corvini, un bagno, e un'altra figura, dai capelli color fiamma. Senza vita. V'era sudore freddo sulla pelle di Lily, e paura che le attanagliava le viscere. C'erano notti in cui soffocava le urla che parevano squarciarle la gola contro il cuscino, o in cui rimaneva con gli occhi sbarrati nel buio; il suo cuore, che batteva impazzito contro la cassa toracica come quello di un canarino stretto fra le mani troppo maldestre del proprio padrone, era l'unica cosa che riusciva ad udire. Ma quel giorno fu il rumore del cigolio dei cardini della porta a destarla, e non il sogno; continuò a tenere gli occhi chiusi, ostinata, pur sapendo che qualcuno era entrato nella sua stanza. Si girò addirittura dall'altra parte, nella speranza di scoraggiare qualunque tentativo di conversazione. Stavo dormendo, per Merlino. Potevi avere la decenza di aspettare che mettessi un piede a terra, pensò, irritata.
Scoprì che l'intruso era James. Suo fratello era sempre stato un tipo mattiniero, e, quando erano bambini, si divertiva a svegliarla prestissimo; poi, assieme, correvano a disturbare anche Albus, e in seguito i loro genitori. Ben presto nella casa regnava la confusione più totale, accompagnata da un forte vociare di bambini. Ma bambini, ora, non lo erano più, e quell'abitudine era ormai andata perduta da molti anni, scivolata via dalle loro dita; non l'avevano trattenuta abbastanza forte, oppure, semplicemente, avevano deciso di lasciare che le cose andassero così. A Lily tutto era scivolato via dalle dita, come granelli di sabbia, che lo avesse desiderato o meno.
«Lily», fu il sussurro di James, che, nel silenzio della camera di lei, risuonò come l'eco di mille campane. «Credo che dovresti alzarti.» Sebbene vi fosse qualcosa di strano, identificabile, nella sua voce, qualcosa che un tempo l'avrebbe fatta drizzare immediatamente a sedere, Lily rimase esattamente com'era e non fece nessun accenno ad alzarsi.
«No», ribatté, annoiata, cercando la gamba di suo fratello con il piede e provando a cacciarlo giù dal bordo del letto, dove si era seduto. «E' estate. Mi alzo quando mi pare e piace, non di certo quando lo dici tu.» Forse aveva replicato troppo seccamente; ma, ormai, cosa importava? I suoi rapporti con James si erano raffreddati da tempo, lei aveva la coscenza a posto al riguardo. Il ricordo le faceva ancora prudere le mani e bruciare gli occhi, a metà fra il piangere e il desiderare di prendere a pugni il fratello. James non sembrò scalfito dal suo poco bendisposto - probabilmente vi era troppo abituato - e, bensì, dalle parole passò ai fatti: cominciò a scuoterle con energia la spalla, e, al quel punto, Lily comprese che non sarebbe riuscita più a dormire, per quel giorno; rassegnata, si mise a sedere, fulminando James con lo sguardo.
«Che cosa vuoi? Dev'essere davvero importante, visto che a quanto pare hai avuto il bisogno impellente di svegliarmi.» Non lo facevi da anni.
«Lo è, cara sorella», fu la risposta di James, che la guardava con espressione grave. Lily si chiese se, per caso, non la stesse prendendo in giro.
«Ma davvero? Dimmi, dunque, di cosa si tratta?», domandò, sospettosa, socchiudendo gli occhi chiari nella penombra della stanza. Decise di mettersi in piedi, lasciando suo fratello seduto sul letto; si posizionò di fronte a lui, poggiandosi contro la scrivania, e inarcò un sopracciglio, in attesa di una risposta.
«Come ben sai, nostra madre è amica di Astoria Malfoy; per ragioni a me ignote, comunque, dato che mi chiedo come si possa essere amici di un Malf-»
«Vai avanti», lo interruppe Lily, infastidita. Suo fratello approfittava di qualsiasi occasione gli capitasse sotto tiro per gettare fango sui Malfoy; tutto a causa della rivalità fra lui e Scorpius, il figlio di Draco ed Astoria Malfoy, nonché compagno di casa di Lily. Lei, però, era giunta da tempo alla conclusione che non si trattava di una vera e propria rivalità: era James a voler sempre competere; Scorpius, invece, sembrava desiderare solo di essere lasciato in pace, e rispondeva alle provocazione unicamente perché non era tipo da incassare colpi in silenzio.
«D'accordo», replicò James, palesemente deluso di non aver potuto continuare il suo discorso anti-Malfoy. «Insomma, siamo stati invitati a cena. Io mi oppongo», continuò, fieramente, alzando il mento, gli occhi scuri che scintillavano. «Corriamo dei seri rischi a recarci nel covo del nemico...»
«Tu hai visto troppi film Babbani.» Lily fu fredda, la disapprovazione chiaramente visibile sul suo viso. «Hai terminato Hogwarts, James. Forse è giunto il momento di crescere e sotterrare una volta per tutta i tuoi stupidi pregiudizi. I Malfoy non sono il nemico. Non c'è più nessuna guerra, ormai, tranne quella fra i pochi neuroni che ti sono rimasti che tentano di farsi ragionare l'un l'altro.» Troppo, troppo. Ma mai si era sentita così audace, prima di allora, e mai aveva avuto il coraggio di sfidarlo così apertamente; non le importava di aver esagerato, non le importava di essere stata troppo dura. La parola, la libertà di esprimere ciò che pensava liberamente era qualcosa che non le avrebbero mai potuto portar via. Non riteneva suo fratello così stupido, ovviamente; era stata un'affermazione dettata dall'irritazione del momento, poiché James era un ragazzo intelligente, e leale e generoso sebbene, delle volte, si comportasse in un modo che le faceva salire il sangue alla testa. Ed era così tremendamente cieco; non riusciva a vedere oltre il suo naso o quello che lui considerava giusto o sbagliato, senza considerare che, il mondo, non tutti lo vediamo allo stesso modo. James osservava tutto in bianco e nero. Dischiuse la labbra, sorpreso, come quella volta, anni prima, nella Sala d'Ingresso, quando Lily era stata smistata a Serpeverde. James non aveva ancora compreso quanto i pregiudizi irritassero sua sorella. Lei era una Potter, quindi tutti, automaticamente, pensavano che avrebbe fatto grandi cose, e ritenevano che il suo cuore fosse grande come quello di suo padre. Se eri un Malfoy, invece, automaticamente diventavi qualcuno da evitare, come se fossi affetto da una malattia particolarmente contagiosa, e al diavolo se non avevi davvero un Marchio Nero sul braccio. Immersa nei suoi pensieri, Lily scosse piano il capo, sprezzante. Quanto finto moralismo regnava dopo la guerra. Come se non commettessimo tutti degli errori, nella vita. Smettetela di sputare sugli altri solo perché voi vi trovavate dal lato del vincitore, dal lato che voi consideravate giusto. James, incapace di aggiungere altro, si alzò in piedi e parve raggiungere la porta a rallentatore. Non hai ancora imparato, caro fratello. Ti stupisci ancora quando oso parlarti così; sarò anche minuta e apparentemente fragile come dici tu, ma questo non equivale ad essere innocenti. Non sono più la bambina di otto anni che potevi rigirarti a tuo piacimento.
«Vai pure, James», lo sbeffeggiò Lily, ridendogli dietro; provò un leggero senso di colpa, ma scacciò quel sentimento in fretta: James non si era mai sentito colpevole per le cose che le aveva detto in passato, ne era sicura. «Scappi sempre, quando sai di aver perso
James, la mano già sulla maniglia, si voltò a guardarla da sopra la spalla; appariva triste, nuovamente deluso, gli angoli della bocca piegati verso il basso. «Assomigli ad una vipera che sputa veleno, te l'hanno mai detto?» E poi se ne andò, richiudendo la porta dietro di sè con un brusco scatto.
E Lily si chiese come, nonostante tutti i suoi tentativi di ferirlo, lui fosse sempre più bravo a farle del male. Piena di rabbia, afferrò la prima cosa che aveva sotto mano - il manuale di Trasfigurazione - e lo scagliò con tutte le sue forze contro la parete; strinse le mani a pugno, mentre il volume ricadeva a terra con un piccolo tonfo, aprendosi a caso. Intrusa. Intrusa. Intrusa. Parole che erano state scritte ai margini delle pagine, scarabocchiate dalla piuma di Jeremy Smith, sesto anno, quella volta in cui era riuscito ad impossessarsi della sua borsa dei libri; Lily vide il viso del ragazzo davanti agli occhi, quasi fosse in quella camera, assieme a lei, le labbra distorte in un ghigno, gli occhi azzurri illuminati di soddisfazione mentre si divertiva a torturarla per l'ennesima volta con le sue prese in giro. Strinse i denti.
Lily abbassò il capo, mordendosi il labbro inferiore. Le sue mani bianche tremavano; era arrivata ad un livello di esasperazione impossibile da superare. Ho già permesso agli altri di divertirsi a mie spese, di riempirsi la bocca del mio nome, di giudicarmi senza neppure tentare di capirmi, di conoscermi. Ma non succederà mai più, lo giuro. Devo essere coraggiosa e affrontarli tutti e batterli tutti. E' ora che questa battaglia la vinca io.

Le sembrò di avvertire, lontano, l'eco della risata derisoria di Jeremy Smith.

-

Sua madre, Ginny, le aveva acconciato pazientemente i lunghi capelli rossi, e, per lei, aveva scelto il vestito; era sul grigio scuro, di una vecchia moda, particolare che lo rendeva ancora più bello agli occhi di Lily.
«Sembri una bambola», la complimentò Ginny, con tenerezza, mentre erano entrambe in piedi davanti al lungo specchio della stanza di Lily; le diede un bacio sulla testa, mentre i suoi capelli, che profumavano di fiori, sfioravano il viso della figlia, per poi uscire dalla camera e andare a sua volta a prepararsi. Lily si concesse un piccolo sorriso davanti allo specchio; era determinata ad essere graziosa, e fare una bella figura con Astoria Malfoy. Da come l'aveva descritta sua madre, era una donna gentile, educata; Lily l'aveva intravista di sfuggita, alla stazione, negli anni passati, con i suoi capelli bruni e gli occhi scuri che non abbandonavano la figura del figlio fino a che non saliva sul treno e allora non le era più possibile vederlo. Astoria Malfoy lavorava al San Mungo e aveva una passione per l'Astronomia; "Sicuramente è una donna eccezionale", aveva commentato suo padre Harry la mattina prima, a colazione, mentre inghiottiva un boccone di porridge, "visto che è riuscita a conquistare uno come Draco Malfoy". E Lily non aveva mai desiderato così ardentemente l'approvazione di qualcuno; forse perché, prima di allora, non l'aveva mai davvero ricevuta (quella dei suoi genitori o del resto della sua famiglia non contava, dal momento che i parenti, di solito, ti trovano bello ed intelligente per contratto), e ne avvertiva un profondo bisogno. Il suo sorriso si spense come la fiammella di una candela al vento; lo specchio le restituì la sua immagine, riflettendo la sua espressione seria, priva di qualunque allegria. Lily fece un respiro profondo; si chiese cosa ne pensasse Scorpius, di quella inaspettata cena fra le loro famiglie. Probabilmente non ne era particolarmente entusiasta. Ricordava l'ultima volta che si erano parlati, durante quella prima pioggia estiva, e di come era stato facile, fingere di non avere cognomi e di non dover sostenere il peso di quello che essi significavano sulle spalle. Ma tutto era sfumato così in fretta, appena la pioggia era terminata, che Lily non si aspettava neppure che Scorpius le rivolgesse la parola, quella sera. Per fortuna ci sarebbe stato Albus con cui poter scambiare qualche parola.
La aspettava nel corridoio d'ingresso, mentre si sistemava il farfallino nero come la giacca attorno al collo. Lily si trattenne dallo scoppiare a ridere; non voleva offendere Al, che aveva una vera e propria viscerale passione per vestiari così eleganti e sembrava estremamente soddisfatto dell'abbigliamento sfoggiato per la cena al maniero dei Malfoy.
«Sei bellissima, Lily», commentò suo fratello, osservando l'abito di lei e parendo soddisfatto di quello che vedeva. La sorella arrossì appena, abbassando gli occhi, un largo sorriso ad illuminarle il volto; i complimenti la imbarazzavano sempre, e non sapeva mai come reagire o cosa dire quando gliene veniva rivolto uno. Lo prese sottobraccio, chiedendosi dove si fosse cacciato James; poi si ricordò della litigata che aveva avuto luogo quella mattina, e sperò che non venisse. Rovinerebbe tutto. Non che sia una novità.
«Anche tu, Al.» Affettuosamente, gli scompigliò i folti capelli neri che, come quelli di Harry, non riuscivano mai a stare giù. Una volta avevano perfino rotto un pettine nel tentativo di sistemarglieli; un pettine di Lily, fra l'altro, che da allora si era tenuta ben lontana dai tentativi di domare la chioma di suo fratello. Era sempre andata d'accordo più con Albus che con James; forse perché, caratterialmente, erano di gran lunga più compatibili, mentre lei e James finivano sempre, inevitabilmente, per scontrarsi. Albus era una persona tranquilla, con un tasso di pazienza incredibilmente alto, e ligia al dovere; sin da bambino aveva una passione per la mitologia Greca - roba babbana, che aveva finito per affascinare anche Lily - e, prima di andare entrambi ad Hogwarts, nelle sere d'inverno si accucciavano sul tappeto davanti al camino del loro salotto e Albus le recitava con aria solenne i miti che si era impegnato ad imparare quel giorno. Grazie alla passione che possedevano entrambi per la lettura, avevano sempre reso zia Hermione particolarmente orgogliosa di avere due nipoti come loro. "Se fossi un animale, sarei una tartaruga, probabilmente", le aveva confidato una volta Albus; James, che in quel momento era stato, sfortunatamente, a portata d'orecchie, lo aveva preso in giro per settimane. "Sei lento come una tartaruga, Al!", "Ma non ti rendi conto di quanto sono brutte le tartarughe, Al?", si divertiva a strepitare, sotto le occhiate omicide di Albus. "Le tartarughe sono creature sagge ed affascinanti; non conta solo l'esteriorit-" "Certo, certo", l'aveva interrotto James, annoiato, accompagnando le sue parole ad un pigro gesto della mano che stava a significare 'lascia perdere, non ho voglia di starti a sentire sproloquiare su un argomento di cui non mi interessa'. Lily, al ricordo, provò una profonda fitta di nostalgia; i fratelli Potter in tempi migliori. Inutile negare che quel periodo, un po', mi manca.
«Ehi. C'è qualcosa che non va?» Il tono di voce di Albus era gentile, ma nascondeva una preoccupazione di fondo che non riusciva a celare del tutto. Abbassò appena la testa, per portarla all'altezza di quella di Lily, che si stringeva ancora al suo braccio.
«Nulla, non preoccuparti», fu la breve risposta di lei, decisa a non rovinare l'umore della serata con la sua improvvisa malinconia. Scosse il capo, come per scacciare un cattivo pensiero, e gli sorrise, sperando di riuscire ad ingannarlo; dall'espressione del fratello comprese che la sua piccola bugia era stata smascherata, ma lui annuì comunque, raddrizzandosi. Quando tutta la famiglia Potter si ritrovò nel corridoio - Harry e James che sfoderavano un'aria particolarmente abbattuta, e Ginny avvolta in un elegante abito blu scuro -, si Smaterializzarono poco lontano dal maniero dei Malfoy. La strada che conduceva alla loro abitazione si inerpicava girando per due volte attorno alla collina sulla quale era stato costruita, prima di raggiungere la sommità. Dai campi attorno a loro si levò in volo uno stormo di corvi, fendendo il cielo violetto ed immobile del tramonto. Nonostante fosse stata una giornata umida e grigia, e le nuvole avessero rifiutato di aprirsi prima del tardo pomeriggio, l'aria era tiepida, e tutto sembrava essere avvolto in un verde manto estivo. Il maniero di Draco ed Astoria Malfoy era meno imponente di quello appartenuto ai genitori di lui, Lucius e Narcissa, ma, come Harry stesso dovette ammettere, riusciva nel fare la sua bella figura. Era circondato da un immenso parco, inizialmente ben curato, tutto cespugli rotondi e sentieri e aiuole di fiori, ma che poi si disperdeva fino a creare una barriera di grossi alberi, altissimi e nodosi, di una vasta gamma di specie, che sembravano formare un recinto. Cominciò a soffiare un leggero vento da est, che si portò via il borbottio intriso di sarcasmo di James - "Smaterializzarci più avanti sarebbe stato troppo faticoso, suppongo" -; Lily, sentendosi la quindicenne che era, strinse con nervosismo il braccio di Albus. Lui le rivolse un sorrisetto rassicurante, gli occhi verdi illuminati di entusiasmo - come la sorella, sembrava genuinamente interessato a conoscere i Malfoy - mentre, assieme, si avviavano verso il maniero, le ultime luci del sole morente che lentamente svanivano.

-

Lily Luna Potter non aveva mai incontrato dei bardi magici prima d'allora. Erano seduti ciascuno in ognuno dei quattro angoli di quella grossa sala, dal soffitto alto, tutta finestroni e grossi candelabri con altrettanto grosse candele ad illuminarla; ad ogni portata, mentre le loro voci intonavano una nuova ballata, mani invisibili pizzicavano le loro arpe argentee, allietando la serata con la loro musica. Per quella cena, era stato posizionato un grosso tavolo di legno, in orizzonale, verso il fondo della sala, dove erano seduti gli adulti; al centro, in verticale, ve n'era un altro, dove erano stati fatti accomodare i ragazzi. Quando fu servita la terza portata, pernice al ginepro e miele, così calda che bruciava la punta della lingua, Lily, che aveva al suo fianco James e di fronte Albus e Scorpius, scoccò un'occhiata in direzione dei suoi genitori. Sua madre, Ginny, stava conversando con Astoria, che era seduta al suo fianco e portava i lunghi capelli bruni sciolti sulle spalle. Indossava un raffinato abito bianco, che metteva in risalto i suoi occhi scuri e la sua pelle lattea. La donna, forse avvertendo gli occhi di qualcuno su di sè, distolse la sua attenzione da Ginny per voltare il capo ed incrociare lo sguardo di Lily; a sorpresa, le sorrise, un sorriso caldo e gentile ed inaspettato. Lily chinò il capo, imbarazzata, tornando frettolosamente a concentrarsi sul suo piatto, mentre James si ingozzava di pernice ed esclamava complimenti al cuoco fra un boccone e l'altro. Negli occhi di Scorpius, che gli era capitato di fronte - un'infelice scelta dei posti -, si poteva chiaramente leggere del disgusto quando si posavano sulla figura di James. Albus, invece, sembrava diviso a metà fra il ridere a causa del comportamento del fratello e il voler sprofondare a causa della figura che gli stava facendo fare. Nonostante in sala vi fossero unicamente otto presenti, quella appariva quasi come una festa in piena regola, grazie al vociare che proveniva da entrambi i tavoli e la musica che non s'interrompeva neppure per un secondo.
«Ah no, Potter? Diventato un po' troppo vecchio per queste cose?», stava sghignazzando Draco Malfoy, rivolgendosi ad Harry, che era seduto all'altro capo del tavolo. Lily non riuscì a cogliere il succo del discorso, perfino con le orecchie tese al massimo; Draco, ancora divertito, si voltò in direzione della moglie, che, vedendo il viso del marito così illuminato, si unì alla sua risata. E così anche Ginny, mentre Harry alzava gli occhi al cielo, fingendosi estremamente offeso. Ma poi, dalle arpe dei bardi iniziò a provenire la musica più malinconica che le orecchie di Lily avessero mai udito, e tutto sembrò dimenticato. Le risate terminarono, James smise perfino di mangiare, poggiando coltello e forchetta sul piatto; ciascuno di loro rimase in ascolto, e la ballata che i bardi intonarono fu una ballata di morte e nostalgia e rimorso. Lily non era mai stata tipa dalla lacrima facile. Era Albus che aveva quel ruolo, in famiglia, sin da quando era bambino. Una volta avevano visto un vecchissimo film babbano, "E.T.", ed Al aveva pianto per settimane. Com'era possibile che lei avesse una gran voglia di fare la stessa cosa per una stupida ballata, ora? Fa' che pensino sia la luce delle candele, per Merlino. L'ultimo dei suoi desideri, quella sera, era di apparire come una frignona; ma rimanere indifferenti a quella ballata, al momento, le appariva un'impresa impossibile. Albus, chiaramente, provava le sue stesse emozioni, non che Lily avesse mai sospettato il contrario; anche i suoi occhi erano lucidi. Scorpius era l'opposto di loro due; pareva un unico blocco di ghiaccio, per nulla impressionato come lo erano Lily e Albus, e i suoi occhi grigi e freddi non mostravano neppure le minime di tracce di commozione. Si mise addirittura ad osservarsi le unghie della mano destra, privo di qualunque interesse per quello che gli stava accadendo attorno. James, dal canto suo, rimaneva sempre James e, annoiato, aveva fermato un elfo domestico per domandargli quante portate mancassero per il termine della cena. Un'espressione estremamente soddisfatta gli si dipinse sul viso quando l'elfo gli rivelò che dovevano essere serviti ancora otto piatti. Quando la ballata fu conclusa, una sola, piccola lacrima sfuggì a Lily, che lesta fece per asciugarsela col pollice, sperando di non essere stata notata da nessuno; in altre occasioni non l'avrebbe imbarazzata essere stata beccata a piangere, come non l'aveva imbarazzata Scorpius quando aveva visto i suoi occhi rossi. Ma adesso era diverso; che cosa avrebbero pensato i coniugi Malfoy? Per sua sfortuna, però, James si voltò nella sua direzione e il gesto non gli sfuggì.
«Stavi forse piangendo, Lils?», ululò, forse per accertarsi che le sue parole giungessero alle orecchie di tutti i presenti e mettendosi a ridere, mentre la sorella lo fulminava con lo sguardo. James la ignorò, e non sembrava affatto intenzionato a smettere di prenderla in giro; così, irritata, Lily afferrò il suo calice di succo di zucca e senza tante cerimonie glielo rovesciò in testa. Scorpius, che fino ad allora non aveva aperto bocca, prorruppe in una profonda risata, iniziando a battere la mano sul tavolo di legno; James, nel frattempo, si scostò i capelli bruni imbevuti di succo di zucca dagli occhi, infastidito più dalle risate di Scorpius che dal gesto di Lily. Albus si ficcò un pugno in bocca, ma poi, senza più riuscire a trattenersi, si gettò a ridere sotto il tavolo. Lily incrociò lo sguardo di Scorpius, che stava ancora ridendo; si guardarono a lungo, e poi Lily scoppiò a ridere a sua volta, mentre James intimava loro di smetterla immediatamente. Alla fine, Albus riemerse da sotto il tavolo, rosso in faccia, e si schiarì la gola, fingendo che nulla fosse successo.
«Me la pagherai, Lils, segnati queste parole da qualche parte», borbottò James, tentando di pulirsi la camicia bianca - anch'essa sporca di succo di zucca - con un fazzolettino ricamato che, a giudicare dall'aspetto, aveva rubato alla pro-zia Muriel. Lily avvertì dei risolini provenire dal tavolo degli adulti, fra cui riconobbe perfino quello di suo padre.
«Devo proprio ringraziarti, Potter», iniziò Scorpius, rivolgendosi a James, derisorio. «Hai davvero migliorato la serata. Dovrebbero roversciarti del succo di zucca in testa più spesso: ti dona.» E incrociò di nuovo lo sguardo di Lily; lei distolse subito il proprio, voltandosi verso sua madre, nella paura di un rimprovero. Ma Ginny le fece segno di alzarsi e avvicinarsi al suo tavolo, un'espressione divertita dipinta sul viso. Emozionata all'idea di essere presentata, finalmente, ad Astoria, Lily si sistemò la gonna dell'abito e si alzò in piedi, il sorriso migliore che aveva in repertorio stampato sulla faccia. Quando Lily fu di fronte alle due donne, sempre continuando a sorridere, gettò un'occhiata ad Astoria da sotto le lunghe ciglia.
«Ciao, piccola colomba.» Gli occhi di Astoria erano luminosi e gentili, e i suoi modi di fare riuscirono nell'intento di metterla a suo agio. Scorpius l'aveva raggiunta, probabilmente chiamato da sua madre, ed ora era al suo fianco, a braccia conserte, e fissava Draco Malfoy; sembrava quasi che stessero avendo una conversazione, ma senza ricorrere all'utilizzo di parole. Lily si chiese come facessero a comunicare così bene tramite delle semplici occhiate; ma poi la sua attenzione fu nuovamente rivolta ad Astoria, e Draco e Scorpius furono dimenticati.
«Quanti anni hai, Lily?», le chiese Astoria, cortese, mentre Ginny sorrideva incoraggiante.
«Ne ho quindici, signora Malfoy», rispose Lily, educata, le mani strette dietro la schiena. Quando si accorse che anche suo padre e Draco la stavano fissando si mosse da un piede all'altro, in preda ad un lieve nervosismo. Bada a non dire alcuna sciocchezza.
«Scorpius mi ha parlato di te. Siete nella stessa casa, non è vero?» Lily, dimentica per un attimo della signora Malfoy, si voltò in direzione di Scorpius, stupita. Davvero aveva parlato di lei a sua madre? E che cosa le aveva riferito? Avvertì lo stomaco stringersi in una morsa, mentre il ragazzo guardava Astoria con occhi ancora più stupiti dei suoi. I bardi cominciarono ad intonare una ballata di gran lunga più gaia e sfrenata della precedente; nel frattempo, arrivarono otto elfi in fila indiana, grandi piatti istoriati posati sui loro capi. Diligentemente, poggiarono le portate, ancora fumanti, sui tavoli. Questa volta si trattava di delizioso maiale in crosta, con noci e pinoli come contorno. Astoria, prima di tornare a parlare di nuovo, scoccò un'occhiata comprensiva, sebbene divertita, al figlio.
«Ti piacerebbe vedere i nostri giardini, Lily? Tua madre mi ha confidato che collezioni fiori secchi. Magari potresti coglierne qualcuno; abbiamo la fortuna di possederne di molto rari.»
Il viso di Lily si illuminò all'istante all'idea, facendola sembrare ancora più giovane di quello che era. Annuì, mentre Astoria sorrideva soddisfatta; «Allora accompagnala, Scorpius, o potrebbe perdersi. Il maiale in crosta potrà aspettare. Certo, può darsi che tuo fratello si mangi anche la tua porzione prima del tuo ritorno. Magari lui ed Albus potranno accompagnare te e Scorpius, dopo che avranno finito questa portata.» Astoria occhieggiò James, che si stava dedicando con rinnovato entusiasmo al suo piatto. Anche Scorpius lo guardò per un breve attimo, storcendo il naso.
«Certo, madre. Ma porterò solo lei. I nostri giardini non sono fatti per un tour turistico», borbottò Scorpius, palesemente restio a portarsi dietro anche i due fratelli di Lily. Poi, in seguito ad un cenno del capo in direzione dei suoi genitori e dei coniugi Potter, voltò loro le spalle e si avviò verso l'uscita della sala, senza aspettare la ragazza. Dopo aver sorriso nel modo più grazioso possibile agli adulti, Lily prese anche lei congedo e si affrettò a seguire Scorpius.
«Ehi, ma dove stai andando? Ti stai perdendo il maiale in crosta più saporito del Mondo Magico!», le urlò dietro James per sovrastare il rumore della musica dei bardi, alzandosi in piedi con uno scatto e strofinando la panca di legno contro il freddo pavimento di pietra. Lily lo ignorò bellamente, uscendo dalla sala e ritrovandosi nel freddo corridoio principale del maniero dei Malfoy. Era buio e privo di finestre; da un lato, vi era un'imponente scala di marmo bianco che conduceva ai piani superiori; dall'altro, vi era un largo portone di rovere massiccio ed intarsiato, quello d'uscita.
«Da questa parte.» Scorpius la precedette, e, sebbene con un po' di fatica a causa del peso, lo aprì. Era una serata senza stelle, il cielo blu che pareva liscio come velluto, nubi che si avvicinavano da occidente pronte a nasconderlo alla loro vista. Lontano, delle cicale frinivano, nascoste dall'erba che brillava sotto la luce della luna. Lily desiderava togliersi quelle scomodissime scarpe e camminare a piedi nudi sull'erba, o sdrairvisi sopra e affondarci il viso. Ma non lo fece; non voleva che Scorpius la guardasse con la medesima espressione di disgusto che riservava a suo fratello James. I giardini dei Malfoy erano incantevoli, quasi fossero usciti da una di quelle leggende su ninfee ed altre creature dei boschi che la appassionavano tanto; le piante, in quel periodo, erano in fiore, oppure vi erano dei frutti ad incurvare i rami degli alberi sotto il loro peso. Ma c'erano anche delle fontane - non sapeva dove fossero state posizionate, ma poteva udire il suono dell'acqua scrosciante -, e statue, e piccoli cortiletti, sui cui selciati e colonnati di marmo le figure degli alberi proiettavano distorte pozze d'ombra. Lily rimase immobile, immersa in un silenzio così assoluto, eccetto per dei lievi rumori - grilli, o foglie scosse dal vento - che il suo stesso respiro le pareva fastidioso. Scorpius la stava guardando, osservando la sua reazione; Lily si domandò come gli dovesse apparire, bagnata dalla luce lunare e resa ancora più pallida del solito da essa, i capelli rossi intrecciati e gli occhi azzurri colmi di quella che era quasi adorazione. Niente la affascinava più della natura di notte. Lily ricambiò lo sguardo i lui, i capelli biondo chiaro che parevano brillare quanto i suoi occhi grigi. Gli si avvicinò, e, fianco a fianco, presero a camminare lungo uno dei tanti sentieri che si snodava, sinuoso come un serpente, fra i giardini, senza profferire parola alcuna.
«Ti piace?» Fu Scorpius, infine, a parlare, spezzando definitivamente il loro silenzio. Non che fosse stato uno di quei silenzi imbarazzanti, di quelli che sembrano protrarsi all'infinito, prolungando la tortura che ti autoinfliggi mentre cerchi di trovare qualcosa di cui parlare per intavolare un discorso. Lily, fino ad allora, non aveva mai conosciuto un silenzio piacevole fra lei ed un'altra persona; Hugo, dopo qualche minuto, finiva per parlare a raffica sparando una castroneria dopo l'altra pur di dire qualcosa, mentre Dominique, ad esempio, ripeteva a intervalli di trenta secondi "E quindi...", come una radio rotta, sperando che Lily continuasse la sua frase. Ma con Scorpius non c'era stato bisogno di parlare, e il loro silenzio aveva avuto un significato maggiore di tante parole.
«Moltissimo.» Gli sorrise, un sorriso sincero, che la stupì. Ma si sentiva così inusualmente felice, senza un vero e proprio motivo, che preferì non porsi troppe domande, almeno per quella sera. Scorpius ricambiò; era così alto rispetto a lei, e così elegante nella sua camicia bianca e giacca nera che Lily finì per abbassare lo sguardo, arrossendo appena.
«Vieni, allora. Ti mostro una cosa.» Le pose una mano sulla spalla, con delicatezza, e la guidò verso un sentiero più stretto, probabilmente meno praticato. La cementazione aveva crepe in più punti, da cui spuntavano ciuffi di erbacce, ed alberi e cespugli erano cresciuti in modo più selvaggio, tanto che Scorpius fu costretto a scostare parecchi rami col braccio per consentire loro di passare. Era buio, là, gli alberi più alti che, con le loro fronde, formavano una cupola di un verde cupo, quasi metallico, sulle loro teste. Lily fu ben felice di avere Scorpius a guidarla, visto che si sentiva più cieca di una talpa. Era per questo che, da bambina, mentre Al aveva detto che sarebbe stato una tartaruga, lei aveva replicato che avrebbe preferito essere un gatto: i loro occhi riuscivano a scrutare nell'oscurità e notare particolari che gli umani, di notte, non sarebbero mai riusciti a cogliere. Continuando a farsi strada fra rami d'alberi ed erbacce che le graffiavano i polpacci nudi, giunse assieme a Scorpius in quella che, un tempo, doveva essere stata una piazzola; al centro vi era un vecchio pozzo, costruito con pietre grossolane, di varie dimensioni e colori che andavano dal grigio, al nero, al marrone. Dal pozzo, sorgeva l'albero più particolare sui cui Lily avesse mai posato lo sguardo.
E lei, al riguardo, era un'esperta. Ad Hogwarts, era la migliore del suo anno, in Erbologia, che era, inoltre, la sua materia preferita. E sebbene sapesse elencare nomi e caratteristiche di molti alberi, fiori ed altri tipi di piante a menadito, non aveva la più pallida idea di che specie di albero avesse di fronte, ora. Era strano, spettrale, ma forse era solo il colore del tronco e dei suoi rami a farglielo sembrare così, bianchi come ossa. Era il suo aspetto ad averle fatto scegliere quel paragone: avrebbe potuto dire bianchi come neve, ma, a tutti gli effetti, quel colorito le ricordava quello osseo in modo inquietante. L'albero era cresciuto obliquamente, i rami sottili che parevano voler artigliare il cielo, e il tronco aveva una circonferenza così larga da occupare quasi tutto il pozzo.
«Ma come...» La domanda appena mormorata di Lily rimase sospesa nell'aria, incompleta, ma Scorpius comprese comunque. Mentre lei si era avvicinata, per osservare l'albero più da vicino, lui era rimasto indietro, a braccia conserte; la raggiunse, e, tendendo il braccio, indicò grosse, distorte radici che spuntavano a tratti, facendosi largo fra le pietre o addirittura spaccandole, dalla base del pozzo, appena visibili nel buio.
«Ovviamente questo è un pozzo chiuso. Dopo che fu ostruito vi fu gettata sopra della terra, suppongo, e poi, in un modo o nell'altro, forse portati dal vento, sulla terra caddero dei semi. E l'albero crebbe. In questa parte dei giardini non ci viene mai nessuno: è per questo che è tutto così incolto, qui. I miei trovano questo posto inquietante. Io penso che sia affascinante. Questo maniero esiste da secoli, probabilmente, la mia famiglia l'ha solo acquistato. Mi piace immaginare le vite di quelli che hanno vissuto qui prima di noi.» Perfino nell'oscurità, Lily riuscì a scorgere lo sguardo lontano di Scorpius, immerso in pensieri che non le era dato conoscere.
«Come mai hai deciso di portarmi proprio qui?»
«Pensavo ti sarebbe piaciuto. So che a scuola ti piace molto Erbologia.» Aggrottò la fronte, improvvisamente dubbioso, il tono di voce velato d'incertezza. «Non è così?» Sorpresa che Scorpius sapesse qualcosa di più su di lei oltre al suo cognome e chi fossero i membri della sua famiglia, Lily annuì.
«E' così. Grazie per avermelo mostrato.» Timidamente, gli voltò le spalle, avvicinandosi all'albero a piccoli passi.
«La sua specie si chiama Neviens. Era presente in una gran moltitudine di leggende, specialmente celtiche, secoli fa. Negli ultimi anni è molto raro poterne vedere uno con i propri occhi.» Lily, allungando piano la mano, sfiorò con le dita sottili la corteccia, liscia al tatto, e stranamente fredda.
«Mi sono sempre chiesta che storie avrebbero da raccontare, alberi così vecchi. Se solo avessero il dono della parola...» Ma Scorpius non sembrava prestarle più attenzione. Afferrò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò verso un avversario invisibile; Lily, che si era voltata per vedere come mai Scorpius stesse tardando così tanto a risponderle, fece subito lo stesso; «Lumos», sussurrò, e poi udì anche lei ciò che aveva udito Scorpius. Passi, rametti calpestati, e una canzoncina cantata a bassa voce, svagatamente e in modo del tutto privo di ritmo. Lily trattenne il fiato, in attesa, sebbene fosse alquanto perplessa; tenne la bacchetta puntata in direzione dei rumori, mentre Scorpius, non più preoccupato, sbuffava e abbassava la sua.
«Che ci fai qui, Trystane?» E Trystane Zabini, scarmigliato e con un graffio in piena fronte, uscì dall'intrico di rami ed erbacce alte fino al ginocchio. Nonostante lo stato dei suoi abiti e dei suoi capelli, sorrideva con la stessa felicità di chi ha scoperto che la lezione di Storia della Magia è stata annullata.
«Finalmente ti ho trovato!»
«Per Merlino, ma chi ti ha fatto entrare? E come ci sei riuscito, a trovarmi?», continuò Scorpius, storcendo il naso con aria infastidita; Trystane, per nulla scalfito dal suo tono, gli si avvicinò e gli circondò le spalle con un braccio.
«E' stata tua madre a farmi entrare; mi ha anche rivelato dove cercarti. Neanche lei mi ha salutato: ora ho finalmente capito che le cattive maniere sono di famiglia. Ad ogni modo, credo che l'abbia irritata il fatto di essere arrivato nel bel mezzo di una festicciola con i Potter. Da quando siete culo e camicia con loro, comunque? Perché non avverti mai tuo cugino di questi eventi così importanti?» Lily si chiese come fosse umanamente possibile parlare così velocemente e senza aver bisogno di fermarsi a respirare per un attimo. Probabilmente il tipo aveva dei gran bei polmoni. Continuò a tenere la bacchetta accesa e la puntò in faccia a Zabini, inarcando un sopracciglio; lui, accecato, imprecò sottovoce e finalmente si accorse della sua presenza. Quando la riconobbe, scoppiò a ridere, mentre Scorpius si passava una mano sul viso, esasperato.
«Oh, c'è Lily. Ecco chi mancava all'appello dei Potter. Tuo fratello James sembrava alquanto... preoccupato sapendoti sola con mio cugino. Magari, in questo momento, sta vagando solo soletto per i giardini, urlando il tuo nome nella speranza che tu riesca a sentirlo.» Sogghignò, separandosi da Scorpius e circondando Lily con un braccio come aveva fatto con lui. Lei sussultò, ma non si ritrasse, sorridendo forzatamente, poco abituata ad essere praticamente abbracciata da persone che conosceva solo di vista.
«Hai ragione. Sarebbe da lui», replicò Lily, tranquilla, facendo spallucce. Trystane, stupito, cercò di incrociare gli occhi di Scorpius; ma lui guardava Lily, un sorrisetto ad incurvargli le labbra sottili.
«Da quando non difendi più tuo fratello, Potter
«Non l'ho mai difeso, Malfoy.» Non le era sfuggito l'uso del cognome da parte di Scorpius. «E in fondo, che motivo ne avrei? Certo, è mio fratello; ma perché dovrei negare ciò che dicono di di lui se è vero? Io ho scelto la mia strada, lui la sua. Arrivederci e tanti saluti.», continuò, velenosa, atteggiamento che fece sghignazzare Trystane.
«Guarda guarda che abbiamo qui, Scorpius. Se la prendessimo sotto la nostra ala potrebbe diventare una vera vipera.» Gli occhi neri di Trystane erano accesi d'entusiasmo, illuminati all'idea di quella che, per lui, doveva essere una vera e propria sfida. «Immaginati che faccia farebbe James Potter...»
Scorpius, senza degnarlo di una singola occhiata, si avvicinò a Lily e le scostò il braccio del cugino dalle spalle come se niente fosse. Trystane lo guardò storto, ma si ritrasse evitando di fare troppe storie. Scorpius continuava a sorridere, e così Lily lo imitò, senza avere una chiara idea su come si sarebbe evoluta la situazione; attese. Si domandò dove fosse finito lo Scorpius malinconico e pensieroso di poco prima; si domandò anche chi fosse davvero, Scorpius. Quante maschere aveva, e quando e come decideva di indossarle?
«E quale sarebbe, la strada che tu hai scelto?» Era sinceramente curioso, ma il modo in cui inarcò un sopracciglio biondo fu scettico. Lily rimase in silenzio per quelli che parvero attimi interminabili, mordicchiandosi il labbro inferiore. Per prendere tempo, ripose la bacchetta nella tasca del vestito; poi i suoi occhi azzurro chiaro incrociarono quelli di lui, e la risposta le fu chiara come se fosse scritta su una lavagna, posta davanti al suo viso.
«Ammetto di non saperlo. Non ancora. So solo che è diversa da quella dei miei genitori, o dei miei fratelli, o del resto della mia famiglia. Io non sono come loro.» Alzò il mento, orgogliosa, acquistando minuto dopo minuto più sicurezza. «E intendo dimostrarglielo, se lo smistamento non è bastato.» I due cugini si soppesarono a lungo, gli occhi di Lily che si spostavano da uno all'altro, ma poi sui visi di entrambi si dipinse un identico ghigno.
«Noi, Lily, siamo le persone migliori che potessi decidere di avere come amiche», si vantò Trystane, passandosi una mano fra i folti capelli neri.
«Sul treno. A settembre. Vedi di venire nel nostro scompartimento.»
«Merlino, Scorpius, da come la dici tu sembra il nostro scompartimento ospiterà una riunione segreta di importanza nazionale. Invece saremo solo tre cogl-»
«Non mi hai ancora detto che ci fai qui», lo interruppe Scorpius, accompagnando le sue parole ad un pigro gesto della mano. «Sicuramente non perché sentivi la mia mancanza. Ci siamo visti solo l'altroieri.»
«Io avverto sempre la tua mancanza, caro cugino.» Trystane si pose melodrammaticamente una mano sul cuore. «Ma in realtà sono scappato di casa.» Il tono disinvolto con cui annunciò della sua fuga fece scoppiare Lily a ridere; Scorpius la guardò storto, non condividendo per nulla il suo divertimento.
«E perché diavolo lo avresti fatto? Sappi che se intendi farti ospitare da me il pavimento di pietra è il posto che ti spetterà...»
«Certo, certo. Tanto so benissimo dov'è la camera degli ospiti. Comunque te lo dico se ce ne andiamo di qui. Te l'ho sempre detto che quell'albero schifoso mi fa accapponare la pelle.» Scorpius alzò gli occhi al cielo, ma fece cenno a Lily di precederlo; le pose di nuovo una mano sulla spalla e la guidò fra i giardini, ripetendo la strada dell'andata, mentre Trystane, dietro di loro, chiacchierava senza sosta.
«... E così, visto che mio padre ha detto che sono libero di fare le mie esperienze, eccomi qui.»
«Da quando "trasferirmi a casa di mio cugino" rientra fra le tue esperienze?»
Poco prima di rientrare nel maniero, Scorpius trattenne Lily per un braccio, facendo segno a Trystane di andare avanti senza di loro. Lui fece spallucce, bussò e quando gli elfi domestici aprirono il portone d'ingresso sparì nell'ombra del grosso corridoio principale.
«L'altro giorno ho visto Jeremy Smith.» Lily irrigidì la mascella, il viso una maschera d'indifferenza, mentre il sangue le si gelava nelle vene.
«Gli ho detto che presto avremmo avuto te e la tua famiglia a cena. Lui mi ha chiesto di porgerti i suoi saluti.» Lily abbassò gli occhi, non volendo più incrociare lo sguardo di Scorpius, temendo che lui potesse leggervi qualcosa.
Jeremy Smith, figlio di Zachary Smith, sesto anno, Serpeverde. Un brivido gelido corse lungo la spina dorsale di Lily; tentò di farsi forza, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
«Ricambia il saluto, se puoi», fu tutto quello che riuscì a sussurrare. Non capiva se Scorpius fosse preoccupato per la sua reazione o reso scettico dalla sua risposta.
«Ci vediamo a settembre.» La presa sul braccio di Lily svanì. Lo avvertì allontanarsi, e presto rimase sola, nel cortile, il vento che le scompigliava i capelli e lo stesso vuoto nel petto di sempre e che non riusciva mai a colmare.
Quando tornò in sala, i bardi avevano smesso di suonare, e di Scorpius Malfoy non c'era più traccia, così come di Trystane Zabini.
Ci vediamo a settembre.
«Ci conto», mormorò Lily.


Angolo Autrice
Innanzitutto mi scuso per il tremendo ritardo, dovuto a cause maggiori - ovvero, quelli dell'infostrada mi hanno tolto la connessione senza tante cerimonie, dicendo che ci sono in corsi dei lavori (?) e non so per quanto andranno avanti. Ma sono riuscita ad ottenere un'altra connessione, quindi eccomi qui. Durante questo periodo senza internet ho scritto parecchi capitoli; in questo modo i prossimi aggiornamenti non dovrebbero tardare troppo. Non vi ruberò altro tempo, visto che il capitolo è piuttosto corposo, ma vi ringrazio comunque per le bellissime recensioni. Davvero, per me vogliono dire molto. :)
Sperando che questo capitolo non faccia troppo schifo - l'ho riletto mille volte, ma perdonatemi se notate degli errori che mi sono sfuggiti -, alla prossima!

  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: GoldenRose