Avevo
preventivato
una serata danzante in questo capitolo, ma sono stata presa dai miei
ragazzi e
sono diventata il loro burattino: avevano altre cose da dire e io ho
dovuto
adeguarmi.
Però
vi assicuro
che il ballo ci sarà il prossimo capitolo e lo so
perché lo sto scrivendo
(nessuno quindi lo può sapere meglio di me)
Adesso
ringrazio
tutti quelli che hanno fatto sentire la loro voce lo scorso capitolo:
record
con 8 recensioni (me felice) e altre persone che hanno messo nei
preferiti,
ricordati e seguiti Grazie Grazie Grazie. E grazie a tutti i lettori
silenziosi
Ora
vi lascio al
capitolo sette.
Questa
è
sostanzialmente una storia romantica, ma come tutte le storie
è un incastro di
pezzi come un puzzle o un insieme di indizi come un giallo, vedete un
po’ voi
come la vivete. Ora mi rivolgo ai miei Sherlock.
Buona
lettura.
---ooOoo---
“Ragazzi,
dobbiamo tornare all’albergo. Questa
sera ci aspetta una serata danzante!” annunciò
Isabella.
Tutti
annuirono entusiasti ed iniziarono a
mettersi d’accordo per ritrovarsi pronti per la festa. Si
erano allontanati
parecchio dalla villa ed erano più vicini a Sonoma.
Tornarono
quindi a scaricare i tre bostoniani
all’albergo prima di viaggiare verso la tenuta.
Isabella
prese la tessera magnetica dalla
reception e salutando con la mano i suoi compagni di viaggio si
avviò verso la
suite che avevano prenotato.
Questa
sera doveva farsi bella. Edward sembrava
avere un debole per lei e questo poteva andare a suo vantaggio. Se
fosse
riuscita ad entrare più in confidenza con il ragazzo,
sarebbe riuscita a
trovare quello spiraglio che le serviva per mettere le sue deliziose
manine da
cinquecento dollari di manicure, direttamente sulla casa atavica dei
Cullen.
La
doccia fu quanto aveva bisogno per schiarirsi
le idee e rilassarsi. Il morbido accappatoio l’avvolse appena
uscita dal box e
lei si posizionò davanti allo specchio appannato.
Passò una mano sulla
superficie per vedere meglio la sua immagine riflessa e mentre le gocce
scivolavano sul vetro, lei pensava.
La
terra, il vino, le cantine, la
produzione, la villa, Edward, Jacob, la
villa, le terre, la vigna, Edward, le cantine, le industrie Explosion,
Edward,
il vino, la villa, Edward, la villa, Edward, Edward, Edward.
Si
riscosse quando sentì bussare alla porta con
impazienza, ed arrossì rendendosi conto di aver pensato un
po’ troppo alla sua
prossima vittima.
[Mai
mischiare il piacere con il dovere! Il
bimbo deve essere il mezzo per arrivare alla villa, non il fine] si
ricordò
mentalmente mentre andava ad aprire la porta della sua stanza.
Emmett,
seguito da Jacob entrarono come delle
furie e lei si strinse meglio l’accappatoio al corpo nudo e
continuò a
frizionare i capelli con l’asciugamano che aveva appena preso.
“Cosa
succede ragazzi?” chiese vagamente
curiosa, il suo pensiero su altri fronti.
“Il
nostro ufficio ha telefonato per avvertirci
che c’è un virus nel nostro sistema informatico
alle Explosion” esclamò Emmett
visibilmente agitato.
“Ho
già detto a Emmett che nessuno di noi ha le
capacità di risolvere la questione e di lasciare fare ai
nostri tecnici e
magari contattare qualche esperto esterno” replicò
Jacob accigliato
“Ti
ho già detto che i file potrebbero risultare
corrotti, potrebbe saltare il bilancio, la contabilità, i
contratti. Hai idea
delle implicazioni?” chiese Emmett. Adesso non era
più l’amico giocherellone,
era l’avvocato McCharty, il mastino delle Explosion
Industries.
“So
cosa comporta. Ma abbiamo gli archivi
esterni e anche i cartacei più importanti. Sono guai grossi
ma non impossibili”
rispose Jake
“Solo
la morte non si risolve. Lo so! Ma io
adesso mi preoccupo per il resto. Possibile che tu non veda il
problema? Sembra
che sei arrivato solo ieri in ufficio. Se perdiamo dei dati siamo
FOTTUTI”
vedere Emmett così agitato, stava scuotendo anche Isabella
che aveva ascoltato
impassibile i due uomini che si beccavano.
Decise
di intervenire “Avete finito?” li guardò
come una maestra d’asilo guarda due bambini che bisticciano
per avere ragione.
“Adesso
vediamo se ho capito bene. Abbiamo un
virus nel sistema?” chiese
“Esatto”
risposero in coro gli altri due
“Sappiamo
quali sono i danni?”
“Per
ora no” rispose Emmett
“Cosa
stiamo facendo?”
“Monitoriamo
la situazione mentre i tecnici
stanno cercando di eliminare il problema” rispose Jacob
“Allora
Em. Siamo a ore di distanza dalla sede e
non siamo neanche tecnici. Non sapremmo cosa fare neanche di persona,
quindi
Jake ha ragione” e Jacob guardò Emmett raggiante.
“Approvo
la proposta di chiamare anche dei
tecnici esterni per farci aiutare” e ancora Jacob sorrise
“Però
è comunque una situazione grave, quindi
qualcuno deve rimanere attaccato al telefono a prendere delle decisioni
per
l’azienda, quindi questa sera Jacob resterai tranquillo in
camera con il tuo
cellulare vicino. Se il problema dovesse risultare ancora
più grosso del
previsto allora chiamaci e torneremo a darti man forte” ed
Emmett rise regalando
un paio di pacche sulle spalle al povero Jake che iniziava a mettere il
broncio
per essere costretto a rimanere in albergo al posto di andare a
divertirsi.
Gentilmente
la principessa spinse fuori dalla
camera i due ragazzi e si mise ad aprire la sua valigia passando in
rassegna i
pochi abiti che aveva portato.
Doveva
essere una serata molto alla buona ed
informale, quasi paesana e tutti i vestiti che aveva portato erano
troppo
eleganti e pretenziosi. Jeans e maglietta neanche a parlarne, se voleva
fare
colpo sul bimbo doveva impegnarsi di più.
Prese
la sua carta di credito gold e scese nella
hall dell’albergo in accappatoio, con quello che pagavano per
le camere poteva
anche permettersi questo lusso.
Gli
impiegati del hotel ed alcuni ospiti la
guardarono tutti con un misto di stupore e disapprovazione ma lei si
diresse
senza indugio alla boutique che si trovava al piano terra.
Entrò
e subito la commessa si precipitò a
servirla.
“Un
abito per questa sera. E’ una festa
campestre” ordinò telegrafica.
La
commessa sorrise e cominciò a tirare fuori
tutta una serie di gonne, pantaloni, camicette, fino a riempire il
bancone
lasciando pressoché vuoti gli scaffali e le grucce.
Isabella
passò in rassegna come un generale
passa davanti ai soldati. Analizzò e scartò
subito tutto, sino ad arrivare a
una timidissima camicetta bianca. Intarsi ricamati, corta in vita e con
un
elastico che permetteva di tirare giù le spalline scoprendo
le spalle. A questo
punto una gonna ampia e larga era d’obbligo. Ne
trovò una arancione, sfumata
sul fondo, di tessuto quasi fluttuante. Si immaginò
volteggiare con quella
gonna che seguiva i suoi movimenti, gonfiandosi e poi lisciandosi con
l’aria e
i suoi passi. Ipnotica. E lei sapeva come muoversi per ottenere quel
risultato.
Ringraziò mentalmente sua madre per tutti gli anni di danza
ai quali l’aveva
obbligata e pagò.
Ritornata
in camera terminò di prepararsi.
Intimo,
gonna, camicetta, sandali con tacco non
eccessivo per muoversi meglio sulla pista, capelli sciolti e
naturalmente
ondulati, trucco leggero, bigiotteria varia ed eccola che scendeva ad
aspettare
Emmett. O forse era lui che la stava aspettando? Si chiese guardando
l’orologio
al suo polso: ore 20,53 (appuntamento ore 20,30)
Invece
alla tenuta Cullen …
I
tre ragazzi erano tornati alla villa Cullen.
Mentre Edward cercava di analizzare ogni reazione, ogni gesto, ogni
sguardo di
Isabella per capire come comportarsi con la ragazza, Rosalie non stava
zitta un
attimo e Jasper era rassegnato a farle da uditore, visto che il suo
amico aveva
la testa altrove.
“Emmett
è semplicemente fantastico. Hai visto
come rideva quando siamo…” Aveva gli occhi che
brillavano e agitava le mani
come fosse un mulino a vento.
All’improvviso
il cervello di Jasper suonò come
un campanello di allarme.
“Ti
piace Emmett?” chiese senza tanti giri di
parole a sua sorella
“Sei
una lince come attenzione fratello” rispose
stancamente Edward. Anche distratto aveva capito cosa c’era
dietro tutto
l’entusiasmo di Rosalie.
La
ragazza arrossì “Beh si, è carino e
simpatico…”
lasciò in sospeso la frase, non era il caso di aggiungere
altro.
Adesso
doveva prepararsi per essere pronta per
questa sera. Chissà come se la cavava a ballare quel ragazzo
di Boston?
“Finalmente
siete arrivati!” la piccola Alice
saltò giù dal muretto che circondava le scale di
ingresso del portone
principale della villa. “Stavo perdendo le speranze! Forza,
dai che dobbiamo
prepararci. Zia Carmen ci aspetta per avere una mano i tavoli del
buffet” e
prese Jasper per una mano trascinandolo in casa.
Edward
e Rose risero mentre Jazz si voltava
verso di loro mimando la parola AIUTO
Edward
guardò la ragazza. Prima di essere sua
dipendente, era sua amica, e si sentì in dovere di dirle due
parole. “Ti prego.
Stai attenta con quel ragazzo. È uno di città,
potrebbe solo divertirti e non
voglio che tu ci rimanga male”.
Lei
sorrise dolcemente e gli prese una mano.
“Non solo gli uomini fanno soffrire, e Isabella non mi sembra
così arrendevole”
e gli strizzò l’occhio prima di correre in casa
per prepararsi.
Vero,
pensò Edward riferendosi ad Isabella.
Quella ragazza poteva essere definita in tanti modi ma arrendevole non
era uno
di questi.
Lui
comunque non aveva alcuna intenzione di
scottarsi, circuire Bella era il suo piano. Riuscire a scovare il punto
debole
per poter salvare la sua azienda. Questo doveva fare. Aveva promesso di
occuparsene e se per questo doveva fare la figura dell’idiota
innamorato per
arrivare al suo fine, l’avrebbe fatto. E se ci fosse cascato?
Non importava,
quello che contava era la tenuta.
Poteva
anche andargli peggio, in fin dei conti
la ragazza era carina, simpatica e con del carattere.
“Culetto d’oro” sorrise
mentre apriva il getto dell’acqua della doccia, primo passo
per prepararsi alla
serata.
Non
era il caso di metterci tanto a prepararsi.
Sapeva che bastava poco per far risaltare il suo fisico, plasmato da
anni di
lavoro nelle vigne. Mise un paio di jeans scuri e una camicia azzurro
chiaro
per fare contrasto con l’abbronzatura. Maniche arrotolate e
primi bottoni della
camicia aperti per far respirare e lasciare intravvedere il dovuto, ed
era
pronto.
Mise
le scarpe di cuoio per poter ballare in
modo decente. Non erano le sue calzature preferite, ma non poteva
muoversi come
voleva con le scarpe da ginnastica. Avrebbe sopportato le frecciatine
di Irina
sul suo essere vecchio stile, anche se poi ci rideva anche lui.
Scese
le scale e passò dal salone per salutare
sua madre. Era ingiusto che Carlisle non le permettesse di andare a
divertirsi
nemmeno a casa della sua migliore amica. Esme, Carmen e
Renée erano
praticamente sorelle siamesi, sino a quando lui non si era messo a fare
il
despota e aveva rinchiuso la moglie a casa. Aveva bisogno di sua moglie
vicino,
diceva Carlisle. Aveva bisogno di una serva tuttofare, pensava Edward
con
disprezzo verso suo padre.
Carezzò
la guancia della madre e le diede un bacio
sulla fronte
“Salutami
tutti caro. E mi raccomando…”
“Darò
un bacio per te a Carmen e le dirò che lo
mandi con tutto il tuo amore” terminò la frase al
posto di lei. Il ragazzo
rivolse un cenno distratto con la mano all’altro genitore e
uscì dalla villa.
Vicino
alla jeep era parcheggiata anche la
macchina di Alice. E i ragazzi aspettavano solo lui.
“Coraggio
Ed! Sei peggio di una donna!” lo
rimproverò Rosalie. Incredibilmente lei era già
pronta, slanciata nei jeans
chiari e coperta da un top coloratissimo e una maglietta appoggiata
sulle
spalle.
All’improvviso
Edward si mise a ridere indicando
la maglietta di Jasper ed Alice. Le ragazze gli fecero eco mentre Jazz,
sbuffava infastidito.
“Edward
piantala! Non ne avevo idea! E’ una
delle trovate di quella pazza di tua sorella!”
cercò di giustificarsi il
ragazzo.
“Ehi!”
protestò Alice, cercando di trattenere le
risate “Sarò pazza ma ti piace quando
ti…”
“Fermi
tutti! Queste cose non le voglio
sentire!” intimò Edward mentre iniziava a salire
in macchina e cercava di
fermare l’eccesso di riso.
Certo
che Alice e Jasper erano proprio carini
nei loro jeans e magliette bianche. Niente di particolare visti di
dietro,
peccato che, mentre sul davanti la maglietta di Jazz spiccava la
scritta in
rosso e nero [ I love California ] con tanto di disegnino stilizzato
dello
stato, un paio di arance e grappoli d’uva, nella maglietta di
Alice, con gli
stessi disegni, ci fosse scritto [ I love who love California ]. Erano
davvero
una bella coppia ed Alice ci teneva a farlo sapere in giro.
Probabilmente
un annuncio ad esclusivo uso e
consumo di Jessica, la sua collega, che aveva una cotta per il biondo e
probabilmente questa sera sarebbe stata alla festa.
Edward
e Rosalie partirono con la jeep alla
volta di Sonoma, per dare un passaggio ai tre bostoniani, mentre Jasper
ed
Alice, si diressero direttamente verso la festa.
Questa
si sarebbe tenuta nell’azienda di Carmen
ed Eleazar, amici carissimi da così tanto tempo che per
tutti loro erano gli
zii. La coppia aveva avuto due figlie, Reneesme in procinto di
laurearsi (il
nome in onore delle migliori amiche della madre) e la piccola peste
Irina, una
ragazzina di sedici anni, con la sfrontatezza e la voglia di divertirsi
come
un’adulta pur non essendolo ancora.
Arrivarono
all’albergo con cinque minuti di
ritardo sull’orario concordato.
Davanti
all’entrata non si vedeva ancora
nessuno, perciò decisero di entrare ad aspettare i ragazzi
al bar.
Appena
entrati videro Emmett che si avvicinava a
loro con un sorriso smagliante. Un pantalone sportivo e una camicia
erano il
suo abbigliamento, essenziale e vagamente cittadino. Meno di
così non era
possibile per l’avvocato bostoniano, almeno a vedere il
misero bagaglio che si
era portato. Si appuntò mentalmente di procurarsi qualche
altro cambio d’abito
per non ritrovarsi in boxer tra qualche giorno.
“Ciao
Edward” salutò stringendo la mano
“Rosalie
sei semplicemente meravigliosa” e le diede un leggero bacio
sulla guancia.
Forse aveva osato troppo? Non importava, era bellissima e doveva
dimostrarglielo
in ogni modo possibile.
La
ragazza arrossì “Non dire sciocchezze, sono
solo jeans” si schernì
“Diglielo
a loro, su di te non fanno lo stesso
effetto” rispose Emmett
“Ok
ragazzi, dopo questa ho bisogno di bere o
rischio il diabete” esclamò ghignando Edward
mentre gli altri due abbassavano
gli occhi imbarazzati
“Dove
sono Jacob e Isabella?” chiese Rose. Bene
così avrei evitato domande inopportune, pensò
Edward.
“Jake
non viene, abbiamo un problema di virus
informatico a Boston e lui deve monitorare tramite telefono”
rispose spiccio
Emmett
Edward
aggrottò la fronte come se fosse stupito
e preoccupato della notizia
“Oh
sai Em. Edward sa tutto di…” stava dicendo Rosalie
ma Ed la interruppe “ … Alcoolici, soprattutto
quando si deve aspettare una
donna. Andiamo a bere qualcosa” e invitò i suoi
amici.
Un’occhiata
a Rosalie bastò per far mimare delle
scuse alla ragazza. Alcune cose non dovevano essere dette, punto e
basta.
Passarono
altri quindici minuti ed erano quasi
le nove quando finalmente la principessa fece la sua entrata al bar
dell’hotel.
“Stavo
quasi per mandare la cavalleria” commentò
Emmett guardando Bella sedersi con loro.
“Scusate
il ritardo, ho avuto alcuni imprevisti.
Vogliamo andare?” chiese
Si
alzarono tutti e cominciarono ad avviarsi
verso la jeep “Sei bellissima questa sera”
sussurrò Edward vicino all’orecchio
di Isabella, prima di abbracciarla per la vita e condurla alla
macchina. Il
pollice e l’indice si soffermarono sulla pelle di lei,
lasciata scoperta tra la
gonna e la camicetta. Era morbida e vellutata. Cavoli, davvero poteva
andargli
peggio.
Salirono
tutti sull’auto e Edward mise in moto e
si infilò nel traffico della sera con direzione Westerbeke
Ranch visto che
l’azienda di zio Eleazar era lì vicino.
Isabella
si chinò come ad accendere la radio e
posando una mano sulla coscia di Edward sussurrò
“Anche tu sei bellissimo
questa sera”, poi sintonizzò su una stazione di
musica country e si rimise
composta.
Dietro
la coppia non aveva visto nulla, troppo
occupata a guardarsi negli occhi.
Non
è così raro che un fulmine colpisca una
persona, più difficile che due fulmini colpiscano due
persone che si trovavano
così vicine. A volte capita e a loro era capitato.
Arrivarono
alla festa dopo circa quaranta minuti
di strada, percorsi in silenzio o con qualche bisbiglio appena
percettibile. Si
sarebbero sentiti anche i grilli se non fosse stato per il motore della
jeep.
i
lampioncini colorati erano accesi, le tavole
erano imbandite, l’orchestra stava suonando allegra e tutto
era pronto per una
serata all’insegna del divertimento, e non solo.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Spero
che il
capitolo vi sia piaciuto, ci siamo mossi, qualcuno mi aveva chiesto di
Alice:
eccola qui. Siamo pronti per la serata. I due hanno affilato le unghie
e ormai
è chiaro che sono pronti ad immolarsi per la causa (posso
capire Edward, ma
Bella? Boh)
Speriamo
che il
caldo non dia alla testa, tanto ci stanno pensando già
Emmett e Rosalie. Spero
che il lavoro dei miei Sherlock non sia stato difficile, anzi, credo di
avervi
fatto le cose troppo semplici. Agatha Christie vieni a me! (mi sento
come He
man)
Con
questo capitolo
vi lascio. Mi segno sull’agenda il nostro prossimo
appuntamento per continuare
questa storia: il 13 settembre 2011.
Ci
sarete? Mi
auguro di sì.
Per
ora vi auguro
buone vacanze.
E
a tutti i miei
più cari
baciotti
perdonatemi la pubblicità delle mie storie
Sakura – Fiore di ciliegio conclusa
AAA Affittasi moglie in corso
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