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Autore: SAranel    09/08/2011    1 recensioni
Remus Lupin desiderò di morire, quella notte, per la prima volta.
Tante di quelle volte si era detto che era fortunato, in fin dei conti, aveva amici che lo accettavano per quello che era senza giudicarlo, aveva ancora una famiglia, degli affetti.
Remus Lupin aveva sempre avuto voglia di vivere. Sempre.
Quella sera però, tutto, drasticamente, mutò.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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A due amiche speciali, vi voglio bene, con tutto il cuore.

 

L’Istinto del Lupo

 

Remus Lupin desiderò di morire, quella notte, per la prima volta.
Tante di quelle volte si era detto che era fortunato, in fin dei conti, aveva amici che lo accettavano per quello che era senza giudicarlo, aveva ancora una famiglia, degli affetti.
Remus Lupin aveva sempre avuto voglia di vivere. Sempre.
Quella sera però, tutto, drasticamente, mutò.
Ormai era rassegnato, calmo in quei giorni, nonostante sapesse
la sofferenza che sarebbe stato costretto a provare, per tutta la notte, per tutta la vita.
Quella sera di metà ottobre era simile a tante altre, alla fine.

Tic Tac è quasi ora

Il vecchio pendolo del soggiorno suonava nove rintocchi quando Remus uscì da casa sua.
Come ogni volta, e si recò a passo lento e cadenzato verso la foresta, dove sarebbe stato al sicuro, dove gli altri  sarebbero stati al sicuro. Da lui.
Una vecchia quercia si stagliava maestosa nella notte fredda, un vento gelido che scuoteva le fronde;
la luna, sua fedele compagna, proiettava le ombre dei tronchi sul terreno e Remus si sentì quasi meno
solo laggiù, osservandole.
Era iniziato tutto come sempre, aveva sentito la familiare morsa al petto che dava inizio a tutto.
Il dolore si diffondeva lungo le sue membra come acqua calda, bollente che bruciava senza che potesse liberarsene, fuoco vivo nelle sue vene.
Il suo aspetto aveva iniziato a mutare in una danza antica e terribile, per chi aveva la sventura di assistervi; la sua mente si svuotò, nulla più della vita aveva importanza, in quel frangente, mentre Remus svaniva, lasciandosi dietro l’uomo, lasciandosi dietro ogni traccia di umanità.
C’era il Lupo, quella notte, solo la bestia. Inarcò la schiena e ululò alla luna, in un grido straziante.

Tic Tac è notte,ormai! Dove sono?


Il vecchio orologio giù in paese segnava la Mezzanotte ma lui non poteva sentirlo. Correva, correva e si dimenava, tra i tronchi secolari, tra le felci alte quanto un uomo. Sono i suoi migliori amici, adesso. E ancora correva, gridava, il suo verso che rimbombava cupo e spaventoso, mentre i rintocchi si susseguivano lenti e profondi, come i battiti del suo cuore.
Aveva sprazzi di lucidità e di follia, e quasi era cosciente di quello che faceva, per un secondo, poi scompariva definitivamente, lasciando spazio solo all’istinto.
Di solito graffiava, mordeva, dilaniava il suo stesso corpo in mancanza di prede, in mancanza di tutto. Sapeva che al mattino avrebbe trovato nuove ferite, nuove cicatrici ma ne era felice ogni volta: nessuno si è imbattuto nel suo cammino.
Un odore diverso però colpì Remus, quella notte. Un odore nuovo, terribilmente allettante per il lupo, seducente, quasi. Seguì quella traccia, con la foga di una belva affamata a caccia di prede che soddisfino il suo appetito famelico.
Era così vicina, quella preda sconosciuta, quasi come se potesse toccarla, sfiorarla, assaporarla…

Tic Tac quasi le tre, che Luna Rossa adesso, in cielo!

Tutto diventò confuso, frenetico, diverso. Nella sua mente irrazionale quella era stata certamente la serata più appagante della sua intera esistenza. Ululava il lupo senza sosta, come non aveva mai fatto, mentre qualcuno dal villaggio affrettava il passo, spaventato, chiudendosi al riparo delle proprie case.
Quella volta fu diversa, da ogni altra. Quella notte tra il frinire dei grilli, tra il lento e monotono canto degli uccelli notturni si udì un suono diverso. Quella notte, un grido lacerò il musicale silenzio della foresta.

Tic Tac sorge il sole, è tanto presto ancora! Dov’è il lupo cattivo?

Remus si svegliò, alle pendici della collina boscosa, con le vesti lacere e insanguinate. Dolorante e instabile sulle gambe deboli si mise seduto contro la corteccia spessa dell’albero più vicino, gemendo sommessamente per il dolore.
Quando riuscì a mettere bene a fuoco l’ambiente in cui si trovava, sospirò, con sollievo. Anche questa volta era rimasto nei confini.
Si guardò distrattamente le braccia, le gambe indolenzite, il torace asciutto e li trovò, come spesso accadeva, coperti di sangue rappreso.
Sospirò e con sforzo immenso cercò con le dita le ferite sulla pelle ma con sorpresa  mista a terrore i polpastrelli sfiorarono solo i segni delle cicatrici di notti passate.
Un grido lontano distolse per un secondo Remus dai suoi pensieri, dal tormento che prendeva piede in lui, dalla paura che gli stava pian piano artigliando il cuore e le membra.
Qualcuno chiamava un nome, ostinatamente, una voce di donna che invocava lamentosa, seguita da un eco confuso di altre persone. Il cuore di Remus sembrò quasi sul punto di fermarsi.
Era così inconsolabile il richiamo di quella donna… chi stava cercando? Chi si era smarrito nella foresta?
Chi cercavano così disperatamente?
Poi,un’ immagine vivida, chiara e inspiegabile si fece largo nella sua mente, travolgendolo come fosse qualcosa di tangibile, solido: la foresta, nel chiaro della notte appena passata, bagnata dal candore della luna. Ogni tanto accadeva, ogni tanto scopriva di ricordare,come in un sogno o in una visione.
Ricordò l’erba bagnata sotto le sue zampe, ricordò i rami bassi che gli sferzavano il viso durante la sua folle corsa. Poi, ricordò tutto.
Gemette, sorreggendosi ai rami solidi del sottobosco per tenersi in piedi, guardandosi le mani come fosse una bestia immonda. Non aveva ferite, ne graffi; il suo corpo non era minimamente scalfito, quella mattina. Nella sua bocca un sapore acre, metallico. Sangue.
Chiuse gli occhi come se desiderasse che la realtà svanisse, mentre nella sua mente si susseguivano altre immagini, sempre peggiori sempre più terribili. Non riusciva a parlare, ne a gridare ne a chiedere aiuto. Era impietrito, disgustato, spaventato a morte da se stesso.
Si accasciò nuovamente al suolo con le mani sulle orecchie come volesse ripararsi da un suono assordante.
In quel momento, Remus Lupin invocò la morte.
Nello stesso momento in cui nella sua mente comparvero gli occhi azzurri, pieni di lacrime, di una bambina.

 

 

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