Piccola premessa. Spero di non offendere le fan di Fersen, che non esce molto bene da questo capitolo. Ho scritto quella che è sempre stata l'opinione che mi sono fatta sul suo personaggio, in particolare nell'episodio dell'incidente a cavallo di M.Antonietta.
CAPITOLO 2
La
giornata proseguì lentamente. All'ora di pranzo la pioggia
diede una tregua e suo padre la raggiunse per accertarsi delle sue
condizioni. Già verso la fine del pranzo la nubi avevano
lasciato il posto ad un cielo terso e ad un tiepido sole. Oscar si
sistemò con un libro sulla balconata che sovrastava
l'ingresso posteriore di Palazzo Jarjayes, verso il prato e la
fontana vicino alle scuderie. Leggeva distrattamente,
aspettando in realtà di
scorgere Andrè fuori dalla sua stanza. Le sarebbe bastato un
ordine per averlo seduto di fronte a lei, a farle compagnia. Ma non
riusciva più a pensare a lui come a qualcuno a cui impartire
comandi, almeno al di fuori di quelli militari. Voleva vederlo e
nel contempo temeva si sarebbe sentita impacciata, voleva guardarlo,
ammirare quel suo triste sguardo e tuttavia aveva paura che lui le
leggesse dentro, scoprendo la verità sui suoi sentimenti. E
si dava della stupida per questo atteggiamento puerile e da
femminuccia, che non avrebbe mai creduto potesse appartenerle.
Alzò lo
sguardo al rumore degli zoccoli di un cavallo che lo scudiero dei
Jarjayes stava conducendo alle stalle. Riconobbe in un istante lo
stallone del Conte di Fersen e mentre ancora si chiedeva cosa potesse
significare, fu raggiunta in terrazza da un servitore che annunciava
la visita per lei del conte svedese. Oscar chiuse il libro con un
colpo secco, lo appoggiò sul tavolo e diede sbrigativamente
indicazioni su dove condurre l'ospite.
Perchè
Fersen era lì? Forse voleva solo sincerarsi delle sue
condizioni, ma perchè venire di persona? Come lo avrebbe
affrontato dopo aver letto tutta la sua incredulità la notte
precedente, quando gli aveva rivelato i suoi più segreti
sentimenti con una sola piccola parola di tre lettere, che valeva
più di mille discorsi?
Fersen entrò nell'ampio salone
di Palazzo Jarjayes con un vago senso di disagio. Ricordava
perfettamente la circostanza della sua ultima visita, anche se erano
trascorsi parecchi mesi ormai.
Quando il cameriere tornò con le
disposizioni di madamigella Oscar, fu interrotto da Andrè,
che si offrì di accompagnarlo.
“Salve Andrè, sono felice di
vedervi già in piedi dopo il tragico accidente occorso ieri a
voi e a Madamigella Oscar”. Andrè alzò lo sguardo
dopo un rapido inchino e lo fissò in un modo che Fersen non
riuscì a decifrare, denso di una certa inquietudine ed
amarezza.
“Vi ringrazio immensamente per aver
salvato la vita a Madamigella Oscar e aver impedito che le
conseguenze dell'aggressione subita fossero più gravi. Con
permesso..” e si congedò rapidamente.
Fersen rimase allibito dal tono formale
di Andrè, con cui aveva condiviso cene e brindisi, corse a
cavallo e sfide con la spada, ma soprattutto che non avesse fatto
cenno al salvataggio della sua stessa vita. Ricordava un giovane
solare ed allegro, di compagnia gradevole e molto discreto, così
diverso dall'uomo cupo con cui aveva da poco parlato. La ferita e la
cecità dell'occhio sinistro sembravano aver spento qualcosa
anche nell'animo di Andrè. Era ancora perso i questi pensieri
quando sentì aprirsi la porta e gli comparve Oscar, anche lei
con vistose fasciature al capo ed alle mani, anche lei con uno
sguardo spento, infelice, nonostante il sorriso con cui lo accolse.
“Grazie Conte von Fersen della
visita, mi spiace che vi siate disturbato di persona, le strade
saranno ancora difficoltose a causa delle piogge di stanotte”,
continuò osservando i numerosi schizzi di fango
sull'immacolata divisa del conte. Anche Oscar gli sembrò
eccessivamente formale nei suoi riguardi. “Lieto di rivedervi in
buone condizioni, Oscar; avete davvero corso un grave pericolo
ieri...” “Si, è stato incredibilmente imprudente da parte
mia” ammise, abbassando lo sguardo.
Fersen non indugiò
ulteriormente sul vero scopo della sua visita.
“Oscar, tanti anni fa, in nome della
vostra fedeltà ed amicizia per la regina Maria Antonietta, vi
siete permessa di venire a parlarmi di faccende private ma molto
importanti, con garbo ed estrema franchezza”. Si interruppe
all'ingresso di un servitore con il the. Oscar si alzò e si
diresse alle vetrate, voltando le spalle al suo ospite ed ignorando
il vassoio lasciato lì per loro.
“Voi sapete perchè sono qui,
Oscar. Sono venuto perchè credo di poter ricambiare il vostro
gesto di amicizia e di poter essere io, questa volta, a darvi un
consiglio, spinto dall'affetto e dalla stima che non ho mai cessato
di nutrire per voi” Tacque un istante, in attesa di una replica che
non venne. Oscar continuava a fissare fuori dalle vetrate, senza
voltarsi, senza muovere un solo muscolo.
Fersen si avvicinò di un passo
ed abbassò leggermente il tono di voce.
“Quello che inconsapevolmente mi
avete confessato ieri notte mi ha sorpreso, Madamigella Oscar, è
vero, ma è qualcosa che ho sempre sospettato, da quando vi
conosco, ed è forse stato il vero motivo per cui non ho
realizzato i vostri sentimenti per me” Oscar si girò di
scatto e sgranò gli occhi.
“Su voi ed il vostro attendente si è
sempre fatto un gran pettegolezzo a corte e finchè ho
ignorato la vostra vera natura, ho ritenuto fosse una di quelle
relazioni che non potevano che rimanere segrete, e non certo per la
differenza di rango...” Sorrise al ricordo di questa sua
iniziale considerazione su Oscar e Andrè e non resse lo
sguardo sempre più scandalizzato della giovane.
“Quando poi ho scoperto che eravate
una donna , in occasione del vostro ferimento conseguente
all'incidente a cavallo della principessa, il vostro legame mi è
sembrato l'ennesima relazione tra servo e padrone” continuò,
mentre Oscar era tornata a voltargli le spalle. “Ed è stato
chiaro che era amore, e non un banale passatempo da parte di
entrambi” Sentì Oscar emettere una leggera risatina
sarcastica.
“Andrè non fece nulla per
nascondere la sua disperazione per le vostre condizioni e voi, Oscar,
vi siete gettata in sua difesa con un impeto che al momento non
compresi, ma che in seguito mi fu chiaro...”
“Credevo aveste compreso che il mio
era un moto di ribellione verso un'assurda ingiustizia, altrimenti
perchè appoggiarmi di fronte all'intera corte? Fu proprio in
virtù di quel vostro gesto che cominciai a guardarvi con
occhi diversi...”
“Vi debbo una confessione, Oscar-la
interruppe Fersen, mentre tornava ad accomodarsi-in quel frangente
ignoravo che sotto la divisa di Capitano delle Guardie Reali si
celasse una fanciulla, ed il mio intento era quello di conquistarmi
la vostra simpatia. Francamente non capivo tutta quella agitazione
per il destino di un anonimo servitore, ma ho pensato di sfruttare
l'occasione per entrare nelle vostre grazie. Dovevo godere della
vostra benevolenza per poter avvicinare la regina, eravate sempre
molto attenta e solerte nell'intervenire e proteggerla” A queste
parole Fersen smise di sorridere, divenendo molto serio. Oscar si era
nuovamente voltata, con uno sguardo insieme deluso e scandalizzato.
“A essere sincero fino in fondo-
continuò- se avessi saputo che eravate una donna avrei
certamente fatto ricorso ad espedienti più seduttivi ed
adatti al gentil sesso....Non guardatemi così, Oscar,
pensavate che non avessi mai sfruttato il mio fascino per
accontentare i capricci di qualche dama di compagnia pur di
assicurarmi discrezione e silenzio?”
Oscar non credeva alle sue orecchie.
Aveva tante volte sentito pettegolezzi sula condotta morale di
Fersen , ma li aveva attribuiti alle malelingue invidiose che
crescevano in ogni angolo di Versailles. Non lo credeva capace di
simili bassezze e di tradire così il suo amore per la Regina.
Non era forse per questo che non si era mai sposato? Per essere solo
suo?
“Voi mi avete idealizzato, Oscar, ed
io vi ho assecondato in questo per il mio personale tornaconto, ma
questo non toglie che vi abbia davvero stimato, ancor più
per l'integrità che realmente vi appartiene e a cui io ho
solo potuto aspirare. Forse , se non mi fossi intromesso nella
vostra vita e non vi avessi coinvolto nelle mie vicende amorose con
la regina Maria Antonietta, forse avreste capito prima a chi
appartiene il vostro cuore”
Con questa frase rialzò lo
sguardo verso Oscar, che continuava a voltargli le spalle, ma intanto
si era appoggiata con la mano sulla fronte contro la vetrata, come se
soffrisse per qualcosa che rimbalzava su di lei a distanza di anni.
Pensò a come Fersen le fosse sembrato simile a lei e diverso
da tutti i cortigiani e approfittatori che avevano infestato la
reggia e la vita stessa dei sovrani. Invece l'amante segreto della
regina era molto più simile a loro e benchè i suoi
intenti fossero dettati da un grande amore, non aveva esitato a
comportarsi come tutti gli altri pur di raggiungere ciò che
voleva.
E realizzò, tristemente, che
l'unico animo puro che aveva davvero incontrato nella sua vita era
Andrè. Non era assetato di ricchezza o potere, non nutriva
sentimenti di vendetta per nessuno, anelava solo al suo amore e
nell'attesa aveva invece amato senza riserve, senza mai pensare alle
conseguenze per sé, senza calcoli. Era questa consapevolezza
che le faceva sentire un sordo dolore nel petto. I loro cuori erano
cresciuti insieme, vicini ed affini, finchè lei non si era
allontanata, presa da miraggi ingannevoli: la sua carriera militare,
prima e infine una platonica attrazione per il conte svedese.
“So che state pensando alla
incolmabile differenza di classe sociale tra voi e Andrè, al
fatto che la vostra non sarà mai un'unione da vivere alla
luce del sole, ma per quanto dolore vi possa procurare, sarà
anche l'unica possibile fonte di felicità per voi.”
“No, non è questo...”
sussurrò Oscar , senza quasi avere la forza di dire a voce
alta la verità che le si era presentata innanzi in quei
momenti.
“Ditelo Oscar” la incalzò
Fersen. Solo allora si girò a guardarlo, e fu colpito dalla
autentica disperazione che lesse negli occhi della donna, di solito
così fieri e impenetrabili.
“Non lo merito...io il suo amore non
lo merito più!” e suo malgrado, nonostante la vergogna,
sentì un fiume di lacrime solcarle il volto. Istintivamente si
girò nuovamente verso la finestra e fu allora che lo vide.
Andrè, con la divisa dei soldati
della guardia, conduceva il suo cavallo fuori dalla scuderia. Si
muoveva lentamente e aveva sciolto dalla fascia di sostegno il
braccio sinistro. Montò a cavallo con un movimento rapido,
sistemò nuovamente il braccio ferito immobilizzandolo e con la
mano destra guidò l'animale verso il cancello della tenuta.
Quando in lontananza sentì sua nonna che lo chiamava
incredula, spronò il cavallo con un colpo di talloni e
scomparve rapidamente dalla sua vista, senza voltarsi. Oscar rimase
come inebetita, troppo sorpresa per reagire, con un senso di vuoto e
di perdita spropositati, mentre la voce di Fersen le arrivava come
ovattata. “Andrè...” le sfuggì ed appoggiò
entrambe le mai sul vetro della finestra, come se quel gesto avesse
potuto fermarlo. Poi si riscosse, e, ignorando le ultime parole del
Conte lo ringraziò e uscì senza aspettare che si
accomiatasse da lei.
Si diresse stancamente sulle scale,
verso la sua camera, mentre il suo ospite la osservava nell'androne
con l'assoluta certezza che il sentimento che aveva solo intuito la
notte precedente, era più forte e devastante per Oscar di
quanto immaginasse lei stessa.
Andrè rientrò nella
camerata sotto lo sguardo indifferente dei suoi compagni. Gettò
il sacco in un angolo e si coricò sulla branda gemendo a denti
stretti per il dolore. La cavalcata fino a Parigi era stata
durissima, ai dolori fisici si era aggiunto il solito tormento per
Oscar. L'aveva vista con il viso trasognante quella stessa mattina,
ancora persa nei pensieri derivanti dalla vista del suo antico
amore, e quando Fersen era giunto a Palazzo Jarjayes per una visita,
aveva sentito l'impulso irrefrenabile di fuggire da loro. Non avrebbe
resistito ad assistere ancora una volta ai postumi di questo rapporto
così dilaniante per lei, alla tristezza che avrebbe scorto sul
suo viso per tutto quello che avrebbe voluto essere e non era mai
stato tra lei e il nobile svedese, alla malinconia che sempre seguiva
ai loro incontri. Un tempo era stato la spalla discreta di questi
sfoghi, aveva fatto suo il dolore di Oscar, ma adesso sentiva tutto
questo come un peso insostenibile, una sofferenza che non era più
in grado di sopportare senza temere di impazzire.
Alain rientrò dopo circa un'ora
dal suo turno di guardia e fu l'unico a avvicinarsi e rivolgergli la
parola: “Allora, Grandier, l'avete scampata bella tu e il biondo
comandante l'altra notte! Com'è che sei già tornato tra
noi? Credevo avresti fatto la convalescenza a casa con la tua lei...”
“Palazzo Jarjayes è la dimora
del comandante, non mia...e comunque è tanto tempo che non mi
prendo cura di lei e non potrei più farlo neanche se volessi”
Alain stava già per rispondergli
stuzzicandolo nuovamente, ma qualcosa nella voce di Andrè lo
fece desistere. Poveraccio, pensò, è già
conciato per le feste e costretto a passare il tempo in questi
scomodi giacigli, deve aver buoni motivi per rinunciare alle comodità
di palazzo,meglio non infierire...e con un sorrisino sarcastico
stampato in faccia si diresse verso la propria branda.