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Autore: barboncina85    11/08/2011    2 recensioni
Essere un vampiro...o essere un lupo...cosa preferite?? Ve lo siete mai chiesto? Io si...perché non entrambi?
Trovare un bracciale che di giorno ti trasformi nel potente lupo...di notte in un affascinante vampiro.
DAL CAPITOLO 4
"che potessi scegliere? Che cosa essere e quando esserlo o era il bracciale a decidere? E se lo rimetto torno ad essere un lupo o un vampiro?"
CHI LO SA??
Genere: Dark, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Leah Clearweater, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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BUON GIORNO RAGAZZE!!
COME PROMESSO IN PARTENZA SI POSTA IL GIOVEDI.
VEDETE, IO ADORO QUESTA STORIA, MI è PIACIUTO SCRIVERLA, MI PIACE RILEGGERLA, MA VEDO CHE NON SUSCITA INTERESSE, NEANCHE A DIRMI VEDI CHE NON SEI BUONA DATTI ALL’IPPICA, CHE FORSE CADI DA CAVALLO E LA SMETTI DI SCRIVERE. MI STAREBBE BENE ANCHE UNA CRITICA. MOLTI NON L’ACCETTANO, RITENENDO ACIDA/O CHI LA SOSTIENE, MA SECONDO ME è UN OTTIMO MODO PER CRESCERE ED IMPARARE.
OGNIUNA DI NOI MENTRE SCRIVE VORREBBE FARLO MAGARI INTITOLANDO UN LIBRO CON IL PROPRIO NOME, E POCHE DI NOI CI SONO RIUSCITE, FACENDOCI SOGNARE ANCORA DI Più.
QUELLE PERSONE SARANNO STATE CRITICATE E SMONTATE NELLE LORO IDEE PERSINO DA CHI LE HA PORTATE IN LIBRERIA, PER QUESTO NON MI AZZARDEREI MAI A MANDARE AL DIAVOLO UNA CRITICA, ANZI, NE FAREI TESORO.
ORA QUESTA BELLA SVIOLINATA è GIUSTO PER FAR SI CHE QUALCUNO MI DICA CHE NE PENSA DI QUESTA STORIA. LA DEVO CONTINUARE? LA DEVO BUTTARE? MI CI DEVO PULIRE?
O SEMPLICEMENTE LA CONTINUO A PUBBLICARE FINCHE NON FINISCONO I CAPITOLI FREGANDOMENE?? (NON LO FAREI MAI, SE L’HO SCRITTA è PERCHE AVEVO PIACERE DI FARLO, E SE A NESSUNO INTERESSA LA CONCLUDO CON IL PROSSIMO CAPITOLO E BUONA NOTTE).
BEH, DOPO AVERVI SCOCCIATO UN Po’, VI LASCIO ALLA LETTURA.
UN BACIO BARBONCINA85

CAPITOLO QUATTRO

Passai con Leah, l’intero giorno. Mi spiegò che lei non era la sola, che addirittura, lei faceva parte di un intero branco e che tra di loro riuscivano a sentirsi con il pensiero.
<< Perché io non vi sento? >> domandai girandomi a sinistra per guardarla.
Eravamo in spiaggia sedute su un grosso tronco parlando, mentre l’oceano ci cullava con il suo rumore.
Non si gira a guardarmi. << Credo che succeda a chi non fa parte del branco >> mi dice appoggiando le mani dietro la schiena e sollevando una gamba poggiandola sul tronco << Sei molto fortunata … >> continua.
<< Dici? >>
<< Si! >> mi guarda negli occhi << Vedi Bella, essere del branco, specialmente quando sei l’unica femmina, non è facile. La tua mente non è più tua, e i tuoi pensieri sono di tutti. È frustrante >> si volta a guardare di nuovo l’oceano, io feci lo stesso.
Il sole stava lentamente scendendo, oltre le nubi si riusciva a intravedere, qualcosa, un presentimento forse mi fece perdere un battito.
<< Leah, devo andare >> mi sollevai dal tronco per poi voltarmi a guardarla.
<< Oh! Okay ti accompagno >> fa per sollevarsi anche lei ma con una mano appoggiata sulla spalla, la fermo.
<< Non ti preoccupare. Ci vedremo domani >> faccio due passi e torno indietro ricordandomi una cosa << Ah! Questo non te lo rompo promesso >> le dissi indicandomi il vestito che mi aveva prestato, un semplice vestito blu notte con il giro manica e il cappuccio, una cerniera sul davanti che partiva dall’ombelico fin sotto il collo e due coulisse una in vita e l’altra sotto il vestito. Mi aveva detto che questo vestito era molto comodo, proprio perche, anche se ti ritrovavi a trasformarti con la cerniera l’avresti tolto subito. Cercavo di farci maledettamente attenzione mentre continuavo a camminare per arrivare … arrivare dove?
Bella, dove stai andando? Non lo so.
Perche hai lasciato Leah quando hai visto il sole tramontare? Non lo so, ho avuto una sensazione gelida.
Mi fermo, avevo comunque rallentato il passo quando mi sono resa conto che non sapevo dove andare.
Torno a casa?
Charlie dovrebbe essere a lavoro ormai. Quel pover’uomo sono due giorni che sono qui e non sa, dove sono. Sarà meglio tornare a casa.
Comincio a correre, cercando accuratamente di non rovinare il vestito di Leah, anche se sembra essere di una stoffa resistente. Anche da umana sono veloce, non come un lupo, ma non mi posso lamentare.
Arrivo a casa che è ancora giorno, non ho la chiave, credo di non averla mai avuta, ma un’illuminazione mi porta a sollevare lo zerbino, ma non trovo la chiave.
Cavolo ci avevo sperato!
Mi allontano dalla porta di due passi guardandola. Eppure sono convinta che per casi di emergenza la chiave da qualche parte deve pur esserci.
Poi mi salta agli occhi una piantina tenuta sul davanzale della finestra, mi avvicino e sotto una foglia, trovo un pezzo di metallo infilato nel terreno, quando lo afferro per tirarlo fuori una chiave tutta sporca esce dal terreno.
<< Bingo! >>
Apro la porta e la prima cosa che faccio, prima di ritrovarmi i vermi tra i capelli, è scappare in bagno a farmi una doccia.
Giro il pomello dell’acqua nel box doccia per farla arrivare a temperatura, mentre io mi spoglio appoggiando il vestito sul lavandino, ed anche gli slip, prestati anche quelli. Quando poi provai a togliermi il bracciale, il cuore s’illuminò sotto la luce del bagno come fece nel negozio per attirare la mia attenzione.
<< Ti levo perche non voglio rovinarti >> possibile che stia davvero parlando con un bracciale?
Allargo i lembi e lo sfilo, appoggiandolo sopra il vestito e non so se è solo una mia sensazione o la realtà, il peso di tutta la giornata mi schiaccia cosi tanto da farmi quasi mancare il respiro dalla stanchezza.
Mi appoggio al lavandino cercando di prendere un po’ di forze almeno per farmi una doccia. Entro nel box aggrappandomi alle vetrate per poi appoggiarmi al muro, le gambe lentamente cedono facendomi scivolare su di esso, con l’acqua che mi scorre addosso e sui capelli.

Non so quanto tempo è passato, ma mi ritrovo ancora sul piano del box con l’acqua che mi scorre addosso, lentamente mi alzo e finisco di farmi la doccia. Nei capelli, come sospettavo, trovo di tutto. Foglie, rami, persino del terreno, credo che fossero neri fino a pochi minuti fa, ora una volta uscita dal box doccia e asciugati sono tornati al loro castano.
Mi avvolgo nell’asciugamano, allacciandolo sopra il seno ed esco dal bagno per entrare in camera mia e quando apro la porta che affaccia direttamente sulla rampa delle scale, trovo mio padre a metà rampa intento a salire.
Si ferma, mette su la faccia più arrabbiata che può << Signorinella! >> comincia, poi mi guarda un attimo << Okay, vatti a vestire che poi ne parliamo >> cosi dicendo gira i tacchi e scende.
Rimango sulla soglia del bagno a guardarlo per altri due minuti, finche non lo vedo sparire dalla mia visuale.
Sarà arrabbiato veramente?
Entro in camera mi metto un paio di pantaloncini di cotone e una maglietta a giromanica, infilo le pantofole e corro giù con i capelli ancora bagnati, quando arrivo a metà rampa di scale mi rendo conto che fa freddo e la pelle d’oca mi ricopre per intero facendomi addirittura tremare.
Ritorno in camera, apro l’armadio e scelgo una tuta, a tre pezzi color prugna. Mai messa, me la regalò Phil, non so quanto tempo fa, sperando che facessi un po’ di sport. Di conseguenza non l’ho mai messa.
Fini di asciugarmi i capelli con l’asciugamano che prima avevo avvolto addosso e ora giaceva sulla sedia vicino alla scrivania e scesi di nuovo.
Charlie era seduto su una sedia in cucina, aveva una pallottola tra le mani che faceva rotolare per il tavolo, ma non era lui a spingerla, si limitava a lasciarla.
<< Avevo ragione, questo tavolo ha proprio una pendenza >> comincia non alzando gli occhi, continuando a prendere e lasciare il proiettile.
<< Lo sai che in questo momento >> indico con il dito lo spazio tra di noi, per poi sedermi dalla parte opposta di fronte a lui. << sembri tanto un poliziotto cattivo che vuole estorcere informazioni al criminale di turno? >>
<< Se fosse cosi … >> comincia alzando la pallottola, mettendola in piedi per evitare che rotoli.
Appoggia il palmo di una mano sul tavolo e l’altra sopra e infine guardandomi serio. << … avrei preso la pallottola, che legalmente fuori da una pistola non ha nessun pericolo … >> riprende il proiettile e se lo rigira tra le dita. << … e te lo puntavo contro … >> sposta il proiettile puntandolo sul serio. << … dicendoti che anche se esercito una pressione sul tamburo, può partire, e quindi ucciderti, ed io legalmente, sono innocente, perche non ho usato una pistola, e quindi è stato un incidente >> finisce di parlare riappoggiando il proiettile sul tavolo.
<< Ora signorinella, mi dici che fine hai fatto >> continua riappoggiando le mani una sopra l’altra e guardandomi tranquillo.
Io, solo in quel momento, quando ha smesso di parlate mi sono resa conto che avevo il cuore a mille e che lo sentivo addirittura nella testa. Potevo davvero avere paura di mio padre? SI, accidenti se l’avevo!!
<< S-s >> cercai di cominciare ma avevo la bocca impastata. Lui si voltò verso la cucina che aveva dietro senza alzarsi e prese un bicchiere d’acqua già pieno, come se sapesse che mi sarebbe servita.
Bevvi. << Sono stata da Leah … >> poteva bastare come spiegazione?
<< Stamattina? E come sei uscita di casa? Io ero giù, e tu non sei scesa per le scale. >> ok, stava facendo sicuramente il poliziotto.
<< Dalla finestra >> riuscì solo a dire.
<< Dalla finestra. Quindi tu sei, in sostanza, scappata per andare da Leah? Perche? >>
Appunto perche? Perche avevo paura di ucciderti papà! E sì, digli cosi Bella!
<< Perché … perche? >> ok stavo cominciando ad arrampicarmi sugli specchi, e invece di riuscire a salire scivolavo miseramente, solo che cominciavo anche a innervosirmi. << Perche si! È venuta a prendermi e siccome tu eri giù, ho approfittato uscendo dalla finestra. >> mi sollevo dalla sedia ancora agitata << E ora se vuoi scusarmi, ho fame. Tu? >>
Lui mi fissa per un lungo minuto e sospira. << Anch’io >> si solleva per andare al telefono. Lo afferra appoggiando le spalle al muro. << Cinese, messicano, indiano. Che vuoi? >>
<< Cinese >> gli rispondo più calma ritornando a sedermi.
<< Vada per il cinese >>
Mentre Charlie parla, mi rendo conto di un paio di cose.
La prima. Sento freddo, sono stata due giorni con vestiti leggeri e senza maniche e non mi sono lamentata del freddo neanche una volta.
La seconda. Mi sono agitata il mio cuore era accelerato dalla paura, e non di adrenalina. Ma comunque ha accelerato, allora perche non ho sentito quella stretta nel basso ventre, quell’anticipo di trasformazione che mi ha fatto scoprire Leah? Che fossi ritornata la ragazza di prima, quella che ero a Jacksonville? E quando? Quando mi sono resa conto di non esserlo più, quando sono ritornata a esserlo?
Ieri sera, ieri sera quando sono tornata a casa, non ero quella che ero stamattina, ero un'altra cosa, non un lupo … ma cosa e come?
<< Bella? >> Charlie mi riscosse dai mie pensieri. << tra venti minuti arrivano, io vado a cambiarmi, apri tu? Qui ci sono i soldi >> cosi dicendo esce il portafoglio dalla tasca posteriore e li appoggia sul tavolo. Salì le scale e sparì per un po’.
Bella era ancora frastornata dal numero di domande che le vorticavano nella testa, non riusciva a capire cosa le fosse successo.
<< Bella! >> si voltò verso le scale. Suo padre la stava chiamando dal piano di sopra.
<< Dimmi! >>
<< La tua roba la appoggio fuori alla porta, mi serve il bagno! >>
<< Okay! >>
Mi alzai dalla sedia immaginandomi come avesse buttato la roba fuori alla porta e lentamente salii le scale.
Per l’appunto, non l’aveva appoggiata, ma appallottolata. La recuperai e portai in camera, lo appoggiai sul letto e apri il fagotto che aveva creato mio padre. All’interno apparte gli slip c’era anche il bracciale, all’interno del cinturino di cuoio c’erano incise delle lettere, non riuscivo a capirne il significato. “Nan limyè de Wolf pwisan solèy la a, fènwa a nan vanpir la lannwit erè ladann. Jouk jou a nan chwa!” . Wolf era lupo questo e certo, ma il resto?
Ben quando lo volevo comprare, mi ha spiegato che gli oggetti non appartenevano a lui ma al precedente proprietario, Billy se non ricordo male. Billy Black.
Pensando a chi potessi chiedere di Billy Black, aprii l’armadio con in mano il bracciale, volevo appoggiarci dentro il vestito di Leah.
All’interno, sulle ante dell’armadio ci sono degli specchi, mi guardai a uno di essi con il bracciale in mano, e guardando i movimenti dallo specchio m’infilai il bracciale per poi sollevare il polso per aiutarmi con i denti a stringere il cinturino scorrevole. Sollevai lo sguardo nel farlo e quello che vidi mi lascio paralizzata.
I miei occhi, erano cambiati nel giro di un secondo, la mia carnagione nonostante sia già bianca lo era di più e i miei capelli che asciugandosi erano diventati crespi, erano perfettamente lisci.
<< Ma cosa … >> persino la mia voce, rimbalzata sullo specchio, mi sembrava non mia.
La mia mente fece due più due prima della mia coscienza. Mi tolsi il bracciale e nel momento il cui lo sfilai dal polso, mi riguardai allo specchio ed ero ritornata quella di prima, tutto questo nel arco di pochi secondi.
<< O. MIO. DIO. >>
Indietreggiai continuando a guardare il bracciale, finche con le gambe non scontrai sul letto sedendomi a peso morto.
Mi sollevai di nuovo guardandomi allo specchio. Prima della doccia in bagno ero normale quando avevo il bracciale, la mia carnagione era normale, il colore dei miei occhi anche, i capelli erano un mezzo disastro, come lo sono adesso, eppure se adesso infilo il bracciale cambio totalmente, perche?
<< Che cosa divento? >> la tentazione di rimettermi il bracciale era forte, ma il campanello al piano di sotto mi fece desistere facendomelo infilare nella tasca della tuta.
Scendo velocemente, apro la porta trovandomi un ragazzino dagli occhi a mandorla che mi porge una busta.
<< ventiquatlo dollali e cinquanta >> mi dice con un accento poco americano.
<< Grazie >> gli consegno venticinque dollari. Con un gesto della mano gli faccio capire che non voglio il resto e lui con un inchino si gira e va via.
Mi chiedo se non lo facciano apposta, se davvero quell’accento sia reale o semplicemente lo mantengono loro per differenziarsi dalla massa. A Jacksonville c’erano molti cinesi e la maggior parte dei giovani nati e cresciuti in America parlavano perfettamente sia l’inglese sia il cinese, senza inflessioni sulla lingua.
<< Qui sarà diverso >> mi ritrovo a dire ad alta voce.
<< Che cosa sarà diverso? >> mi domanda mio padre scendendo dalle scale con dei jeans e una camicia di flanella.
<< Mi chiedevo se i cinesi lo facessero apposta quello strano accento >> gli risposi appoggiando la busta in cucina, per poi estrarne il contenuto, guardando all’interno cosa ci fosse.
In risposta ebbi una sonora risata. << Erick, sempre in solito! >> e continuò a ridere.
<< Erick? Non è un nome propriamente cinese >> costatai l’evidenza.
<< Non lo è infatti, ma sua madre è cinese e quindi ha avviato un’attività di ristorazione e suo padre è americano, lui non parla proprio il cinese, ma con chi non conosce fa il finto scemo. Lo faceva anche con me quando ha cominciato a consegnare il cibo per la madre in giro! >> e giù altre risate.
Ci sedemmo a mangiare, aveva ordinato involtini primavera, spaghetti ai frutti di mare e waton fritti. Non molto pesante per una cena.
Mangiammo quasi in silenzio, tranne che per qualche commento sulla mia amicizia con Leah, del tipo “sono contento che esci con lei, ma almeno fammi sapere quando esci”.
Poverino, non ha tutti i torti.
Una volta finito di mangiare, buttai tutti i contenitori mentre Charlie si sdraiava comodamente sul divano, ma dopo un po’ di zapping su tutti i canali si alzò nuovamente, giusto in tempo per finire di sistemare la cucina.
<< Io vado a letto. È stata una giornata troppo lunga >> mi dice cominciando a salire.
<< Come mai? >> gli domando sinceramente curiosa.
<< Beh ieri sera un uomo è stato ucciso proprio davanti a casa nostra, il suo cane aveva il collo spezzato e lui era completamente dissanguato >> mi spiego guardando il pavimento, e mentre lui spiegava io, rivivevo le scene vive di quello che successe.
<< E cosa pensiate sia successo? >> mi tremava al voce.
<< Un assassinio, questo è sicuro. Stiamo indagando sulla vittima, in caso avesse dei nemici, anche se a Forks, questo è il primo caso che sento di vampirismo >>
<< Vampi che? >> mi ritrovo a chiedergli.
<< Vampirismo, vedi il collo della vittima riportava dei segni di morsi, e l’arteria era perforata, quindi si classifica come vampirismo, o vittima di vampiri. Non dico che ce ne siano, ma spesso i pazzi credono di esserlo e uccidono le persone in quella maniera. Si pensa a una vendetta, la vittima sta risultando essere in un giro strano. >> termina alzando lo sguardo.
Qualcosa però deve aver visto in me, perche mi viene subito in contro abbracciandomi. << Maledizione, scusami Bella, non avrei dovuto, tu non avresti dovuto sapere niente. Sono stato un incosciente a raccontarti tutto! >> mi allontana dal suo petto per asciugare le lacrime dal mio viso.
<< Non fa niente … >> continuavo a piangere.
<< Non avrei dovuto, perdonami >>
<< Non fa niente … >>
<< Vieni, bevi un po’ d’acqua >> mi trascina verso il rubinetto della cucina, riempie velocemente un bicchiere e me lo porge.
<< Va meglio? >>
Annuisco soltanto.
<< Non ti devi preoccupare. È un caso raro qui a Forks, troveremo il colpevole e sarà consegnato alla giustizia >> mi ritrovai a sussultare per quell’affermazione.
<< Andiamo a letto vieni >> poggiò il bicchiere sul lavello dopo averlo preso dalla mie mani e mi trascinò per le spalle su per le scale.
Quando apri la porta della mia camera per accompagnar mici dentro lo fermai << Devo andare un attimo in bagno >>.
<< Okay, io vado a stendermi >> mi diede un bacio sulla fronte << a domani, buona notte >> si girò ed entro nella sua camera socchiudendola appena.
Entrai nel bagno i chiusi a chiave e mi sfilai dalla tasca della tuta il braccialetto, appoggiandolo nel lavandino.
Un vampiro. Ecco cosa diventavo, un vampiro. E come? Perche stamattina non lo ero? Perche mi trasformavo in un lupo? Che potessi scegliere? Che cosa essere e quando esserlo o era il bracciale a decidere? Se me lo rimetto forse torno a essere un lupo, o un vampiro? Come riesco a capirlo? Ma certo, dall’aspetto!
Infilo il bracciale guardandomi allo specchio, quando sollevo il polso per stringere il cinturino cambio, i capelli si allisciano la pelle diventa ogni attimo una tonalità più chiara e con l’ultimo respiro dei polmoni i miei occhi diventano di un rosso acceso.
Mi ritrovo a sorridere, toccandomi il viso, con le dita sfioro le occhiaie violacee che ho, rendendomi conto che probabilmente mi rendono ancora più attraente. Sono attraente! La cosa mi entusiasma. Poi mi rendo conto che non sto respirando e la cosa non sembra darmi fastidio, mi tocco il petto come riflesso incondizionato trovandolo completamente fermo. Il respiro, il cuore, non li sento più, e quando provo a ispirare con la bocca il mio petto, si muove ma il mio cuore resta fermo come cristallizzato.
A quel punto me ne rendo conto, il cuore del bracciale serve a questo, un lupo da una parte il cuore dall’altra. Sorrido come una stupida rendendomene conto.
Esco dal bagno continuando a guardare il bracciale, ed entro nella mia camera sentendo russare già mio padre.
Ma quando entro un terribile tanfo mi fa coprire le narici, un tanfo che proviene dal mio letto, annuso piano avvicinandomi e mi rendo conto che sono i vestiti a puzzare, un tanfo, come di spazzatura, come quando trovi i gatti per la strada o peggio … i cani.
Mi ritrovo a sorriderne, ero io a emanare quell’odore poco prima, povera Lea che mi era accanto, eppure non mi sembrava di puzzare cosi tanto.
Mi siedo sul letto e lentamente mi stendo, meglio dormire. Chiusi gli occhi per non più di due secondi poi gli riapri.
<< Non ho sonno >> cosi dicendo mi alzai e uscendo dalla camera scesi le scale per andare in cucina, c’era odore di buono nella casa, qualcosa che metteva l’acquolina. Non capivo cosa fosse finche non aspirai dal naso a pieni polmoni e mi resi conto che la cosa che mi faceva venire l’acquolina non era in cucina, ma di sopra.
<< Sangue >> mi ritrovai a ringhiare piano. Ma appena mi resi conto di quello che avevo detto, mi tappai il naso con le mani. Devo uscire da qui!
Aprii la porta d’ingresso e l’aria fredda della sera mi rischiarò le idee, presi un respiro profondo e rientrai lasciando la porta aperta, presi le chiavi di Charlie, e m’infilai delle scarpe da tennis che stavano conservate insieme alle altre nella lavanderia sotto le scale.
Usci di casa richiudendomi la porta alle spalle, devo tornare prima che si svegli e con questa promessa cominciai a correre per dirigermi nella foresta.

 

  
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