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Autore: Nijinsky    12/08/2011    9 recensioni
Si tratta di una storia di schizofrenia, di paranoia, di pazzia.
Non ci sono momenti di lucidità, frangenti di calma in cui il cuore può riprendere a battere a un ritmo più tranquillo, ma solo crudo subconscio che si proietta nell'aria, saturandola, avvelenandola, rendendola irrespirabile. Capitoli brevi, rapidi, come una coltellata, come un colpo di pistola. Nella pazzia non valgono le parole, ma solo le immagini che come una reazione a catena esplodono nel cervello nell'udire un solo suono, nel respirare un solo odore.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mi bruci per ciò che predico, è una fine che non mi merito, mandi in cenere 
la verità perché sono il tuo sogno eretico”
Sono il tuo sogno eretico - Caparezza
 

Non era certo la prima volta che accadeva.
Da quando Mello era morto non era raro che Near lo ricevesse, di notte, quando il ronzio dei computer e dei monitor veniva messo a tacere, quando i collaboratori venivano finalmente congedati.
L’ospite, turbolento e malizioso, cominciava a tormentarlo appena lo vedeva addormentato, finché non si svegliava con occhi lucidi e vibranti.
«Near! Near! Hey Near perché non ti svegli?!»
«Lasciami stare»
«Uh - uh come siamo scontrosi oggi! Il principino si è forse svegliato con la Luna storta?»
«Vattene»
«Cosa c’è? Non mi vuoi più?»
«…»
«Hey, Near, allora?» squittiva Mello con la sua voce non più stanca e roca ma vivace e canzonatoria.
«Non immagini nemmeno quanto io ti voglia a fianco, quanto mi manchi e quanto avrei voluto fare qualcosa per salvarti» mormorò lugubre Near, sospirando. Se solo Mello non fosse stato così impulsivo… basta. Basta pensarci. Finito, è tutto finito.
Trascorsero degli attimi di silenzio, in cui Near sperò vivamente di essere lasciato finalmente alla sua struggente ma quieta apatia.
«AHAHAHAHAHAHAHAHAH!» la risata sguaiata di Mello squarciò l’aria, senza però trapassare Near, che rimase in silenzio a fissare il vuoto con occhi orribilmente spenti.
«Oddio non ci posso credere! AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!» sghignazzò Mello tenendosi la pancia «Tu, tu, piccolo verme albino, TU provi dei sentimenti?! Cristo, è esilarante!»
Near abbassò lo sguardo, perso nel freddo e nel buio, e le labbra tremarono, mute.
«E ti manco? AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH!»
Near si accucciò, nascondendo il volto tra le mani, mentre Mello se ne andava, ancora.
Raccolse, quando fu certo di essere solo, un pezzo di carta, e furiosamente vi scarabocchiò sopra i tratti di Mello, per dare  poi fuoco a quel ritratto.
Si diede dello stupido appena il foglio fu ridotto in cenere: aveva disegnato i tratti del Mello che meglio ricordava.
Del Mello che più teneva stretto al petto.
Del Mello che aveva più piacere nel ricordare.
Del Mello fanciullo che era sbocciato nel largo cortile dell’orfanotrofio, mentre lui, tiro mancino di Madre Natura, era appassito senza passare per la fioritura.
Del Mello dal volto limpido e infantile che sopra ogni altra immagine amava ricordare.
Non aveva disegnato l’incubo dai tratti bruciati e gli occhi di ghiaccio e la voce beffarda che lo tormentava, ma solo il ricordo di ciò che fu e che mai più sarebbe stato.




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