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Autore: Hi Ban    12/08/2011    3 recensioni
Kiba se ne stava appoggiato alla porta della camera d’ospedale assegnata ad Hinata da una buona mezz’ora ormai.
Sbuffò seccato, dando una veloce occhiata all’orologio che si trovava appeso nel corridoio. Ora erano trentuno minuti; non gli avevano nemmeno permesso di portare Akamaru, neanche dopo tutte le sue proteste per nulla silenziose, come invece richiedeva la struttura in cui si trovava.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Cosi come è giusto che sia



Kiba se ne stava appoggiato alla porta della camera d’ospedale assegnata ad Hinata da una buona mezz’ora ormai.
Sbuffò seccato, dando una veloce occhiata all’orologio che si trovava appeso nel corridoio. Ora erano trentuno minuti; non gli avevano nemmeno permesso di portare Akamaru, neanche dopo tutte le sue proteste per nulla silenziose, come invece richiedeva la struttura in cui si trovava.
Era stato proprio il suo fedele cane a fargli comprendere di andare; Kiba aveva qualcosa da fare ed era giusto che fosse compiuta.
C’era un grande via vai per i corridoi quel giorno, ma in quell’ala dove si trovava lui non ve ne era più di quanto ce ne sarebbe stato durante un giorno qualsiasi; questo grazie ad Hiashi che aveva asserito imperioso che sua figlia doveva riposare, non essere disturbata era un suo diritto. Disubbidire a quell’uomo non era nemmeno da prendere in considerazione, perciò la giovane Hyuuga era stata portata in una zona tranquilla e fuori da occhiate indiscrete. Era stato anche per quello che non era stato semplice entrare; lui era un suo compagno di squadra, conosceva Hinata! Era suo diritto entrare per sapere come stava! Alla fine l’aveva avuta vinta, ma in corso in quel momento si teneva un’altra visita e lui di certo non era il benvenuto. Hiashi – che, appunto, si trovava dentro con la figlia – non l’aveva mai visto troppo di buon occhio.
Chiuse gli occhi, ritrovandosi più stanco di quanto avrebbe mai immaginato; in un attimo, flash di ciò che era appena accaduto – solo poche ore prima, com’era possibile? – si riversarono nella sua mente, facendogli rivedere ogni singola cosa, come al rallentatore.
Non credeva di poter ricordare così dettagliatamente qualcosa che invece avrebbe preferito di gran lunga dimenticare.
Pain era stato sconfitto qualche ora prima, Konoha era ancora in subbuglio e tutti acclamavano Naruto; come potevano fare altrimenti? Lui stesso gli doveva la vita, se non fosse arrivato lui le cose sarebbero andate male anche per lui. Per Akamaru, per Hana, per Shino, per i suoi genitori.
Convenne con amarezza che ad Hinata le cose erano andate male, alla fine. Era viva e vegeta in quella stanza di ospedale, ma le ferite potevano anche non essere solo fisiche. Lei sosteneva di non avere nulla che richiedesse più attenzione del dovuto, ma Kiba sapeva che mentiva.
Era stato un solo attimo quando lei si era lanciata contro Pain, rivelando a Naruto quei suoi sentimenti che teneva nascosti dentro di sé da anni. Un minuscolo frangente che era stato capace di toglierle le vita in meno tempo ancora, se possibile.
Strinse i pugni, ripensando alla vista dell’amica in quelle condizioni; pensarla morta faceva forse anche più male di vederla stesa per terra, la vita ormai totalmente estraniatasi da lei.
Ad un tratto la porta dietro di lui si aprì e per poco non finì lungo disteso per terra; con uno scatto si portò ritto in piedi, assumendo un contengo. A lui Hiashi faceva paura, non si sforzava nemmeno di negarlo. Se avesse creduto anche solo per un attimo che origliava chissà cosa, lo avrebbe fatto fuori ancora prima che potesse addurre qualche vana scusante.
In più, lui sapeva di cosa parlavano e questo senza ascoltare alcunché.
Appena Konoha si era risvegliata dalla catatonia in cui era caduta, come completamente paralizzata dal terrore, i soccorsi si erano intensificati e si era tentato di salvare ogni vita in pericolo e assicurarsi che nessun altra rischiasse più del dovuto. Si stavano proteggendo le foglie di quel grande albero su cui si era abbattuta una grande tempesta. Lui, fortunatamente, non poteva vantare più di qualche contusione superficiale o graffio. Gli era andata estremamente bene.
Hiashi subito aveva palesato una perdita di controllo che nessuna aveva mai avuto l’onore di vedere e i ninja medici, perlomeno quello nuovi, potevano quasi dire di avere più paura del capoclan Hyuuga che di Pain.
Kiba sghignazzò al pensiero delle facce terrorizzate dei ninja.
Era andato subito da Hinata, accertandosi delle sue condizioni in maniera piuttosto rigida e con l’intento di non dare ulteriore manifestazione della sua preoccupazione. Era lampante, purtroppo per lui, ma era qualcosa che lo riscattava agli occhi dell’Inuzuka. Per anni aveva pensato che fosse semplicemente un gran bastardo ad ostinarsi a vedere solo la totale inutilità della primogenita, ma a quanto pareva non era completamente così.
Sfortunatamente aveva dovuto rischiare di perderla – l’aveva realmente persa per un attimo, Hinata era davvero morta –, ma Kiba decise di non volersi soffermare oltre su quel punto.
L’Inuzuka, appena gli era stato possibile, era andato dritto da lei, sorreggendola per tutto il tempo, anche se sembrava in grado di stare in piedi da sola; non si fidava a lasciarla, dentro di sé si era radicato il terrore di rivederla stesa nuovamente a terra.
Dopodiché Hiashi aveva semplicemente dato disposizioni su come sua figlia avrebbe dovuto necessitare di cure e visite, essendo anche una dei fattori che avevano permesso la vittoria.
Ed era vero; un’eroina silenziosa a cui andavano tenui ringraziamenti. Al rumoroso Naruto andavano le manifestazioni di giubilo gridate e urlate.
La Hyuuga aveva tentato di far comprendere al padre che stava bene, ma nessuno voleva darle ascolto; Hiashi aveva voluto che andasse a riposare in una stanza singola, tutta per sé, dopo le adeguate visite. Nessun medico aveva avuto il coraggio di contestare, nonostante la situazione dei feriti e del malati fosse piuttosto grave.
L’aveva seguita all’ospedale, parlandole – ignorando bellamente le occhiate dei medici – e trattandola come se tutto andasse bene e lei non fosse quasi morta; no, lei era morta davvero, era stata steso lì, senza vita, per Kiba non sapeva quanto tempo, ma era stato troppo.
Le visite avevano mostrato l’assenza di problemi, di possibili ferite o altro, ma il capoclan Hyuuga aveva insistito affinché restasse a riposo. Un ordine secco e imperioso a cui Hinata non si era ribellata più del dovuto.
«Puoi andare, Inuzuka. Trattieniti poco e non disturbarla, deve riposare» lo redarguì semplicemente in tono brusco Hiashi, non prima di averlo squadrato dalla testa ai piedi.
Kiba sapeva cosa aveva appena detto alla figlia e tanto bastava per impedire al ragazzo di guardare con il solito sdegno l’uomo. Restava sempre un gran bastardo, ormai nella sua mente Hiashi e bastardo erano sinonimi, ma almeno ci aveva provato.
Aveva parlato con Hinata per non sapeva quanto tempo, ma a modo suo aveva fatto comprendere alla figlia che, detto in termini molto alla Inuzuka Kiba, si era preso una strizza pazzesca quando aveva creduto di aver perso una figlia. Aver perso sua figlia, Hinata.
Probabilmente tra un borbottio e un altro, un rimprovero per l’azione avventata e il modo di esporsi tanto verso gli altri, le aveva anche detto che era orgoglioso di lei. Non chiaramente, ovvio, ma in un modo o nell’altro sì.
Annuì soltanto alla sua richiesta – al suo ordine, in verità, ma tant’era – e attese che lui si togliesse dalla soglia per entrare. Evitò anche, per amor di pace, di esprimersi nei suoi confronti con termini irrispettosi, il che denotava sia la stanchezza di Kiba sia la sua voglia di vedere Hinata.
Dopodiché si richiuse la porta alle spalle.
Hinata se ne stava per metà sdraiata sul letto, con la schiena poggiata alla testiera di ferro del letto ospedaliero. Aveva lo sguardo puntato fuori dalla finestra, in cerca di qualcosa che sapeva solo lei. Il suo volto era sereno, quasi non fosse successo nulla di quanto invece, purtroppo, era accaduto.
«Kiba-kun» esordì a mo’ di saluto e le sue guance si tinsero un po’ di rosa. Sorrideva dolcemente al compagno che ora, nella stanza con lei, non sapeva cosa dirle.
Sapeva perché si trovava lì, nella sua mente c’era tutto quello che lo aveva spinto ad andare a trovare l’amica con una motivazione diversa dall’accertarsi semplicemente come stesse.
Tra questi vi era una certa amarezza nei confronti di Naruto, un qualcosa che nella mente di Kiba avvolgeva il suo nome in spirali che prendevano un colorito scuro, violaceo.
«Come stai?» chiese, esordendo con l’unica domanda che fosse certo essere azzeccata.
«Bene, davvero» pigolò, cercando di convincere l’amico che fosse così.
Forse lo era davvero, ma Kiba ancora doveva metabolizzare quanto accaduto; nella sua mente al volto dell’Hinata sorridente davanti a lui continuava a sovrapporsi quello della Hyuuga riversa in terra.
Morta.
«Kiba-kun… tutto bene? Forse dovresti riposare anche tu» azzardò lei, osservando con un cipiglio preoccupato il volto del compagno.
Com’era ovvio si preoccupava prima degli altri e poi pensava a se stessa.
«Figurati! Io sto benissimo!» e tentò di stirare le labbra in uno dei suoi soliti sorrisi malandrini, ma il tentativo riuscì solo per metà.
Nella stanza calò un silenzio che nelle orecchie dell’Inuzuka si riproduceva come un ronzio assordante. Hinata continuava ad osservarlo e allora si rese conto di essere ancora sulla soglia della porta, come se anche fare un solo altro passo sarebbe stata un’azione troppo difficile.
«Kiba-kun…» mormorò ad un tratto la Hyuuga e Kiba seppe per certo che parlare, chiedere, domandare, ottenere risposte e liberarsi da quel peso sarebbe stata l’unica cosa da fare.
Non sopportava di sentirsi così oppresso da qualcosa, eppure in quel momento quella era la sensazione dominante in lui.
«Perché hai fatto una cosa così stupida, Hinata?» sbottò ad un tratto, stringendo le labbra per il tono forse troppo brusco.
La ragazza spalancò leggermente gli occhi, colpita da quella domanda. Suo padre non glielo aveva chiesto, ma Kiba lo stava facendo.
Lei, in verità, credeva che la questione fosse piuttosto ovvia. Lo aveva detto poco prima di lanciarsi contro Pain, prima di trasformarsi in un diversivo, in un qualcosa che potesse permettere a Naruto di vincere finalmente quella sanguino battaglia.
«Volevo aiutare Naruto-kun» rispose con semplicità, mentre la fronte di Kiba si aggrottava in segno di quella che più tardi Hinata scoprì essere solo e soltanto irritazione. In effetti c’era anche un po’ di delusione e rassegnazione, ma quelle l’Inuzuka le tenne per sé.
«Se la poteva cavare da solo» le fece presente con il solito tono arrogante, ma questa volta c’era serietà in ciò che diceva e non la sempiterna ironia con cui caratterizzava tutto quello che diceva.
«Io volevo solo… essere d’aiuto, credevo che…» Hinata sapeva ciò che voleva dire, ma sotto lo sguardo pieno di biasimo di Kiba ogni sua argomentazione le sembrava fallace.
Non riusciva quasi mai a farsi valere, ma quando si trattava di essere giudicata da Kiba o Shino la questione era ancora diversa.
«Io non sono mai riuscita ad aiutare nessuno… volevo solo provare…» le morirono ancora le parole in gola e la Hyuuga sapeva che non sarebbe stato di alcuna utilità ritentare ancora.
Abbassò lo sguardo e prese a fissare la coperta bianca ripiegata sulle sue gambe.
Kiba irrigidì la mascella, sentendosi vagamente in colpa per aver suscitato quella reazione in Hinata. Non voleva ferirla, ma proprio lui non riusciva a capire.
«Perché ti ostini tanto?» chiese semplicemente in un mormorio basso, attendendo una risposta da Hinata.
La domanda non si riferiva al suo volersi rendere utile come diceva lei né al continuo tentare di aiutare. E anche la Hyuuga sapeva dove voleva andare a parare, perché la risposta alla prima domanda di Kiba sarebbe dovuto essere un’altra.
«Perché io… credo sia giusto così… lui è importante per me, l’ho detto prima, lo penso adesso…»
Lui strinse e pugni, mentre la rabbia si impossessava di lui. Iniziò quasi ad urlare, ma anche più tardi avrebbe ammesso di non essersene accorto.
«Perché ti ostini?» era la stessa domanda di prima, ma il tono si era fatta più esasperato e irato. «Perché non lasci perdere? Naruto non è abbastanza furbo per capire cosa provi per lui nemmeno ora che glielo hai detto!»
Erano, quelle che stava esponendo senza controllo, le considerazioni che per anni si era tenuto dentro, ma che con il tempo altro non avevano fatto che intensificarsi.
Aveva sempre visto Hinata aggrapparsi a semplici gesti, spesso neanche del tutto consapevoli, dell’Uzumaki e con essi andare avanti. Le portavano rari sorrisi felici, più spesso le facevano calare un’ombra sugli occhi, segno evidente della sua delusione. Perché non poteva non restarci male quando vedeva quegli importanti gesti venire vanificati da qualche altra azione sempre di Naruto, rendendoli inutili.
Probabilmente lui non ne aveva colpa, l’Uzumaki non era mai stato un campione di tatto, ma Kiba non voleva continuare a vedere Hinata smaniare dietro a qualcosa che non era più di una variabile che sembrava destinata a non divenire mai una costante.
Anche lui non poteva vantare una grande sfera emotiva, ma aveva sviluppato una specie di senso protettivo verso Hinata e quello concerneva anche il lato emozionale.
Poi lei era troppo buona; emanava una gentilezza che spesso non la aiutava.
«A me va bene così, Kiba-kun» gli disse con quella sua solita bontà che fecero spalancare gli occhi dell’Inuzuka.
Vedeva chiaramente nei suoi occhi chiari che era piuttosto scossa da ciò che aveva detto, il modo in cui aveva esposto i suoi dubbi, che le avevano anche fatto comprendere che quelli erano pensieri che si agitavano in lui da parecchio.
Eppure non era arrabbiata con lui.
«Non ti degna nemmeno di uno sguardo! Come oggi! Tu sei… sei quasi… ti sei sacrificata per lui! E lui non è qui, non ti ha nemmeno detto ‘ehilà’!»
Hinata abbassò lo sguardo, insofferente e Kiba era più che conscio di aver toccato un tasto dolente. In quel momento avrebbe voluto prendrsi a testate contro il muro, perché far stare male Hinata non era una cosa che rientrava nei suoi programma. Se Shino fosse stato lì con loro ci avrebbe pensato lui a farlo pentire delle sue stupide azioni, ma era dovuto andare a giocare con gli insetti con il padre e lo zio sotto ordine di non aveva ben capito chi. Era qualcosa di importante per il villaggio, quello era sicuro.
«Tu gli hai detto che lo–»
Hinata non gli permise di aggiungere quell’ultima parola, quasi le facesse male sentirlo. Kiba sapeva che non era perché se ne vergognasse o altro, una cosa del genere, data la situazione, non era possibile rinnegarla in un secondo momento. Se aveva preso la sua decisione, confessandogli tutto, Hinata sarebbe stata di quell’opinione per sempre probabilmente.
Semplicemente le faceva male sentire la sua confessione, conscia anche lei come chiunque altro fosse stato presente in quel momento che era stata abbandonata al vento. Il suo era stato uno sforzo di cui non si pentiva, ma le faceva male lo stesso.
Forse Naruto non aveva avuto modo di pensarci, aveva altre cose per la mente, c’erano mille scusanti per il ragazzo, ma nessuna di queste riusciva a farla soffrire meno.
«Non preoccuparti per me, Kiba-kun» gli disse e sul suo volto c’era sempre quel sorriso gentile che fece scemare la rabbia dell’Inuzuka.
Lui proprio non capiva.
Nonostante la reazione dell’interessato alla sua dichiarazione, lei aveva sorriso con le lacrime agli occhi quando lui ne era uscito vittorioso. Aveva ringraziato il cielo che fosse vivo, probabilmente aveva pregato per la vita dell’Uzumaki piuttosto che per la sua.
«Io non ti capisco proprio, Hinata.»
Sul suo volto c’era un sorriso stanco; in quel momento era come se il peso delle battaglie e degli avvenimenti di quel giorno gli si stessero riversando addosso.
«Per me è giusto così, Kiba-kun. Io voglio che sia così» tentò di fargli comprendere, ma Kiba si limitò a scuotere la testa.
Poi, contro ogni logica, lui sbadigliò sonoramente, stiracchiandosi.
Per lui a serietà era qualcosa che non andava mantenuta troppo a lungo, era quasi noiosa. In più, era giunto ad una conclusione piuttosto facile da comprendere, forse un po’ meno da accettare.
L’aveva osservata, Hinata, mentre si contorceva le mani, osservava quella coperta bianca e gli diceva le sue ragioni. Da ogni parola trapelava l’ammirazione e l’amore che provava per Naruto che, a detta di Kiba, in quel caso era un gran fesso.
Era semplicemente così e basta, era giusto per lei, non c’era nulla da modificare in quella visione delle cose.
«Va bene, se per te è giusto così va bene.»
Così dicendo si era diretto in un angolo della stanza e aveva afferrato senza troppi sforzi una sedia. Poi, con una grazia tutta Inuzuka, l’aveva piazzata di fianco al letto di Hinata e si ci era letteralmente buttato sopra.
«Per me è giusto starmene qui fino a che non sarai guarita» asserì con il suo tipico sorriso più canino che umano.
Hinata sorrise ed arrossì a quella premura nei suoi confronti.
Kiba aveva compreso che lei era davvero la ragazza più tenace che aveva mai conosciuto; la sua caparbietà era semplicemente mascherata con tutta la gentilezza che la caratterizzavano. Sarebbe stato davvero inutile discutere ulteriormente con lei.
Sarebbe solo rimasto lì.
Hiashi forse non sarebbe stato troppo d’accordo, aveva praticamente torturato psicologicamente la sua primogenita, ma per Kiba era così che doveva essere. Era giusto così, lui al suo fianco e lei pronta a tutto per colui che era qualcosa che andava oltre la sua stessa vita.





Questa storia partecipa all’iniziativa ‘Dedico il giorno a…?’ del forum L’Akatsuki dietro l’angolo.


Sì, adoro particolarmente ridurmi all’ultimo minuto per postare le storie, non si era notato!XD Dovrei anche finire l’altra storia di cui ho postato solo il primo capitolo, ma questa non saprei quando postarla altrimenti… e credo seriamente che la valigia vuota mi stia guardando male!O_o
Ahm, parlando della storia… sicuramente qualche erroretto mi è sfuggito, lo so, ma ovviamente anche se ricontrollo trentadettordici volte qualcosa mi scappa sempre – anche parolacce, sì, quelle mi scappano anche mentre dormo.
È ipoteticamente ambientata subito dopo lo scontro con Pain, in cui Hinata non è minimamente stata cagata o, perlomeno, Kishi ci ha dato questa bella impressione. Naruto ha preferito farsi picchiare da Sakura invece di ringraziarla, ma non sono qui per fare polemica a riguardo, assolutamente!
È pressappoco per questo motivo che ho deciso di scriverla; solitamente sono per il NaruHina, ma mi sono detta che Hinata si meritava un minimo di considerazione dope quello che ha fatto. Probabilmente è pure OOC, Hiashi non è un gran bastardo qui, OOC pure lui; Kiba lascia un po’ a desiderare, è un po’ parafrasata come possibile realtà, ma credo che a questo punto mi interessasse solo postare una fic per rendere onore a quella cara ragazza che è Hinata!:)
Ringrazio chi leggerà!^^




Edittttt! Ringrazio Vaius per avermi fatto notare una piccola cosa che, ovviamente, mi sono dimenticata di aggiungere; quest'idea è nata proprio per dare maggiore spazio al gesto di Hinata e a ciò che può aver provato Kiba in quel momento, perciò mi sono preso la libertà di rendere un po' più tragico il tutto, facendo sì che Hinata fosse proprio morta, appunto. Ma era troppo normale se io mi ricordavo per tempo di specificarlo, perciò aggiungo questo piccolo edit qui!;)
  
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