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Autore: Ruri    13/08/2011    1 recensioni
Non c'è poi tanta differenza fra i vicoli malfamati di una città e gli spazi oscuri dell'Inferno: entrambi i luoghi possono ardere di fiamma imperitura. L'unica cosa realmente diversa sono le stelle: nel cielo del Meikai sono solo centootto, che brillano di una luce malefica e crudele. Questa è la storia di uno di loro e delle fiamme che porta con sé.
{Spectre-Centric; Nuovo Personaggio}
Genere: Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XI

 

 

 

Era fuori.

Soheil si affidò totalmente al suo senso dell’orientamento per riuscire a scappare da quel labirintico Tribunale, accelerando il passo ad ogni svolta. Alla fine stava correndo. Fuori.

Non aveva la minima idea di dove andare, in quel momento l’unica cosa che gl’interessava era correre. Correre fino a farsi bruciare i polmoni nel petto, sentirsi le gambe ridotte a macigni e la vista offuscata. Non era interessato ad allontanarsi: sapeva di non poter fuggire da quel luogo e da ciò che aveva in serbo per lui.

Lo sentiva, Soheil, quel legame profondo ed ineluttabile che gli artigliava il corpo e l’anima senza dargli possibilità di scampo. Una parte di lui lo amava, voleva accoglierlo e abbracciarlo.

Ma voleva anche sfuggirlo, liberarsi da quelle maglie che si facevano ogni istante più strette. Perché tutto l’amore che provava era pervaso da un terrore profondo.

Non hai scampo.

E non hai scelta.

Questo Soheil non lo tollerava. Non voleva perdere la sua libertà ma non voleva perdere quel legame che con tanta fatica aveva ritrovato.

Per questo continuò a correre, sfiancando il corpo per smettere di pensare a qualcosa di diverso dal mettere un piede davanti all’altro, per riuscire a svuotare la mente da tutte le congetture e le sensazioni fino ad arrivare al Nulla e al Buio.

Scivolò a terra, in ginocchio, su quella terra dei Morti bagnata dal sangue e dall’acqua dei cadaveri. Su quella terra che gli apparteneva come mai nessun’altra.

Fissò la polvere, stordito, poi rialzò il capo verso quel cielo che non era cielo, dove centootto stelle brillavano di un’intensa luce maligna.

Sentì nuovamente la fredda lama della consapevolezza penetrare in lui, senza trovare più alcuna resistenza. 

C’era una stella, lassù, che era la sua. Che era lui, più profondamente di quanto avesse mai immaginato. 

Si prese il viso fra le mani e pianse.

 

Soheil non avrebbe saputo dire come era riuscito a ritrovare la strada per il Tribunale: si era affidato totalmente all’istinto. Per un tratto aveva seguito dei dannati, che lo avevano fissato senza interesse con le loro orbite vuote.

Era rimasto ad ascoltare i loro lamenti, le loro preghiere, le loro scuse infantili. Bocche spalancate e mani ridotte ad artigli che graffiavano il terreno, cercando di raggiungerlo. Lui li aveva fissati con indifferenza, evitando il contatto.

E le sue labbra si erano tese in un ghigno che nessuno aveva mai visto prima: un ghigno da belva feroce, assetata di sangue ardente.

Davanti ad esso i dannati si erano ritratti, rattrappiti, terrorizzati. E lui aveva ripreso ad avanzare, senza più porsi domande.

Quando arrivò al Tribunale era esausto. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva dormito; l’incendio che aveva sconvolto Shush aveva allo stesso modo risucchiato le sue energie senza che lui potesse controllarlo. E dopo quell’ultima corsa non si reggeva più in piedi.

Appoggiò la schiena ad una delle colonne dell’entrata e si lasciò scivolare seduto, aspirando con avidità l’aria del Mondo dei Morti.

Pochi istanti e la luce, già di per sé scarsa in quel Regno, sparì quasi completamente.

Soheil alzò gli occhi su un demone. Un altro demone.

Incontrò uno sguardo gelido, dorato, che lo fissava a sua volta con cipiglio severo e arcigno. E realizzò immediatamente che di quella creatura, poiché faticava a definirlo semplicemente uomo, provava timore.

Non paura, non più. 

Ma un timore profondo, reverenziale, apparentemente privo di motivo. Soheil non era in grado di collegare quel viso ad un nome, ancora. Ma sapeva che aveva davanti uno dei tre Giudici degli Inferi.

E si rese anche conto, con ironia, di essere scompostamente buttato a terra sulla soglia del Tribunale, in un comportamento non proprio consono al luogo.

Scrollò mentalmente le spalle.

“Minos del Grifone è in Tribunale?”

La voce era umana. Severa e profonda, ma umana. Ed era la voce di qualcuno abituato ad essere obbedito all’istante, con fedeltà cieca e senza tentennamenti.

Soheil si schiarì la voce, obbligato suo malgrado a rispondere. Il problema sostanziale era che non aveva la minima idea di dove fosse Minos del Grifone.

Non sapeva neanche troppo bene che faccia avesse, per quanto fosse certo che l’avrebbe riconosciuto all’istante.

“Non mi risulta” esordì, cercando di mantenere la calma e un tono di voce composto.

“Penso comunque che Rune di Balrog ne sappia di più al proposito” aggiunse, in un modo un po’ articolato per dire Non lo so e non penso di volerlo sapere, ancora.

L’uomo lo fissò ancora per qualche tempo e Soheil si sentì osservato più in profondità di quanto desiderasse. Avvertiva un’energia provenire da quell’essere.

La stessa che aveva percepito in Rune e persino in sé stesso quando aveva raso al suolo la sua città, elevandola nelle fiamme. Solo infinitamente più potente ed altera.

“Alzati, Incubus”

Obbedì senza neanche rendersene conto.

Dall’esterno la scena avrebbe avuto un che d’ironico: un uomo alto, rivestito di un’armatura nera e lucente, rappresentazione stessa dell’autorità… davanti ad un ragazzino lercio ed esausto che era riuscito ad alzarsi per riflesso e forza di volontà.

“Serve altro…?” chiese Soheil, esitante. Forse avrebbe dovuto annunciare quell’uomo, avvertire Rune del suo arrivo, ma non osava muovere un muscolo senza un ordine diretto.

Sapeva perfettamente che quell’uomo poteva ucciderlo. Senza alcuna difficoltà.

Eppure non successe.

“Mh” l’uomo lo fissò ancora per qualche istante, senza emettere altro suono. Fece un semplice gesto con la mano prima di ritirarsi, la luce delle stelle dei morti che si rifletteva sulle sue ali mentre si allontanava.

Soheil rimase immobile, aspettando che scomparisse dal suo campo visivo prima di rientrare nel Tribunale.

Davanti a quella creatura aveva realizzato qualcosa di tremendo, che lo fece scattare alla ricerca di Rune, aprendo furiosamente ogni porta che gli capitava davanti, infischiandosene del silenzio che gli era stato imposto.

In tutta la sua vita non aveva mai desiderato ardentemente qualcosa. Nel caso fosse attirato da qualche oggetto particolare, semplicemente lo prendeva. La libertà era una vittoria scandita giorno per giorno e per la quale lottava ma che dava anche grandemente per scontata. Non aveva profondi legami, né con delle persone, né con la sua terra, né con un ideale. Figuriamoci un oggetto.

Ora tutto questo era cambiato, capovolto. La libertà la stava cedendo. Forse l’aveva già ceduta nel momento in cui aveva obbedito senza fare una piega.

Ma in cambio aveva ottenuto un senso d’appartenenza, un ideale per il quale morire. E la volontà, profonda, di essere degno di tutto ciò.

Con tutto quello che avrebbe comportato.

 

“Così, hai incontrato Rhadamanthys della Viverna. Hai agito nel migliore dei modi”

Soheil fu intimamente felice di due cose in quel momento. Anzi, tre: di aver avuto la giusta intuizione di trovarsi davanti ad uno dei Giudici; di non avergli dato, dopo la rassicurazione di Rune, un’informazione errata e infine del semplice fatto di essere ancora in vita dopo il rumore infernale che aveva causato nel Tribunale.

Che, gli fu spiegato gelidamente, si chiamava Tribunale del Silenzio per un motivo.

“Questo mi rincuora. E l’energia che emanava…?” fissò Rune, senza decidersi a rimettersi seduto. Il suo corpo reclamava riposo e la sua volontà non aveva la minima intenzione di darglielo, ma era cosciente che se si fosse seduto di nuovo difficilmente avrebbe ritrovato la forza per alzarsi

“Si chiama Cosmo. E’ il termine che usano i Sacri Guerrieri di ogni Divinità. Ne capirai appieno le sfumature con il tuo addestramento”

“Quindi ho usato questo… Cosmo, quando ho arso mezza città?” la cosa lo sorprese, ma ormai si stava abituando a questa sensazione di perpetua scoperta.

“Esattamente”

Rune si alzò a sua volta, facendogli strada. Parve non dare troppo peso alla fuga di poco tempo prima, guidando il ragazzo per i corridoi del Tribunale mentre continuava a spiegargli, didascalicamente, cose al limite dell’incomprensibile.

“E’ il Primo Sacrificio. Al Risveglio il Cosmo arde, incontrollabile. Con il tempo imparerai ad averne invece il pieno controllo”

Soheil osservò Rune camminare a qualche passo di distanza e mormorò, più a sé stesso che altro: “E’ stato bello…”

Il Balrog gli lanciò un’occhiata penetrante.

“Ah sì? L’hai trovato interessante?” chiese, con molta tranquillità.

“Anche ma… semplicemente bello. Era fuoco e il fuoco purifica…” Soheil scrollò le spalle, senza riuscire a trovare parole più adatte.

“Bello” ripeté.

Rune annuì debolmente, guidandolo fuori dal Tribunale.

“Vieni. E’ tempo che tu abbia la tua surplice. Ti guiderò agli alloggi provvisori, per ora. Nel caso sarai poi trasferito alle Malebolge, che sono situate comunque piuttosto lontano” 

Lo guidò per le strade sconosciute dell’Inferno, prima di domandare “E… cosa ti è rimasto fuori di qui?”

Soheil lo fissò senza capire e Rune specificò “Una casa, una famiglia…”

Il ragazzo non ci pensò su più di qualche istante. Sorrise crudelmente e rispose: “Una persona da uccidere”

La risposta prese di sorpresa il Balrog, che lo scrutò in silenzio ma con molta attenzione, tanto che Soheil si sentì costretto a specificare: “Non è rimasto altro, è bruciato tutto. Non sono neanche sicuro lui sia sopravvissuto…”

Ma sarebbe sicuramente andato a controllare. Una volta in grado di controllare il Cosmo, sarebbe tornato a Shush. E avrebbe fatto conoscere a Majid il potere purificatore delle fiamme.

Con questo pensiero in mente continuò a sorridere, mentre camminava sempre più in profondità nelle tenebre.

 

 

Welcome to Hell

 

Come promesso sono riuscita ad aggiornare prima del previsto! (E' stato un caso, non fateci troppo l'abitudine che poi rischiate di rimanere delusi.)

@Meiou Hades: Ecco ecco che si continua con la permanenza di Soheil agl'Inferi! Non sarà Minos del Grifone ma anche Sir Rhadamanthys fa la sua bella figura alla fin fine. Grazie per la splendida recensione: hai colto in pieno la dualità del passaggio e speravo proprio che la si notasse! Abbiamo ancora Soheil e l'Incubo come entità unite ma distinte ed il percorso per avere una piena unione fra le due cose è sempre lungo e travagliato. Ma tu non abbandonarmi! çOç

   
 
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