Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Meme06    14/08/2011    5 recensioni
Cosa succederebbe se dopo aver trovato la quinta mew mew ne scoprissero una sesta? E se questa nasconde un'infanzia oscura perfino per gli alieni? La mia prima ffc, spero che vi piaccia.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era triste. Questo pensava Zoe mentre guardava fuori dalla finestra della sua stanza. Pioveva. Le trasmetteva malinconia, la amareggiava, ma in un certo senso quell'infelicità le piaceva, perché quelle lacrime che il cielo piangeva le somigliavano tanto. Anche lei da quando era nata non aveva fatto altro che portare tristezza alle persone. Poggiava una mano sul vetro gelido mentre pensava quelle cose e mentre rifletteva sul fatto che il giorno si sarebbe dovuta scontrare con i suoi nuovi compagni di scuola. Si erano trasferite da poco a Tokyo, lei e la madre e il giorno dopo sarebbe stato il suo primo giorno di scuola in quella nuova e grande città. Sbuffò. Era già a conoscenza di cosa l'aspettava e già si immaginava gli sguardi indagatori e curiosi delle persone che la guardavano. Scrollò le spalle, ormai ci aveva fatto l'abitudine. L'unica cosa che doveva fare era rimanere fredda e distaccata, in questo modo evitava le domande e i dialoghi, erano due cose che non sopportava. Le domande le poteva capire, fanno parte della natura umana ma dialogare con le persone non le piaceva affatto. La reputavano sempre strana e troppo diversa da loro per essere frequentata. Già, troppo diversa. Era proprio per la sua diversità che il suo viso era una maschera di ghiaccio, che non aveva mai avuto amici e che i soli sguardi che riceveva erano o di paura o di disprezzo, misti talvolta a sguardi maliziosi, giusto per infastidirla. Aveva capito subito che nessuno le si sarebbe mai avvicinato a più di due metri, perfino nei corridoi, mentre camminava o in classe faceva il largo tra gli studenti. Personalmente lei preferiva quelli che la ignoravano del tutto, almeno per loro era inesistente e non doveva sopportare il fastidio di sentire sguardi puntati sulla sua schiena poiché nessuno osava guardarla negli occhi per più di due secondi. Per il fatto che anche se il colore dei suoi occhi si poteva definire caldo il suo sguardo era freddo come il ghiaccio. E con uno sguardo del genere su occhi come i suoi non poteva trasmettere che una sola sensazione, paura. Chiuse gli occhi, c'era silenzio nella sua stanza. Lei amava il silenzio. Non era di certo il genere di ragazza che metteva la musica o che accendeva la televisione. La aveva in camera su richiesta di sua madre, ma non la accendeva mai. Preferiva leggere, magari mentre ascoltava il bussare delle gocce di pioggia sui vetri, proprio come stava facendo in quel momento. Altrimenti prendeva un matita, un album ed iniziava a disegnare quello che vedeva fori dalla finestra. Le piaceva disegnare, soprattutto la realtà. Vedere la realtà sotto forma di disegno non la faceva apparire brutta. I palazzi, le case, perfino le persone su carta cambiavano aspetto e le vedevi sotto una luce diversa. Nuova, come se fosse la prima volta che le avevi viste. Il suo album da disegno era pieno di queste illustrazioni. Tutte fatte dallo stesso posto, ovvero la finestra della sua camera. Aprì di nuovo gli occhi scrutando il paesaggio che le si offriva attraverso il vetro. In effetti non c'era niente da vedere, di case e palazzi se ne vedono a bizzeffe, ma a lei piaceva osservarli, immaginare le persone che vivevano una vita normale, quella che tutte le ragazze al suo posto avrebbero voluto avere. Scosse la testa come per scacciare via quel pensiero. Si alzò lentamente dal panca posta sotto la finestra dove era seduta. Mentre si toglieva la maglia per infilarsi il pigiama la madre la chiamò:

- Zoe, è pronta la cena!

- Scendo subito mamma! - rispose la ragazza mentre era alle prese con la cerniera dei jeans, si era incastrata, come al solito del resto e doveva ogni volta fare mille movimenti per poterla aprire. Tolto anche quell'ultimo indumento si infilò il suo pigiama, se si può chiamare così, visto che era una semplice camicia bianca che lei usava per andare a dormire. La trovava comoda poiché le lasciava le gambe scoperte e le donava maggiore libertà di movimento sotto le coperte. Una volta pronta scese al piano di sotto e raggiunse la madre nella sala da pranzo.

- Cosa c'è per cena? - le chiese sedendosi.

La madre portò a tavola un vassoio con due ciotole di media grandezza sopra. Ne aveva data una alla figlia e una a lei prima di rispondere.

- Ramen. -le disse semplicemente sedendosi anche lei.

La ragazza prese le bacchette ed iniziò a mangiare. Le piaceva davvero tanto il Ramen, era sempre stato il suo piatto preferito, poi come lo cucinava sua madre era una bontà, tanto da fare invidia ai più prestigiosi Ramen Shop del Giappone, almeno questo pensava lei. D'altronde non frequentavano spesso i ristoranti lei e la madre, per cui la sua conoscenza del cibo era un po' ristretta, non che le importasse più di tanto, le verdure, la frutta, la pasta,… tutti sinonimi della parola cibo, ovvero sostanza per la sopravvivenza, ecco come la vedeva lei, come una sorta di carburante che serviva alle persone per poter vivere.

- Beh… io vado a dormire. - disse ad un tratto alla madre, per poi alzarsi e posare la ciotola con le bacchette nel lavandino.

La madre annuì solamente. Non c'era molto dialogo tra madre e figlia, ma Zoe sapeva che la madre le voleva bene, anche perché era l'unica persona che si sarebbe potuta definire cara, nella sua vita. Era tutto per lei, oltre che una madre era un'amica, una sorella, tutto e anche se non si parlavano molto si capivano sempre, bastava uno sguardo o anche il più piccolo gesto per far intendere all'altro ciò che si voleva dire. Per questo il rapporto con sua madre le piaceva. Arrivata nella sua stanza chiuse la porta e si avvicinò di nuovo alla finestra, tirò le tendine color lilla e si infilò sotto le coperte bianche a bordi neri del suo letto. La sua stanza non si poteva di certo definire grande, ma c'era abbastanza spazio per tutto quello di cui aveva bisogno, un letto singolo in legno, una scrivania di acero a sinistra della finestra e un'armadio bianco alla sua destra. Si mise a pancia in sotto e strinse di più la coperta intorno al suo corpo. Quella sera era freddo, probabilmente era dovuto alla pioggia. Lei non era un tipo freddoloso, ma le piaceva stare al caldo nel suo letto. Dopo tutto la sua stanza, la sua casa, sua madre erano le uniche cose che poteva considerare sue, che poteva vantarsi di possedere. Fece un sorrisetto mentre chiudeva gli occhi e lasciava che il sonno prendesse il sopravvento. In effetti a tredici anni è difficile potersi vantare di possedere qualcos'altro e lei di certo si accontentava.

  
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