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Autore: patronustrip    15/08/2011    13 recensioni
Il destino ha in serbo per noi strane cose.
Un giorno ti mette davanti ad un bivio, e devi solo scegliere da che parte andare. Però mica te lo ricordi tu, quel bivio. È come se nessuno te l’avesse detto che una volta imboccata una strada, una volta aver detto sì invece di no, avresti perso tutto. Tutte le tue possibilità di azione.
Quando scegli di “fare” perdi immediatamente tutte le miliardi, infinite, possibilità che avevi. Perché hai già scelto.
Il destino ti lascia quel libero arbitrio, sta a te capire dove andare, ma presta attenzione, perché un errore ti può costare la vita. E non parliamo di morte, ma di un tragico conseguirsi di eventi che ti portano ad avere settantacinque anni, e a non esserti nemmeno reso conto di come ci sei arrivato.
Ma se un giorno qualcuno arrivasse e ti mostrasse una via di fuga. Se ti riportasse al principio, al momento esatto in cui eri davanti a quel bivio, in cui scegliere a chi donare il tuo cuore. Tu, Harry James Potter, padre di famiglia e marito fedele, che cosa faresti?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Ecco l'ultimo capitolo. Anche questa Long Fiction è finita.
Vorrei ringraziare tutti i lettori, e coloro che hanno commentato :) non smetterò mai di dirvi quanto l'affetto che provate e dimostrate nei confronti delle mie storie, mi renda felice e appagata. Quanto mi diate coraggio a scrivere e voglia di far leggere i miei lavori, ho già tanti spunti per le prossime FFs, e siete voi che me le tirate fuori :D Vi amo.
Grazie dal profondo del mio cuore. Buon ferragosto a tutti.
Buona lettura.

PS. In un momento ci sarà una canzone, per coloro che vorranno ascoltarla possono andare qui
e sentire questa magnifica versione :)
 


 

CAPITOLO XVII
Tu. Io. Lucy.

Il castello è una meraviglia.
Ogni volta lo rivedo e ogni volta mi stupisce. Ma a distanza di così tanti anni non ricordavo più che fosse così magico, o forse sono io che sono solo emozionata all’idea di passare il mio primo vero Natale sola con Harry. Avrei sempre voluto farlo, perché purtroppo per me sono una di quelle persone che amano il Natale, e cosa c’è di meglio della tua festa più amata, con la persona più amata?
Dio mio, come divento stucchevole in questo periodo. Povero Harry sarà costretto a sopportarmi per tutti questi giorni mentre sarò un guazzabuglio di pace, di miele e armonia tutto il tempo. Se mi vedessi da fuori, giuro, mi ucciderei.
Eppure sono felicissima, dopo che sono arrivati i bambini il Natale è diventato un momento tutto per loro, e per noi da passare con loro. Non che mi dispiacesse, figuriamoci, adoravo poter fare la scema tutto il tempo facendo finta che fosse solo per via dei miei figli, ed era anche una scusa per Ron per festeggiare.
Harry invece non mi era mai sembrato molto entusiasta del Natale. Certo, riusciva a essere più stupido di me quando stava in mezzo ai bambini, ma per il resto non era mai così preso dalla festa. Invece stavolta sembra particolarmente allegro, non vorrei sembrare troppo vanitosa ma… e se fossi io il motivo di tutta questa contentezza?
Sono tutta un brodo di giuggiole.
Sì, mi ucciderei.
Come se l’avessi chiamato, lo sento arrivare dal dormitorio scendendo in fretta i gradini e venendo verso di me, come al solito seduta nel divano a leggere «Accidenti…» Si lamenta, sconsolato. Ecco lo sapevo, ho parlato troppo presto…
«Cosa c’è?» Domando, chiudendo il libro.
«Sono rimasti tre ragazzi e credo anche una ragazza.» Si siede accanto a me, sprofondando nel divano.
«E quindi?» Inarco le sopracciglia, non capendo.
Lui spalanca gli occhi «Hermione… tu, io, dormitorio vuoto… hai presente? Dai che ci arrivi…»
Alzo gli occhi al cielo e riapro il libro, sospirando. Me lo porto vicinissimo al viso solo per non fargli vedere che sto sorridendo e arrossendo… eppure ho una certa età. «Forse potrei convincerli ad andarsene, sì… gli dirò che è entrato uno dei ragni della foresta proibita, vedrai come filano via…»
«Harry…» Lo ammonisco, ma solo di facciata, perché dentro penso potrebbe essere un’ottima idea.
«Aspettami qui» Dice lui senza sentirmi, correndo di nuovo verso il dormitorio, salendo le scale due gradini per volta.
Se ci riesce avrei già un posto in mente… mi mordo il labbro scivolando sul divano, sospirando accaldata, lasciando andare il libro sul viso giusto per continuare a coprire la mia faccia ebete, quando dei tacchi e il rumore pesante di qualcosa che cade, attirano la mia attenzione.
Tolgo il libro dalla faccia e vedo una ragazza (credo del primo) uscire concitata dal dormitorio femminile trascinando il pesante baule dietro di sé.
«Aspettatemi!» Urla, non so a chi ma urla, evidentemente in ritardo per le carrozze. Alzo la bacchetta e il suo baule si solleva in aria. Lei getta un urletto, spaventata.
«Così farai più in fretta» Dico, e solo in quel momento si accorge di me. Mi lancia uno sguardo grato e corre via trascinando il suo baule volante oltre il buco del ritratto.
Sorrido soddisfatta tornando al mio libro «Meno uno».
Dopo soli cinque minuti tre ragazzi scendono concitati e contenti dal dormitorio maschile, tutti e tre con i bauli pronti dietro che li seguono galleggiando. Sono tutti e tre ragazzi del sesto anno.
«Che scemo, non credevo che potesse arrivare a tanto!»
«E per cosa poi? Passare tutte le vacanze da solo? Chissà che avrà in mente…»
«Ehm ragazzi…» Uno di loro mi nota e chiama gli altri due, tirando la manica del mantello a quello più vicino.
«Ohh...» Fa l’altro, annuendo.
«Capisco…» Sussurra il terzo, sghignazzando, continuando a mormorare cose che non recepisco, mentre escono dal ritratto.
I passi di Harry per le scale mi distraggono dal fissare stranita l’entrata della sala Comune. Il suo viso è soddisfatto e goliardico.
«Come diavolo hai fatto?» Domando sconvolta. Lui si lascia andare sul divano, e mi sorride furbo.
«Niente, gli ho solo detto che gli avrei fatto fare un giro sulla Firebolt e forse fatti entrare in squadra… forse.» Scrolla le spalle, sghignazzando. Io tiro in dentro tutta l’aria che posso, se ha messo me davanti la sua Firebolt… «Ora però c’è quella ragazz…» Fa per dire, ma io lo tiro verso di me e pianto le mie labbra sulle sue.
«È andata via poco fa… non c’è più nessuno.» Sussurro allontanandomi di poco. Lui è inizialmente preso in contropiede, ma presto assume un’espressione molto, molto maliziosa.

Non avrei mai pensato di poter essere così spensierato. Forse mai nella mia vita sono riuscito a pensare così poco, con così leggerezza. Lo so che i nostri problemi non sono finiti, che Ron e Ginny ci odiano e non sappiano nemmeno se ci perdoneranno mai. Che questo potrebbe voler dire anche la fine di ogni nostro rapporto con la famiglia Weasley. Che siamo ancora tormentati dai fantasmi di quello che è stato, dei nostri figli, e di un futuro totalmente nuovo davanti, che per quanto fantastico possa essere, quando sai cosa ti aspetta diventa piuttosto spaventoso. So che le nostre paure e le nostre difficoltà esisteranno sempre, ma so anche che saremo insieme, e che insieme riusciremo a sopravvivere a qualunque cosa.
Ogni tanto vedo che mi guarda di soppiatto, da dietro uno dei suoi soliti libri, oppure quando pranziamo con i professori, la McGranitt e quei sei studenti rimasti in tutta la scuola. Spero vivamente che dopo il casino al pub non abbia capito che le ho preso un anello, non riuscirei a farmi una ragione dell’aver rovinato una cosa simile. No, non è possibile.
Inoltre sono anche frastornato da tutto questo. Lei ha preso le sue cose e si è trasferita nella mia stanza. Ogni notte mi addormento col suo profumo accanto, col suo calore e il suo respiro, e mi ci risveglio tutte le mattine. Con la sua mano attorno la mia vita, oppure sulla mia. Ci laviamo insieme, facciamo colazione insieme… stiamo sempre insieme. Non avrei mai pensato fosse così fantastico tutto questo.
Sono in paradiso.
Piuttosto, è già il ventitré sera e io sto cominciando a sentirmi agitato, l’anello non è ancora arrivato, e se devo essere sincero non le ho preso nessun’altro regalo.
Questo pensiero mi fa entrare in uno stato di shock psicologico.
Oddio… e se dicesse di no?
Non avevo pensato a questo.
La fisso di soppiatto mentre è distesa in pigiama accanto a me, nel mio letto, e sfoglia il Profeta, lanciando ogni tanto occhiatacce e commenti a bassa voce ad articoli che non le piacciono, o sono semplicemente scritti da Rita Skeeter. Ancora adesso non capisco perché si ostini a leggere quella spazzatura.
«Harry, tutto bene?» Mi domanda, accorgendosi del mio sguardo.
«Oh sì… sì, tutto bene.» Abbozzo un sorriso, lei alza le spalle e torna a leggere.
No, non va più tutto bene. Dannazione.
Sono un idiota.
Ho dato per scontato il fatto che lei avrebbe accettato, come il fatto che l’anello le sarebbe piaciuto. Comincio a sudare freddo. Avrei dovuto comprarle un altro regalo per qualsiasi evenienza, almeno per scongelare la tensione dopo il suo “no, non mi sento pronta” oppure il suo “ma sei matto? Dopo cinquant’anni di matrimonio col tuo migliore amico pensi che voglia ricadere in una trappola simile?”… ok, magari se rispondesse così non credo ci sarebbe spazio per i regali, piuttosto per una discussione molto, molto accesa.
Sono un cretino.
Tento di controllare il mio respiro e di calmarmi. Ok, ok, va tutto bene. Ormai ci sono dentro e non posso più tornare indietro, devo darle quell’anello e stare solo a vedere cosa accadrà.
«Sono talmente interessante da dover essere fissata così intensamente?» Chiede, notando di nuovo il mio sguardo su di lei.
Sorrido. «Sempre» Mi avvicino e le do un piccolo bacio sulle labbra.
Com’è che si dice? Ah sì… quel che sarà sarà.

È il ventiquattro mattina. Le mani mi sudano così tanto che non riesco a tenere la forchetta in mano. La McGranitt mi fissa stranita, mentre la posata mi cade dalle mani per la terza volta.
«Potter, ti vedo un po’ agitato o sbaglio?» Mi domanda, io sorrido, con un pezzo di bacon che mi è rimasto incastrato in gola.
«Sarà solo un’impressione, professoressa» La forchetta mi cade di nuovo dalle mani.
Anche Hermione mi fissa, preoccupata. Ringraziando al cielo un ragazzo di Tassorosso, che da quello che ho appreso in questi giorni dovrebbe chiamarsi Neil, mi salva da una sua possibile domanda.
«Ehi Harry, io e gli altri pensavamo di andare a fare una partita a palle di neve oggi pomeriggio, voi siete con noi?»
Io sorrido, un bel modo di scaricare la tensione «Per me va bene, Herm?» Mi volto verso di lei.
«Ad una sola condizione» Fa, con sguardo furbo «Voglio giocare contro Harry»
«Ehi! Ma perché?» Domando, mentre Neil accetta e entrambi si stringono la mano.
«Ehi ragazzi abbiamo la Granger in squadra!» Urla Neil agli altri due compagni, che esultano con un’ola improvvisata. Hermione sorride compiaciuta.
«Mi sento tradito» Mormoro fintamente offeso.
«Così è più divertente, sarà uno spasso schiacciarti» Afferma allegra e sicura di sé.
«Non sarei così spavalda se fossi in te…»
«So che dovrei essere imparziale, ma… fagli vedere chi comanda, Granger.» Si intromette la McGranitt tornando a sorseggiare il suo tè.
Spalanco gli occhi. «Ma... professoressa!»
Hermione ridacchia.
«Ehi Potter!» Mi chiama un ragazzo del terzo, mi sporgo dalla fila e lui alza il pugno in segno di vittoria «Gliela facciamo vedere noi!» Altri due ragazzi e una ragazza si sporgono per unirsi al coro. Io sorrido e mi volto verso Hermione.
«Ride bene chi ride ultimo» Commento, spavaldo.
«Vedremo» Sorride lei.
In quel momento, a interrompere le nostre occhiate di sfida, un grosso e grasso gufo entra nella Sala, spargendo neve ovunque. Si piazza proprio davanti a me, sul tavolo, con un tonfo tale da far saltare metà dei piatti.
«Ma che… Potter, ma…?» Esclama la McGranitt prendendo appena in tempo la sua tazza di tè, prima che le si rovesciasse addosso.
«Di chi è questo bestione?» Finisce Neil per lei. Osservando con occhi increduli l’enorme gufo.
«Chi è che ti scrive la vigilia di Natale?» Mi domanda Hermione sbirciando la zampa dell’animale, che tiene un piccolo pacchetto ben sigillato.
«Tantissime persone, sai... sono famoso» Rispondo malizioso, nascondendo la mia immensa gratitudine per l’arrivo di qust’enorme creatura. Hermione alza gli occhi la cielo. «Grazie mille» Dico al gufo, staccandogli il pacco dalle zampe, lui chiurla e vola via, sbattendo le grosse ali, mandando a terra diversi bicchieri e scombinando i capelli di tutti. Hermione lo fissa interrogativamente, sistemandosi le ciocche scomposte. Poi i suoi occhi cadono curiosi sul pacchetto. «Cos’è? Chi te lo manda?»
«Ah niente. Avevo ordinato un nuovo lucido per il manico della scopa.» Mento spudoratamente, facendo spallucce. Intanto nascondo il pacco dalle sue mani.
«E da quando consegnano la vigilia di Natale?» Domanda lei, poco convinta.
«Mmh… sono molto efficienti» Non credevo che arrivasse così tardi, non ho avuto il tempo di inventarmi di meglio! Lei continua a sporgersi appena per fissare il pacco lontano da lei, ma poi ci rinuncia, e mi lancia solo occhiate sospette.

Mi chiudo in bagno e strappo, con ansia, la carta dal pacchetto. Ne esce fuori una scatolina di cartone, e quando la apro dentro trovo un biglietto di Damon.

Il migliore anello che abbia mai forgiato. In bocca al lupo e buone feste!

Sorrido. «Crepi» Rimetto il biglietto dentro la scatola e tiro fuori un involucro di carta marrone, avvolto con dello scotch magico. Strappo tutto e trovo una bellissima scatola in velluto bianco con sopra inciso il nome dell’oreficeria di Damon, la tengo fra le dita con delicatezza per paura di rovinarla, e accarezzo piano il velluto prima di aprirla.
Spalanco la bocca. L’anello sembra brillare di luce propria, così candido e bianco. Lo sollevo con attenzione e noto che gli è stato legato, con un laccetto sottile e bianco, un piccolo foglietto ripiegato in più parti. Tengo l’anello fra l’indice e il pollice e incuriosito apro il biglietto. Sono sorpreso, ma sorrido scuotendo la testa, dentro vi è scritta l’intera descrizione del platino, tratta dal libro che Damon mi ha fatto leggere e all’angolo un timbro di qualità con il simbolo dell’oreficeria. Ripiego il foglio, e torno ad osservare l’anello.
È una meravigliosa fede, abbastanza bombata a dire il vero. Ha un suo carattere.
Dentro c’è inciso in un segno elegante: sessantaquattro.
Sorrido, sono commosso.
È meraviglioso.
Me lo porto alle labbra e lo bacio.
Portami fortuna.

La rincorro come un matto in mezzo la neve, con le gambe che urlano dalla fatica, e il fiato corto condensarsi davanti a me. Abbiamo tutti la faccia paonazza dal freddo. Lancio palle di neve a raffica tanto velocemente che dimentico perfino di appallottolare la neve, e alcune si frammentano a metà strada, spargendosi ovunque. Lei ride, nascondendosi fra gli alberi e dando direttive agli altri.
Improvvisamente mi trovo tre ragazzi attorno. «Oh no.» Mormoro prima di venire colpito da una raffica di palle gelate. La neve mi si infila anche dentro il cappotto.
Sento Hermione gettare un urlo, e la raffica smette. Ci voltiamo tutti verso di lei, mentre il mio team le fa la stessa cosa. Sghignazzo.
«ALL’ATTACCOOO» Urlo spietato, spingendo Neil sulla neve e mettendogliene un sacco sulla testa. Lui arranca e sputa, cercando di difendersi. Gli altri due sono troppo impegnati a tenere a bada i miei.
Quando Neil riesce a liberarsi io sono già scappato via. Il mio obbiettivo è un altro.
Mi inoltro fra gli alberi e la cerco. Cammino piano e provo a contenere il respiro mozzo quanto posso, quando una palla di neve mi centra in piena nuca, colandomi giù per il colletto.
«Argh!» Urlo, tentando di togliermi più neve possibile, contorcendomi e rabbrividendo mentre le gocce gelate mi cadono giù per la schiena. Mi volto, Hermione è piegata in due dalle risate, mentre raccoglie ancora neve e tenta di tirarmela, ma non le riesce per il troppo ridere. «Ah sì?» Mormoro concitato. Le vado vicino, e infilo le mani nella neve, tirandone su un quantitativo esagerato. Lei, ancora piegata in ginocchio a terra, appena mi vede spalanca gli occhi e tenta di scappare. Ma io le sono già sopra, intrappolandola con le gambe. Purtroppo la neve ancora fresca cade completamente dalle mie mani, coprendoci entrambi.
«Sei un idiota!» Mi dice ridendo e togliendosi la neve dalla faccia e da dove può. Io scuoto la testa, scrollando i capelli, ho gli occhiali tutti bagnati, ma lei non può scappare, sono ancora sopra le sue gambe e le sorrido malizioso. Mentre prendo manciate di neve e gliele spiaccico in faccia e sulla testa. «Aaah! Harry!» Urla, prendendone anche lei e tirandomela addosso. Sono così pieno di neve che comincio a gelare. Ma non mi arrendo, le prendo i polsi e tento di fermare quella cascata di neve che mi arriva in faccia. Lei ride come mai, ho gli occhiali totalmente appannati e bagnati, non vedo niente.
Lei ride e ride. Il suono della sua risata mi manda in paradiso. Le poggio i polsi alla neve e mi avvicino al suo viso, la sua risata va diminuendo in piccoli fiochi rumori più la distanza diminuisce.
Il calore del suo viso appanna i miei occhiali. La bacio.
Le sue labbra sono fredde, ma dentro caldissime. Abbiamo entrambi il fiatone, perciò prendiamo piccoli respiri veloci, ma non ci allontaniamo. Sento che lascia un lieve mugolio e dopo mi da un piccolo morso. Io sorrido.
«Ehm, Hermione…» Chiama qualcuno. Alzo la testa e anche lei guarda in alto, allungando il collo per vedere meglio. Neil e gli altri due sono a pochi metri da noi e fissano la scena indecisi. «Non so… vuoi che lo facciamo fuori o che vi lasciamo da soli?»
Hermione ride, io la fisso perplesso. «Ho detto che avremo vinto, no?» Risponde infine. Spalanco gli occhi, giusto in tempo per beccarmi una palla di neve in faccia, tra le urla di battaglia degli altri tre.
Mi ritrovo seppellito sotto la neve, con Hermione che mi guarda vittoriosa. Io ho da replicare.
«Se il mio nemico è anche la mia più grande debolezza non è una battaglia equa!»
Lei fa no con la testa, inginocchiandosi per venirmi vicino «La guerra è guerra» Commenta, scombinandomi i capelli.
Ok, sono fradicio, ho perso e sto congelando. Ma resta comunque adorabile.
Dopo una sana, meravigliosa, rinvigorente, ma soprattutto calda doccia, arrivo in sala grande per la cena della vigilia un po’ in ritardo. Dopo essere stato quasi dieci minuti sepolto nella neve è un miracolo che non mi sia beccato una polmonite.
Hermione è già in sala mentre discute animatamente con gli altri della loro incredibile vittoria.
«E così, facendo sfoggio delle immancabili doti femminili, ho messo Harry nel sacco» Commenta, apposta. Vedendomi arrivare. Io lascio un sorriso irritato, ma solo per finta.
«Non mi pare che alle tue immancabili doti dispiacesse il modo in cui mi sono fatto mettere nel sacco...» Commento, salendo i gradini fino al tavolo dei professori. Hermione mi fa una linguaccia, gli altri ridacchiano.
«Ti senti meglio? Mi dispiacerebbe se ti prendessi un raffreddore» Dice poi, mentre mi accomodo accanto a lei, le sorrido.
«Sì, ho solo una fame bestiale»
Sorride, contenta. Mi si avvicina e mi da un bacio sulla guancia. Credo sia una scusa per il trattamento da dittatore di poche ore prima.
«Accetto il suo armistizio, madame» Commento solenne, lei scoppia a ridere e mi da una spinta.
Quando tutti i professori arrivano al tavolo la cena ha inizio.
In realtà, nonostante avessi tanta fame, appena ho visto le vivande comparire sul tavolo il mio stomaco si è contratto, dimezzando i suoi ruggiti. È come se si fosse preventivamente preparato al nervosismo che sarebbe arrivato dieci minuti dopo, nel rendermi conto che da lì a quattro ore avrei chiesto ad Hermione di sposarmi. Ed eccomi di nuovo con le mani gelide e sudate.
Qualcuno penserà che soffro di fobia da pranzo, perché la forchetta riprende a cadermi ripetutamente dalle mani.
«Harry, sei sicuro di stare bene?» Mi domanda Hermione preoccupata, dopo essersi lanciata per l’ennesima volta uno sguardo interrogativo con la McGranitt.
«I-io… sì, sì… sono solo, ehm, stanco. Sono stanco, sai… oggi è stato piuttosto faticoso» Rispondo, con un altro pezzo di carne incastrato in gola. Forse dovrei diventare vegetariano.
Hermione non si convince «Fammi sentire» Mi mette una mano sulla fronte, e inarca le sopracciglia. «Sei gelido e… sudato. Forse dovresti tornare in camera…» Dice, dubbiosa.
«No, Herm. Ti assicuro sto bene, te l’ho detto sono solo…» Nervoso? Sto morendo? Qualcuno mi getti di nuovo fra la neve per piacere. «... stanco» Le sorrido. Non so nemmeno con quale forza.
«Ok, ma dimmelo se ti senti male» Mi da un altro bacio sulla guancia e torna a mangiare.
Bevo una sorsata piena di succo di zucca, per mandare giù il blocco alla gola.
Lancio occhiate sbieche ad Hermione per tutta la cena, mentre parla animatamente con la McGranitt, scherza con Neil e gli altri o racconta dei terribili articoli che ha letto la sera prima sul Profeta. Io cerco di controllare la tensione, mentre nella mia testa ronza una sola frase: non dire di no. Ti prego. Il risultato? Sono rimasto in silenzio per quasi tutta la cena. Hermione se ne è accorta, e mi squadrava in continuazione. Ma ad ogni sua domanda io continuavo a dirle che stavo bene e che non avevo nulla di strano. A parte una fede nuziale su in camera.
Finalmente la tanto agognata fine di questa cena arriva, ci salutiamo tutti dandoci la buonanotte e augurandoci buon Natale in anticipo, Neil e gli altri mi salutano dicendo che domani potremo provare un’altra partita magari per la rivincita. Io sorrido, ma tento di non aprire la bocca per paura di vomitare. Hermione saluta la McGranitt affettuosamente, e le augura buon Natale e buona notte. Poi viene verso di me, ma la professoressa mi chiama.
«Potter puoi concedermi un minuto?»
Io mi volto verso Hermione, lei mi fa un cenno e dicendomi che mi aspetta in Sala Comune.
Io e la McGranitt rimaniamo l’uno di fronte l’altra, mentre lei attende che anche l’ultimo studente sia uscito dalla sala, poi si volta verso di me sorridendo. Sembra… orgogliosa?
«Volevo solo augurarti in bocca al lupo, Potter»
Io spalanco gli occhi. «Cos… e lei come…?»
«Damon è una mia grande amica, conosco bene Firberto, il suo gufo.» Sorride, contenta forse più per avermi scoperto che per altro.
«I-io…»
«Conosco molto bene anche i suoi lavori, e mi sorprende che un ragazzo della tua età abbia l’occhio così fine.» Si indica lo smeraldo incastonato alla sua tunica «Questo è un regalo suo»
«Oh, wow… io… ehm…» Sono imbarazzato.
Lei mi mette una mano sulla spalla e se ne porta una al petto «Harry, sai che voglio bene ad entrambi. Ma è mio dovere di insegnate avvertirti che se farai qualcosa per distrarre la signorina Granger dai suoi M.A.G.O. ti darò la punizione più cruenta che tu abbia mai sopportato…» A metà della frase torna al suo solito sguardo severo, e io rimango immobile. Attonito.
«Ehm… non ho capito… lei non vuole che io…» Mi indico, e lei scuote il capo.
«Per Merlino, certo che no!» Esclama, come sentendosi offesa da quello che ho detto «Ma ci tenevo a precisarlo, tutto qui.»
Io sorrido «Professoressa, non farei mai niente che impedisse ad Hermione di diventare il nuovo Ministro della Magia»
Lei sorride «Vedo che la pensiamo allo stesso modo, Potter. E ora su, va… ti aspetta una lunga serata» Mi fa un cenno verso la porta, ancora sorridendo. Io ricambio e le auguro buon Natale, scappando di corsa verso il dormitorio.

Credo che quello fosse il modo della McGranitt di dirmi: fai soffrire Hermione e ti spezzo in due come uno stecchino. Le ire della McGranitt sarebbero nulla in confronto a Voldemort, credo…
Entro nella Sala Comune con il magone di nuovo su per la gola. Proprio ora che avevo ripreso un colorito naturale, accidenti.
Trovo Hermione seduta sul divano a tenere il tempo con la testa, mentre una musica suona nell’aria. Mi volto stranito, e vedo un vecchio giradischi sopra il tavolo della sala.
«E quello dove l’hai preso?» Chiedo, indicandolo, avvicinandomi al divano.
«Me l’ha dato Gazza» Risponde sorridendo, mentre noto che muove anche i piedi a ritmo.
«Gazza? E che diavolo ci fa Gazza con un giradischi?» Mi domando, grattandomi la nuca perplesso.
«Ah piantala e siediti, l’ho preso per un momento speciale, mancano solo cinque minuti al nostro primo Natale insieme, da soli.» Dice sorridendo, picchiettando col dito sul suo orologio da polso. Io le sorrido e il panico si trasforma improvvisamente in semplice nervosismo ansioso. Mi chino e le do un bacio.
«Torno subito, vado a prendere il tuo regalo» Lei sorride contenta, sembra una bambina.
Salgo le scale a grandi falcate, e quando sono in camera apro la valigia trattenendo il fiato. Srotolo il mantello dell’invisibilità, fino a far finire la scatoletta di velluto dritta nella mia mano. Quando la vedo lascio andare il fiato, e la stringo forte.
«Ci siamo.»
Scendo l’ultimo gradino stringendo il pugno attorno la scatolina che tengo dentro la tasca dei pantaloni. È ancora seduta sul divano, con il fuoco che scoppietta e le illumina il contorno del viso. I suoi capelli brillano.
È meravigliosa, e ancora non riesco a crede di stare per chiedere a qualcosa di così stupendo di entrare nella mia – seconda - vita per sempre.
Il giradischi è spento, così le vado vicino, poggiando piano i piedi, per non rompere quel magnifico silenzio. Noto che sul tavolino di fronte a lei c’è una scatola, è bianca e con un solo piccolo fiocco blu in cima, sarà alta almeno cinquanta centimetri. Le vado dietro e le do un bacio sulla testa.
«Ehi…» Dice sorpresa «Mi chiedevo dove fossi finito» Sorride, mentre io faccio il giro del divano per sedermi accanto a lei.
«È mio quello?» Domando puntando l’indice contro la grande scatola bianca. Lei lo guarda un attimo, mordendosi le labbra, poi annuisce. Perché stasera sembra ancora più bella del solito? «E... posso aprirlo?» Chiedo, sporgendomi lentamente con le mani protese, fissandola. Lei ci pensa un attimo poi scuote il capo.
«No» Sussurra.
«E perché no?» Chiedo, curioso.
«Perché prima devo dirti una cosa.»
Oh, ok… sta sorridendo, non è nulla di grave. Ma sì, razza di imbecille. Vorrei sbattermi una mano sulla fronte.
«Ti ascolto» Rispondo tenue, mettendomi comodo. Le nostre voci sono così pacate, e i nostri gesti così lenti che sembra di essere stati risucchiati in un vortice di tempo assolutamente estraneo al resto. Perfino il fuoco sembra rallentare. Lei prende un respiro e si avvicina a me fino a toccare la mia gamba con la sua.
«Harry…» Sussurra, la sua voce è calda, rassicurante e nei suoi occhi vedo il riflesso del fuoco. Il mio corpo si sta assopendo in tutto questo benessere e pace. «… so di averlo già detto, ma vorrei che tu mi ascoltassi.» Fa una pausa e capisco che attende un mio cenno. Annuisco. «Quello che tu hai fatto per me… è in assoluto la più grande pazzia che qualcuno potesse fare…»
«Hermione…» Mi porta una mano davanti la bocca per zittirmi, ci metto un attimo ma capisco, e annuisco di nuovo. Lei molla la presa.
«La più grande pazzia, Harry. La più stupida.» Lo dice con il sorriso, ma malinconico «Ma… tu l’hai fatto perché… perché mi ami.» I suoi occhi diventano lucidi, ma nel suo viso continua a brillare un sorriso «Io… avevo capito da tempo ormai che fra me e te c’era…» Sbuffa, non riuscendo a continuare. Non la interrompo. «Io ti amo. L’avevo capito da tempo, il mio cuore l’aveva capito. E forse avevo anche capito che tu mi amavi, o almeno che tra di noi c’era una… chimica, se così si può dire, particolare…»
«Dì pure straziante.» Azzardo, senza trattenermi. Lei sorride.
«Sì, è vero. Era straziante.» Il suo sguardo cambia improvvisamente, così forte da farmi sentire tutta la sua intensità addosso. «Ma non avrei mai immaginato che tu mi amassi così… tanto, da fare una cosa simile per me.» Trattine un respiro «E saperlo… mi ha… Harry, io ti amo più della mia stessa vita.» Mi prende il viso fra le mani «Ma non c’è giorno in cui io non pensi a quello che hai rinunciato per me.»
«Hermione non…»
«No. No, è così, e mi sento impotente. Non posso ridarti i tuoi figli, non posso ridarti i tuoi nipoti, né Ron…»
«Ron è qui…»
«Non è lo stesso, lo sai Harry…» Fa un pausa. Metto le mie mani sulle sue, ancora sul mio viso. «Così ho cercato un modo per poterti ridare quello che avevi perso. O meglio… conservarlo.» Stringo gli occhi, cercando di capire «La memoria è labile. Lo sappiamo entrambi. Ma c’è un modo per preservarla, e viverla ogni volta che vuoi.»
La fisso confuso, mentre toglie le mani dal mio viso e lancia uno sguardo al pacco davanti a noi. È un invito ad aprilo. Le lancio un’occhiata e capisco che non dirà nient’altro finché non lo farò.
Mi avvicino lentamente e tolgo con delicatezza il fiocco blu, strappo la carta, continuando a mandare occhiate verso di lei, che impassibile mi osserva. Infine resta solo il cartone, ha l’apertura nella parte superiore, così scosto i quattro lembi e quando vedo il contenuto resto a bocca a perta.
«Buon Natale, Harry» Dice in un sussuro. Ma io sto ancora fissando incredulo l’interno del pacco. Infilo le mani e tiro fuori il pesante bacile di pietra. Nel posarlo sul tavolino sento le mie dita toccare le incisioni tutt’intorno. Incisioni perfette in rune antiche. Lo osservo ammaliato, dentro è ancora vuoto, e sembra che mi guardi, che voglia parlarmi. Io resto immobile, probabilmente ho ancora la bocca aperta.
Un pensatoio.
Mi ha regalato un pensatoio. Un pensatoio.
Sento le lacrime pungermi i bordi degli occhi, ma tento di trattenerle, perché probabilmente non smetterei mai più di piangere. Sfioro i bordi della pietra fredda con le dita.
«Lo hai… lo hai fatto tu?» Chiedo con la voce rotta, non staccando gli occhi di dosso dalla pietra.
«Sì. Anni fa avevo letto come si crea nel mio libro di Antiche Rune. Non è molto semplice, spero che funzioni come dovrebbe.» La sento sporgersi verso di me.
«Hermione…» Mormoro, commosso come mai in tutta la mia vita.
Ero terrorizzato. Terrorizzato all’idea di perdere i miei ricordi, essi sono tutto quello che mi resta dei miei figli e dei miei nipoti, di quello che siamo stati e che ci ha fatto diventare quello che siamo oggi. E lei ha creato un pensatoio per me, perché niente di tutto quello andasse perduto.
Riesco a voltarmi e guardarla, mi fissava già da tempo, sentivo il suo sguardo addosso. Non riesco a dire nulla, tutto mi sembra superfluo. Mi sporgo e l’abbraccio, così stretta che nemmeno io riesco a respirare per qualche istante.
«È tutto quello che posso fare…» Mi sussurra all’orecchio.
Soffre ancora per tutto questo, e io non vorrei che fosse così. Mi allontano da lei e le prendo il viso fra le mani, i suoi occhi sono lucidi.
Vorrei dirle mi hai dato tutto, ma non riesco ancora a parlare, così le do un bacio.
Quando mi allontano, nei suoi occhi leggo che ha capito, e che non dovrò aggiungere nulla. Le scosto una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrido.
Tiro fuori la scatola dalla tasca, e prima ancora che lei possa dire qualcosa è già aperta davanti a noi.
«Oh mio dio…» Sussurra lei, portandosi una mano alla bocca. Guarda stupita l’anello, poi ride e poi di nuovo torna a fissarlo. Guarda me e infine prende la scatola, con ancora l’altra mano sulle labbra. Torna a ridere, felice. «E io che credevo che… oh mio dio» La sua risata mi echeggia nelle orecchie come il suono che vorrei sentire per il resto della mia vita. Curiosa prende l’anello fra le mani e legge il contenuto del bigliettino allegato. La vedo perdersi velocemente nelle parole, poi trattenere il fiato, ripetendo «Oh mio dio…» A bassa voce. Sembra un attimo interdetta da quello che ha letto, osserva l’anello con ancora più interesse, ma è stupita. «Harry è…» Credo che abbia trattenuto un altro “oh mio dio”.
«Dimmi di sì» Pronuncio, senza toglierle gli occhi di dosso.
Lei è ancora stupita da tutto questo e ci mette un po’ a parlare. Poi chiude gli occhi sorridendo.
«Pensavo fosse scontato» Risponde, si china e mi da un bacio leggero sulle labbra. Poi ad un pelo dal mio viso dice «Ti avevo già detto di sì tanto tempo fa.».
«Allora perché sei così stupita?» Chiedo, divertito.
«Io… non credevo lo facessi… così presto» Marca le ultime parole con un’enfasi allegra. Poi nota l’interno dell’anello. La sua fronte si corruga, mentre lo porta vicino agli occhi. «Sessantaquattro?» Alza lo sguardo ad incrociare il mio.
Annuisco e le prendo l’anello dalle mani. «Gli anni che ci ho messo a chiedertelo da quando ci siamo conosciuti» Rispondo, mentre le infilo l’anello al dito della mano sinistra. Noto che rabbridisce a quel contatto. «Gli anni che abbiamo vissuto insieme, e in cui la mia vita è stata perfetta perché c’eri tu.»
Lei trattiene il fiato e credo sia arrossita anche. «Sai, non credo riuscirò a sopravvivere a lungo con te che ti comporti così tutta la vita…» Dice, osservando con interesse l’anello al dito.
Inarco un sopracciglio «Così come?»
«Così… Harry» Me lo sussurra di nuovo ad un pelo dalle mie labbra, prima di baciarmi a lungo, e con tanta intensità.

*

«Mi fai il solletico» Sussurra trattenendo una risata.
«Shh» Mormoro io, puntandomi un dito sulle labbra. «Altrimenti non sento niente». Chiudo gli occhi e la sento ancora ridacchiare, mentre mi passa una mano fra i capelli e sul viso, rabbrividisco ancora a quel contatto. Il suo ventre è caldo e morbido, mentre poggio l’orecchio e attendo.
Eccolo che si muove, mi arriva un calcio dritto sulla guancia. «Aho!» Esclamo alzando la testa di scatto, Hermione ride.
«Non dire che non te l’avevo detto.»
«Non pensavo fosse così forte…» Commento masaggiandomi la guancia. Però voglio rifarlo, così mi chino di nuovo, e poggio ancora la testa sulla pancia di Hermione. Lei sospira e torna a infilare di nuovo le mani nei miei capelli. È tutto così perfetto.
Il caldo è lieve, si sta bene, dalla finestra entra una calda brezza primaverile, mentre il sole lontano si prepara per riposarsi.
Perfetto.
Distesi in questo divano.
Perfetto.
Ancora un movimento, sorrido. «Wow…» Sussurro.
«Canta di nuovo quella canzone, l’altro giorno le piaceva.» Mi chiede lei dandomi un colpetto sul naso.
Alzo di poco la testa, con uno sguardo interrogativo «Quale canzone?»
«Sai, quella… nei vecchi dischi di mio padre, c’era quella che ti piaceva tanto. Non mi ricordo il titolo…»
«Ah sì…» Sorrido capendo, poi però nego col capo «No, oddio, potrei spaventarla, sai che non so cantare»
«Non è vero, non sei poi tanto male. Dai, che le piace, vedrai come scalcia…» Mi sorride, e ogni volta riesce sempre a convicermi. Ricambio il sorriso, e poggio di nuovo la testa sulla sua pancia, mentre l’accarezzo con la mano. Cerco di ricordare il motivo nella mia testa, e poi inizio a canticchiare l’inizio con la bocca chiusa «If you ever change your mind, about leavin', leavin' me behind… well, baby, bring it on home… bring it on home to me, yeah» Sento Hermione ridacchiare di nuovo, devo essere proprio stonato.
«I know I laughed, when you left… but now I know I only hurt myself but I'll be forgiven if you» Canta lei improvvisamente, sollevo sguardo sorridendo, sorpreso.
Cantiamo insieme il ritornello poi ancora «I'll give you jewelry and money too, that ain't all that ain't all I'd do for you, if you would only» Eccola. Ha di nuovo scalciato, la sento sulla mia mano, mentre sono vicino il viso di Hermione, e continuaiamo cantare.
«You know I'll always…»
«Be your slave»
«'Til I'm buried»
«Buried in my grave»
«But I'm forgiven if you…»
La guardo e le sorrido, le do un bacio lieve e sussurro «Yeah…»
«Yeah...» Mormora, accarezzandomi il volto, poi sapalanca gli occhi. «Ohi!» Si tocca la pancia, io mi scosto. Sorride, contenta «Direi che le è piaciuta!».
Sono felice.
Tutto perfetto.

*

Nessuno mi ha chiesto se voglio entrare. Eppure ero sicuro di aver visto tanti film in cui un infermiere, il dottore o qualcuno chiedeva al marito di entrare. No?
Passeggio nervoso dietro la porta della sala, pregando che un santo cristiano venga da me e mi spinga dentro dicendomi che posso assistere.
Non si sente nulla, dannazione, che diavono hanno fatto lì dentro, un incantesimo muffliato? Cosa sta succedendo? Come sta Hermione, cazzo!
Stringo le mani così forte che non me le sento nemmeno, aggredisco ogni infermiere che passa chiedendogli di mia moglie. Ma metà di loro non sanno nemmeno di cosa sto parlando.
Ma quanto ci mette un bambino a nascere?
Ok, giuro che tra cinque secondi entro dentro quella sala sfondando la porta.
Cinque, quattro, tre, due…
«Harry…» Avevo già preso la rincorsa, quando qualcuno mi distrae. Chi diavolo è? Non lo vede che sono im…
Mi volto e spalanco la bocca. Gli occhi azzurri di Ron mi perforano.
Non lo vedo da quattro anni.
Il mio cervello si prende un attimo per elaborare «R-Ron?» Balbetto, credendo di sbagliarmi.
Lui è nervoso e si tiene ad una certa distanza, abbassa lo sguardo, imbarazzato «Come sta?».
Non posso crederci.
Ron è qui. Il mio migliore amico è qui.
«I-io… non lo so, non mi dicono niente…» Rispondo, incerto, dando uno sguardo veloce alla porta.
«Che stronzi…» Dice lui. E io non riesco a trattenere un sorriso.
«Già…» Pronuncio, non smettendo di fissarlo.
Lo vedo che è in imbarazzo, dal modo in cui tiene la testa incassata fra le spalle. Ha una corta barba ispida sul viso, e i capelli più lunghi di quando l’ho visto quell’ultima, triste volta.
Senza che io chieda niente, dice «Ginny non… non se la sentiva di venire.»
Annuisco, comprendendo. Lui fa un attimo di silenzio, poi si siede nella fila di sedie davanti la sala parto, poggiando i gomiti alle ginocchia. «Beh mi sa che non ci resta che aspettare, non credi?»
Io continuo a fissarlo, e credo che mi stia chiedendo di piantarla. Ma non ci riesco.
Mi esce solo un «Grazie» Lui fa un gesto con la mano, come a dire “nulla”.

Hermione è impazzita quando l’ha visto.
Ci sono state lacrime, abbracci e tanti, tanti baci.
Io li ho lasciati soli e sono andato a vedere mia figlia.
«Ciao» Sussuro dal vetro, picchiettando piano con l’indice. In mezzo la fila di neonati piuttosto frastornati c’è lei.
La nostra bambina.
Le lacrime mi salgono agli occhi. Ancora non riesco a credere di aver fatto qualcosa di così bello con lei, con Hermione.
Non posso credere di averlo fatto con lei. Lei, lei e solo lei.
«Ciao…» Continuo a sussurrare mentre mi asciugo le lacrime «Ciao, Lucy. Sono Harry, sono il tuo papà» Tiro su col naso, mentre sollevo il minuscolo peluche che le ho preso mesi fa, ansioso per questo giorno. Guardo la piccola, morbida e pelosa civetta che ho fra le mani e mi mordo le labbra, la muovo piano vicino al vetro e con la voce strozzata dico «Ehi guarda… si chiama Edvige..» Deglutisco «Era la mia migliore amica sai? Lei… lei ti proteggerà…» Le lacrime mi scendono piano, mentre una risata di felicità mi pervade. Guardo mia figlia muoversi oltre il vetro, e sorrido di nuovo. «Ehi Lucy…» Un’altra piccola risata, soffocata dal pianto «Lucy “nel cielo coi diamanti”…» Sorrido «Scusa… papà è un po’ fissato coi Beatles sai?». Mi asciugo una lacrima.
La mia vita è perfetta.

*

Ogni anno con Harry, dopo aver messo a letto Lucy, c’erano dei giorni in cui la sera veniva dedicata a qualcuno.
Aprivamo una bottiglia di vino rosso e brindavamo al compleanno di uno dei nostri figli o nipoti.
Non facevamo altro, solo ricordarli. Entrambi ci chiedevamo cosa fossero diventati, cosa stessero facendo in quell’istante, ma non ne parlavamo mai per paura di morire dalla nostalgia. Io, soprattutto, avevo paura per Harry.
Ma lui si dimostrava sempre forte, mi diceva sempre quando andava a fare un giretto fra i suoi ricordi, nel pensatoio. Mi è capitato di accompagnarlo diverse volte.
Ne abbiamo preso uno anche per me, anni dopo.
Avere due vite. Ancora oggi è tutto così assurdo.
Eppure è tutto quello che ho sempre desiderato.
È tutto perfetto.
La nostra bambina è perfetta.
Ha i miei occhi castani, i capelli ricci e neri, ed è cocciuta come suo padre, già adesso, a pochi anni.
Quando la guardo vedo Harry e me. Non vedo Ron, non vedo Ginny. Vedo noi.
La nostra vita, la nostra seconda occasione.
Il nostro futuro.
Intenso, agognato, benedetto dal fato, futuro.
A volte penso che era così che doveva andare. Che se ci fossimo trovati prima, se non fossimo stati vigliacchi, impauriti dalle conseguenze o altro, tutto questo non sarebbe successo. Lucy non sarebbe mai nata e noi non avremo mai imparato nulla. Non avremmo quelle ferite che ci rendono come siamo, non ci guarderemo ogni volta come se fosse l’ultimo meraviglioso attimo, non fisseremo il cielo consapevoli di tutto quello che abbiamo.
Sì, ogni giorno che passa mi convinco che tutto questo ha un senso.
È tutto perfetto.

*

«Secondo te è possibile che la McGranitt ce l’abbia ancora con me?» Domanda Harry, indossando il mantello e camminando lungo il lago. Il castello si alza pesante sulle nostre teste. Mi chiudo i bottoni fino al collo, infreddolita da una folata di vento.
«Oddio, Harry, me lo chiedi sempre. È passato parecchio non credi?»
«Sì, ma ho come la sensazione che continui a pensare che non sei andata a lavorare al Ministero per colpa mia…» Pronuncia, incerto.
Alzo gli occhi al cielo. «Nessuno si aspettava che né tu né io lavorassimo al Ministero. Però se è come dici perché non glielo chiedi?»
«Ho paura che mi licenzi.» Dice scherzando, ma neanche tanto in fondo.
Schiocco le labbra «Ma dai, Harry. Dove lo trova un altro insegnante di Difesa che ha combattuto e sconfitto Voldemort?»
Lui ci riflette su «Dici che è una garanzia aver salvato il mondo?» Mi chiede, mentre saliamo sulla carrozza per Hogsmeade.
«Mi sembra un’assicurazione più che una garanzia.» Rispondo prendendo posto vicino a lui, sistemandomi i guanti. «Piuttosto secondo te come l’ha presa quando le abbiamo chiesto di tornare a casa alle fine di ogni lezione, invece che restare ad Hogwarts?» Domando. Lui scrolla le spalle.
«Mi è sembrata tranquilla, del resto non possiamo lasciare Lucy da sola con una babysitter, e non ci penso proprio a portarla a Hogwarts» Ribatte poi, convinto.
«Invece mi è sembrata dispiaciuta quando le ho detto che volevo lasciare il corso di Aritmanzia, ma mi prendeva davvero troppo tempo...» Dico, un po’ amareggiata.
«Hai sempre Antiche Rune. E poi scusa, appena Lucy diventa più grande, potrai riavere quella cattedra, no?»
«Mah, si vedrà. Magari ti soffio il posto per Difesa!» Esclamo, schernendolo.
Inarca un sopracciglio perplesso «Non avevi detto che salvare il mondo era un’assicurazione?»
«Ehm, sì, amore» Rispondo piano, battendogli una mano sul ginocchio, rassicurante.
«Ma come devo fare con te?» Domanda mentre la carrozza si ferma, aprendo le porte.
«Ti amo proprio perché mi sopporti.» Commento, scendendo sul prato pieno di foglie secche e colorate. Lo sento sospirare.
«Ah, prima che mi dimentichi…» Mi dice, ricordandosi. Mentre ci avviamo verso la stazione di Hogsmeade. «Ron mi ha mandato un gufo stamattina, ha detto che la festa a sorpresa per Fred e Angelina è lunedì.»
«Ah perfetto, costringerò Luna ad accompagnarmi nella scelta del regalo per Angelina. Tu e gli altri cosa farete per Fred?»
«Non lo so. Spero tanto che a Ron non venga qualche idea malasana, come fu per Neville, ti ricordi?»
Stringo gli occhi, disgustata «Oddio, sì. Non avevo mai creduto di poter vedere Luna sconvolta, ma Neville era davvero distrutto da quella “serata-soli-uomini”. In tal caso… buona fortuna» Gli appoggio una mano sulla spalla e lui ride sarcasticamente.
«Ceniamo fuori stasera?» Mi domanda poi, prendendomi la mano.
Inarco le sopracciglia e sospiro «Ho capito… appena siamo a casa chiamo mia mamma e le chiedo di tenere Lucy per un altro paio d’ore. Ma non di più!» Esclamo, puntandogli il dito contro. Lui ride e mi cinge le spalle, dandomi un bacio sulla fronte.
«Un paio d’ore saranno sufficienti.» Sussurra.
Qualche passo più in là, gli tengo la mano che ha attorno alle mie spalle, sospiro e lo guardo, contenta. «Buon anniversario Harry» Mormoro, allungandomi verso di lui.
«Buon anniversario, Herm.» Risponde, baciandomi.



Lo so, è stato un capitolo davvero zuccheroso. Spero vi sia piaciuto comunque :)
Alla prossima avventura che, se tutto va bene, arriverà su EFP molto presto!
Grazie a tutti.

ps. Anche qui Harry è un grande fan dei Beatles (siccome adoro Lucy in the sky with diamond, quando l'ho sentita, un giorno, non ho potuto fare a meno di pensare alla loro bambina :D) mi piace mantenere le caratteristiche delle mie versioni dei personaggi, mi aiuta ad avere di loro una visione completa e coerente :D Forse anche Lucy tornerà! Chissà :D

 

  
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