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Autore: PotterWatch    15/08/2011    3 recensioni
Edgeworth si avvicinò in silenzio, chinandosi a guardare meglio. Non c'era dubbio; Wright era crollato sulle carte, e stava dando prova del suo sonno migliore.
Di due avvocati, una tazza di tè e una giornata di lavoro.
[Dedicata ad AyuChan Uchiha]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Afternoon



Avanti!”
“Buon pomeriggio, Wright.”


La sagoma di Miles Edgeworth emerse dall'anticamera. Richiudendo elegantemente la porta, il procuratore rivolse un lungo sguardo indagatore rivolto alla stanza.
Sul posto di lavoro di Phoenix Wright
– o almeno, così pareva essere ad ogni sua visita qualsiasi piano o scaffale era in preda a un bellicoso disordine che nel suo ufficio l'avrebbe fatto tremare: dossier, raccoglitori gonfi, mozziconi di matite riempivano il pavimento ai piedi delle librerie.
Davanti a lui, al di là della scrivania, una testa stanca era impegnata ad annotare interminabili nastri di appunti. Al suo arrivo, tuttavia, Phoenix si alzò subito, accogliendolo con il più puro sollievo dipinto in volto.


Non sai quanto ti sia grato per avermi portato qui tutto. Ti devo un grosso favore, Edgeworth.”

Lascia perdere,” tossicchiò il procuratore, affondando nel caos dello stretto appendiabiti. “Era mio dovere collaborare a un caso così importante. La polizia di questo Paese... di quanti scandali si dovrà macchiare ancora?”

Ahimè, non lo so,” sospirò Phoenix, in un tono a metà fra la rabbia e lo sconforto. L'imputato era una delle maggiori autorità nell'istituzione; e se un semplice avvocato come lui aveva a disposizione alcune informazioni, almeno quante ne bastavano per fare luce sulla realtà dei fatti, questo accadeva soltanto perché anche il potente procuratore Edgeworth credeva nell'innocenza del suo cliente.

Sembrano averci fatto l'abitudine, e gli avvocati devono correre ai ripari,” osservò secco, scribacchiando ancora sull'angolo del foglio. “Be'... avremo parecchio lavoro da svolgere. Grazie mille ancora per essere venuto.”

Edgeworth si limitò a riflettere, senza dire una parola. Anche lui era deciso a portare alla luce il vero – almeno per questo, in Wright aveva assoluta fiducia. Sistemò un'altra sedia e posò la cartella contro le gambe del tavolo.

E tu... sei sicuro di aver capito? La verità, dico...”

Phoenix annuì stancamente, strofinandosi un occhio. I segni dello sfinimento erano evidenti sul suo volto.

Ho già la soluzione in mano. Mi servono le prove, e poi...”

Un grande sbadiglio lo interruppe.

“Poi me la caverò. Comunque vada... domani il processo sarà chiuso. Grazie al cielo.”


L'amico gli si sedette di fronte, preparato a un meticoloso lavoro di ricerca anche dopo la lunga giornata in ufficio. Phoenix lo osservò non capiva ancora dove trovasse la sua energia inesauribile, così come la brillantezza e la rapidità nell'associare i suo pensieri. Forse non avrebbe mai capito. Smise di farsi domande, limitandosi a prendere le carte che Edgeworth gli stava tendendo.

Cercando qui dentro, in due, ce la faremo entro sera,” disse il procuratore, analizzando con pratica rapidità la massa di fogli fra le sue dita. “Nella cartella ho tutta la documentazione sulle persone coinvolte nel caso. Inizia da questo, Wright.”

Pronto a cominciare, Edgeworth si guardò intorno. Qualcosa non era
ancora a posto.
Lo scenario era insolito, ma molto favorevole alla concentrazione; inoltre, nonostante le apparenze,  il collega era sveglio e capace di procedere al suo ritmo.
Impiegò qualche secondo a capire. Mancava solo la fonte di energia.

Ti chiedo perdono per il disturbo, Wright, ma una buona tazza di tè mi è sempre necessaria al lavoro. Posso...?”
Certamente, finisco questo paragrafo e-”
Ci penso io, non preoccuparti. Una tazza?”

Phoenix eseguì una rapida stima sulla quantità di caffè che aveva consumato dall'ora di pranzo in poi. Non ricordava il numero esatto di tazze – certo non era arrivato a diciassette, ma era quasi certo di aver superato le cinque. Forse sarebbe stato meglio cambiare bevanda.

Uhm... sì, grazie,” sbadigliò. “Sono stanco morto.”

Preparare un buon tè con il malridotto fornello in dotazione all'agenzia Wright & Co. non fu la più comoda delle esperienze, ma il risultato si poté dire quasi soddisfacente. Dopo aver gettato via, con lieve disprezzo, la bustina bagnata, Edgeworth sollevò le due tazze con cautela, pronto a recarsi di nuovo nell'altra stanza.

Impegnato nel delicato trasporto, il procuratore non notò subito la scena tracciata davanti ai suoi occhi; ben presto, tuttavia, si rese conto che la porzione di scrivania opposta alla sua non era più occupata dal plico di appunti, ma da una massa di capelli neri. Edgeworth si avvicinò in silenzio, chinandosi a guardare meglio. Non c'era dubbio; Wright era crollato sulle carte, e stava dando prova del suo sonno migliore. 

Pur appena imbarazzato da una situazione mai affrontata prima, Edgeworth ragionò in fretta. Doveva svegliarlo subito, si disse allarmato, o non avrebbero fatto nemmeno un passo verso la conclusione positiva del processo. Tuttavia, non sembrava capace di trovare un modo adeguato per portare a compimento l'obiettivo; e mentre, in frammenti scollegati di pensiero, si interrogava su varie alternative, il suo sguardo riposava da diversi secondi sul volto addormentato di Wright.

I suoi lineamenti, nonostante le tensioni e le fatiche con le quali si era misurato per giorni, erano distesi
e pacifici come potevano essere quelli di un bambino colto nel pieno del suo riposo. Non c'era da stupirsi; quell'uomo era sempre stato una contraddizione vivente, fin dai tempi dell'inizio della loro amicizia. Ed era rimasto un bambino, in tutto – la determinazione, la premura e l'ansia nei suoi gesti erano i segni inconfondibili di un'ingenuità che, se era poco consueta per una persona qualunque, di certo non lo era affatto per un avvocato.

In quel momento, più di molti altri, gli fu facile comprendere il motivo per cui in tribunale – nonostante la sua energia e la sua ferrea ostinazione – sembrasse talvolta molto impacciato, in un atteggiamento quasi capace di incutergli tenerezza. Agli occhi di un uomo come lui, rimasto per un lungo periodo immune al più remoto segno d'integrità e d'innocenza, Phoenix Wright era uno spettacolo quotidiano, in grado di muovere gli animi molto più di quanto se ne rendesse conto.


Edgeworth si accorse che la sua mano, alzata nell'intento di svegliarlo in qualche modo, era ancora sospesa sul suo capo. Quando la ritrasse, scuotendo la testa, nemmeno lui si rese conto del proprio sorriso.

Veloce ed efficace come sempre, il procuratore rimise tutti i documenti dentro la cartella e lasciò la tazza di tè a pochi centimetri dalle dita di Phoenix, per poi attraversare la porta dell'ufficio e abbandonare la sala più grande.

Ancor prima di capire di essersi addormentato, Phoenix era caduto in preda al panico. Le carte sulle quali stava prendendo appunti fino a pochi secondi prima – almeno così gli era parso – erano ricamate di pieghe, mentre dal muro, già poco illuminato, un orologio impietoso gli strillava il suo rimprovero. Erano le sei e mezza di sera.

A seppellirsi di nuovo nella manica blu fu il più sconfortato degli avvocati difensori. Troppo intontito dal sonno per reagire, lasciò scivolare il braccio sinistro sul piano della scrivania; un attimo prima di arrendersi alle circostanze e riaddormentarsi, però, incontrò con sorpresa la rigida consistenza di qualcosa che prima non c'era.

Gli occhi di Phoenix si sforzarono di metterla a fuoco, per poi spalancarsi allo stupore e al sollievo.

La tazza di tè era rimasta dov'era, il contenuto intatto e gelido. Proprio lì accanto era appoggiato un fascicolo di documenti; fascette cartacee di diversi colori li separavano in ordine alfabetico, caso per caso, nome per nome, contrassegnate da una fluente calligrafia. Su quella scrivania così simile a un campo di battaglia, l'ordine quasi maniacale di tutto l'insieme sembrava assumere una sfumatura canzonatoria.

Sentendosi scorrere la stanchezza giù dalle membra, Phoenix si stiracchiò e mandò un luminoso sorriso a perdersi nell'ufficio deserto.


Non gli restava davanti che un'ora di lavoro.

_________
Una one-shot da carie, e molto poco IC, suppongo.

Questo è il regalo di compleanno per AyuChan Uchiha, arrivato estremamente in ritardo. Mia cara, dopo tutte le nostre elucubrazioni su 'sti due avevo promesso che ti avrei regalato una NaruMitsu, ma siccome non ce la faccio proprio – e proprio non ce la farò mai – ho voluto scrivere sulla mia adorata fanart Afternoon, di mou-S. Mi auguro che la fanfiction sia di tuo gradimento e non troppo smielata.
Un ringraziamento a chiunque leggerà/recensirà. E spero, compiti permettendo, a presto: perché ho altri regali di compleanno da produrre.
   
 
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