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Autore: Mokochan    15/08/2011    5 recensioni
[Questa storia partecipa all'iniziativa 'Dedico il giorno a...?' organizzata dal Forum L'Akatsuki dietro l'angolo]
Scegli noi, Hinata. Non perderai nulla.
Anche Hinata lo sapeva, l’aveva sempre saputo.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka, Shino Aburame, Team 8
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Note dell'Autrice: Ehilà! A Ferragosto vi disturbo, sìsì, con una storia che vede protagonista il team 8: Shino, Kiba e Hinata - manca solo Akamaru o_O Mi spiace per lui. Ehm... comunque! Più rileggo questa 'roba', più il sospetto di averci messo degli accenni KibaHina si fa forte in me. Ditemi che non c'è nessun accenno, ditemi che non ho fatto una cosa simile! çOç porca padella!
Bene, dopo essermi lagnata, vi lascio a questa breve one-shot u.u'' (Mi scuso per questa schifezza, tra l'altro. Sì, è una schifezza!)
Partecipa all'iniziativa 'Dedico il giorno a...?" organizzata dal Forum L'Akatsuki dietro l'angolo.




Scegli





Scegli, le aveva detto una volta Kiba. Scegli noi.
Hinata asciugò le lacrime che le rigavano il viso e guardò la finestra spalancata verso il mondo, la stessa da cui entravano sassi piccoli e rotondi - sassi lanciati per spingerla a uscire, per spingerla a prendere una decisione.
La vita: quella cosa che non gira attorno alla famiglia e alle sue regole, ma che grazie alle nostre decisioni cambia, evolve, aiutandoci a essere un pochino migliori, un pochino più sicuri, un pochino più liberi.
Soprattutto liberi.
Scegli noi, Hinata. Non perderai nulla.
Anche Hinata lo sapeva, l’aveva sempre saputo.



“Secondo te uscirà mai da lì?”
Shino annuì senza dire nulla e Kiba alzò gli occhi al cielo, esasperato dal comportamento dell’amico: non c’era una volta in cui esprimesse a voce alta i propri pensieri; lievi cenni e sì appena udibili parevano piacergli ben più di una frase di senso compiuto.
Irritato, l’Inuzuka tornò a fissare la finestra aperta, gli occhi scuri accesi di rabbia e fermezza.
Hinata non si decideva ancora. Possibile che la sua famiglia avesse inciso tanto su di lei?
Per giorni non aveva fatto altro che spingerla a prendere una decisione. Non era sbagliato cercare di afferrare con le mani la propria vita e gestirla come meglio si poteva, oppure era lui a sbagliare tutto?
“Merda…”
Voltò le spalle alla finestra e diede un calcio a una lattina vuota, mandandola a sbattere contro un’altra macchina che, per sua fortuna, non si mise a suonare, rendendo tuttavia ben più opprimente il silenzio che avvolgeva ogni cosa.
“Kiba?”
“Lasciami in pace, Aburame! Non sono dell’umore.”
“Forse dovresti…”
Kiba sputò a terra, furente. “Vaffanculo!”
Shino inspirò piano, scosse il capo e disse pacato: “Hinata si è appena affacciata alla finestra. Voltati.”
L’Inuzuka sobbalzò e quando seguì il consiglio di Shino… beh, incontrò due occhi lilla un po’ insicuri, un po’ fiduciosi, un po’ da Hinata.
Lei lo stava fissando. Ottimo.
“Scendi?”, le gridò, indicando se stesso e Shino.
Hinata scosse il capo, estinguendo le speranze dei due ragazzi. “Mi dispiace, ma non posso. Io non…”
“Hinata, senti un po’”, Kiba andò esattamente sotto la sua finestra e alzò il capo, cercando gli occhi chiari dell’amica. “Io da qui non me ne vado. Senza di te non me ne vado, hai capito, Hyuuga?”
Era così difficile mandare quella sua famiglia maledetta al diavolo per poter stare con i suoi migliori amici e finalmente divertirsi e ridere? Ridere veramente, come poche volte le era capitato di fare?
“E’… è sbagliato”, mormorò Hinata, distogliendo lo sguardo dal suo.
“Non lo è, Hinata.”
“Non posso disubbidire alla mia famiglia.”
Kiba diede un pugno al muro, riuscendo ad attirare nuovamente l’attenzione della ragazza. “Non pensano mai a te. Perché dovresti pensare tu a loro? Quindi fregatene e scendi, altrimenti verrò a prenderti con la forza e ti trascinerò in macchina.”
Non amava minacciare Hinata. Insomma, con qualsiasi altra ragazza avrebbe fatto volentieri lo sbruffone, ma lei era troppo buona e lui, onestamente, non sarebbe mai riuscito a trattarla male.
Lei rise piano.
“Che c’è?”
“Nulla, nulla”, Hinata guardò dietro di sé e smise di sorridere. “Se farò ciò che mi chiedi non potrò tornare indietro.”
“Se non si accorgeranno della tua assenza non accadrà nulla”, intervenne Shino, lo sguardo fissato altrove, le mani infilate nella ampie tasche del giubbotto.
Kiba lo fissò, attonito, col lievissimo presentimento che l’Aburame amasse parlare tanto solo in presenza della loro amica, il che non l’avrebbe nemmeno stupito più di tanto: con Hinata tutto cambiava.
Lei riusciva a modificare in meglio quei difetti che caratterizzavano entrambi.
E questo gli piaceva, stranamente.
Qualcosa sbatté, rompendo il silenzio, e quando Kiba sollevò gli occhi trovò la finestra chiusa e le tende tirare, poi il buio al posto della luce - e quella decisione stupida presa all’ultimo secondo, senza alcuna valida ragione, senza crederci veramente.  Kiba diede un altro pugno sul muro ed emettendo un verso simile a un ringhio canino raggiunse la macchina, aprì lo sportello e lo richiuse violentemente, frustrato.
Poi accese il motore.
Shino, appoggiato contro il muso della macchina, non si mosse, ma rimase in attesa; sperava di vedere Hinata, anzi era sicuro che sarebbe comparsa da un momento all’altro. Soltanto Kiba non si rendeva conto della cosa, ferito nell’orgoglio e ancor più nei sentimenti - gli stessi che non avrebbe ammesso mai, nemmeno sotto tortura, nemmeno davanti all’evidenza.
Kiba afferrò il volante con entrambe le mani, stringendo più che poteva, poi puntò gli occhi sulla schiena dell’Aburame. Perché non saliva in macchina?
Abbassò il finestrino. “Shino, sali in macchina. Hinata non vuole venire con noi.”
“Ti sbagli.”
Avrebbe riso se la faccenda fosse stata minimamente divertente; ma non lo era affatto. “ ‘Fanculo.”
Chiuse gli occhi, sperando che l’Aburame muovesse il culo prima di farlo infuriare veramente, e nell’attesa pensò alla festa che li attendeva, fuori città, e alle persone che vi avrebbero partecipato.
Compreso quell’idiota dell’Uzumaki, il ragazzo che piaceva a Hinata.
Ogni dettaglio, anche il più insignificante, doveva renderlo nervoso! Ma perché? Cos'aveva fatto di male per meritarsi una cosa simile?
Il rumore dello sportello che s’apriva piano, il peso di un’altra persona sul sedile accanto al suo.
Kiba aprì gli occhi, pronto a insultare Shino, ma le parole gli morirono in gola.
Hinata era lì, con le mani posate sulle ginocchia, lo sguardo puntato fuori dalla macchina e verso la sua casa immersa nel silenzio. Non aveva il coraggio di guardarlo.
“Ma… Hinata”, mormorò, spostando gli occhi da lei a Shino, che lentamente aveva fatto il giro della macchina ed era salito dietro di loro, chiudendo silenziosamente lo sportello, e facendo entrare un po’ d’aria fresca nell’abitacolo; avrebbe dovuto accendere il riscaldamento, maledizione.
“A-Andiamo, Kiba?”
L’Inuzuka tornò a fissare l’amica. “Finalmente ti sei decisa.”
Hinata annuì e abbozzò un sorriso. “Penso che per stanotte non ci sia alcun problema. Almeno per stanotte.”
“Non ci saranno problemi neanche in futuro”, si sentì in dovere di precisare lui, lanciandole un’occhiataccia nel vano tentativo di spaventarla, senza però riuscirci: lei rise, semplicemente rise.
Ridendo a propria volta, Kiba cambiò la marcia e condusse la macchina lontano dalla casa degli Hyuuga.
Lei aveva appena fatto una scelta.
Non sarebbe tornata indietro. Non avrebbe potuto.
Ed era meglio così.



   
 
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