L’autunno
da quelle parti era molto strano. Il giorno prima era stata una pessima
giornata. Dopo il pomeriggio burrascoso in compagnia di Mello,
J affrontò suo fratello per telefono, parlando dannatamente in codice. Era
irritante non poter comunicare come persone normali, ma L in quel momento aveva
parecchio da fare con il caso Kira. J seguiva la
vicenda da lontano, con tutte le precauzioni possibili; non sapeva, però, cosa
accadeva in Giappone, chi stesse lavorando con lui, a parte Watari,
e chi fossero i sospettati. Le notizie che Quillsh le
passava erano davvero risicate e si trattava perlopiù di dati sintetici, giusto
per avere una visione generale di quello che stava accadendo. L’unica cosa che
aveva notato di strano durante la telefonata era uno strano rumore metallico,
quasi una catena che veniva trascinata; suo fratello era il tipo di persona da
fare cose parecchio strane, ma una catena poteva significare che era attaccato
a qualcosa … o a qualcuno.
< Ho allucinazioni auditive o
sento uno strano rumore? > chiese, sapendo che L avrebbe risposto a sua
discrezione. Era estremamente capriccioso, aveva l’indole di un bambino e come
un bambino dovevi adularlo se volevo ottenere qualcosa da lui; in quel momento la
ragazza non aveva voglia di metter su un teatrino di moine per tirargli fuori
la verità.
< Qui c’è gente che lavora, mi
sembra ovvio! > non voleva rispondere dettagliatamente e di certo non poteva,
ma J dedusse che sì, quel rumore non l’aveva immaginato e che era qualcosa
attinente all’indagine.
< Spero per te che, nonostante ti
sia incatenato a qualcosa, riesca farti una doccia ogni tanto. Sei
particolarmente vergognoso in fatto di igiene … e non posso venire certo io a
ficcarti in una vasca a forza! > ecco, l’aveva detto.
L era peggiorato nel tempo
e a niente erano valsi l’appellativo di “Pulcioso” e “Puzzone” l’ultima volta
che si erano visti, risalente ormai a parecchio tempo fa. Allora il caso Kira era già nelle sue mani, ma agiva senza mostrarsi a
nessuno. Poco tempo dopo si era palesato alla Polizia Giapponese ed erano terminati
i loro incontri. Erano abituati a non vedersi per mesi, a farsi giusto qualche
telefonata per la voglia di sentire la voce dell’altro, perché non potevano
parlare liberamente di niente.
Le mancavano quei loro rari momenti
di intimità che appartenevano solo a loro, che rimarcavano il loro legame,
rimasto unico per molto tempo e con il mestiere che L aveva scelto non c’era
speranza di fare amicizia con qualcuno. Quando suo fratello era impegnato con
un caso, non c’era nessuna possibilità di passare un po’ di tempo con lui, come
quello straccio di famiglia che erano.
Da parecchi anni il bagno
era l’unica stanza in cui erano solo fratello e sorella, anche se gli argomenti
delle loro conversazioni erano spesso cruenti: si passava da casi del presente
e del passato, con spargimenti di sangue spesso e volentieri, ai progressi di J
con le pistole e la sua mira o in combattimento, oltre che ai suoi risultati accademici,
che di cruento avevano poco, ma mettevano in agitazione la ragazza, che si
vedeva paragonare a L e ai ragazzi della Wammy’s
House, tutti geni senza precedenti, anche se, effettivamente J non era certo
infondo ad un’ipotetica classifica. “Buon sangue non mente” aveva detto Watari una volta ed L sapeva che era la verità.
J aveva preso come una
missione occuparsi di lui, tanto era inutile sperare che iniziasse a
comportarsi come una persona normale, semplicemente perché non lo era affatto.
Erano anni che non mangiava più come tutti i comuni mortali, ma si ingozzava di
dolci; non c’era speranza di farlo vestire in modo più decente; sull’igiene
però non si poteva appellare a niente e a nessuno, così J aveva preso
l’abitudine di andarlo a trovare con un vassoio carico di qualunque cosa dolce
le venisse in mente, da usare come esca, per avere il permesso di buttarlo
sotto la doccia e occuparsi di lui.
La cosa che entrambi amavano
particolarmente era il momento dello shampoo. Quale fosse la ragione precisa,
non sapevano dirlo, ma L si rilassava sotto il tocco delle mani di sua sorella
e J forse godeva di quel momento così personale, in cui suo fratello diventava
estremamente dolce.
< A volte penso di mollare tutto.
> disse una volta il ragazzo, mente la testa insaponata gli dava un’aria particolarmente
infantile. Giocava con la schiuma e faceva le bolle come un bambino di cinque
anni, quei cinque anni che non aveva mai vissuto < Ce ne andremmo via, io e
te … lontano da tutto il chiasso dei casi e dei malviventi … vivere
normalmente, un lavoro normale, una casa … chissà, potremmo aprire una
pasticceria! >
Ciò che seguì fu un altro pessimo
gioco infantile, che produsse l’allagamento del bagno della camera d’albergo
dove alloggiava L.
Andar
via, vivere normalmente. Non erano cose possibili, nemmeno lontanamente. L
aveva la sua missioni e J era pronta a succedere a Quillsh.
Perché doveva essere lei il nuovo Watari? Era
semplice trovare le ragioni. Era abituata a trattare con persone con una mente
particolare e riusciva a trovare il modo giusto per non indispettirle, dato
che, nella maggior parte dei casi erano estremamente infantili e suscettibili.
Near, ad esempio, era il tipo di persona
che preferiva i silenzi e in quei silenzi comunicava molto di più delle mille
parole complesse che era capace di snocciolare. Quando parlava era freddo, una
macchina in azione, mentre la sua calma proverbiale era estremamente
comunicativa. Bisognava imparare il significato dei suoi gesti, come la sua
abitudine di arrotolarsi una ciocca di capelli su un dito, che non era altro
che un modo come un altro per rassicurarsi da solo. J lo aveva notato e aveva
provato un grande tristezza: non sapeva quale fosse la sua storia, perché fosse
alla Wammy’s House, ma era certa che lo avrebbe
tenuto d’occhio.
Mello era esattamente l’opposto, ma non
era la persona più sicura del mondo. Aveva sviluppato un complesso
d’inferiorità notevole che, mescolato al suo scarso autocontrollo, risultavano
distruttivi.
J
sospirò. Si chiedeva perché tutto dovesse essere così complicato, perché
avessero alimentato quella strana guerra per la successione di L, quando
c’erano altri grossi problemi da risolvere. Era scesa in uno dei salotti che
venivano destinati agli incontri con gente che proveniva da fuori e veniva a
far visita all’istituto per qualche ragione. Il sole era già alto. Era metà
mattina e non pareva per niente che il giorno prima si fosse scatenata una
tempesta nella regione. La ragazza era parecchio stanca; quella notte non aveva
dormito molto. Aveva discusso molto con Roger di Mello
e non erano arrivati a nessuna conclusione, se non a considerare che forse non
sarebbe mai stato lui il successore tanto agognato proprio per le sue pessime
reazioni. Aveva pensato allo sguardo disperato del ragazzo ed aveva convenuto
che non era giusto averlo illuso in quella maniera per tanto tempo. Lei non era
esattamente dello stesso parere del direttore, ma pensava, e suo fratello era
in parte d’accordo con lui, che insieme, Near e Mello, sarebbero stati imbattibili. Si sdraiò sul divano e
prese tra le mani un libro che non riusciva ancora a finire, visti gli impegni
che aveva. Non ci volle molto e le parole lasciarono il posto ai sogni.
Mello era diventato veloce nell’uso delle stampelle. Meno
di mezza giornata era bastata a capire come salire e scendere le scale. L’unico
problema era che risultava abbastanza faticoso. Matt lo aveva aiutato la sera
prima, dato che era mortalmente stanco, quanto meno gli apriva porte,
rubinetti, armadi, pareva un maggiordomo! Averlo sempre intorno non era molto
piacevole: si sentiva osservato, anzi controllato dall’amico. Era arrivato
addirittura a provvedere alla sua colazione portandogli il vassoio della mensa
riempito in maniera inverosimile. Sapeva che lo stava facendo per il suo bene,
ma stava risultando parecchio irritante e non aveva voglia di prendersela con
lui.
Con un po’ di fatica era riuscito a
liberarsene e ora vagava per i corridoi e le stanze della Wammy’s
House alla ricerca di un posto che non fosse frequentato da alcuno. Non voleva
saperne di avere a che fare con nessuno. Al mattino, vedendolo fasciato e
armato di stampelle alcuni bambini avevano fatto domande, ma il suo segretario
Matt aveva risolto per lui quell’impiccio, inventandosi una scusa abbastanza
credibile e scaricando la colpa su Near, responsabile
di aver lasciato nel corridoio qualcuno dei suoi giochi per sabotare il suo
rivale. Beh, non gli era dispiaciuta come scusa. Aveva osservato di sottecchi
il ragazzino accusato, ma questi aveva fatto finta di niente, quasi non fosse
stato messo in mezzo alla faccenda.
Percorse
l’ennesimo corridoio e notò una delle porte socchiuse. Filtrava una luce molto
forte, probabilmente proveniente dalla grande finestra che si intravedeva dallo
spiraglio. Spinse la porta con la stampella e lanciò uno sguardo all’interno.
Pareva tutto in ordine, poi notò un piede nudo e affusolato sbucare dal lato
del divano. Qualcuno era spaparanzato in quella stanza e il fatto che non
avesse notato il suo ingresso significava che stesse dormendo. Lo avrebbe
svegliato in malo modo: aveva bisogno di dare libero sfogo alla sua inattività
momentanea e obbligatoria. Procedette con cautela, per evitare di rovinare
l’effetto sorpresa, ma fu lui ad essere sorpreso.
Era J ad essersi addormentata in
quella stanza. I capelli neri erano sparsi su un cuscino rosso che decorava il
divano. La sua pelle chiara risaltava in modo violento e il suo volto mostrava
una calma assoluta. Le palpebre abbassate e le labbra socchiuse mossero
qualcosa nel petto di Mello. Il suo sguardo scese sul
suo collo bianco circondato da un laccio nero da cui pendeva una piccola croce
dorata. Lo sguardo finì sul suo seno e un po’ il ragazzo si vergognò, ma la
trovava una visione irresistibile; la mano della ragazza reggeva a malapena un
libro, “Brigth star” di John Keats.
Mello posò una delle stampelle e lo sfilò con
leggerezza dalle sue mani. Diede uno sguardo veloce alla poesia e ripose il
libro sul tavolino lì accanto. J si mosse nel sonno e Mello
si bloccò trattenendo il respiro. Era strano come i suoi propositi di
svegliarla in malo modo si fossero completamente raffreddati. Era rimasto
incantato da quella visione, da quel momento così strano vedere quella persona
che gli creava una lunga serie di problemi essere indifesa; non solo, aveva
realizzato di esserle assolutamente grato per quello che aveva fatto per lui il
giorno precedente, solo non sapeva come considerare quello strano moto del
cuore che gli era preso quando l’aveva vista così abbandonata nella quiete del
suo sonno, realizzando che era una donna, percependo il suo profumo in modo diverso,
giocando con lo sguardo sulle sue curve.
Si sedette per terra, voltandosi
verso il suo viso e osservando il ritmico alzarsi e abbassarsi del suo seno. Si
lasciò cullare dal calore che emanava e sfiorò la sua mano con un dito.
L’avrebbe fatto, era deciso, probabilmente
era stupido, ma voleva … voleva davvero cosa? Ringraziarla? Sì, forse era
questo che voleva, quindi si sollevò un po’, si mise in ginocchio e posò le
labbra su quelle della ragazza. Fu colpito da quella sensazione, dalla
morbidezza, dai respiri e dai profumi che si mescolavano. Premette un po’ di
più e si sentì percorrere da un brivido.
J
sentì che qualcosa la stava toccando in modo non esattamente pudico. Qualcuno
stava baciando le sue labbra e in quel luogo c’erano solo tanti ragazzini,
Roger e le insegnanti. Roger non era di certo, quell’uomo aveva un odore di
tabacco estremamente forte, mentre quello che sentiva era un profumo di pulito.
Poteva essere qualcuno dei ragazzi. Prima di avere una qualche reazione eccessiva
che avrebbe traumatizzato lo strano avventore, socchiuse gli occhi per
sbirciare cosa stava accadendo.
Se qualcuno glielo avesse detto, non
avrebbe mai creduto che fosse lui, non lui, non poteva essere. Mello, con gli occhi chiusi, teneva ferme con una mano alcune
ciocche di capelli biondi che avrebbero solleticato il suo volto. Era molto
preso da tutta quella situazione, tanto che sentì la sua lingua darle un tocco
leggero, come se volesse saggiare il sapore delle sue labbra. Aveva quasi
quindici anni e quello che stava accadendo era quasi prevedibile. Gli ormoni li
avevano anche i geni.
Il ragazzo si sollevò con
delicatezza e solo dopo riaprì i suoi occhi azzurri. Incrociò immediatamente i
pozzi neri di J: non si vergognò di quello che aveva fatto, di essere stato scoperto,
ma la fissò tranquillo come se quella situazione fosse normale, ovvia,
naturale. Solo dopo qualche minuto si voltò e tornò a sedersi per terra.
Abbassò lo sguardo, tentando di mettere in ordine i suoi pensieri e non solo
quelli.
J continuò a guardarlo,
provando a immaginare cosa gli passasse per la mente, poi si sollevò e si
accomodò per terra alla sua sinistra.
< Era la prima volta? > chiese
in un sussurro, avendo intuito che il primo ad essere sorpreso della situazione
era lui.
Mello annuì con la testa. Non aveva mai
pensato a questo genere di cose, ma quella situazione era stata peggio di una
calamita. Forse ora sarebbe arrivata la ramanzina sul fatto che non si
dovrebbero fare queste cose senza il permesso dell’interessato, ma le sorprese
di quel giorno non erano finite. J frugò nella sua borsa sul tavolino e tirò
fuori una tavoletta di cioccolata. La scartò e gliela offrì.
< Questa dovevo farla recapitare
ad L, ma si arrangerà con altro. > e gli sorrise.
Questa volta Mello
non odiò quell’atteggiamento così disponibile nei suoi confronti. Ora capiva
qualcosa in più riguardo i suoi sguardi, capì che lei lo rispettava davvero
come persona, per quanto fosse matto da legare. Prese la stecca di cioccolata e
ne morse un po’. Il sapore era amaro, doveva essere fondente, ma allo stesso
tempo inondò la sua bocca di calore e piacere. Sorrise deliziato, per la prima
volta dopo settimane.
< Ora quando mangerai cioccolata penserai
a quello che è successo qui, in questa stanza. > disse la ragazza,
lanciandogli un piccolo sguardo di sottecchi per saggiarne la reazione.
< Un rinforzo positivo a qualcosa
di positivo? > chiese Mello un po’ scettico.
< Perché no? > fu la risposta
di J.
Restarono in quella stanza mangiando
cioccolata. La ragazza posò la testa sulla spalla di lui e non dissero più
niente.
Era
ora di partire. Erano le quattro di notte. Non era il massimo, ma l’aereo per
il Giappone era ad un’ora improbabile; doveva vedere Watari.
Sistemò le ultime cose nella sua valigia e controllò che il taxi fosse
arrivato. Quando aprì la porta della sua stanza, c’era Mello
ad attenderla in equilibrio sulle sue stampelle. Aveva lo sguardo basso e
un’espressione di pura tristezza.
< Sei venuto a salutarmi? >
chiese la ragazza, dopo che il ragazzo aveva passato parecchi minuti senza dire
niente < Allora spero di vederti presto. Magari mi chiedono di tornare a
breve, magari passo a Natale. > ora sperava di rivederlo quello strano ragazzo,
ma soprattutto non voleva vederlo in quello stato, triste o perennemente arrabbiato
con il mondo.
< Mi aspetteresti? > fu una
strana domanda quella che venne dalle labbra di Mello.
Non l’aveva guardata fino a quel momento, solo allora sollevò lo sguardo.
< Cosa vuoi dirmi? > non
capiva.
< Tra poco compio quindici anni,
ma probabilmente dovrei crescere ancora un po’ prima che tu mi accetti per
davvero. >
Accettarlo? Era un discorso strano
quello di Mello, ma forse, semplicemente, per la
prima volta si era sentito protetto, compreso e … amato. Il primo bacio, il
primo amore … si era messa nei guai con quel biondino irrequieto. Si sarebbero
rivisti, probabilmente avrebbero lavorato insieme, lo avrebbe anche aspettato
come uomo? Forse sì, sentiva una strana predilezione per lui, una strana
attrazione mentale.
< Ti aspetterò. Tu fai presto.
>
Note dell’Autore:
Salve ragazzi! Questo è l’ultimo capitolo di questa piccola storia. Spero
vi sia piaciuta. Probabilmente ci sarà un seguito, ho bisogno di un po’ di
tempo per riuscire a scrivere gli ultimi capitoli. Se tutto va bene, dovrei essere
pronta per la settimana prossima. Incrociamo le dita!
Ora vorrei ringraziare per le recensioni: Cristy_ (addirittura
tra le storie da ricordare!), orihime02, Nijinsky. Siete state gentilissime!
Le recensioni aiutano chi scrive a mantenere l’entusiasmo!
Ringrazio anche deathnotelawliet e
Momoko Uchiha per aver inserito
questa storia nei preferiti: sono stupita!
Un ultimo ringraziamento a nenezebubba che ha inserito questa storia tra
le seguite, insieme a orihime02 e Nijinsky.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e spero seguirete il
prosieguo della storia. Il raiting sarà un po’ più
alto: un Mello “adulto” è decisamente almeno da raiting arancione!
Vi ringrazio ancora tutti, anche coloro che hanno seguito nell’ombra.