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Autore: Hermionelove    17/08/2011    0 recensioni
Cosa accadde dopo la dipartita di Voldemort? Cosa, invece, dopo che Harry ricompose le due metà della sua bacchetta? Com'è che Harry diventò un Auror?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Hogwarts corre ai ripari!

Harry fissò la sua vecchia bacchetta con interesse, quasi non la rivedesse da tempo. Le orecchie gli fischiavano ancora e il tumulto di sotto era incessante. Per un attimo, quando Hermione urtò contro la scrivania del Preside, temette che Voldemort fosse rinato ma si costrinse a cacciare quella sensazione paranoica.
I ritratti non la smettevano più di applaudire e Silente, che piangeva senza pudore, era ammirato dall’allievo al quale aveva causato tante sofferenze. Dai suoi occhi blu e profondi filtrava una voglia incredibile di essere presente per poterlo abbracciare.
Harry gli strizzò l’occhio e si sentì strano. In sette anni che lo conosceva non aveva mai riservato per Silente una simile familiarità.

<< Amico, sei sicuro di volerlo fare? >> commentò Ron da dietro un alambicco fucsia. << Dico sul serio. Non vogliamo un altro Voldemort... no? >> aggiunse sarcastico.

<< Ron! >> lo blandì Hermione, cercando di contrastare la sua eccitazione.

Hogwarts, benché distrutta per metà, quella notte eterna aveva dato dimostrazione di quanto sia importante avere qualcosa per cui vale la pena lottare. Harry, in cuor suo, sentiva il bisogno di ringraziare tutti coloro che l’avevano sostenuto ma allo stesso tempo temeva le persone radunate in Sala Grande, perché fra loro c’era sicuramente chi piangeva i loro cari. Harry non poteva biasimarli, il fatto che erano morti anche dei ragazzini lo fece stare peggio.
Hermione parve percepire i suoi pensieri. << Harry >> disse con dolcezza, << non potevi farci niente. Hai fatto tutto il possibile perché si mettessero in salvo. Non potevi gestire una mandria di bambini euforici che volevano restare >>.
Harry fece un debole cenno di assenso con il capo, muovendolo appena. I suoi occhi si colmarono di lacrime non sue e provò tristezza. Sperò che Ron non lo guardasse.

<< Andiamo a sigillare la Bacchetta di Sambuco, Harry >> suggerì Hermione, adesso pallida come uno straccio. << Non voglio più avere a che fare con i Doni >>

Il trio uscì dall’ufficio del Preside a passo svelto. Sorpassato il gargoyle gemente a terra, intravidero la professoressa McGranitt in fondo al corridoio che, assieme a Vitious, tentavano di restaurare il più possibile il castello.

<< Credete che Hogwarts tornerà come prima? >>

<< Hermione, è difficile dirlo. Insomma, tutto ciò che è successo ha scombussolato l’Inghilterra... non possiamo stabilire quanto tempo ci vorrà prima che la gente si riprenda dallo shock. Kingsley, poco fa, diceva che centinaia di persone hanno rotto l’effetto della Maledizione Imperius... >>. Ron era poco convinto.
Harry rimase in silenzio. I tonfi dei suoi passi che echeggiavano nella torre erano regolari, ma il suo cuore batteva così forte da fargli male. Era reduce dello scontro più attivo che la storia avesse mai visto. Dopo tutti quegli anni, finalmente il Signore Oscuro era caduto e lui, il Ragazzo Che è Sopravvissuto, l’aveva eliminato. Nel momento in cui l’Anatema-Che-Uccide si era ritorto contro Voldemort stesso, una morsa di gelo si era chiusa nel suo stomaco. Non voleva più pensare al suo gesto eroico. Voleva soltanto riposare e pregare che al risveglio tutto fosse in pace.
Raggiunsero la Sala d’Ingresso e per precauzione Harry gettò su tutti e tre il Mantello. L’aria mattutina fu un balsamo per le disperazioni dei ragazzi. Il trio si avviò verso la tomba di Silente, posta a pochi metri dalla sponda più vicina a loro del lago. L’erba era umida e sporca di sangue. ovunque si vedevano cumuli fumeggianti di oggetti e tanto altro ancora. Hermione cacciò uno strillo acuto quando vide Rookwood appeso a testa in giù sul Platano Picchiatore, trasfigurato in un riccio, inerte. Raggiunta la tomba marmorea, spezzata a metà, Harry fu scosso da un violento sussulto. visitare quel luogo gli fece tornare in mente la visione di Voldemort. Concentrandosi, scoprì di non poter più entrare in contatto con i pensieri di Voldemort, anche se la cicatrice era ardente. Probabilmente, come Silente gli aveva spiegato, la parte di Horcrux che era in lui era andata perduta e con essa anche i poteri speciali che Voldemort gli aveva trasferito la notte in cui i Potter morirono.

Senza esitare ancora, Harry depose la bacchetta fra le mani del Preside, immobile e freddo. I suoi occhi erano chiusi e nonostante ciò Harry poté giurare di avvertire lo sguardo perforante di Silente scandagliargli il corpo. Adesso dovevano chiudere la tomba. Il vento mattutino scombussolò i capelli a Hermione, che si riparò dietro Ron il quale, senza perdere l’occasione, la strinse fra le sue braccia come una bambina. Harry contemplò il lago. C’era del movimento e il fruscio degli alberi o il vero decadimento di mezza foresta segnalava l’arrivo di un gigante. 
La testa china di lato e le ginocchia scorticate, Grop aggirò il lago con due soli passi e consegnò Hagrid al trio, che trattenne il respiro. Dopo quella brutta caduta, Harry pensava che il guardiacaccia non avrebbe retto. Il suo cuore accelerò i battiti e per un attimo il ragazzo perse la vista. Quando si riebbe, si accasciò al suolo vicino a Hagrid, in silenzio.
<< Hagger... no bene >> disse Grop, emanando una puzza tremenda.
<< Harry, dobbiamo chiamare Madama Chips. Lei è più capace di me... >> rantolò Hermione, cercando affannosamente di cicatrizzare i tagli sul volto di Hagrid. Niente turbò l’animo di Ron, Hermione e Harry più del livido enorme che si era aggiudicato mezza pancia di Hagrid. Di forma verdognola, si trattava del residuo di una Maledizione-Senza-Perdono. Harry trattenne il fiato, im-precando fra sé. Se la sarebbe presa con Hermione se il suo cervello non avesse avuto il sopravvento, rassicurandolo.
<< Periculum! >> gridò Harry e dalla sua bacchetta sprizzò un getto di scintille rosse. In lonta-nanza si udì un rumore concitato e subito qualcuno accorse.
<< Fate largo, fate largo! >> sussurrava l’infermiera Madama Chips, reggendo un paio di cotone in una mano e del dittamo nell’altra. Tamponò le ferite intorno agli organi vitali e sulla faccia; la pelle riprese un po’ di colore. Molti ragazzi si accerchiarono su Harry e alcuni gli batterono delle pacche sulla spalla. Di malagrazia, Harry strattonò George a terra.
<< Nervosetto, il nostro eroe... oh, no! Hagrid! >> esclamò George Weasley, i capelli bruciac-chiati e il velo di tristezza per la morte del fratello gemello ancora addosso.
<< Senti, George. Hai ancora uno dei Detonatori? >> bisbigliò Harry di straforo, sperando che Hagrid si riprendesse.
<< Oh, beh... sì, dai, ce ne sono a sufficienza >> commentò, spiazzato da quell’improvvisa e so-prattutto fuori luogo richiesta. << Ci sentiamo un po’ fissati, eh? Non temere >>
George si congedò. Con fare teatrale dissimulò lo scatto metallico dei Detonatori e si unì al pani-co generale per tutti quei clacson.
<< Har... Harry... >> gemette Hagrid.
<< Hagrid, non sforzarti. Resisti... >> implorò Harry. I suoi occhi erano straziati dal dolore, quel-la notte non poteva subire più perdite...
Hagrid si sollevò da terra con uno sforzo che parve costargli tutta la fatica del mondo e riuscì ad arrangiarsi un posto a sedere nella conca formata da due alberi piuttosto spessi. Madama Chips finì di ungerlo con del dittamo e le ferite si rimarginarono. Adesso aveva un aspetto decisamente mi-gliore. Harry, raggiante, si voltò a fissare i suoi compagni, o eroi, come avrebbe voluto chiamarli.
Luna Lovegood era impietrita per la scena ed era pallida come uno straccio. Neville, che la sor-reggeva con ancora in mano la spada di Godric Grifondoro grondante di sangue, sembrava invec-chiato di parecchi anni. I segni di violenza dei Carrow sembravano niente paragonati al suo stato at-tuale.
Harry, esasperato e sfinito, chiuse gli occhi addormentandosi sull’umida erba del prato, deside-rando che le sue orecchie, almeno per quella notte, si spegnessero del tutto.

  
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