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Autore: orual    17/08/2011    13 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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 Ok. Sono un mostro. Però sono tornata, aggiornando tutto, anche il mio divertissement su Hogwarts ai tempi di Molly (per chi non lo avesse ancora visto, qui). Sperando di farmi perdonare! Esami, poi lavoro estivo, poi campi in posti non raggiungibili da internet, poi vacanza...
Però ora ci sono. E questo capitolo mi ha spezzato il cuore, per cui ho voglia di scrivere il prossimo.
Siate buoni e scrivetemi cosa ne pensate.
Comunque Orual è tornata. ;)
Buona lettura.

 
Hogwarts
 
-Hermione, cara...- disse la signora Granger entrando nella stanza della figlia. Hermione era seduta alla sua scrivania, e sfogliava uno dei suoi ordinatissimi quaderni di appunti.
-Dimmi, mamma.
Jean, gli occhi grigi ed i capelli castano chiaro tagliati molto corti, guardò con affetto la sua bambina voltarsi a guardarla. Sapere di aver vissuto per molti mesi senza avere idea di chi fosse sua figlia era un pensiero talmente incredibile che talvolta immaginava di aver sognato tutto. Ma l’anno a Brisbane lo ricordava perfettamente, proprio come tutto il resto della sua vita, adesso che erano settimane che Hermione faceva bere a lei ed a Richard quegli intrugli terribili e puntava loro contro il suo bastoncino. Da due o tre giorni aveva smesso di farlo, dicendo che secondo lei non era rimasto più nulla di dimenticato. Jean ne era stata contenta, visto che quella cura le aveva fatto ricordare anche molte cose che aveva volentieri rimosso da anni, come tutto il lungo periodo prima della nascita di Hermione, quasi dieci lunghi anni senza riuscire ad avere figli. Era curioso che proprio quella bambina così voluta si fosse rivelata così speciale, e non solo nel senso che la sua prima pagella delle elementari (come del resto tutte le successive) non portava alcun voto che fosse inferiore al dieci.
-Pensavo, cara, che forse è tempo di fare compere per la scuola. Sai, andare a... come si chiama? Diagon Alley? So che ormai sei grande, ma ci farebbe tanto piacere accompagnarti...
Era stato bellissimo passare l’intera estate con lei: non accadeva da alcuni anni, ormai. Si erano abituati a non averla con loro non soltanto quando era a scuola, ma sempre più spesso anche durante le vacanze, presa com’era dalle sue amicizie e dalle avventure misteriose del mondo che l’aveva risucchiata. Hermione non aveva mai parlato volentieri di quello che succedeva nel mondo magico negli ultimi anni, ma Jean e Richard non erano degli sprovveduti, e men che meno degli ingenui (Hermione ed il suo cervello non erano nati sotto un cavolo) ed avevano preso a leggere il giornale che lei si faceva spedire a casa. Certo, era difficile prestare fede agli articoli di un giornale le cui immagini si movevano, e quando poi la Gazzetta era sparita per venir sostituita da una specie di rivista con colori più kitsch di quelli di un giornaletto scandalistico babbano, la difficoltà di estrapolare le notizie era diventata ingente. Tuttavia era chiaro che c’era una guerra in corso, e che l’amico famoso di Hermione, quell’Harry di cui lei parlava da mattina a sera, era seriamente coinvolto, e che Hermione stessa, la loro bambina, stava acquistando notoriamente una fama che non le era gradita e partecipava a cose molto più grandi di lei. Cose pericolose.
Discuterne era stato inutile: il risultato, solo il più completo silenzio da parte di Hermione, che aveva cominciato a far sparire di casa i giornali. E quell’espressione tesa, preoccupata, triste che difficilmente la lasciava...
Era bello, bello davvero vedere come fosse serena e affezionata, adesso, e quanto fosse felice di trascorrere il suo tempo con loro.
E finalmente potevano conoscere meglio i suoi amici, dato che non passava giorno che l’uno o l’altro non venisse a trovarla nella loro bella casa in stile georgiano in un sobborgo di Londra tranquillo e signorile. Harry Potter, il “famoso” Harry Potter, gentile, un po’ distratto e per nulla a disagio nella loro casa ordinaria, e l’altro, quel Ron che fissava le cose più comuni con gli occhi fuori dalle orbite, e che baciava timidamente Hermione quando pensava che nessuno li vedesse. Hermione aveva detto che nella tremenda battaglia che avevano affrontato per sconfiggere il malvagio mago contro cui lottavano, uno dei fratelli di Ron era morto, e questo aveva congelato i signori Granger, terrificati all’idea che la loro preziosa ed unica figlia fosse andata così vicina alla morte, e l’avesse più volte fronteggiata. E chissà cosa non voleva dire per la più che fondata paura di spaventarli ulteriormente. Non avevano quasi voluto crederle quando aveva asserito di aver vissuto in tenda tutto l’intero anno, spostandosi per non venire catturata, come poi in effetti era successo. Fortuna, si era detta Jean Granger, che in quell’occasione non le era capitato assolutamente nulla di male, come la figlia le aveva assicurato. I loro nemici avevano l’aria di essere gente senza scrupoli, e avrebbero perfino potuto... torturarla! Fortuna che non era successo nulla.
-Oh, mamma... sì, in effetti mi servono alcune cose e... pensavo, potremmo portare con noi anche Harry e Ron. Voglio dire... sai, io sono sempre stata ospite della famiglia di Ron, e sarebbe bello poter ricambiare, adesso.
Jean sorrise.
-Ma certo, tesoro. Manda loro un messaggio con uno dei tuoi strani sistemi.
-Faccio un salto a casa di Ron, mamma, è più rapido. Ora che ci penso, forse è il momento di comprare un gufo.
Grattastinchi sollevò la testa dal cuscino e soffiò, disgustato.
 
Ron abbassò lo sguardo sulle scalcagnate ciabatte estive come se fossero la cosa più affascinante che gli fosse dato di vedere sulla terra.
-Hermione, a proposito di Hogwarts, io...
-I miei ci danno un passaggio fino a Londra, hanno detto che hanno voglia di rivedere Diagon Alley... sai, per loro è un posto davvero bizzarro! Hai letto la Gazzetta, ieri, vero? I lavori per eliminare gli effetti delle ultime maledizioni sono terminati e tutto è pronto- continuò Hermione, passando in rassegna con occhio critico lo scaffale dei libri di Ron, in uno stato di pietoso disordine come sempre.
-Io penso di non tornare a scuola, Hermione.
-E comunque non credo che noteremo nulla di diverso, a parte il fatto che dovremo frequentare le lezioni con l’anno di Ginny... ecco, questo in effetti sarà un po’... come?
Hermione si voltò di colpo verso Harry, e altrettanto fece Ron, che proprio non si aspettava la risposta dell’amico. Harry, pallido come sempre in quel periodo, tanto che quasi non ci facevano più caso, aveva una strana aria seria e addolorata insieme.
-Hermione, quest’anno non tornerò a scuola- ripeté, con estrema chiarezza.
Hermione sgranò gli occhi. Poi rise.
-Non dire sciocchezze.
-Parlo sul serio.
-Ma...
Realizzò che era serio un memento dopo aver aperto bocca, e l’idea fu come uno schiaffo in viso: Ron la vide barcollare ed appoggiarsi alla libreria. Si riprese subito.
-Harry, è stata dura per tutti noi, ma la vita deve andare avanti. Non puoi permettere che Voldemort ti porti via un anno intero della tua vita senza lottare per riprendertelo... e poi... Hogwarts, di nuovo, ci pensi? Ci è mancata tanto quest’inverno, e non avere più un problema al mondo, solo pensare agli esami del M.A.G.O....
-Uh, certo che questo è un argomento persuasivo...- mormorò Ron, prima di mordersi le labbra pensando a cosa avrebbe dovuto dirle a sua volta da lì a poco, e che quindi era il caso di evitare frecciatine.
Harry si puliva gli occhiali con aria stanca.
-Quest’inverno mi mancava, ed in un certo senso è ancora così, ma non è più il posto per me.
-Che vorresti dire?
-E’ inutile far finta che sia tutto ok, dopo quello che è successo. Non so bene cosa succederà ora della mia vita...- Ron sentì una stretta al cuore a sentire Harry dire così, e vide che Hermione stringeva i pugni fino a far sbiancare le nocche -...ma quello che è certo è che non rientrerò a scuola a settembre.
-E che cosa farai?- Hermione lottava per trattenere i toni pungenti.
-Non lo so. Sono maggiorenne. Sono libero per la prima volta nella mia vita, non ho neanche Gin... voglio dire, andrò da qualche parte. Vedrò qualcosa. Starò con Teddy, forse.
-E’ per Ginny che non vuoi tornare ad Hogwarts?- non poté trattenersi Hermione. Ron la guardò a bocca aperta e si preparò all’esplosione di Harry, che però non venne. Lui fronteggiò l’amica alzandosi lentamente in piedi e parlando con una certa freddezza:
-Non dipende dalle persone, o verrei perchè voi andate. Dovresti saperlo. Ora scusatemi.
Prese la porta, e quietamente uscì. Hermione rimase a guardare la soglia, mordendosi le labbra a sangue, e nella stanza ci fu silenzio per quasi un minuto.
-Cosa dobbiamo fare?- chiese poi lei sommessamente, senza guardare Ron.
“Ci siamo” pensò lui, e si mosse a disagio sul suo letto, dove era seduto.
-Credo... credo che sia giusto che faccia come vuole.
-Ma cosa dici, Ronald!- scattò lei, muovendosi dalla posa che aveva mantenuto e guardandolo piena di irritazione: -E’ uno dei suoi classici momenti “è colpa mia e non ho diritto a godere della vita”, per di più con la faccenda di Ginny in ballo, ma...
-Credo che non avresti dovuto parlargli di Ginny. E poi, da quando si sono chiariti, lei non lo tratta più come un criminale. Ma comunque per Harry non è una pacchia che lei lo abbia mollato, e tu dovresti andarci piano con questi accenni.
Hermione lo fissò:
-Cosa?
-Sono affari loro, e inoltre io gli credo quando dice che non è quello il motivo. Abbiamo visto troppe cose per tornare a scuola come se niente fosse.
-Ma cosa stai dicendo, cosa c’è di meglio che un anno ad Hogwarts a recuperare tutte le cose che ci siamo persi, tutti insieme, senza più pericoli... io ne ho abbastanza, non vedevo l’ora di poter stare al sicuro con tutti voi, e se Harry non ci sarà...
Ron sentì fortissima la voglia di vomitare anche l’anima.
-Staremo insieme anche se non saremo tutti a scuola, Hermione. Non ci sono più cose da temere, adesso.
-Noi dobbiamo convincerlo!
-Non dobbiamo affatto. E comunque... volevo dirti che anche io penso di non ritornare a settembre.
Aveva parlato così veloce che quasi non si distinguevano le parole, ma l’espressione prima vacua e poi completamente sconvolta di lei gli disse che non aveva vuotato il sacco a vuoto.
Le ci volle qualche momento per riuscire a parlare, la voce distorta da quanto la controllava:
-Non tornerai a scuola?- articolò, in tono piatto.
-Temo di no.
Lei sbatté il vecchio libro che aveva preso in mano senza accorgersene sullo scaffale. Parlò con voce tagliente:
-Ron, non essere ridicolo. D’accordo, studiare non è la tua passione, ma non vorrai dire che non intendi finire la scuola?
-Io... sì, in effetti penso... beh, che l’anno che è passato mi abbia insegnato a sufficienza.
-L’anno che è passato ci ha impedito di andare a scuola.
-Beh, non si impara tutto a scuola, Hermione, lo sai benissimo.
-Certo che...- Hermione si bloccò. Si stava arrabbiando, e Ron sapeva che su poche cose come lo studio Hermione era totalmente inflessibile. Su Harry si poteva discutere, il Bambino Sopravvissuto, e tutto il resto, ma lui...
-Ron... non puoi dire sul serio. Il diploma serve, lo studio è importante, qualunque cosa tu voglia fare dopo, e... non fare il bambino come Harry!
-Hermione, so che il diploma per te è importante, ma non tutti siamo uguali.
-Basta con queste sciocchezze!- sbottò lei. Ron vide con dispiacere che era sull’orlo delle lacrime.
Le si avvicinò e le circondò la schiena con un braccio.
-Herm, non fare così.
-Perchè non vuoi tornare ad Hogwarts?- fece lei, con voce davvero addolorata. Ron era impreparato ad una reazione del genere. Sapeva che avrebbe disapprovato, ma non si era aspettato di vederla perdere il controllo a quel modo.
-Voglio fare qualcos’altro. In realtà, voglio...
- Qualcos’altro cosa? Cosa puoi fare se non ti diplomi, Ron?- lo interruppe lei, stridula
-Calmati! Hermione, non fare così! Non mi lasci neanche spiegare.
Sapeva cosa le stava succedendo. Aveva fatto un progetto e loro glielo stavano mandando all’aria.
-Spiegare cosa? Io... io pensavo che saremmo stati tutti insieme... ancora un anno, prima di... voi... perchè devi sempre rovinare tutto?
L’accusa era così ingiusta che Ron aprì la bocca per ribattere e si trovò senza parole. “No. Non di nuovo!” fece in tempo a pensare, rendendosi conto con orrore che stavano litigando per l’ennesima volta. Cercò di sollevarle la testa, per guardarla negli occhi e parlarle.
Ma lei lo guardò, con gli occhi pieni di lacrime, e sciogliendosi dal suo tentativo di abbraccio, corse fuori dalla sua stanza.
 
Hermione si era nascosta nell’angolo riparato dietro la legnaia, nel giardino della Tana.
Ma cosa succedeva? Erano tutti impazziti?
Dopo un mese di vera felicità, con tante cose finalmente risolte, Ron sempre con lei, i suoi genitori ritrovati, e tutti i problemi che comunque restavano senza più il peso dell’ineluttabilità che tutto aveva prima della fine della guerra, la vita aveva cominciato a riacquistare sapore, e così la voglia di fare.
Si rendeva conto quanto avesse pensato con piacere, da quando era arrivata via gufo la circolare della McGranitt, al loro ritorno a scuola, alla bellezza di Hogwarts e della tranquillità dello studio, alle serate in Sala Comune, i pomeriggi primaverili passati a ripassare in riva al lago, e tutto questo finalmente senza problemi. Aveva pregustato un intero anno da trascorrere con Harry e Ron senza pericolo, finire la scuola, prendersi tutto il tempo per diventare adulti ora che di tempo ce n’era, curare le ferite prima di scegliere nuove strade...
Aveva pregustato anche, si rese conto, il potersi occupare con calma di Ginny ed Harry, con la spensieratezza con cui aveva affrontato quel tipo di faccende almeno fino al loro quinto anno, senza che qualsiasi pensiero non implicante guerra, morte, Horcrux la facesse sentire in colpa perchè stava perdendo tempo.
Harry, che l’aveva raggiunta in preda al più profondo disagio, le batté una mano sulla spalla, cauto, per evitare di venire colpito da qualche maledizione.
-Perché, sentiamo? Vi siete messi d’accordo?- strillò lei, alzando uno sguardo furibondo.
-Io... non so nulla della decisione di Ron, lo giuro. Quanto a me...
-Quanto a te cosa? Perchè non vuoi tornare a scuola?!
-Non è il caso, Hermione.
-Tu hai sempre adorato Hogwarts. Almeno quanto me.
-Forse è vero- Harry si grattò la testa, cercando di trovare le parole –Ma penso che fosse per due motivi diversi. Voglio dire, tu ami studiare, io cercavo più una... casa. E’ tutto diverso, ora, tutto...
-Certo, è diverso. Per una volta nella nostra vita potremmo stare insieme a scuola, senza pensieri, senza più Voldemort...
-Non è quello. Non so bene cosa farò adesso, Hermione, ma sono certissimo che non voglio tornare a scuola. Tu però non fare così... ognuno di noi deve seguire la sua strada... sarebbe successo comunque, prima o poi.
Lei tirò un lungo sospiro, poi lo guardò:
-Scusami per aver detto quella cosa di Ginny.
-Non è nulla. Comunque Ginny non c’entra davvero.
-Ron non vuole venire!- sbottò lei, mentre un altro fiotto di pianto le annegava le parole. Un anno senza Harry era un’idea insopportabile. Un anno senza Ron... beh, un anno senza Ron era qualcosa di impossibile. Un controsenso. Hogwarts senza Ron. Non avrebbe potuto andarlo ad applaudire alle partite senza vergognarsi, finalmente, né baciarlo per incoraggiarlo, così lui si sarebbe sentito un leone e non avrebbe sbagliato neanche una parata.
-Sì, avevo capito.
-E’ che... abbiamo perso tanto tempo!
Harry le passò un braccio intorno alle spalle:
-Recupereremo in un altro modo.
Hermione lo guardò:
-Tu sei proprio sicuro, Harry?- chiese, con un’ultima supplica patetica.
Dispiaciuto, lui annuì.
Hermione si alzò in piedi un po’ incerta:
-Credo che andrò a casa. Dillo tu agli altri- fece, senza più guardarlo negli occhi. Fece due passi in direzione dello steccato, ed un momento dopo, si era Smaterializzata.
 
-Mi dispiace disturbare, signore, ma vorrei vedere Hermione.
Era stato il signor Granger ad aprire la porta, e lo guardò vagamente accigliato:
-Entra pure, Ron. Hermione mi sembra un po’... alterata, oggi pomeriggio. E’ successo qualcosa?
-Sì... nulla di grave, cioè, ma vorrei parlarle.
L’uomo si tirò indietro, e Ron si fece strada nella casa ordinata, pulita ed elegante, fino alla porta della stanza di Hermione, al piano di sopra. Aprì senza pensarci su, poi si maledisse:
-Scusate- biascicò.
Hermione, il viso spaventosamente gonfio, stava seduta sul letto dalla trapunta con un sobrio motivo a fiorami celesti (tutta la sua stanza era bianca e blu), e sua madre era intenta a versarle del tè nella tazza che teneva tra le mani. Quando lo vide, appoggiò subito la bella teiera sul comodino della figlia e si alzò, lisciandosi la gonna:
-No, vieni pure, Ronald. Non ho capito bene, ma c’entri eccome in questa storia- disse, gentilmente- sono certa che la consolerai assai meglio di quanto potrei fare io.
Ron era alquanto scettico su quest’ultimo parere, ma si fece avanti, colse uno sguardo incoraggiante della signora Granger che uscì silenziosamente, e in un attimo fu solo nella stanza con Hermione, che sorseggiava il suo tè in silenzio.
La prima volta che era stato in camera di Hermione, aveva solo notato quanto fosse diversa dalla sua. Naturalmente era una camera di ragazza, ma anche quella di Ginny non era così. Tutto era troppo... immobile, come doveva essere normale in una casa Babbana, ma l’effetto per un mago purosangue come lui era vagamente inquietante. I toni del bianco e del blu si rincorrevano sui mobili, i libri riposavano ordinati sugli scaffali: moltissimi libri, che Ron non le aveva mai visto in mano o a scuola: libri di scrittori Babbani che lui non aveva mai sentito nominare o conosceva a stento: Dickens, Shakespeare, Pope, e poi file e file di libri per bambini, che conoscendo Hermione dovevano essere stati letti in età prescolare, se non direttamente sul seggiolone, ed una imponente Encyclopaedia Britannica, e molto altro. C’era la scrivania verniciata di blu, con graziosi disegni bianchi, ed un vaso di fiori sempre freschi, e poi c’era il baule di Hogwarts, e l’angolo della stanza più normale (almeno per Ron), quello con filtri, bacchette, giornali dalle foto semoventi, marchingegni, e la borsa di perline floscia e vuota, appesa ad un grazioso gancio d’ottone come tutte le altre borsette di Hermione, come una delle tante.
Si sedette cautamente sul davanzale della finestra dai vetri impiombati, che affacciava sugli alberi frondosi del viale, tranquillo e poco frequentato. Sperava che parlasse lei, ma visto che la ragazza non sembrava averne alcuna intenzione, si schiarì la voce e cominciò:
-Voglio riaprire il negozio. Il negozio di scherzi, voglio dire. Con George.
Hermione alzò la testa e lo fissò:
-Come?
-Sì. Vedi, quando dicevo che quest’ultimo anno mi ha insegnato tanto... beh, dico sul serio. Ci ho pensato in queste ultime settimane, e una volta tanto so benissimo cosa devo fare. Harry... credo non voglia tornare perchè ha ancora le idee confuse, io invece... beh, per me non è così.
-Il negozio di scherzi?- chiese lei a bassa voce. Non sembrava più propensa ad arrabbiarsi come prima.
-Sì. Voglio stare con la mia famiglia, e voglio occuparmi di George, così... vedi... penso che staremmo tutti meglio. Non dirgli che ho detto che voglio “occuparmi” di lui- aggiunse in fretta.
-Figurati.
-Penso... so che tu credi che io non sono bravo a capire le persone, ma penso che George debba riprendere a vivere, e il negozio è un bel modo di ricominciare a vivere, senza dimenticarsi di Fred.
-Perché dici così?
-Così cosa?
-Che io penso che tu non capisca le persone.
-Beh, io... Oh, andiamo... “hai la sensibilità di un cucchiaino”, e via dicendo.
-Era tanto tempo fa. Non lo penso più da un pezzo.- commentò Hermione, arrossendo un po’. Non che si vedesse molto, sulla faccia arrossata dal pianto.
-Beh, ad ogni modo... quando gli ho proposto di venire a dormire da me ha accettato, e forse accetterà anche questa idea.
-Come, vuoi dire che non gliel’hai ancora detto?
-Beh, prima c’era da chiarire con te. Lo sapevo che non l’avresti mandata giù tanto facilmente.
Hermione poggiò la tazza sul piattino, senza guardarlo, poi sollevò gli occhi.
-Scusami se ho reagito così. Però...
-Uh?
-Ecco... non è giusto che io cerchi sempre di programmare le vostre vite, lo faccio perchè vi voglio bene.
-Lo so- si affrettò a commentare Ron divertito, ma lei non aveva ancora finito.
-Ron, io... non pensare che voglia interferire, ma io credevo... mi era sembrato di capire che avresti voluto fare l’Auror.
Ron strinse le labbra per un attimo.
-Beh... Forse era più una cosa che mi immaginavo di voler fare. Sai com’è, no? Tutti diciamo “da grande farò l’Auror”, o “lo Spezzaincantesimi”, o...
-Non... non mi sembrava che tu la mettessi così.
Ron stette un po’ in silenzio.
-Io...- ricominciò Hermione, esitante, poi si alzò di scatto dal letto, corse da lui alla finestra e gli prese una mano, dicendo con aria ansiosa:
-Ron, io... è bellissimo quello che vuoi fare per George, ma ricordati anche di te. Per l’Accademia serve il M.A.G.O.
Le orecchie di Ron erano rosse, e lui borbottò:
-Tanto non sarei entrato comunque. E poi... ti sembrerà stupido, ma senza Harry mi sembra che non abbia senso.
-Non è stupido. Come per me Hogwarts senza di voi.
Ron la guardò, scioccato:
-Hermione, tu adori la scuola!
-Sì. Infatti ci andrò anche... anche senza di voi. Ma non sarà la stessa cosa. E tu, l’Accademia?
Ron scosse la testa.
-Era un’idea sballata. Per ora, se George vuole, i Tiri Vispi. E non sono un ripiego, credimi. Mi ha sempre affascinato quello che facevano loro. Poi... poi vedremo, chi lo sa?
Hermione annuì, ma sembrava più triste che mai. Ron, d’impulso, se la tirò sulle ginocchia, e lei gli sedette in collo:
-Dai, Hermione, verrò ad Hogsmeade tutti i fine settimana.
-Non è quello... solo... non dovesti dire che non sei all’altezza o non saresti entrato comunque, perchè...
-Ehi! Non fare quella faccia. Non sai che io sono il tipo di persona che vince solo alla fine?
Lei lo guardò, un po’ rossa in viso:
-Di cosa parli?
Lui le fece un sorrisetto, ed alzò le spalle.
-Beh, di te, per esempio- rispose, attirandola a sé e baciandola con trasporto.
 
Settembre era arrivato, il Binario Nove e Tre Quarti era gremito di gente e più rumoroso che mai, perchè la maggior parte del mondo magico si rincontrava in quell’occasione, dalla fine della guerra.
Neville raggiunse il loro gruppo correndo, e tutti si abbracciarono con trasporto. Non fece domande su Harry e Ron, sprovvisti di baule, perchè Hermione aveva scritto a lui ed a Luna per evitare scene imbarazzanti proprio in quell’occasione. Ginny sembrò più felice che mai di vedere Neville, e quando avvistò Luna, appena arrivata sul binario, per mano a suo padre, lo trascinò via dal gruppo dei suoi verso di lei. L’anno passato doveva aver cementato la loro amicizia in modo incredibile, pensò Hermione, cercando di non pensare, per l’ennesima volta, a quanto sarebbe stata sola e abbandonata lei, senza Harry e Ron.
Aveva salutato i suoi con calma a casa. Li aveva trovati più riluttanti del solito a lasciarla andare, ed anche per lei il distacco era stato più doloroso. L’estate passata insieme non era stata sufficiente a ricucire del tutto la sofferenza di quell’anno lontani nel corpo e nel cuore. Sentiva nella tasca il peso della merenda che sua madre le aveva preparato per il viaggio, in un ultimo desiderio di sentirla ancora bambina: la mela liscia e verde e la schiacciata fatta in casa, “che non fa male a denti”.
-Allora... buon anno, Hermione!- Harry la abbracciò stretta, il suo odore fin troppo familiare, e lei lottò per impedire alle lacrime di vincere la battaglia che stavano ingaggiando da quella mattina presto. A scuola senza di lui... a scuola senza di loro...
-Abbi cura di te, per favore. Non farmi preoccupare.
Lui fece il solito sorriso sciupato:
-Tranquilla.
Certo, tranquilla... avrebbe preteso da Ron gufi giornalieri su di lui.
Ron lo prese per mano proprio in quel momento, e la allontanò un po’ dagli altri. Aveva le orecchie rosse, ed Hermione pregò che non intendesse fare qualche gesto dimostrativo proprio allora, ma lui si limitò a mormorare:
-Mi mancherai.
“Potevi venire, allora” pensò Hermione, ma si morse le labbra e rispose:
-Anche tu. Scrivimi di Harry, per favore. E anche di te, naturalmente- si affrettò ad aggiungere, prima che si offendesse –E di George, e di Tiri Vispi.
Ron annuì, le asciugò una lacrima che era riuscita, malgrado i suoi sforzi, a farsi strada sulla guancia e sussurrò:
-Dai, non essere triste. Andrà alla grande. Sei Caposcuola. Avrai un MAGO che resterà negli annali... come tutti i tuoi esami.
Hermione annuì, poi lo afferrò per le spalle, si alzò in punta di piedi e lo baciò, con la timidezza incantevole per Ron che i loro baci non avevano ancora avuto il tempo di perdere. Lui ricambiò con molto più trasporto, praticamente sollevandola da terra, finché la voce di Ginny li interruppe:
-Ehi, piccioncini... il treno parte.
Erano venuti tutti i Weasley, alla stazione, per salutarle. Ginny passò da un fratello all’altro, scomparendo tra le loro braccia, e poi in quelle di sua madre e di suo padre, la spilla di Prefetto che brillava sul petto, “il quarto in famiglia” come aveva singhiozzato la signora Weasley quando era arrivato il gufo con la nomina. Neville sembrava cresciuto ulteriormente in altezza durante l’estate, e la spilla di Caposcuola scintillava negli occhi di sua nonna quasi più che sulla sua uniforme. Anche Luna era stata nominata Prefetto, il distintivo più che mai bizzarro accostato alla sua perenne aria svagata, e la mano alzata a salutare Dean Thomas circondato da ragazzine più piccole (probabilmente le sue sorelle, pensò Hermione) e così il gruppetto blasonato si avviò al treno, trascinando i pesanti bauli. Tutto come sempre eppure diverso da sempre.
Fu all’ultimo che Harry scattò in avanti, afferrò Ginny per un braccio frenandola,  mentre tutti si affrettavano a superarli per salutare gli altri tre dal finestrino e riuscì a mormorarle:
-Fai un buon anno!
Lei annuì, guardandolo negli occhi senza più traccia di astio o imbarazzo.
-Abbi cura di te, Harry- disse, lealmente, poi si voltò, forse per impedirgli di vederle in viso più a lungo, e con i capelli rossi che svolazzavano dietro di lei, saltò sul treno che già si muoveva.
Il suo viso comparve dopo qualche istante accanto a quello di Hermione, e le mani sventolarono fuori dai finestrini finché il treno non arrivò troppo avanti perchè fossero visibili, ed infine sparì tra i vapori che si alzavano come fiocchi di cotone nell’aria di settembre.
 
 
Beh, non pensavate mica che Hermione mandasse giù come acqua fresca il fatto che Harry e Ron non tornassero a scuola?! Fosse successo a me, avrei avuto una crisi isterica.
Lo so, Harry è insopportabile. Ma va capito, è il Bambino Sopravvissuto. Durerà un altro po’, poi si sveglierà.
Invece Ron... ah, il nostro Ron.
Tra parentesi, l’ultimo film ha confermato il mai perso vizio di fargli fare sempre la figura dell’idiota. E invece è un eroe. Un eroe! Ecco!
Un bacione, alla prossima!

 

   
 
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