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Autore: GiuBaka    18/08/2011    2 recensioni
Non era mia intenzione. Non volevo uccidere.
Per nessuna ragione, non volevo uccidere. Non volevo, non volevo, non volevo.
Malgrado quello continuasse a gemere davanti ai miei occhi non riuscivo a fermarmi.
Il primo ostacolo era proprio quello di iniziare: chiunque non avrebbe mai ucciso.
Dopo di ciò nulla era impossibile, iniziai a sentirlo quasi come un bisogno della mia stessa vita o morte.
Non importava più se quel tipo non sarebbe più riuscito a riaprire gli occhi, vedevo solo il bisogno di nutrire la mia sete. Sebbene non lo desiderassi sapevo che la bestia che era in me non si sarebbe fermata, non ero più Samih Taslin: io ero il nero demonio che non sarebbe mai riuscito a perdonare sé stesso.
Samih Taslin è un ragazzo arabo trasferitosi in america per studiare. E' lì che conosce Mizuko Shimizu, una giapponese dagli occhi e i capelli celesti, tendenti al verde. Più i giorni passeranno più si accorgerà di quanto essa è strana. Ma lei non è la sola ad avere qualche problema anche le altre ragazze avranno i loro segreti da nascondere. Come affronterà Sam il passato di Mizuko? Riuscirà a concludere il suo "gioco" senza lasciarci le penne?
Sangue e deliri mescolati in qualcosa di folle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Caddi. Si ma non giù dal ponte, per terra, fortunatamente.
«La fortuna è dalla tua parte, “Perdonatore”. »
Mi vennero i brividi. Una frase del genere detta a pochi centimetri dal viso faceva un certo effetto.
«Hem ... Ti alzi ora?» disse lei imbarazzata.
«Ah.»
Dopotutto, nonostante fosse strana, era pur sempre una ragazza.
Mi alzai e mi rimisi a posto la camicia in disordine.
«Il bottone.» disse lei.
«Cosa?»
«Il bottone.. si è strappato.»
«Ah.»
«Ohi! Non stare là a dire “Ah.”. Se vuoi passiamo per casa mia e te lo cucio.»
Guardai il bottone nero come le converse che indossavo al momento e il filo strappato ancora sulla camicia.
«Ma guarda non importa …»
«Si che importa! Non sai cucire e poi abiti da sol..-»
La guardai male, molto male. Come faceva a saperlo lo ignoro anche adesso, però mi fece veramente paura.
Mi arresi «Va bene. Cucimela.»
Sorrise come una bambina e disse «Seguimi.»
«Ma.. non dovremmo andare a scuola?»
Si voltò e senza guardarmi ripeté «Oggi … non passerà.»
Scossi la testa, altro che ragazza, altro che animale: era proprio una bimba capricciosa.
Anche se dovetti ammettere che riusciva lo stesso a incutermi un’agitazione assurda.

Mentre percorrevamo la lunga strada isolata che mi avrebbe portato a casa sua fantasticai su come poteva essere effettivamente la dimora di questa bestia; qualcosa di trasandato? Come i piatti sporchi accatastati sul tavolo, i libri per terra e le riviste strappate? Oppure degli interni rosa e gli scaffali pieni di bambole e peluche? Non so perché ma Mizuko mi dava solo l’idea di abitare in un posto del genere.
Ci fermammo a metà della via: un piccolo animale giaceva in mezzo alla strada.
Sapevo che lei lo avrebbe notato, da animale ad animale ci si intende no?
Ci scherzai su ma la ragazza sembrò veramente intenzionata a preoccuparsi per lui.
Nonostante non passasse mai una sola macchina se non il vecchio autobus perché era lì?
«E’ferito, non è ancora morto.» disse lei molto seria. «Chiamiamo un veterinario.»
«Idiota non farà mai in tempo.»
«Ohi idiota a ..-»
Non feci in tempo a finire che lei prese il gattino in braccio.
Era stupenda, i capelli lunghi accarezzati dal vento, quegli occhi dal colore inverosimile e quella creaturina piccola e grigia che faceva tenerezza. Non le dissi mai cosa in realtà pensai in quel momento. Un demonio, sembrava un demonio, con in mano la sua piccola vittima il cui sangue le colava già sui polsi.
«Che hai intenzione di fare?»
«Lo porterò a casa, ovviamente.» rispose tranquilla.
La camicia, il gatto o lei stessa? Chi avrebbe avuto bisogno di più di una risistemata?

«Accomodati.» disse facendo cenno di entrare.
«Ah.»
«Che c’è?»
«Nulla.»
Una casa normale. Sembrava veramente una casa normale. Le pareti bianche, il tavolino spoglio con solo il giornale di oggi poggiato sopra, gli scaffali pieni di libri accuratamente ordinati …
Tirai un sospiro di sollievo mentre mi sedetti sul nero divano.
«Prima mi occupo del gatto poi penso a te, ok?»
«O-ok …»
Avrei proprio voluto assistere alle sue famigerate cure per il micio ma alla fine pensai che era meglio così. Non c’era proprio nulla di strano in quell’appartamento, anche camera sua era perfettamente in ordine.
Le lenzuola bianche rifinite e decorate qua e là da qualche fiorellino blu. Ok, non potei fare a meno di fantasticare su qualcosa di sconcio per qualche istante ma dopotutto era normale, la ragazza più bella della classe, un autentico animale. Eppure a prima vista era così carina … Un vero spreco.
«Ehi! Saaaaam!» arrivò lei sorridendo.
«Che c’è?»
Avvicinò la sua mano alla mia fronte e accarezzò i mossi capelli scuri che mi cadevano sulla fronte fissandomi da vicino.
Cambiò espressione, di nuovo quel sorrisetto malizioso.
«Certo che hai proprio due begli occhi.» si mise una mano sulle labbra «Di certo non sono sprecati su di te, caro il mio “Perdonatore”.»
La allontanai di colpo, quasi come fosse una reazione di riflesso.
«Ah, scusa.»
Arricciò le sopracciglia ma non spense il suo sorriso ormai ebete sul viso.
«No, non è nulla.» rispose «Ti ho spaventato?» domandò ridendo.
Non feci in tempo a risponderle che mi mostrò la mano. «Com’è? E’ bello?»
Non lo notai subito, ci misi del tempo a capire che si riferiva al suo smalto.
«E’ nero, come i tuoi capelli! Come sto?»
«Bene. Benissimo.»
Non è vero. Sembrava ancora più il demonio così, ma ovviamente non glielo dissi.
«Nero.. Nero … Ora che ci penso! Devo ancora cucire quel bottone nero alla camicia!»
«Ah ... si.» dissi senza alcun entusiasmo.
«Toglitela.»
«Eh?»
«Toglitela, ho detto la camicia.»
«Ah …»
Aspettai un po’ ma lei continuò ancora prima di potermi muovere.
«Ho detto TOGLITELA!» urlò.
Di nuovo la stessa sensazione di un attimo fa, paura. Iniziai a togliermela in tutta fretta strattonando i bottoni rimasti. Un po’ mi vergognavo, no anzi … di che avrei dovuto vergognarmi? Ero solo un po’ in imbarazzo.
«Tieni.»
Le diedi tra le mani la camicia bianca, tutta appallottolata su sé stessa.
Non stava curando molto la camicia, mi fissava, mi stava fissando.
Mi schiarii la voce «Beh? Non la cuci?».
Mi fissò ancora una volta. Riuscii a malapena a sentire qualcosa uscire qualcosa dalla sua bocca.
«Cosa? » dissi.
«U-uao..»
«Eh?»
«Uao. Ho detto U-A-O! Ti è chiaro testa di rapa?!»
«Beh … detto così è un po’ strano … Ehi! E poi a chi hai dato della testa di rapa?!»
Ero chiaramente in imbarazzo assoluto. Se ci penso avrei potuto essere il “figo ragazzo straniero palestrato” se solo non avessi fatto amicizia con lei e non avessi allontanato così le altre persone da me.

Quella sera non riuscii a dormire. Non so se fosse per l’essere stato a casa di Mizuko o piuttosto ciò che mi aveva offerto per pranzo. Non chiusi occhio. Continuai a rotolarmi sul letto per minuti e forse ore intere.
Feci un sogno: nel sogno c’era una ragazza di classe nostra.. mi pareva che il suo nome fosse Patty… Patty Roberson.. capelli corti a caschetto, il cerchietto in testa. Il sogno mi sembrò così realistico che quando mi svegliai pensai quasi di essere veramente già andato a scuola. La cosa più traumatizzante era che sognavo di ucciderla, sì, strangolandola con le mie mani. Sconcertante, ci avevo parlato si e no due volte. Curioso il fatto che era sempre lei a dirmi quanto dovessi fare attenzione nel diventare amico della giapponese e che era solo una sbandata. Pensai sicuramente di essere rimasto troppo suggestionato da Mizuko.




Tirchi con le recensioni eh BD? Hm, vabbè. Andrò avanti da sola finchè qualcuno mi cagherà! NO PRO. Il sangue verrà a breve ...
  
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