17. Aggressioni,
cadute imbarazzanti e gli effetti di una
dannata luna piena
<<
Di cibo ne hai in abbondanza nel tuo piatto, perché
prenderne dal mio? >>
<<
Il tuo ha un aspetto più gustoso! >>
<<
E’ lo stess… oh, prendi, ingozzati!
>>
Alastor porge
l’intero contenuto della sua colazione ad
Yvonne, e sebbene mostri un’aria infastidita, dubito che non
sia felice della
sua vicinanza. O meglio, Yvy gli è praticamente appiccicata
addosso. Sembrano
essere tornati indietro di mesi, l’unica differenza
è che ora lui non sembra
volerle lanciare un’Avada Kedavra ogni volta che lo sfiora.
Totalmente
diversa la situazione tra Marie e Dylan: ognuno
sembra concentrato su se stesso piuttosto che sull’altro, e
la cosa non va per
niente a mio favore. La piccola Summers è più
pignola e perfezionista del
solito, Wood più rompipluffe di quanto non lo sia mai stato.
Tremo all’idea dei
prossimi allenamenti, mi farà sudare peggio di un maiale
obeso. Il fatto che
non stiano più insieme ha comunque
dell’incredibile: per quanto fossero
diversi, pensavo che si sarebbero sposati, circondati poi da tanti
pargoli
patiti di Quidditch e calderoni.
La mia
condizione, invece? Assolutamente incasinata, più di
quanto lo fosse ieri. So che dovrei pensare a Marie, a Dylan, ma
l’unica cosa
che mi ritorna alla mente è l’immagine di Teddy in
compagnia di quella. Tornata in
camera, avrei voluto
parlarne con le mie migliori amiche,ma la confessione della Summers ci
ha
totalmente assorbite: non c’era spazio per una sciocchezza
simile. Si, perché
si tratta di una stupidaggine bell’ e buona. Non sono gelosa
di lui, non sono
seccata da ciò che ho visto, non sono innamorata di Teddy.
Può mostrare il
petto nudo a chicchessia, per quel che mi riguarda. E giuro che non
menzionerò
nulla di quanto accaduto.
<<
Buongiorno ragazzi, Victoire >>
Mi volto alla
mia sinistra, dove ha appena preso posto
l’oggetto dei miei pensieri. Mi sorride titubante e dischiude
le labbra,
sicuramente per dirmi qualcosa. Lo precedo, alzando la mano in un gesto
stizzito.
<<
Che ci facevi mezzo nudo, in camera, con quella che
sicuramente non era Al, o Dylan? >>
Alle mie parole,
tutti fissano Teddy, dimentichi delle loro
attività: Marie rialza il capo dal libro di pozioni in cui
era immersa
dall’inizio della colazione; Dylan abbandona la sua apatia;
Al ed Yvonne la
smettono di battibeccare sul cibo per donare la loro completa
attenzione a me. Il
fedifrago è palesemente in imbarazzo, deglutisce e lancia
un’occhiata agli
altri, prima di riposare uno sguardo, apparentemente tranquillo su di
me.
<<
Potremmo parlarne dopo >>
<<
Se avessi voluto parlarne dopo, non te l’avrei
chiesto in questo istante >>
<<
Intendevo da soli >>
Marie,
discretamente, ritorna al suo libro ed Al riprende la
sua colazione. Gli unici che rimangono ben attenti alla situazione,
sono Yvonne
e Dylan, per niente intenzionati a perdersi una sillaba dalle nostre
bocche.
<<
Va bene anche qui. Chi era quella? >>
Teddy sospira,
rassegnato. Lancia un’ultima occhiata intorno
a sé, per poi replicare.
<<
Un’amica, una Grifondoro del sesto anno. Era venuta
a restituirmi un libro e poi… >>
<<
Non voglio sapere altro! >>
Balzo in piedi,
consapevole degli sguardi perplessi di
tutti: persino il gufo di Al, appena arrivato, sembra guardarmi con
commiserazione. Afferro la mia tracolla, e con un gesto eloquente a
Marie ed
Yvonne, ordino loro di seguirmi. Ma prima di allontanarmi, afferro un
pezzo di
toast, rivolgendo una smorfia a quello che era la mia Fata Turchina.
<<
Ah, sei un porco! >>
***
<<
Sei gelosa >>
<<
Per la cinquantesima volta Yvonne, non sono gelosa!
>>
<<
Allora sei solamente cretina >>
Lancio
un’occhiataccia alla mia migliore amica, intenta a
rimirarsi le unghie mangiucchiate e ricoperte di smalto blu, oltre ad
inveire
contro la sottoscritta. Camminiamo lungo il prato di Hogwarts, di
ritorno dalle
serre dopo aver assistito all’ennesima scena in cui una
pianta carnivora viene
stuzzicata da Yvonne che rischia, di conseguenza, la perdita di qualche
arto.
<<
Avresti potuto lasciare che Teddy ti spiegasse la
situazione >>
<<
Anche solo per rendere la colazione un tantino
interessante >>
<<
Non c’era bisogno di… >>
Mi fermo
all’improvviso, piantando i piedi a terra e
barcollando in avanti quando Yvonne e Marie si appiattiscono alle mie
spalle.
<<
Che cazzo fai? >>
Yvonne mi
incenerisce con lo sguardo, massaggiandosi il naso
mentre Marie si china a raccogliere un libro che,
nell’impatto, le era scivolato
dalle mani. Lo accarezza come se fosse un essere vivente appena
ruzzolato a
terra e fattosi male, prima di seguire il mio sguardo e guardare un
gruppo di
ragazze a pochi passi da noi.
<<
E’ lei >>
Rispondo alla
muta richiesta della Summers; Yvonne si aggrappa
alla mia schiena, allungando il collo per sbirciare, completamente
dimentica di
avercela con me.
<<
Chi? >>
<<
La ragazza che era con Teddy, è lei. Ha i capelli
legati in uno stretto chignon e l’aria di avere una scopa su
per il… >>
<<
Abbiamo capito! >>
Avanzo di
qualche passo, fino ad essere a pochissima
distanza dal gruppetto di Grifondoro che, solo ora, sembrano accorgersi
della
mia presenza.
<<
Asp… Vicky! >>
In un attimo
Marie e Yvy sono accanto a me e ancora compio
qualche passo, fino a che la ragazza in questione, si volta
completamente,
prestandomi attenzione e incurvando appena le labbra in un sorriso. Le
sue
compagne sono, probabilmente, più intimidite e impaurite di
lei che appare
molto tranquilla. Le vedo indietreggiare e scambiarsi una veloce
occhiata
preoccupata; inutile dire che ne sono compiaciuta: ad Hogwarts sono in
molti a
temere i miei completi momenti di follia.
Eccetto questa
qui, il cui sorriso ora sembra accentuarsi.
Non distoglie lo sguardo, ma compie un gesto del capo, come ad
invitarmi a
parlarle e chiarirle il motivo per cui le sono piombata davanti. La
ragione è
semplice, vorrei afferrarle il viso e spiaccicarla nel fango del parco
o spintonarla
e passarci sopra una decina di volte.
<<
Sei del sesto anno… il tuo nome? >>
Inarca le
sopracciglia, sorpresa: forse si aspettava che
conoscessi la sua identità, ignara del fatto che non ho
problemi a mostrare di
ignorare gli altri, di non provare il minimo imbarazzo o timidezza, pur
se lei
è di un anno avanti a me. Al mio fianco sento il respiro
irregolare di Marie,
che è sicuramente in pena per me, certa che possa commettere
una delle mie
azioni poco ragionevoli. Yvonne invece è tranquilla come non
mai, la sento persino
sbadigliare e battere un piede a terra, impaziente.
<<
Sono Margaret Page, e tu Victoire Weasley. Ti
conosco bene, amo il Quidditch e non potrei non ammirare i giocatori
della
squadra di Gifondoro. L’ultima partita è
stata… >>
<<
Si,si… qual è
precisamente il tuo rapporto con Teddy Lupin?
>>
<<
Teddy? Oh, siamo amici e… oh, eri tu che ieri ci ha
interrotti mentre… >>
Scatto in
avanti, accecata da una rabbia incontenibile e le
afferro il colletto della camicia. Dietro di me avverto il sospiro di
Yvonne e
lo squittio impaurito di Marie. La ragazza di fronte a me mi fissa con
occhi
sgranati ed espressione lievemente sconvolta, mentre le sue amiche
fanno un
passo avanti, subito intercettate da Yvy che le imita, tagliando loro
la
strada.
<<
Che sta succedendo… Victoire? Maggie? >>
Maggie?
Mi volto di
scatto alla voce di Teddy , dapprima severa e
poi semplicemente incredula. Alterna lo sguardo da me
all’altra Grifondoro,
prima che questa si liberi dalla mia presa e gli corra incontro,
buttandosi
letteralmente tra le sue braccia. Accanto a lui
c’è Alastor che si sposta
appena Page gli si avvicina. Grugnisco in risposta, soffiando aria dal
naso
quasi fossi un Ungaro Spinato e sostengo lo sguardo da Caposcuola
adirato che
Lupin mi rivolge.
<<
Puoi spiegarmi perché è così
terrorizzata? >>
Le amiche della
piagnucolona fanno un passo in avanti,
pronte a replicare al posto mio, ma un’occhiata di Yvonne le
mette a tacere
all’istante e allarmate, abbassano il capo. Marie si guarda i
piedi, intrecciando
le dita delle mani, mentre Yvy è assolutamente tranquilla,
anzi giurerei che si
stia anche divertendo mentre strizza l’occhio da Al che
scuote il capo,
rassegnato.
Allo sguardo
penetrante di Teddy, mi riscuoto e sbuffando,
incrocio le braccia al petto, assumendo tutta l’aria di chi
non sa
assolutamente nulla di ciò che le sta capitando intorno:
un’espressione
innocente che so appartenermi ben poco. Persino quando non commetto
nessun
gesto stupido, in qualche modo sono la responsabile di quanto accade:
eredità
Weasley, immagino.
<<
Perché è una fifona ed il cappello parlante ha
commesso un errore a spedirla nella culla dei coraggiosi?
>>
La ragazza in
questione si volta, fissandomi confusa e
spaesata. Teddy, d’altro canto, sembra furioso: allontana
delicatamente la
Grifondoro da sé, avanzando di un passo e continuando a
rivolgermi uno sguardo
deciso e accigliato; serra la mascella e sembra quasi stia ringhiando.
Indietreggio appena, non spaventata, ma piuttosto sorpresa dal vederlo
in
quello stato. Non si era mai arrabbiato con me prima d’ora,
non a quel modo.
Persino quando commettevo qualche sciocca imprudenza, soleva rivolgersi
pacatamente a me, comprensivo.
<<
Cos’hai da scaldarti tanto? >>
<<
RISPONDIMI, VICTOIRE! >>
Sobbalzo, e con
me anche le altre. Yvonne mi si avvicina,
fronteggiando Teddy, prima che Shacklebolt la afferri un polso e
l’attiri a sé.
<<
Ehi, mollami! >>
Ma Al la tiene
stretta tra le sue braccia, con apparente
tranquillità, nonostante lei cerchi di dimenarsi e
sfuggirgli in tutti i modi.
<<
Alastor portale via e non dimenticarti di toglier
loro dieci punti a testa! >>
<<
Che cosa? Brutto fedifrago ingrato! Guarda che ti
riempio di pugni, anzi ti schianto, ti… >>
La voce di
Yvonne, trascinata dall’altro Caposcuola, seguito
dalle altre Grifondoro, si perde nel vento dei primi giorni di marzo,
improvvisamente gelido. Riporto lo sguardo su Teddy, che sembra
infervorarsi
ogni secondo che passa e ora agita la mano impaziente, in un gesto che
mi
invita a parlare.
Inspiro
l’aria fredda ed espiro dal naso con aria seccata ed
infastidita, temporeggiando, cosa che deve peggiorare la situazione
perché
Lupin compie un altro passo verso di me, afferrandomi il polso e
strattonandomi. Indietreggio appena, ma non cerco di sottrarmi dalla
sua
stretta. Ci fissiamo a lungo, prima che sia ancora lui a parlare.
<<
Perché l’hai aggredita? >>
<<
Non ho intenzione di rispondere. Ora toglimi altri
cinquanta punti, spediscimi a pulire vasi da notte, mandami dritta
dalla preside,
non me ne importa niente, Caposcuola
Lupin >>
Lascia la mia
mano con poca delicatezza, guardandomi con
esasperazione.
<<
Non ti sto parlando da Caposcuola, ma da amico
>>
<<
Davvero? Se la tua intenzione era quella di
mostrarti amichevole, hai fallito miseramente >>
<<
E’ colpa tua! Mi farai impazzire, prima o poi !
>>
<<
Se è così non dovresti starmi tra i piedi!
>>
<<
Se non vuoi che lo faccia, basta dirmelo >>
Ora
l’irritazione sembra aver lasciato posto ad un’aria
rassegnata ed estremamente arrendevole. Mi guarda impaziente e ancora
accigliato, la sua fronte è aggrottata e gli occhi sono due
fessure, ma quel
luccichio che li ha accompagna, sembra volermi dire altro. Lo spintono,
compiendo qualche passo lontano da lui e poi voltandomi ad un suo
sospiro.
Ci fissiamo per
diversi secondi, un tempo labile che sembra
infinito. Non voglio che si allontani da me, che smetta di strami
accanto: da
quando è ripiombato nella mia vita, mi sono sentita diversa,
tranquilla e al
sicuro. Protetta dal suo sguardo rassicurante,
dai suoi sorrisi comprensivi e dalle sue dita intrecciate
alle mie: la
sua presenza al mio fianco aveva il potere di attenuare il caos della
mia
esistenza e allo stesso tempo, la mia vivacità gli
permetteva di uscire dal suo
guscio. Ci compensavamo l’un l’altro, come due
anime profondamente dissimili,
ma in fondo assolutamente uguali: esse combaciavano perfettamente, io e
lui
combaciavamo perfettamente.
Opposti
che si attraggono?
O semplicemente
due stupidi che per mesi si sono lasciati
cullare da una bella fantasia, da un’insana illusione che
riusciva a riscaldare
il cuore di entrambi. Sapevo che Teddy la pensava come me, lo avvertivo
dal
modo in cui mi guardava o mi stringeva la mano; lo sapevo fino
all’altra sera,
fino ad oggi. E ora avverto solo terriccio malfermo sotto i miei piedi,
instabile come lo sono io, come siamo noi.
<<
E’ questo che vuoi? Che mi tolga dai piedi?
>>
Sussulto,
riposando gli occhi nei suoi, osservando il viso
pallido e l’espressione non più accigliata, ma
semplicemente ansiosa. Si
avvicina a me, prendendo la mia mano tra la sua, stringendola appena in
una
muta richiesta di replicare alla sua domanda. Ma il fischio nelle mie
orecchie,
il rumore ovattato che ad esse arriva, e il battito accelerato del mio
cuore,
mi impediscono di risvegliarmi dal torpore in cui sono precipitata:
stordita e
confusa, mi limito semplicemente a fissarlo.
E poi annuisce
piano, chiudendo gli occhi e riaprendoli per
rivolgermi un ultimo sguardo deluso. E quando la sua mano lascia la
mia,
avverto le mie membra terribilmente fredde: un gelo che percorre
l’intero mio
corpo fino a raggiungere questo stupido muscolo cardiaco che perde un
battito o
forse due.
Mi volto,
osservandolo allontanarsi da me, con mani in tasca
e spalle curve, quasi portasse su di sé il peso del mondo
intero. Non una sola
parola esce dalle mie labbra, nessun suono che si unisce a quello
stridulo di
un vento che inizia a soffiare troppo forte, che ingarbuglia i miei
capelli con
rabbia, spingendomi in avanti, quasi ad invitarmi a raggiungerlo. Mi
oppongo,
restando impalata a lottare contro nessun altro che me stessa.
***
<<
Maledizione, Weasley! E’ il quarto bolide di fila
che manchi! >>
Muovo il capo in
segno di scuse al rimprovero di Wood,
mugugnando qualcosa che nemmeno io riesco a decifrare. Rialzo gli
occhi,
incontrando lo sguardo divertito di Perrow che, dopo un ghigno
beffardo, vola
via alla ricerca della pluffa. Sbuffo seccata, non ho nemmeno voglia di
prendermela con lui e prenderlo a calci in culo.
Dopo
l’ennesima distrazione e le urla di un Dylan
sull’orlo
di una crisi nevrastenica, l’allenamento
può dirsi concluso. Atterro con poca delicatezza, smontando
dalla scopa e
dirigendomi svelta verso gli spogliatoi; non compio che pochi passi
prima che
la voce del capitano mi blocchi sul posto, facendomi voltare verso di
lui.
<<
Aiutami a riordinare pluffe e bolidi >>
Probabilmente
vorrebbe sembrare più pacato nel rivolgersi a
me o a chiunque altro, lo capisco dalla smorfia che segue la sua
affermazione. Tuttavia
è difficile per lui nascondere il suo tono burbero e
perentorio, soprattutto
nell’ultimo periodo. Annuisco, lasciando cadere la mia
Firebolt e
affiancandolo. Mi chino come lui, sulla piccola valigetta, aiutandolo a
trattenere l’ultimo bolide che, disperatamente, cerca di
liberarsi e sfrecciare
in volo.
<<
Stai bene? >>
<<
Sono stata meglio >>
<<
Ancora problemi con Yvonne e… le ragazze? >>
Rialzo il capo,
nello stesso istante in cui lui lo china.
<<
Non riesci nemmeno a pronunciare il suo nome? >>
Agita la mano,
come se stesse scacciando un insetto
fastidioso e lanciandomi un’occhiataccia.
<<
Non è di me che stiamo parlando. Allora, cos’hai?
Voglio che i miei giocatori siano al meglio, mi rifiuto di perdere una
partita
perché non sapete lasciare i vostri casini fuori dal campo
di Quidditch
>>
Sbuffo,
accasciandomi sull’erba fredda, alzando gli occhi
verso un cielo plumbeo. Mi imita, richiudendo la valigetta e
spostandola di
lato, prima di posare i gomiti sulle ginocchia e fissarmi impaziente.
<<
Ho solo qualche pensiero per la testa, nulla di
preoccupante >>
<<
C’entra per caso quello che è accaduto una
settimana fa con Teddy e Maggie? >>
<<
Maggie! Si può sapere chi cazzo è questa?
>>
Mi fissa,
inarcando un sopracciglio e incurvando lievemente
la linea delle labbra in quello che dovrebbe essere un accenno di
sorriso. Mi
correggo, è più un ghigno sardonico e irritante.
Gli do una spallata, volgendo
il capo altrove e borbottando improperi verso la sua intera generazione.
<<
Merlino, Weasley! Sei gelosa di Maggie? >>
Scatto in piedi,
guardandolo dall’alto e stringendo i pugni
per evitarmi di pestarlo a sangue. Quando vuole sa essere davvero
stronzo, il capitano. Inoltre giuro
che se qualcun
altro si azzarda a dire una cosa del genere e totalmente fasulla, lo
inchioderò
alla Torre di Astronomia.
<<
Vuoi dei figli Dylan? >>
<<
Un giorno, probabilmente >>
<<
Allora non ti azzardare più a menzionare quella
parola in mia presenza o giuro che ti do un calcio lì sotto,
talmente forte, da
impedirti di procreare! >>
Ridacchia
sommessamente, per niente intimorito dalla mia
minaccia. Si rialza quindi, battendo le mani sui pantaloni della
divisa, oramai
sporchi di fango ed erba fresca. Mi si avvicina, posando le mani sulle
mie
spalle e fissandomi concentrato.
<<
Se io ammetto di essere incazzato per la storia di
Marie, anche tu puoi accettare il fatto che provi qualcosa per Teddy
>>
Se
l’è
cercata lui.
Prendo a
rincorrerlo per tutto il campo, sbilanciandomi in
avanti di tanto in tanto per mollargli un calcio diritto nel deretano.
Lui
corre a perdifiato, ridendo e borbottando qualcosa sulla sua
autorità di
capitano, oramai totalmente andata a farsi benedire. E mentre sto per
raggiungerlo, si ferma improvvisamente, così da farmi
sbattere il muso contro
la sua schiena e ricadere pesantemente a terra.
<<
Ti sei scimunito? >>
<<
Scusate >>
Inclino il capo,
rialzando lo sguardo su Marie, in piedi
dinanzi a noi, titubante e impacciata. Dylan d’altro canto
sembra un blocco di
marmo, sguardo accigliato compreso.
<<
Ti aspettavo all’ingresso, Vicky. Ma quando tutti
gli altri giocatori sono rientrati e di te non c’era traccia,
mi sono
impensierita e ho deciso di venire a cercarti >>
Si sporge verso
di me, guardandomi con apprensione.
<<
Tutto bene? Che ci fai lì a terra? >>
<<
Chiedilo a lui! >>
Mi rialzo,
furente e accigliata, lanciando a Dylan
un’occhiata raggelante. Lui si volta, scrollando le spalle e
mostrandomi una
smorfia.
<<
Stavo solo cercando di farle aprire gli occhi, è un
po’ ottusa la ragazza >>
Compie qualche
passo, pronto a filarsela, quando allungo una
gamba distrattamente, mettendogli lo sgambetto e facendolo ruzzolare ai
piedi
della Summers che, sorpresa, fa un balzo indietro. Sbuffo una risatina
all’espressione un tantino furibonda del mio capitano, prima
che mi rivolga uno
sguardo omicida che riesce a farmi ingoiare il mio tentativo di
ridergli in
faccia.
<<
Stai bene? >>
Marie si china
su di lui, offrendogli una mano in modo che
possa rialzarsi. Nella voce e nei gesti colgo chiaramente apprensione e
inconfondibile
premura. Ma Dylan non sembra pensarla alla mia stessa maniera,
perché scaccia
la mano della mia migliore amica, rispondendole seccamente, quasi
infastidito.
<<
Ce la faccio da solo >>
E
così si rialza senza accettare il suo aiuto, afferra la
sua Firebolt assieme alla valigetta contenente bolide, pluffe e
boccino, per
sparire verso gli spogliatoi. Mi affianco a Marie, sorridendole appena.
Lei
ricambia, alzando le spalle e incamminandosi con me fuori dal campo.
<<
Dovevo aspettarmelo, ed incolpare solo me stessa di
questa situazione >>
<<
Potrebbe almeno sforzarsi di essere gentile,
miseriaccia! >>
<<
Non importa, va bene così. Andiamo? >>
E
così trotterello dietro la Summers, prendendole la mano e
seguendola. E così sembra di ritrovarsi esattamente a dove
eravamo all’inizio
di quest’anno scolastico: io e Teddy che a stento ci
rivolgiamo la parola,
Yvonne che stuzzica Al senza risultati e Marie che tiene alla larga
tutto e
tutti eccetto le sue migliori amiche.
Che bel gruppo
di adorabili sfigate!
***
Mi guardo
intorno febbrile, l’aula dei duelli è sempre
più
piena; restiamo solo in quattro a contenderci la vittoria tra i
Grifondoro: io,
Yvy, Alastor e Sloper. Poso lo sguardo su Teddy, impegnato in una
conversazione
apparentemente tranquilla con Al; i nostri sguardi si incrociano per
brevi
istanti per poi perdersi nuovamente. Nei giorni trascorsi
dall’ultima volta che
ci siamo parlati, non abbiamo fatto altro che evitarci.
Un buffetto di
Yvonne mi riscuote e voltandomi verso di lei,
la vedo sorridere e imitare qualche ragazza del settimo anno:
è il suo
personalissimo modo di tirarmi su il morale.
<<
Procediamo ragazzi… >>
La voce del
professor McMillian mi distrae dallo
sghignazzare in compagnia della mia migliore amica. Si appresta ad
eseguire il
sorteggio e pronunciare i nomi di coloro che si sfideranno a breve.
<<
Weasley e Sloper >>
Strizzo
l’occhio ad Yvonne che, nel prossimo duello, dovrà
automaticamente vedersela con Al. Ricambia nervosamente il mio sorriso,
voltandosi verso Shackebolt che sospira amareggiato, probabilmente non
era nei
suoi piani il duellare con lei.
Avanzo verso la
pedana, attendendo che questo scontro inizi
ed abbia fine rapidamente. Attendiamo diversi secondi, ma di Sloper non
c’è
traccia. McMillian lo richiama più volte, fin quando uno dei
suoi compagni di
dormitorio, non arriva trafelato di fronte a noi.
<<
E’… è in infermeria, una brutta caduta
dalle scale
mentre… >>
Giuro che
stavolta non ho
assolutamente colpa. Chris mi è simpatico,
è un mio compagno di squadra, figuriamoci se avrei potuto
essere così sleale.
Il professore sembra riflettere qualche minuto, prima di annunciare il
mio
passaggio alla fase successiva: e ora non ci sono dubbi che
dovrò affrontare Al
o Yvonne al prossimo giro.
Mi riavvicino ai
miei amici, beccandomi pacche sulle spalle
e risatine, nonché commenti non molto delicati, inerenti
alla dimensione del
mio deretano. Teddy non è più qui, se la
sarà svignata non appena ha sentito
pronunciare il mio nome.
L’attimo
dopo mi sento afferrare per un braccio da Dylan che
mi rifila qualcosa come tre o quattro libri di dimensioni
considerevoli. Lo
guardo stranita, aspettando il momento opportuno per dargli un calcio
in bocca.
<<
Vicky devi riportarli nella mia camera, io non ho
tempo! Hai sentito, no? Sloper è in infermeria, devo correre
al campo e rifare
gli schemi di gioco, riorganizzare il nostro attacco e…
e… >>
<<
Va bene, va bene! >>
Sbuffo,
vedendolo correre via come un ossesso e scontrarsi
con una decina di ragazzetti del primo anno che si spostano
terrorizzati: Dylan
incute più timore di me. Lancio un’occhiata a
Marie ed Yvonne, perché mi aiutino,
ma con mia grande irritazione, scopro che se la sono già
filata via. Chi ha
detto che gli amici si vedono nel momento del bisogno?
Risalgo le scale
che non vogliono collaborare, spostandosi
in continuazione e beccandomi le derisioni di Pix che fa di tutto per
vedermi a
faccia in giù. Arrivo in Sala Comune diversi minuti dopo,
incazzata e stanca.
Risalgo le scale del dormitorio maschile, in fretta e senza fermarmi
nemmeno
quando un dolore lancinante al fianco mi impedisce quasi di respirare.
Spalanco la
porta, dritta verso il letto di Dylan. Ma a
causa della fretta, della rabbia e dell’indignazione, avevo
completamente
dimenticato che Teddy avrebbe potuto trovarsi in quella camera, cosa
che effettivamente
è accaduta. Con un tonfo riposo i libri del mio amato capitano, rialzando lo sguardo su
Lupin che, con l’espressione
più seccata che gli abbia mai visto, mi fissa.
<<
Dovresti ricordarti di bussare, Victoire >>
<<
Nel caso in cui tu fossi, ancora una volta, in
compagnia di Maggie?
>>
<<
Non è il caso che tu inveisca ancora, non stasera
>>
Continua a
guardarmi, ma con un dito indica qualcosa fuori
il vetro spesso della finestra: la luna. Sussulto appena, decisa a non
lasciarmi intimorire dal suo sguardo e dal colore dei suoi occhi, dei
suoi
capelli: neri come la pece. Non sono mai stata in sua compagnia durante
queste
sere, non ho mai appurato quali fossero gli effetti di quella
stramaledetta
sfera su di lui.
<<
Non ho paura di te >>
<<
Dovresti >>
Mi si avvicina,
nel momento stesso in cui io indietreggio,
trovandomi con le spalle alla porta. Mi mostra un sorriso sghembo e
nell’occhiata
che mi lancia non percepisco niente: non lo riconosco. Deglutisco
appena,
decisa a non farmi intimorire da lui, da ciò che
è in questo istante e dallo
strano senso di oppressione che sento pesante sul mio petto. Non gli
rispondo,
mi limito a sostenere il suo sguardo cupo.
<<
La sera in cui ti ho baciato… era una di queste:in
quel buio corridoio eravamo illuminati dalla luna, o sbaglio?
>>
Sgrano appena
gli occhi, quando la verità delle sue parole
mi colpisce. Non ci avevo mai pensato, ma è così,
quella sera di diversi mesi
fa, fu l’influsso che la luna ha su di lui a spingerlo a
baciarmi.
Improvvisamente avverto uno stranissimo senso di delusione
attanagliarmi le
viscere.
E’
stato solo per quello?
<<
Fu questa la ragione per cui lo facesti, dunque?
>>
Sorride ancora,
avvicinandosi di un altro passo fino a
trovarsi a pochi centimetri da me. Abbassa il capo, parlando al mio
orecchio.
<<
L’influsso della luna mi spinge solo a fare ciò
che
desidero, a liberarmi della ragione per dar sfogo ai miei desideri.
E’ l’istinto
a guidarmi in sere come queste. Per tale motivo ti consiglio di
andartene,
prima che possa ritrovarmi a fare qualcosa di cui entrambi ci
pentiremmo
domattina >>
Rialzo lo
sguardo su di lui, perdendomi in quel nero così
intenso e così spaventoso. Ma è una paura buona,
una di quelle che ti spinge ad incontrarla, a provarla piuttosto che
scappare
via. Quegli occhi mi attirano, e mi sento come un stupido pezzo di
acciaio
inerme, attratto da una calamita.
E quello che
accade l’attimo dopo, l’annovero come una
totale mancanza di razionalità, come se non fosse solo un
mio desiderio, ma una
necessità, un’urgenza. Gli getto le braccia al
collo, incollando le mie labbra
alle sue e avvertendo quel sapore acre di menta che inebria il mio
olfatto. Non
resta ferma a lungo, subito le sue braccia cingono la mia vita e con
irruenza
dischiude le mie labbra, così da mischiare le sue sensazioni
alle mie.
E’ un
bacio diverso da quello datomi mesi fa: anche questo
non ha niente di tenero, ma è consapevole, voluto da
entrambi. Bramato e sempre
negato.
Le sue mani
sfiorano le mie cosce e quasi non avessi peso,
mi rialza, poggiando il mio corpo alla porta e premendo con il suo,
deciso ad
intrappolarmi e non lasciarmi fuggire. Se è questo il suo
timore, è del tutto infondato:
non ho alcuna intenzione distaccarmi da lui, di allontanarmi da queste
sensazioni così forti e irrinunciabili; tutti i miei sensi
sembrano essersi
svegliati, è solo la mia mente, per il momento, ad essere
offuscata.
E il minuto
successivo avverto la freschezza delle lenzuola
sotto di me, il suo peso sul mio corpo che freme ad ogni tocco.
<<
Potrei farti del male >>
<<
Potrei fartene anch’io >>
Quando mi sveste
con impeto e passione, quando penetra in me
con poca delicatezza, so che il dolore non mi spaventa e che non vorrei
essere
in un altro posto: non vorrei sentire altri respiri, altri gemiti se
non quelli
di Teddy. E non vorrei avvertire altra pelle contro la mia, se non
quella dell’unico
uomo che abbia mai significato qualcosa per me.
Lui è
l’unico che può darmi ombre e luci,
l’unico che io
possa amare.
L’amore
è devastante e non ci sono entrata in punta di
piedi, ci sono letteralmente piombata dentro.
Non posso
disfare quello che ho fatto, ci sono cose che non
si possono cambiare: indietro è difficile tornare e a mie
spese l’ho imparato.
Non puoi rimettere dentro del dentifricio uscito da un tubetto, neanche
volendo. Ma posso imparare a vivere con le scelte che faccio, fino alla
luce
chiara del mattino.
All’inizio avreste voluto strozzarmi,
nevvero? Ma poi… sorpresina finale! xD
Probabilmente siete rimaste un tantino
interdette dal comportamento di Teddy, ma come precedentemente ho
detto, la
luna ha un effetto piuttosto devastante su di lui. Un po’
come avveniva a
Remus, ma senza zanne e peli. xD
Non abbiatecela con Teddy e Maggie, vi
avviso che niente è successo tra quei due! Più in
là sarà tutto chiaro!
Commenti, critiche?! xD
A presto care!
:*