Capitolo
2
Nonostante fosse
stretto fra le braccia di
Minho, le lacrime del maknae non riuscivano a placarsi.
Ebbene si, era in piena crisi di pianto. Non era
la prima volta e non c’era cosa che esso odiava di
più al mondo. Si arrabbiava
con se stesso perché non riusciva a fermare
quell’acqua salata che scendeva dai
suoi occhi e
ciò gli provocava altre
lacrime.
Minho sapeva bene che in questi casi l’unica
cosa da fare era lasciarlo sfogare e, una volta calmato, bisognava
distrarlo,
solo così esso non si sentiva in colpa e sul suo viso
sarebbe rispuntato il
sorriso.
Lo tenne stretto a sé, la maglia a righe bianche
e nere del suo pigiama ormai era completamente bagnata dalle lacrime
incessanti
del piccolo.
Dopo un’ora finalmente Taemin riuscì a
pronunciare quelle parole “Ok, mi è
passato.”
Minho lo scansò delicatamente dal suo petto,
sorridendogli amorevolmente, come una madre fa quando il proprio
figlioletto
cade dalla bicicletta e si sbuccia un ginocchio.
“Senti, ti va il latte? Un bel banana-milk alle
2 della notte ci sta! No?” disse con ironia.
Taemin scosse avanti e indietro la testa e
sorrise, “Grazie” disse infine.
Solo quando il moro lasciò la stanza si rese
conto che il temporale era finito.
Aish.
Mi
faccio pena da solo. Piangere come un bambino di due anni
perché fuori c’è il
temporale. Chissà che
pensa ora di me, e per di più mi è venuta pure
una crisi di pianto!
Devo davvero avergli dato l’impressione di uno sfigatello.
Dopo qualche minuto Minho ritornò in cucina con
il latte e lo porse all’amico che sporgendosi in avanti a mo
di inchino lo
ringraziò.
Rimasero in silenzio fino a quando il ragazzo
più giovane non ebbe finito di bere il suo latte.
“Scusami ancora” disse interrompendo il silenzio
che ormai padroneggiava la stanza.
“Mh. No tranquillo. Posso capire, è stata un
giornata pesante, le ansie per il come back e tutto il
resto… E’ normale che tu
sia scoppiato. Tranquillo” disse voltandosi dalla sua parte
con un sorriso.
Taemin ricambiò il sorriso, “Andiamo a
dormire?”
disse “Ti ho già rubato troppo tempo.”
"Okay” disse il moro alzandosi, e portando una
mano in direzione dell’altro per aiutarlo a tirarsi su.
Il rosso prese la mano dell’amico e dopo pochi
minuti ognuno era ritornato nella propria stanza.
Perché il piccolo Taemin aveva così paura dei
temporali? E perché lui non lo sapeva? Quelle lacrime erano
davvero dovute alla
paura dei tuoni o c’era qualcos’altro che lo
spingeva a stare così male?
Ripensò a tutto, dal momento in cui spense la
luce della cucina al momento in cui chiuse la porta della camera dietro
le sue
spalle pochi secondi fa. Nulla. Nessuna azione, nessuna parola dette
dall’amico
sembravano rispondere alla sua domanda.
Si fermò a pensare intensamente al momento in
cui lo teneva tra le sue braccia. Quella sensazione di calore e
tranquillità
che lo avvolgevano, il cuore che batteva ad una velocità
talmente elevata che
sembrava quasi gli uscisse dal petto. Il sapore di camomilla che
proveniva dai
suoi capelli.
Poi ripensò a quelle poche parole che si erano
scambiati.
“Ci
sono qua io ora. Non c’è nulla
di cui avere paura. Shh. Non ti succederà niente”
Pff. Sono proprio un
coglione.
E con
questo pensiero si lasciò trasportare nel sonno.
Passò una
settimana esatta da quella notte.
Key e Onew erano stati chiamati per duettare in
un programma e ovviamente Jonghyun non lasciò
andare da solo il suo amato.
D’altronde
come si fa a non stare accanto a chi si ama? Come si fa a respingere
quella
forza attrattiva che li spingeva a stare insieme? Anche solo stare a
guardarlo
nel camerino, mentre le hair-stylists e makeup-artis svolgevano il loro
lavoro
faceva stare bene Jonghyun.
Vederlo che
pochi minuti prima di esibirsi poi, chiudeva gli occhi e respirava
profondamente cercando tranquillità e concentrazione era una
delle visioni più
belle al mondo.
Jonghyun
non riusciva a credere che quell’angelo non fosse una delle
sette meraviglie
del mondo e non capiva nemmeno come faceva quella meraviglia a stare
con lui.
“Shh. C’è
la partita” disse indicando la tv che aveva acceso poco prima.
Sulle
schermo comparì prima un prato verde e poi le squadre in
fila pronte ad
ascoltare il proprio inno a testa alta.
“Uff”
sbottò il piccolo “Sai io stavo leggendo e quel
coso non mi fa concentrare”
disse sventolando il giornale,
Minho però
non sembrò prestargli il minimo ascolto è
continuò a fissare lo schermo
concentrato.
Taemin su
c’erte cose era proprio un bambino. Lui era arrivato li per
primo. Lui aveva il
diritto di starsene comodamente svaccato con le gambe stese e sempre
lui aveva
il diritto di non sentire le urla dei tifosi e la noiosa telecronaca
dei
giornalisti.
Così buttò
le sue gambe sopra le ginocchia del ragazzo.
Minho si
girò, lo guardò come se nulla fosse ed
alzò il volume della tv.
Vuoi la guerra allora eh? Pensò il rosso che
stava già
iniziando a rompere a piccoli pezzi la carta del giornale per lanciare
poi le
palline a colui che ormai era diventato l’avversario.
Dopo due
lanci però l’altro lo interruppe.
“Tae,
perché hai così paura del temporale?”
chiese sempre con lo sguardo fisso sullo
schermo.
“Mhà!
Nulla
di che! E’ come chi ha la fobia dei serpenti, dei topi, delle
api… Così, non
c’è un motivo in particolare, è sempre
stato così”.
“Allora…”
intervenne il moro deglutendo forse un po’ troppo
rumorosamente “Se la prossima
volta scoppia un temporale, puoi chiamarmi eh? Cioè dico,
non serve ridursi a
piangere in cucina come un cane bastonato. Davvero, non mi
disturbi.” Concluse
portando il suo sguardo negli occhi dell’altro.
Per fare
ciò ci volle una forza immensa. Lui aveva bisogno dei suoi
ritmi, e delle sue
parole non dette.
Non si era
minimamente accorto che l’altro si era messo a sedere, e che
il suo volto era
vicino, troppo vicino.
Il rosso
sorrise dolcemente e portò una mano alla guancia
dell’altro, accarezzandola “Grazie
honey” disse sottovoce e con un gesto veloce tirò
a se il moro con la mano
libera.
Ora i loro
visi erano davvero troppo, troppo, troppo vicini.
“Se hai
intenzione di baciarmi Minho, fallo, muoviti. Non rimanere a fissarmi
così…”
Senza
farselo ripetere due volte il moro appoggiò le sue morbide
labbra su quelle
dell’altro ed esso portò la mano dalla guancia ai
capelli dell’altro,
stringendoli. A quel punto le loro lingue iniziarono una danza spinta
dalla
musica della passione.
Minho
spinse il rosso nuovamente con la schiena appoggiata al divano mentre
l’altro
iniziò a sbottonagli la camicia.