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Autore: SAranel    19/08/2011    2 recensioni
"Draco non era mai stato come tutti gli altri.
Poteva aver dato l’impressione di esserlo, al di fuori, ma era solo una maschera,
una maschera che un Malfoy doveva indossare per poter vivere tra la gente comune.
Draco era sempre stato un uomo, sin dal giorno della sua nascita."
Una One-Shot su Draco, sui sentimenti da lui provati in un momento cruciale della sua vita.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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A te, J, per tutto.

Senza Maschera

 



Draco non era mai stato come tutti gli altri.
Poteva aver dato l’impressione di esserlo, al di fuori, ma era solo una maschera,
una maschera che un Malfoy doveva indossare per poter vivere tra la gente comune.
Draco era sempre stato un uomo, sin dal giorno della sua nascita.
Draco non aveva mai giocato con qualcosa che i suoi genitori non avessero prima approvato.
Draco non aveva mai avuto amici che a lui piacessero veramente.
Draco non era mai stato davvero un bambino.
Draco non era mai stato una persona ma un nome, un nome potente, un nome che incuteva reverenza e timore, un nome che imponeva una vita in cui lui non avrebbe potuto aver mai voce in capitolo.
Era stato servito, elogiato, viziato per tutta la sua vita e severamente istruito come fosse una bambola, un giocattolo da plasmare come si voleva.
Cosa aveva mai fatto lui, che servisse a compiacere se stesso?
Draco era seduto in Sala Comune, da solo davanti al focolare spento, e pensava. Pensava a tutta la sua vita, ad ogni giorno sprecato a essere qualcuno diverso da se stesso.
Pensava a tutti i giorni in cui avrebbe voluto essere qualcun altro e un ricordo più nitido di tutti gli altri si fece largo nella sua mente, colpendolo quasi fosse solido, materiale:

 

“Ciao” disse una bambina avvicinandosi a lui, come fosse la cosa più naturale del mondo. Era più piccola di lui e aveva un aspetto buffo con i suoi capelli castani legati in due strani codini sopra le orecchie. Draco storse il naso mentre la guardava, dalla testa ai piedi, pensando a quanto era sciocca quella bambina per avvicinarsi a lui così. Senza rispetto alcuno. Suo padre era a casa di un collega del Ministero e lui era stato gentilmente invitato a rimanere fuori.
“Vuoi giocare?” gli disse, senza cogliere il suo sguardo irritato, nella sua ingenuità di bambina. Gli indicò l’albero li vicino.
“Cosa diavolo ti fa credere di potermi chiedere di giocare con te, sciocca ragazzina?” gli disse acido, con la sua vocina infantile ma già dura e piena di disprezzo. La bambina lo guardò con gli occhioni azzurri spalancati ma non diede segno di essersi offesa più di tanto.
“Sei cattivo se mi parli così. Ti ho visto qui da solo e mi sembrava che fossi triste. Mi serve qualcuno con cui giocare. E’ facile, sai? Hai mai giocato a nascondino?” gli riferì con tutta la semplicità del mondo, come se non l’avesse trattata malissimo solo un secondo prima.
Draco la guardò ancora una volta, interdetto. La bambina non sembrava voler nulla da lui, come gli uomini che andavano sempre a trovare suo padre, a chiedergli favori su favori con mille inchini e riverenze… e oltretutto quel gioco lo incuriosiva, nonostante si sentisse quasi in colpa per cosa avrebbe potuto pensare suo padre; tuttavia però si alzò dal masso accanto al tronco e si avvicinò a lei.
Lei sorrise, evidentemente felice di averlo convinto. Lui non sorrise. Rimase serio come gli era stato insegnato, mantenendo il rigore e l’eleganza di un vero Malfoy.
“Come devo fare?” domandò alla bambina ostentando sicurezza.
“E’ semplice! Chiudi gli occhi senza spiare, davanti alla tana, che è questo albero, e io mi nascondo. Quando finisci di contare poi vieni a cercarmi… e io devo cercare di arrivare alla Tana senza essere scoperta da te” spiegò diligente con gli occhi rivolti all’insù come se cercasse di esporre al meglio il regolamento del gioco. Draco la guardò con una sensazione confusa dentro di se e si limitò ad annuire.
La bimba battè le mani tutta contenta e corse via mentre Draco coprendosi gli occhi con le mani cominciava a contare. Arrivato a venti aprì gli occhi guardandosi intorno alla ricerca di qualche segno della presenza della bambina.
Si allontanò di qualche metro dall’albero e scrutò con attenzione i vecchi cespugli e i tronchi d’albero spezzati. Cercò di sorprenderla dietro il vecchio scivolo arrugginito, tra le fronde del vecchio salice poco lontano ma nulla da fare; all’improvviso poi un rumore lo costrinse a voltarsi. La piccola Coral stava velocemente scendendo tra i rami folti dell’albero-tana e Draco preso alla sprovvista e troppo lontano prese a correre più veloce che poteva. La piccola però, ridendo, fu molto più rapida di lui.
“Tana!” gridò, mentre lo guardava ridendo allegramente con la sua voce cristallina. Anche Draco suo malgrado, come se non se ne rendesse conto, scoppiò in una risata fragorosa.
“Però non vale!” disse, ancora ridendo “ma sei stata furba!”
Prima che lei potesse rispondergli però, Draco fu strattonato con veemenza per un braccio. Il suo cuore prese a battere a mille quando i suoi occhi incrociarono quelli di suo padre.
“Ti avevo detto di star fermo e non parlare con nessuno” sibilò Lucius guardandolo con disprezzo. Draco era immobilizzato da quanto era teso e non riuscì a pensare ad una risposta coerente da dargli.
“E tu cosa fai? Fai amicizia con queste piccole straccione babbane?” sussurrò l’ultima parola a bassa voce, così che lei non lo sentisse.
“io… io…” biascicò Draco, come se avesse perso la facoltà di parola.
La bambina però protestò.
“Signore, lui ha solo giocato un po’ con me…” cercò di dire, ingenuamente ricevendo da Lucius solo un freddo sorriso di scherno.
“Non voglio sentire le tue ciance, ragazzina” disse “ora andiamo via”
Lo strattonò ancora, portandolo via con se.
“Aspetta!” gridò coraggiosamente la bambina inseguendoli “non so nemmeno come ti chiami” disse, con voce triste.
Draco la guardò, con lo sguardo pieno di malinconia e le sorrise senza farsi vedere da suo padre.
“Draco” sussurrò. Non le chiese mai il suo.

 

Il ricordo di Draco fu brutalmente interrotto dalle voci di ragazzi, che finite le lezioni, tornavano nella sala comune. Pansy Parkinson gli si sedette accanto nonostante lui trovasse ormai irritante la sua presenza; ogni volta che lo vedeva non riusciva a non menzionare… quella cosa.
“Allora Draco?” disse “Novità?” domandò stringendo a se il suo braccio. Lui si liberò dalla sua prese e le rivolse uno sguardo glaciale.
“Nulla di nuovo, Pansy. E smettila di stressarmi” gridò, spazientito, lasciandola sola e salendo le scale del dormitorio maschile. Arrivato davanti alla porta della sua stanza, e trovandola vuota si chiuse dentro.
Cominciò ad andare su e giù per la camera, la mente colma dell’immagine di Silente, del Signore Oscuro, di suo padre.
Ancora una volta Draco non doveva mostrare nessuna debolezza. Non doveva sembrare certo un ragazzino di sedici anni come ogni altro, adesso che aveva ricevuto una missione di importanza vitale da lui.
Doveva essere un uomo e questa volta doveva darne atto, doveva darne piena dimostrazione; non era più apparenza, un gioco.
Era la vita.
La Maschera crollò miseramente dal suo volto quando sentì una fitta al cuore intensa e lacerante che bruciava, come se stesse ardendo in un rogo senza fine. Era paura, una paura sana e violenta, quella stessa paura che era stato costretto a non provare mai, la stessa paura che gli era stato detto di affrontare, di dominare, di distruggere.
“Tu sei più forte della paura, Draco. Tu sei più al di sopra della paura come di ogni cosa” gli aveva detto una volta suo padre. Non aveva avuto il coraggio di deluderlo.
Adesso però era cambiato, adesso non era più solo un leggero fardello quello che avrebbe dovuto trasportare. Gli era stato affidato il più crudele e ignobile dei doveri, camuffato da Grande Onore, che lo avrebbe innalzato alla gloria dei favori del Signore Oscuro.
Gli era stato comandato di uccidere. Di uccidere il Mago più potente che conoscesse. Silente.
A quel pensiero Dracò crollò in terra, spossato, e la paura crebbe mista ad altri sentimenti che non aveva mai avuto il permesso di provare. Dolore. Solitudine. Pietà.
Il vecchio Draco Malfoy cessò di esistere quando la prima lacrima scivolò lungo la sua guancia, cadendo al suolo, seguita da cento, mille altre.
Il vecchio Draco Malfoy cessò di esistere quando ripensò all’unico momento in cui era stato davvero felice, l’unico momento in cui non aveva provato solo una pallida imitazione della gioia vera.
Il vecchio Draco Malfoy cessò di esistere quando desiderò di essere nuovamente un bambino di otto anni in un vecchio parco a giocare e ridere con una bambina che per lui non avrebbe mai avuto un nome.

 

  
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