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Autore: _blackapple    20/08/2011    7 recensioni
«Pensa se avessi perso veramente la memoria!» disse ad un tratto Sirius con un ghignetto, poco prima di infilarsi a letto «Avresti finalmente dato pace alla Evans. »
«Evans? » domando James con un sopracciglio alzato «E chi è la Evans?»
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XVII



James,
grazie per la lettera, sono contenta di sentire che tu e Sirius vi siete finalmente fatti male. – Sto scherzando ovviamente, ma non sono nemmeno troppo stupita di sentirlo.
Sì sono sempre d’accordo per andare a vedere la partita, anzi, non vedo l’ora. Non è un bel periodo qua a casa, mia sorella è furiosa con me perché ho
casualmente fatto esplodere delle tazzine di fronte al suo futuro marito.
Dovreste vederlo, è una persona orribile, mi viene la nausea solo a pensare di averlo in famiglia.
Contemporaneamente è anche arrivato il tuo gufo e la situazione è degenerata un po’ (sai, i Babbani non sono proprio abituati a ricevere posta in quel modo), ma vi racconterò meglio quando ci vedremo.
A giovedì,

Lily
 
Lily camminava avanti e indietro per il salotto, lanciando occhiate nervose fuori dalla finestra. Sperava vivamente che James si sbrigasse, ma contemporaneamente aveva paura del momento in cui l’avrebbe sentito suonare il campanello. Le sudavano leggermente le palme delle mani e continuava a strofinarsele sui jeans.
Sua madre e suo padre erano in cucina e sua sorella da qualche parte al piano di sopra, se ne stava sempre chiusa in casa!
Le tre arrivarono e passarono e Lily ormai saltellava dall’impazienza, guardando fuori dalle tendine dell’ingresso ad intervalli regolari, tanto che si ricordò Petunia.
Verso le tre e dieci la ragazza sentì un rombo in avvicinamento, ma non ci fece caso, convinta che fosse soltanto un’altra auto di passaggio lì fuori.
Il rombo però dopo pochi secondi si fece più forte, fino a spegnersi del tutto proprio di fronte al suo vialetto. La ragazza rimase immobile a fissare l’attaccapanni.
Un’ombra sempre più grande si faceva avanti da dietro il vetro smerigliato della porta.

Quando il campanello trillò, lei spalancò la porta, forse troppo velocemente.
«Salve» un sorridente James Potter se ne stava tranquillamente appoggiato alla colonnina dell’ingresso, con le mani infilate in tasca. Aveva i capelli ancora più scompigliati del solito e indossava una maglietta completamente stropicciata.
Lei ricambiò il sorriso di cuore «Andiamo?» domandò afferrando la borsa.
Lui ridacchiò «Quanta fretta! Non vuoi farmi conoscere ai tuoi genitori?» le chiese con un ghigno
Lei inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia, ma non si spostò per farlo entrare «Perché dovrei?»
«Beh, è tradizione che i genitori conoscano il fidanzato delle loro figlie.» l’espressione indignata di Lily lo fece ridere ancora di più.
«Un corno, Potter. Il giorno che diventerò la tua fidanzata, il sole si oscurerà. Non prenderti troppe libertà ora, solo perché andiamo ad una partita insieme.»
«Non dirlo troppo forte, potrebbe sempre capitare.» ribatté placidamente

Stava per replicare, quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
«Buongiorno!» salutò James allegramente
«Sono Evanna» rispose la madre di Lily, allungando una mano per salutarlo. James tirò fuori la bacchetta e con un rapido movimento fece comparire un mazzo di fiori, che poi porse alla madre di Lily invece che stringerle la mano. «James, piacere di conoscerla.»
La donna spalancò la bocca e ridacchiò come una ragazzina, prendendo i fiori e ammirandoli estasiata.
«James» lo rimproverò Lily a mezza bocca «Non sul vialetto di casa!»
«Beh, vedi che sarebbe stato meglio farmi entrare?»
Lei ruotò gli occhi al cielo.
Subito dopo, dietro la ragazza, comparve anche suo padre. Era un uomo alto, con i capelli rossicci e una barba brizzolata non molto lunga.
Fece scorrere il suo sguardo sui capelli scompigliati di James, sulla sua maglietta nera con un grosso uccello dorato stampato sopra e poi su qualcosa alle sue spalle. La sua espressione si incrinò leggermente.
Fece un passo indietro senza dire niente e tutti entrarono in salotto.

«E così porti mia figlia alla partita…»
James deglutì, ma deciso a fare una buona impressione, annuì in modo entusiasta, dimenandosi appena sulla poltrona e stringendo il bicchiere di analcolico che gli avevano piazzato in mano.
«Sì signore. È una partita importante, la finale del campionato, i Tornados contro il Puddlemere United.»
Il padre annuì, nonostante non ne sapesse niente.
«Sono sempre queste due squadre ad arrivare in finale, ultimamente. Anche se gli irlandesi hanno davvero rischiato di batterci, la scorsa partita.»
«Per che squadra tifi?»
«Ma Puddlemere, ovviamente! Hanno i migliori giocatori in campo da anni. E tutta la mia famiglia è sempre stata tifosa del Puddlemere.»  come sempre quando uscivano questi argomenti, James si infiammava e cominciava a gesticolare con entusiasmo. «Mi sarebbe piaciuto entrare a far parte della squadra una volta finita la scuola. Avrei tentato i provini se la situazione non fosse stata quella che è…»  Rischiò di rovesciare il contenuto del suo bicchiere quando vide l’occhiata assassina che Lily gli scoccò. Se la ragazza non gli tirò un calcio era solo perché non avrebbe potuto passare inosservato.
James ammutolì immediatamente e sorseggiò l’analcolico, guardando con interesse lo schermo del televisore.
Lily si sentiva a disagio, temeva che James se ne saltasse fuori con frasi sulla guerra, di cui i suoi sapevano poco e niente.  E teneva decisamente ad evitarle.
«Che ne dici se andiamo ora?» ringhiò a bassa voce, per farsi sentire soltanto da lui.
Lui annuì, aveva un che di isterico negli occhi.

«Ho conosciuto i miei suoceri. » squittì, quando uscirono di nuovo nell’ingresso. «Ho conosciuto i miei suoceri. OUCH» 
Si voltò di scatto, mentre percorreva il vialetto, guardando sconvolto il braccio che era appena stato colpito da uno scoppio. Lily stava a braccia incrociate dietro di lui e lo guardava in cagnesco
«Potter. Azzardati un’altra volta a chiamarli così e te lo stacco quel braccio.
E oltretutto loro non sanno molto di questa guerra, quindi taci e chiudi quella boccaccia una buona volta, per l’amor del cielo!»
Lui la guardò per un secondo, con una curiosa espressione «Che donna.»
Lily sbuffò.
«James? Cos’è… quella?»
Il ragazzo rispose con un sorriso smagliante «La moto di Sirius no?»
«Che ci fa la moto di Sirius sul mio vialetto?»
«Ci porta alla partita no? » esclamò lui entusiasta, salendo a cavalcioni. «Pronta Evans?»
Lily era tutto tranne che pronta.
«Non sono mai salita su una moto, Potter! Perché non sei venuto con la tua meravigliosa scopa?» ansimò, rischiando di strozzarsi con la saliva «Non ho nemmeno il casco!»
«Il cosa?»
«Oh cielo.» ruotò gli occhi verso l’alto «Il casco! Vuoi mica dirmi che te ne vai in giro così, senza nemmeno una protezione?»
Lui la guardò inarcando le sopracciglia
«Che ce ne facciamo di un casco? Siamo maghi!»
«E quindi ? Anche i maghi si fanno male»
Lui sospirò «Mettiamola così, non ci faremo male, d’accordo? Fidati di me. Sembri Remus!»
Lily brontolò qualcosa di inintelligibile, ma decise di smetterla di fare storie
«Se solo i miei genitori ci vedessero…»
«Tranquilla Evans!» rispose James urlando, per coprire il rombo del motore «Sei con me!»
«Appunto, Potter, appunto. » borbottò, ma troppo piano perché James potesse udirla. Poi salì sulla moto dietro di lui e in pochi secondi presero il volo.
 

~
 
«Quell’affare fa un rumore infernale!»
«Oh sì» replicò allegramente Sirius «Io e James ci abbiamo messo le mani sopra, aiutati da Charlus, ma non siamo riusciti a capire perché fa tutto questo chiasso!»
«Le moto fanno sempre chiasso» sospirò Remus, alzando gli occhi al cielo «Ma non così tanto. Portatela da un meccanico!»
«Un cosa?»
Ma prima che l’amico potesse replicare, James e Lily smontarono di sella e Sirius si affrettò a correre loro incontro.
«Ehi! È andato tutto bene, ha funzionato? » domandò
«Ciao anche a te Sirius.»
«Sì, sì, ciao Lily. Allora Prongs? »
Sospirando, la ragazza si diresse verso Remus, lasciando i due ragazzi alla loro conversazione sulla moto. Dal canto suo si era divertita, nonostante avesse temuto di poter fare un’esperienza terrificante.  Almeno Potter non aveva potuto blaterare in continuazione – o magari l’aveva anche fatto, ma fortunatamente il rumore era troppo forte per sentirlo.-
«Come è andato il volo?» domandò il lupo mannaro, affabile
«Diciamo solo che Potter è meglio che stia  su una scopa» replicò la ragazza ridacchiando «Ma avrebbe potuto andare peggio. Spero solo che i miei genitori non ci abbiano visti partire, o la prossima volta che si presenta sul vialetto di casa, lo scacciano a sale. »
Risero insieme, mentre anche gli altri due li raggiungevano e finalmente si dirigevano tutti insieme verso il campo.
C’era gente che arrivava da ogni parte, molta di più di quanta normalmente assisteva alle partite di Quidditch ad Hogwarts.
Si dirigevano tutti verso un edificio abbandonato e apparentemente decrepito che stava poco più avanti, appoggiato ai piedi di due colline come se fosse capitato lì per caso.
Lily inarcò le sopracciglia, chiedendosi se la partita si sarebbe tenuta lì dentro. Era davvero un posto molto misero, che pure lei sarebbe stata capace di migliorare con qualche incantesimo mirato.
Rivolse uno sguardo interrogativo ai suoi compagni di viaggio, ma non ottenne risposta ai suoi dubbi. Gli altri stavano infatti parlando di Peter
«…e alla sua età è ora che si slacci un po’!»
«Lo sai com’è fatta, Sirius, ne morirebbe.»
«Sarebbe venuto a vedere una partita con i suoi amici, non stava partendo per l’Australia per sempre»
La madre di Peter era famosa per la sua apprensività, che spesso impediva al ragazzo di passare alcune settimane d’estate con i suoi amici, oppure semplicemente di andare in giro insieme quando erano fuori da scuola. Questo non faceva che stimolare gli altri tre ragazzi, che ne approfittavano per stuzzicarlo e prenderlo in giro sull’argomento. Lily pensò con tenerezza a quel ragazzino paffuto e alla sfortuna che gli era capitata nel finire in gruppo con quei tre.

I quattro fecero ancora pochi passi e superarono un piccolo cancello che interrompeva una lunga e bassa recinzione – apparentemente inutile. Dopo nemmeno un passo Lily vide il grande edificio in rovina mutare sotto i suoi occhi e diventare, da rudere che era, un ovale perfetto, formato da tante file di gradinate che si susseguivano verso l’alto. Non era per niente simile al campo da Quidditch di Hogwarts, questo sembrava molto più nuovo, ma anche più freddo. Aveva grandi cartelloni pubblicitari appesi alla struttura in metallo, dove streghe biondissime e sorridenti facevano l’occhiolino ai tifosi mentre pubblicizzavano il loro prodotto.
Più in alto c’era una stoffa di copertura, che arrivava a coprire a malapena le gradinate, in modo da lasciare scoperto il campo vero e proprio, dipinta di blu con nuvole bianche che passavano placide. Sembrava una pallida imitazione del cielo della sala grande di Hogwarts, ma evidentemente non imitava il cielo com’era realmente, perché quel giorno non vi era nemmeno una nuvola, solo un limpido blu.
I ragazzi colsero lo sguardo stupito di Lily, che era semplicemente a bocca aperta
«Incantesimi respingi-babbani» le disse James, prima di lanciarsi in un’entusiastica spiegazione «Da fuori quella recinzione il campo sembra una catapecchia qualsiasi, semi-distrutta così che a nessuno venga voglia di avvicinarsi! Ovviamente non è l’unica misura di sicurezza che c’è qua intorno, ma suppongo che noi non possiamo vedere le altre perché siamo maghi!»
Lily annuì, mentre tentava di riempirsi gli occhi di tutto ciò che vedeva di nuovo.
«C’è qualcosa di simile anche per Hogwarts, vero?» chiese Sirius distrattamente e gli altri assentirono
«Ma questo campo è sempre qui?»
«Oh sì» rispose James ancora una volta «è dove si allena il Puddlemere. Questa partita la giochiamo in casa! Non è un granché, quello delle Holyhead Harpies è infinitamente meglio, più grande e più nuovo! Ma per ora ci accontentiamo, meglio puntare sulla qualità che sulle condizioni del campo!» esclamò infervorato.

I venti minuti successivi li passarono tentando di farsi largo tra la folla, che si riuniva a capannelli sotto gli ingressi, e a cercare i loro posti. Erano sistemati abbastanza bene, poco più in alto degli anelli, proprio a metà del campo. Evidentemente i Potter non avevano problemi a trovare i posti migliori.
Durante l’attesa prima della finale, Lily ne approfittò per raccontare a James e agli altri l’inferno che le stava facendo passare sua sorella e la mostruosità del suo nuovo fidanzato. Sirius e James si scambiarono più volte sguardi decisamente malandrini e poi le promisero – con suo sommo orrore – che un giorno o l’altro avrebbero preso loro in mano la situazione.
«Non potrei temere di peggio!» fu la replica scherzosa, ma che sotto sotto nascondeva un fondo di verità.
 
La partita fu un qualcosa di emozionante ed incredibile insieme. Lily perse il filo del gioco già dai primi minuti. Non era facile da seguire come la coppa di Hogwarts, qui i giocatori picchiavano duro: si lanciavano la pluffa in un modo incredibilmente aggressivo e quando questa colpiva qualche giocatore, gli faceva male come se fosse stato un bolide. I passaggi erano rapidissimi e i portieri sembravano avere mille occhi e mille braccia per come riuscivano ad essere in ogni punto degli anelli contemporaneamente. Lily voltava la testa di qua e di là in modo confusionario, tentando di seguire i passaggi, poi si rassegnò a guardare il cercatore del Puddlemere. Era un cosino minuscolo, una ragazza dai capelli castani molto lunghi, legati in una coda. Avrebbe anche potuto sembrare indifesa se Lily non l’avesse vista personalmente prendere in prestito la mazza di un battitore della sua squadra, per spedire con una smorfia di rabbia un bolide direttamente contro un avversario, in un momento di gioco frenetico.
«WOAH!» esclamò James, indicando un grumo di quattro o cinque giocatori che avevano appena compiuto un’azione particolarmente difficile.
«Giocano sporchissimo oggi!» commentò Remus, che stava saltellando su e giù e tenendosi alla ringhiera di fronte a lui.
Sirius imprecava fra i denti ad ogni pluffa persa e si agitava quasi quanto James. Lily era stordita.
Circa quaranta minuti dopo l’inizio della partita, il Puddlemere United era sotto di quasi sessanta punti e i tifosi erano più rumorosi che mai. Ora tutti gli occhi erano puntati sui cercatori, che si tallonavano a vicenda e volavano gomito a gomito, quasi tenendosi più d’occhio a vicenda di quanto non guardassero il campo.
Fu intorno al cinquantacinquesimo minuto che videro il boccino. Si tuffarono, dal nulla, contemporaneamente in picchiata rapidissima, per poi rialzarsi a pochi metri da terra e accelerare le loro scope verso gli anelli dei Tornados. La cercatrice del Puddlemere era evidentemente più agile e più veloce, perché staccò di qualche metro l’avversario.
Il boccino scintillò rapido intorno al gomito del portiere con la divisa dei Tornados e il ragazzo rimase per un secondo inebetito a fissarlo. Sembrava non riuscisse a credere di poterlo prendere così facilmente e di non sapere cosa fare. Intanto i due cercatori si avvicinavano ad una velocità incredibile. Qualcuno urlò qualcosa e il portiere parve riscuotersi, allungo di scatto il braccio verso il suo gomito, verso il boccino d’oro e SWAMH. Un secondo dopo il giovane si teneva il naso sanguinante, mentre tentava di rimanere in equilibrio sulla scopa dopo il colpo inaspettato.
Un mare di urla si levarono dalla parte di stadio occupata dai tifosi dei Tornados, che cominciarono ad urlare inferociti.
L’arbitro fischiò il fallo e nella confusione il boccino sparì.
«Dannazione se colpisce duro, quella strega!» urlò Sirius
«Gli ha mollato un pugno .» esclamò Remus incredulo «Gli ha davvero mollato un pugno!»
James stava solo ghignando della grossa «Quel portiere è un vero idiota, che cosa stava aspettando?»
«Un pugno in faccia, evidentemente!»
Intanto la partita era ripresa e la cercatrice del Puddlemere ora stava sondando di nuovo il campo con gli occhi, quasi immobile a mezz’aria, ma con un’espressione corrucciata sul volto. Il cercatore dei Tornados stavolta si tenne a distanza, per qualche inspiegabile ragione.
Dieci minuti dopo il Puddlemere era sotto di ottanta punti e i giocatori sembravano aver perso forza, un paio di volte non riuscirono nemmeno a passarsi la palla tra di loro. James era livido.
«Il boccino! L’ha visto!» la solita cercatrice, l’unica donna in campo oltretutto, sembrava essere più che intenzionata a vincere. Nonostante l’avversario dei Tornados fosse molto distante e stesse puntando direttamente verso terra, lei non si fece scoraggiare e puntò la scopa nella stessa direzione.
«No. È una finta» Lily sentì James mormorare, mentre le braccia del ragazzo ricadevano lungo i fianchi, apparentemente private di ogni energia.
«E’ UNA FINTA, E’ UNA FINTA.» si mise ad urlare un secondo dopo, sbracciandosi come se lei potesse accorgersi di lui e sentirlo.
Ma la ragazza sembrava non aver bisogno di consigli.  Ad un certo punto del suo inseguimento verso l’avversario, capì che lui non poteva aver visto il boccino e si fermò. Puntò invece verso un altro punto del campo, accelerando a gran velocità.
«Stavolta l’ha visto! L’ha visto lei!» tutti gli occhi si puntarono sulla sua schiena e sui suoi capelli svolazzanti, mentre la giovane zig-zagava rapidissima schivando compagni e avversari, si lanciava in avanti sulla scopa, tendeva il braccio e…
«SI! SI! ABBIAMO VINTO!» urlarono James e Sirius contemporaneamente, lanciando le braccia al cielo e improvvisando una specie di balletto. Poi si abbracciarono, abbracciarono anche Remus e Lily e cominciarono a saltellare urlando parole inintelligibili.
«Ehi, quel fesso! Si è schiantato!» le parole di Remus ebbero il potere di far bloccare l’entusiasmo sfrenato per un secondo. Il cercatore dei Tornados si era davvero schiantato a terra, al termine della sua finta.
Tutti scoppiarono a ridere indicandolo e l’ebbrezza della partita si perse in un mare di risate, mezze di gioia e mezze di scherno.
«Abbiamo vinto. Di nuovo.» sospirò James felice, passando un braccio sulle spalle di Sirius – che già stava abbracciando Remus -  e uno su quelle di Lily. Tutti e quattro si voltarono di nuovo ad ammirare il campo sfiorato dal sole dorato, su cui i giocatori del Puddlemere sfilavano veloci, portando a turno la coppa lucente sollevata in aria. «Lo sapevo, siamo magnifici.» E non si riferiva solamente alla squadra.
 
 
I giorni successivi, che precedevano il ritorno ad Hogwarts, passarono in un lampo. Per Lily fu come essere immersa in un’enorme nuvola ovattata, che le impediva di concentrarsi sul presente, ma che le ripresentava continuamente di fronte agli occhi immagini della partita, dei mesi a scuola, di James, di James e … oh, di James. Ormai si sentiva nauseata da se stessa, ma doveva ammettere che alla fine era caduta come una pera, anche lei, per quel ragazzo spettinato e disordinato che tutti sembravano adorare.  Beh, adorarlo era l’ultima cosa che avrebbe fatto – si ripromise. Piuttosto che diventare una ragazza melensa e adorante come quelle stupide del quinto anno, sarebbe stata zitella per tutta la vita. Inoltre la piega del loro rapporto sembrava aver preso più una strada amichevole; insieme scherzavano, ridevano, parlavano di un po’ di tutto, ma i risvolti romantici davvero tardavano ad arrivare. Lily arrivò a dubitare persino di piacere ancora a James; tra di loro si era instaurata quella consuetudine che aveva portato all’amicizia, ma troppo piatta per diventare passione.
Era a questo che pensava mentre stava seduta sull’espresso di Hogwarts di ritorno a scuola. teneva la fronte appoggiata al finestrino del treno e prestava solo vagamente orecchio alle chiacchiere delle sue amiche, di Dorcas, Mary o Artemisia che fossero.
Se solo avesse prestato un pochino più di attenzione si sarebbe risparmiata quel sobbalzo esagerato che fece quando le sue orecchie colsero uno spezzone di frase davvero insolito.
«…e alla fine sì. Ci siamo lasciati. »
C’era una sola persona fidanzata tra le sue amiche. Volse la testa così in fretta che si fece quasi male al collo. Giusto in tempo per incontrare gli occhi addolorati ma asciutti di Dorcas.
«No…» soffiò. «Tu e Sirius non…»
L’amica annuì con un sorriso triste.
«Vado a sistemarmi i capelli in bagno.» annunciò, e lasciò lo scompartimento in un silenzio sgradevole.
 
Dorcas non crollava mai, forse per Sirius avrebbe fatto un’eccezione. 


















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Gente, tra poco parto per le vacanze :D Sto via solo una settimana, ma non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, perché il prossimo capitolo è scritto solo a metà!
Intanto ringrazio come sempre tutti quelli che hanno letto e/o commentato fino a qui. <3
   
 
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