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Autore: crazy_world    21/08/2011    5 recensioni
Bellatrix Lestrange è una guerriera, sempre stata al fianco del Signore Oscuro, sempre pronta a servirlo, sempre pronta a dare la sua stessa vita per lui. Ma se in ballo ci fosse un'altra vita, come reagirebbe la Mangiamorte? Se in ballo ci fosse qualcosa di più importante della guerra per il potere?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Io non so proprio cosa dire.

In teoria sarei dovuta tornare e dirvi "grazie per avermi aspettata, bla, bla, bla". Certo, se vi avessi detto che sarei mancata per più di un mese causa partenza per le vacanze.

E avrei dovuto farlo, era tutto organizzato.

Ma, naturalmente, ho postato il capitolo sbagliato, o meglio, quello senza l’avviso in fondo.

Oh, si, sono proprio un’idiota. Scusatemi tanto, davvero. Non so cos’altro dire, perché ormai è fatta.

Non ho parole. Si può essere più sfigate? Oddio, spero possiate perdonarmi.

Povera me!

Con la speranza che il capitolo vi piaccia, e che mi perdoniate,

un abbraccio.

Marta.

 

 

 

 

LA FINE

 

Capelli.

Ecco cosa sentiva sotto le dita.

Una massa di capelli morbidi, lisci, fluidi. Leggermente impolverati per le esplosioni che facevano volare calcinacci nell’aria.

Avrebbe voluto vedere di che colore erano i capelli, ma aveva troppe lacrime negli occhi per riuscirci.

Una mano continuava ad accarezzare quella chioma che, ne era quasi certa, era bionda, mentre l’altra sorreggeva una schiena fragile come la creta.

Finalmente il suo sguardo non era più appannato. Sentì delle scie bagnate sulle guance, ma non vi badò.

Bellatrix si alzò in piedi lentamente, facendo attenzione a non far sbattere la testa della donna bionda - ora ne era certa - che aveva tra le braccia. La posizionò per terra con tutta la delicatezza di cui era capace; come quando metteva Evie nella culla.

Da morta, Anita Greengrass sembrava molto più piccola e giovane. Sembrava quasi una ragazzina, se non fosse stato per le piccole rughe che ormai si erano imposte nel contorno occhi.

Erano passati pochi secondi da quando il corpo le era finito addosso ed insieme erano capitolate per terra, eppure le parevano ore.

Poi, improvvisa come un lampo, la furia più cieca si impossessò della Mangiamorte.

La vista si colorò di rosso, mentre gli occhi neri scrutavano lo spazio davanti a sé.

Doveva trovare chi aveva ucciso Anita. Fosse nemico, amico, Lord Voldemort in persona, doveva essere punito.

Fu allora che lo vide. Terribilmente soddisfatto.

No, non poteva essere vero. Era un’evidenza troppo agghiacciante per poter essere presa in considerazione.

Eppure, il ghigno maligno che storpiava le labbra sottili, la bacchetta ancora tesa, erano segni chiari.

-Come hai potuto?- gli ringhiò Bellatrix, estraendo la bacchetta a sua volta, la rabbia che cresceva sempre di più. Non ricordava di essere mai stata così furiosa in tutta la sua vita.

-Cosa ti importa?- sghignazzò lui di rimando.

Sentì il sangue pomparle nelle orecchie, rendendo i suoni più ovattati e confusi.

-È la mia migliore amica!-.

-Era- sottolineò l’uomo con espressione compiaciuta.

-Si può sapere per quale cazzo di motivo l’hai fatto?- urlò lei, fuori di sé.

-Era solo una sgualdrina capricciosa ed insoddisfatta-.

Lo fissò a lungo, disgustata e furibonda.

-Tu lo sai che stai per morire, vero?- gli chiese poi, con tono carezzevole.

-Ah si?-. L’uomo non sembrava allarmato, né tanto meno sorpreso. -E per quale motivo?-.

-Hai appena ucciso tua moglie-.

Marcus sorrise, beffardo. -Lo so. Erano mesi che aspettavo questo momento. Ma che dico mesi? Anni!-.

-Lei ti odiava-.

-Anche io la odiavo-.

-E allora perché non vi siete lasciati?-. Bellatrix stava prendendo tempo; cercava di essere il più lucida possibile, per non correre rischi. Non poteva sbagliare bersaglio.

-Scherzi? Con quelle chiappe mi faceva fare sempre bella figura- rise il mago. -Ma ultimamente non faceva altro che piangere, dirmi che sono stato lo sbaglio più grande della sua vita, eccetera. Mi aveva stancato-.

Bellatrix respirò profondamente.

-Anche tu mi hai stancato- gli disse, prima di puntargli contro la bacchetta. -Avada Kedavra- mormorò con voce cupa.

Marcus Greengrass cadde come un sacco vuoto, gli occhi a fissare il nulla.

Complimenti, Bella. Quello era dalla nostra parte.

Chissenefrega. Quello era uno stronzo.

Lanciò un ultimo sguardo al cadavere della sua amica.

Si asciugò le scie delle uniche due lacrime che aveva versato; Anita valeva molte più lacrime, ma doveva rimanere concentrata.

Si allontanò da lì, cercando Rod tra la folla.

Lo vide combattere egregiamente contro un Auror dai folti capelli grigi; non aveva idea di chi fosse.

Lo Schiantesimo di Minerva McGranitt la colpì di striscio.

No, professoressa. Hai scelto il momento peggiore per attaccarmi.

Si voltò fulminea e lo scontro iniziò.

Bellatrix scoprì ben presto che la donna aveva utilizzato lo Schiantesimo solo per attirare la sua attenzione; gli incantesimi, le fatture e le maledizioni che volarono dopo, lasciavano facilmente capire che combatteva per uccidere.

-Devi odiarmi parecchio- ghignò la riccia, parando senza sforzo un’altra fattura della professoressa.

Quella assottigliò gli occhi, in una smorfia di rabbia e disgusto molto simile a quella che lei aveva rivolto a Marcus pochi minuti prima.

-Certo che ti odio- sputò, evitando con facilità la maledizione che la Mangiamorte aveva appena scagliato. -Hai ucciso tua nipote! Non ti fai schifo da sola?-.

Il ghigno di Bellatrix si congelò, e il terrore che l’aveva pervasa solo un’ora prima a casa, tornò a farsi vivo dolorosamente.

-Cosa?- scattò.

Il disprezzo sul viso dell’altra crebbe, oltre ogni misura.

-E ci scherzi anche!- sbraitò, gli occhi umidi.

La mora sferzò l’aria con la bacchetta, fermando un altro attacco della strega e approfittando per parlare.

-Come sarebbe a dire ‘mia nipote’?-.

La McGranitt tirò su col naso prima di rispondere, il braccio destro teso in avanti pronto a colpire.

-Ninfadora Tonks!- gridò, addolorata. -Tua nipote, quella che è appena diventata mamma, quella che tu hai ucciso!-.

-È… è morta?-.

-Non fare finta di niente!- ululò l’altra. -L’hai ammazzata! Lo so! Dora mi ha detto che tu l’hai sempre odiata!-.

-Non l’ho uccisa io- mormorò Bellatrix, mesta, lasciando cadere il braccio che reggeva la sua unica arma.

Vide il volto della professoressa impallidire di rabbia. -Sei la persona più vigliacca che io abbia mai conosciuto. Dopo Severus Piton, è chiaro- commentò velenosa.

Fu un attimo.

Per l’età che aveva, la McGranitt fu straordinariamente abile e velocissima: un attimo prima stava guardando la nemica con odio, quello dopo aveva mosso la bacchetta ed un profondo taglio si era aperto sul ventre della riccia, che annaspò.

-Tu e il resto dei Mangiamorte dovete andarvene da questo castello- fu tutto quello che disse la donna, prima di allontanarsi.

 

Faceva male.

Merlino se ne faceva.

La pietra sotto di lei era ghiacciata, e questo, stranamente, le stava dando sollievo.

Sì, perché il sangue che le stava imbrattando la veste sul davanti era caldo, bollente.

La battaglia continuava, dura, spietata, letale.

Da terra, riusciva incredibilmente a tenere d’occhio molti più duelli.

Vide una ragazzina dai capelli color caramello ed un esagerato fiocco rosa, venire atterrata da Greyback; quello, pochi istanti dopo si avventò sul suo collo. Disturbata dalla visione, distolse lo sguardo.

Anita era morta.

Sua nipote era morta.

E il marito di Ninfadora era vivo almeno?

E Rodolphus? Da quanto tempo era che non lo vedeva?

-Bellatrix-.

Oh, no, Salazar. Perché mi odi così tanto?

-Lucius- disse lei a fatica, con voce che, sperava, suonò gelida.

Con la coda dell’occhio vide il biondo inginocchiarsi accanto a lei.

-Vuoi finirmi?- disse, ridacchiando.

-Sei folle- mormorò lui.

Poi lo udì sussurrare qualcosa di incomprensibile. Sembrava sanscrito.

Il dolore allo stomaco diminuì un poco alla volta, fino a diventare un ricordo.

Si alzò a sedere, fissando Malfoy.

-Perché?- chiese, confusa e leggermente irritata.

-Mi sono comportato già abbastanza male con te. Ero in debito-.

-Ma io continuerò ad odiarti, lo sai vero?-.

Lucius annuì, ma con un mezzo sorriso.

-Devo andare- disse poi, rialzandosi.

-Grazie!- gli urlò dietro. Quello le fece un segno con la mano.

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Era strano.

Combatteva da anni, ormai.

Eppure dov’era quella sua solita smaniosa voglia di uccidere? Perché aveva ucciso solo Marcus? Aveva ferito, sì. Ma non ucciso. Per quale motivo?

Ma che ti prende?, si chiese rabbiosamente.

Il Signore Oscuro aveva ordinato loro di ritirarsi nella Foresta Proibita e ora, l’immenso esercito di Voldemort, che ormai era diventato solo grande, era pervaso da un intenso cicaleccio.

Anche Rodolphus era stato ferito, anche se in modo lieve.

Narcissa si era solo strappata il vestito di seta.

Ne erano morti tanti, da entrambe le fazioni, e ora i superstiti erano stanchi.

-Mio Signore- tentò Yaxley, -forse dovremmo sospendere l’attacco e riprenderlo in un altro momento, quando meno se lo aspettano-.

Il mago lo mise a tacere. Per sempre.

Tutti tacquero all’istante, per paura di essere i prossimi.

E Bellatrix pensava, completamente estranea quello che era appena successo a poco più di due metri da lei.

Pensava che se il maledetto Potter si fosse consegnato immediatamente, avrebbero concluso la cosa in fretta e lei e Rod sarebbero potuti tornare a casa in fretta.

Pensava anche che non era riuscita a salvare la vita a sua nipote. E nemmeno al marito di lei. Li aveva visti, i corpi, mentre tornava nella foresta con gli altri. Erano stati messi vicini l’uno all’altra, le mani quasi a toccarsi.

Non poté fare a meno di domandarsi cosa avrebbero fatto i Mangiamorte se lei e Rod fossero morti. Sarebbero stati così comprensivi e profondi?

La risposta la conosceva già.

Non c’era tempo per la compassione, per i sentimenti, per i ricordi.

Le era bastato vedere come Voldemort aveva trattato i cadaveri dei guerrieri caduti per la sua causa.

Li aveva guardati con scarso interesse; poi aveva stretto le labbra e aveva mormorato: -Peccato-.

Aveva fatto lo stesso con Anita. Per Marcus aveva addirittura scosso la testa, in un’espressione che doveva essere triste, ma che invece risultava infastidita. Lo indispettiva perdere uomini, significava essere meno potenti.

-Stai bene?- le sussurrò Rod all’orecchio.

Lei annuì. -Spero solo che il ragazzo si consegni-.

Toccò a lui annuire. -Mi dispiace per Anita. E anche per tua nipote e suo marito-.

-A me dispiace per Anita e Andromeda. Sarei un’ipocrita se dicessi che mi dispiace per Ninfadora e quel Lupin. Non li ho mai conosciuti si può dire-.

Voldemort si arrestò davanti a loro due.

Squadrò la donna con espressione seria.

-Bella, puoi venire un attimo?-.

Quella, sorpresa, lanciò un’occhiata al marito e poi si alzò dal tronco su cui si era seduta.

Seguì il mago per qualche metro, prima che questi si fermasse.

-Ho saputo che sei stata ferita- le disse, senza preamboli.

Lei misurò il tono di voce.

Non sembrava arrabbiato. Piuttosto, di nuovo, infastidito.

-Sì, è vero-.

Maledetto Lucius!

-Non è stato Lucius a dirmelo- sibilò lui. -Dolohov riteneva giusto che lo sapessi. Ha detto anche che eri grave, e che Malfoy ti ha medicata-.

-Non era grave- sbottò lei. -Me la sarei cavata senza problemi-.

Lui annuì, nonostante non fosse affatto un gesto di assenso.

-Non è una cosa positiva questa, Bella- disse lentamente. -Questo conferma la mia teoria: sei cambiata con la gravidanza. Ti sei indebolita. Sei uscita di senno: hai ucciso uno dei nostri e mi hai rifiutato. Che cosa ti prende?-.

La strega rimase scioccata.

-Io non sono cambiata- disse lei, risoluta.

-No?-.

-No- ringhiò.

-Dimostramelo, allora-.

-Come?-.

-Uccidi- rispose lui. -Uccidi Lucius Malfoy-.

Il respiro le si bloccò in gola.

-Ma… mio Signore… non vorrà perdere un altro combattente-.

-Uccidilo-.

-Mio Signore, è il marito di mia sorella-.

-Che ha cercato di separati da tuo marito-.

Di nuovo rimase interdetta. Come faceva a saperlo?

-Non… non posso, Mio Signore. Ferirei mia sorella-.

-Allora uccidi qualcun altro. Dolohov, per esempio. Ha fatto la spia e, per giunta, ha ucciso tua nipote e suo marito-.

-Non mi importa nulla di loro- replicò.

-Lo so, volevo solo trovare una giustificazione plausibile per gli altri. Si faranno delle domande quando lo vedranno morire davanti a loro. Forse dovrei spiegare- la voce del mago suonava incredibilmente divertita.

-Non morirà-.

-Sì, invece- sibilò lui al suo orecchio.

Un sussurrò così diverso da quello che le aveva rivolto poco prima Rod.

L’arrivo di uno dei Ghermidori distrasse Voldemort dalla sua prediletta.

-Di lui non c’è traccia, Mio Signore- balbettò quello, inchinandosi goffamente.

Bellatrix non mascherò la sua rabbia.

-Ne sei sicuro?- chiese aspra, avanzando verso l’uomo, la bacchetta tesa.

-S…sì- fece quello, con voce strozzata.

-Bene. Grazie per i tuoi servigi- mormorò lei. -Avada Kedavra- esclamò poi.

Voldemort la fissava, e così gli altri.

-Spiegate loro questo, Mio Signore- disse lei, tornando dal marito.

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In pochi minuti era accaduta una delle cose più belle della sua vita dopo Evie e il suo matrimonio.

Potter si era consegnato e il suo Signore lo aveva ucciso. Narcissa aveva controllato che il cuore del ragazzo fosse davvero immobile. Poi le urla di gioia, le risate sguaiate e le urla erano scoppiate tra gli alberi.

Bellatrix era al settimo cielo.

Era finita! Era tutto finito!

Lei e Rod ora potevano tornare a casa, dalla loro bambina.

Poi era accaduto l’irreparabile.

Inspiegabilmente, il corpo di Potter era sparito dalle braccia del Mezzogigante, e Nagini era stata uccisa, o meglio, decapitata da Neville Paciock.

Non era ancora finita. Era solo l’inizio.

L’inizio della fine.

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La battaglia aveva raggiunto il suo picco: gli incantesimi venivano urlati con rabbia, violenza e puro odio.

Gli studenti, i professori e gli Auror ora non si facevano scrupoli: era finito il tempo degli incantesimi e delle fatture. Nell’aria c’erano quasi solo Maledizioni. Le più letali, le più dolorose.

Più di una volta Bellatrix dovette schivare un Sectusempra o un Cruciatus. Per non parlare degli Avada Kedavra. Erano addirittura troppi.

Voleva trovare Rodolphus, essere sicura che stesse bene, che fosse vivo.

Ma dove diavolo si era cacciato?

-Black!- si sentì chiamare.

Quando si voltò scoprì con una fitta di delusione che si trattava della ragazza Weasley.

Con una smorfia di rabbia, le lanciò contro una Fattura Pungente, che quella evitò senza sforzo.

-Tutto qui?- la schernì la rossa.

-Lasciami stare- ringhiò Bella, prima di tornare a scrutare la folla. Perché non vedeva suo marito?

-Non vorrai essere talmente codarda da abbandonare un duello?-.

-Taci, stupida ragazzina!-.

Di tutta risposta le arrivò un Anatema che Uccide; dovette evitarlo spostandosi di lato.

Quello colpì Dolohov, rannicchiato a terra urlante, davanti a lui il professor Vitious, compiaciuto.

-Tu non sai…-.

-Chi sei?- completò la Weasley. -Lo so benissimo. Come so che hai ucciso Tonks. Fatti avanti, coraggio!-.

Con un ruggito di ira, Bellatrix puntò la bacchetta contro la ragazza e lo scontro ebbe inizio.

-Crucio!- gridò, mirando al viso della giovane.

Quella parò la Maledizione. Poi urlò: -Impedimenta!-.

-Pietrificus Totalus!-.

La rossa si irrigidì come una statua e la mora ghignò.

Durò poco; un attimo dopo infatti poteva muoversi liberamente.

-Ma cosa…?-.

Due ragazze affiancarono la Weasley: Luna Lovegood, scappata da Malfoy Manor, ed Hermione Granger, la ragazza che aveva torturato tempo prima.

-Oh, e questo è perché i Grifondoro sono coraggiosi, vero?- sbraitò Bellatrix.

Sarebbe stato più difficile uccidere tre persone in poco tempo.

Doveva assolutamente trovare Rod.

-Crucio!- strillò la Granger, rabbiosa.

Parò anche quella Maledizione, leggermente infastidita.

Non era molto impegnativo combattere contro di loro, ed era sicura di eguagliarle. Il difficile arrivava quando attaccavano tutte insieme, sincronizzate. Doveva impegnarsi parecchio per evocare un Sortilegio Scudo abbastanza potente per ripararsi.

La più accanita di tutte rimaneva la rossa, che fendeva l’aria con particolare ferocia.

Bellatrix cominciava ad averne abbastanza; scagliò un Anatema che Uccide all’indirizzo della ragazza, sperando di levarsela di torno.

Ma la mancò.

Maledizione.

-MIA FIGLIA NO, CAGNA(1) !- sbraitò una voce.

Sorpresa, la riccia si guardò intorno; scoppiò a ridere quando vide una signora tarchiata e dal passo instabile avanzare minacciosa contro di lei.

Cosa sperava di fare?

Di difendere sua figlia. Quello che dovresti fare tu!

L’evidenza di quelle parole la colpì come un pugno in pieno stomaco; il sorriso si congelò sulle sue labbra.

Possibile che tutti quegli anni in cui era sempre stata al servizio dell’Oscuro Signore, potessero essere mandati in fumo da una semplice bambina? Poteva Evie aver cancellato tutti i propositi, gli ideali e i progetti di sua madre?

Sì.

E allora dov’era finita quella strega, quella Mangiamorte che tutti temevano?

Che fosse rimasta solo la strega? Possibile che la Mangiamorte fosse svanita, così come sbiadiscono i ricordi di molti anni addietro? Era come se la sua vita da seguace di Voldemort appartenesse a secoli prima, come se fosse rinata.

Ciò voleva dire che Bellatrix era rinata insieme a sua figlia?

L’incantesimo mortale della signora Weasley venne parato con difficoltà dalla riccia.

Mi vuole morta.

Strinse i denti, rabbiosa; non avrebbe permesso a quella donna di privare sua figlia della madre. Mai.

Rispose all’attacco con violenza, usando ogni genere di Maledizione che le passava per la testa. Non poteva perdere: perdere in quel momento, significava perdere per sempre.

Accadde in quel momento.

Credeva che quell’istante non sarebbe mai arrivato. Che sciocca era stata.

Di nuovo.

E ora, ora era totalmente impreparata.

Il fascio di luce verde le sgusciò sotto al braccio, quasi come se fosse un serpente.

Ebbe appena il tempo di richiamare alla mente il ricordo di Rodolphus che stringeva Evie tra le sue braccia, pochi minuti dopo il parto. L’aveva guardata come se fosse stata un angelo. Era estasiato.

Il corpo di Bellatrix Lestrange cadde sul pavimento con grazia, senza il minimo rumore.



Il respiro di Rod si mozzò a quella visione, incespicando nella gola dell’uomo e lasciandolo senza fiato.

Non poteva essere vero.

Doveva aver visto male.

Perché sua moglie non poteva essere morta. Non ora.

Avrebbero dovuto morire insieme, da vecchi, mentre i loro nipoti erano ad Hogwarts. Non ora.

Oh, come avrebbe voluto raggiungerla, stringerla tra le braccia e piangere - sì, piangere, una cosa che non faceva più da quando era in fasce -.

Era quella la fine che si meritavano?

No. Nessuno si meritava una fine del genere.

Era la fine della loro famiglia?

Intravide Potter sbucare da un punto imprecisato. Non si chiese come mai era ancora vivo. Riusciva solo a chiedersi perché sua moglie era morta.

E allora tutti quegli anni insieme, le loro avventure, le loro giornate passate nel giardino del Manor, sotto il sole, lei e il suo pancione non valevano niente? Anche i ricordi di lei che gli faceva forza quando erano chiusi ad Azkaban ora erano intrisi di nostalgia.

Avrebbe preferito essere chiuso in una cella con lei, piuttosto che in un castello senza la sua amata.

Si accorse di essere scivolato per terra quando avvertì il gelo del pavimento di pietra sotto di sé.

L’avrebbero arrestato sicuramente se il Signore Oscuro avesse perso.

Cos’avrebbe potuto fare ad Azkaban, senza la sua Bellatrix e senza la sua bambina? Ed Evie che futuro aveva adesso? Senza una madre…

C’era anche l’alternativa. La peggiore. Poteva farsi uccidere in battaglia.

No. No che non poteva. C’era Evie.

E allora cosa poteva fare?

Prima di poter formulare una risposta, un boato esplose tutto intorno a lui, costringendolo quasi a tapparsi le orecchie. Non capiva cos’era successo.

Quando però vide gli studenti di Hogwarts sciamare verso il centro della Sala Grande, le braccia al cielo e urla di giubilo, comprese che il Signore Oscuro era caduto. Era finita.

La fine era arrivata, allora.

L’aveva temuta a lungo, e ora eccola lì.

La fine.

La fine di tutto.

Chiuse gli occhi, lasciando che le lacrime sgorgassero dagli occhi copiose, troppo stanco e troppo afflitto per poter anche solo pensare.

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Draco aprì piano la grande porta di legno di Lestrange Manor.

Sapeva che a breve gli Auror lo avrebbero rintracciato, ricoprendolo di chissà quante accuse e colpe. Che lui non aveva.

Superò Peach che, lacrimante, gli chiedeva insistentemente dei suoi padroni.

-Prego signor Malfoy, prego!- supplicò. -Padron Rodolphus e Padrona Bellatrix dove sono?-.

Lui la ignorò, cercando la camera da letto dei suoi zii.

Sapeva che lì avrebbe trovato la signora Abrams con Evie.

Finalmente trovò la porta.

Quando fu dentro la stanza, rimase stranito.

Astoria Greengrass dormiva tranquilla sul letto matrimoniale, la piccola Evie profondamente addormentata tra le sue braccia.

Sentì un groppo in gola quando realizzò che entrambe erano rimaste senza mamma.

Le osservò a lungo, innamorato di quella visione celestiale. Erano meravigliose lì insieme, così pacifiche e così dolci.

Proprio in quel momento, le palpebre della ragazza vibrarono; si stiracchiò appena, poi aprì gli occhi.

Non lo vide, dato che lui era ai piedi del letto e lei girata su un fianco.

La ragazza guardò la piccolina che dormiva contro di lei; sorrise appena e abbassò la testa, fino a sfiorarle la fronte con le labbra.

-Astoria- la chiamò lui, sussurrando.

Lei sobbalzò e si voltò a guardarlo. -Draco!- bisbigliò sorpresa.

-Scusa, non volevo spaventarti-.

Gli occhi celesti di lei si riempirono istantaneamente di lacrime, che iniziarono a scorrerle rapidamente sulle guance. Si ricordò delle parole dei coniugi Lestrange.

"Se si presenta Draco Malfoy, nostro nipote, vuol dire che siamo morti"

-Sono morti- singhiozzò, guardando la bambina. -È rimasta sola, vero?-.

-Bellatrix è morta, sì. Rodolphus è ancora vivo. Non so se l’abbiano arrestato, sono scappato prima che arrivassero quelli del Ministero. Dovevo venire da mia cugina-.

Lei annuì. -E i tuoi genitori? Sono… sono vivi?-.

-I miei sì- disse lui lentamente.

Astoria era troppo intelligente per non capire. Infatti un’espressione triste si dipinse sul suo volto. Chinò il capo.

-I miei… mia madre è morta, vero?-.

-Sì- mormorò Draco, il nodo in gola che si ingrossava sempre di più. -Sì, è morta-.

Lei si limitò ad annuire di nuovo.

-Mi dispiace- aggiunse il ragazzo. -Anche per tuo padre…-.

-No, a me per lui non dispiace- lo interruppe, dura. -Mi dispiace solo per mia madre. Mi dispiace tanto per lei-.

Nuove lacrime sfuggirono dagli occhi della giovane, susseguendosi una dopo l’altra.

Senza pensarci, Draco fece una cosa che aveva fatto solo con sua madre: salì sul letto e, senza dire una parola, le circondò le spalle con le braccia, stringendola a sé in un abbraccio confortante e denso di affetto, premura e comprensione.

Lasciò che lei si sfogasse, piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.

-Non è giusto- gemette, aggrappandosi a lui. -Perché? Perché?-.

-Andrà tutto bene- continuava a sussurrarle lui, quasi come una cantilena.

-Come fai ad esserne sicuro?-.

-Perché deve essere così-.

Si guardarono per qualche istante, poi lei tornò a poggiare il capo sul petto del biondo, esausta.

Un rumore dal piano di sotto li fece trasalire.

-Sono arrivati-.

-Chi?- chiese lei, angosciata.

-Gli Auror-.

-Ma cosa vogliono? Hai ucciso qualcuno?-.

-No- disse lui con un sorriso mesto. -Ma sono un Mangiamorte, purtroppo, ricordi? Devono arrestarmi-.

-Ma… poi ti lasceranno andare, vero?-.

-È quello che spero-.

Il Serpeverde si alzò dal letto e si rimise in piedi, pronto ad affrontare il suo destino, pronto a sperare che fosse migliore di quello che aveva vissuto fino a quel momento.

-Io ti aspetterò- disse lei tranquilla, cullando Evie tra le braccia.

Lui la guardò serio. -E io arriverò. Te lo prometto-.

Uscì dalla camera, andando incontro agli Auror.

Erano in sei.

Non appena lo videro, gli intimarono di fermarsi immediatamente.

Lui obbedì, arrestandosi in mezzo al corridoio e lasciando cadere in terra la bacchetta.

-Come ti chiami?- gli urlò uno.

-Draco Lucius Malfoy-.

-Ah, un Malfoy! Ma che bello!- rispose quello, con espressione disgustata.

Il giovane lo ignorò, rivolgendosi invece agli altri che stavano per aprire la porta della camera in cui Astoria e Evie riposavano. -Fate piano. Lì ci sono una ragazza e una bambina, loro non c’entrano niente-.

Quelli lo guardarono sorpresi, poi annuirono.

-Andiamo- ringhiò l’Auror, strattonandolo e guidandolo al piano terra.

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Rodolphus si guardò intorno nella sua cella.

Era piccola, forse più piccola di quella che aveva occupato per quattordici anni l’ultima volta.

Il materasso per terra era bitorzoluto e ruvido. Ma poteva andare bene.

E faceva freddo, dannatamente freddo per essere fine giugno. Perché là dentro faceva sempre freddo?

Era rinchiuso da solo mezz’ora, eppure era già congelato.

Chissà se la sua Bellatrix poteva vederlo ora.

Chissà dov’era.

E chissà dov’era Evie. Con chi era.

Sospirando, si sdraiò sul quel letto arrangiato. Voleva perdere i sensi per sempre; passare dal torpore alla morte in un attimo.

In quell’istante, sentì dei passi nel corridoio. Alzò la testa, guardando chi passava al di là delle sbarre.

Draco Malfoy, scortato da due Auror, camminava lentamente.

-Draco!- lo chiamò.

Quello si voltò e lo vide; chiese qualcosa agli altri due e loro annuirono. Allora si avvicinò alla cella.

-Rodolphus, mi dispiace per Bella-.

-Sì…- mormorò lui, perdendosi nei suoi pensieri. Se solo lei fosse stata lì…

-Volevi chiedermi qualcosa?-.

-Sì. Evie. Dov’è?-.

-A casa vostra, con una mia amica, Astoria-.

-La figlia di Anita?-.

-Esatto-.

-E perché c’è lei con mia figlia? Ci sa fare con i bambini?-.

Il ragazzo provò un moto di commozione. Era solo un padre premuroso. -È fantastica. Puoi fidarti-.

-Bene. Ti liberano?-.

-Sì, ora sì. Ma devo affrontare un processo-.

-Andrà tutto bene- disse l’uomo con espressione vuota.

-Sì, è quello che spero-.

Calò un breve silenzio. Draco lo spezzò.

-E tu? Te l’hanno già detto?-.

-Trent’anni più cinque che mi rimanevano da scontare l’altra volta- mormorò l’uomo, tetro.

-Oh-.

-Sì. Salutami la mia bambina-.

-Certo-.

Draco si allontanò, lasciando quel che rimaneva di Rodolphus Lestrange.

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-Questi dove li mettiamo?- chiese Arthur Weasley, indicando i cadaveri di alcuni Mangiamorte.

-Credo che abbiano tutti una tomba di famiglia, no?- rispose Kingsley.

-Credo di sì. Abbiamo entrambi i Greengrass, Rookwood, Lestrange, e molti altri…-.

Osservarono in silenzio alcuni volontari che trasportavano due cadaveri.

-Chi manca ad essere portato all’obitorio del San Mungo?- domandò il nuovo Ministro della magia.

-Bellatrix Lestrange-.

-E basta?-.

-Sì-.

-Stanno per arrivare gli altri volontari-.

I due uscirono dal castello, respirando l’aria fresca del mattino inoltrato.

Nella Sala Grande era rimasto solo un corpo.

Un corpo freddo, senza vita.

Un corpo morto.

Bellatrix Lestrange, avrebbero detto tutti, era bella e fiera anche nella morte.

Le palpebre erano state abbassate sugli occhi neri; i capelli ricci erano sparsi a ventaglio sul pavimento di pietra.

Di tutti quegli anni da guerriera, ecco cosa restava.

Una madre che non avrebbe mai visto crescere sua figlia.

Una moglie che non sarebbe mai invecchiata con suo marito.

Una donna che non avrebbe più potuto amare.

Non rimaneva più nulla, tranne quello che era stata.

Una serva fedele.

Una donna che aveva saputo ricredersi e cambiare, anche se per pochi istanti.

Una madre affettuosa.

Una moglie straordinaria.

E ora, ora era solo un guerriera spezzata.

*

NdA

Non faccio commenti sul capitolo, perché è già stato abbastanza difficile scriverlo.

Vi annuncio semplicemente la data del prossimo ed ultimo aggiornamento: venerdì.

A venerdì, con l’epilogo.

Baci.


Note:

(1) Citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della Morte", JK Rowling. 

  
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