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Autore: _Any    21/08/2011    5 recensioni
Quando mi trovavo alla The Wammy's House giravano strane leggende e tutte quante avevano come protagonista uno di noi, un assassino per l'appunto. Uno di noi che gli altri temevano, uno di quelli che nessuno avrebbe mai voluto incontrare sul proprio cammino. Persino il suo aspetto era spaventoso. Occhi rosso sangue, capaci di infondere il terrore con un solo sguardo. Malvagio, malvagio tanto da uccidere anche una ragazzina.
Devo ammettere che anche io, che mi reputo una persona alquanto razionale e non troppo timorosa, ho creduto a quelle leggende e mi sono permesso di giudicare quella persona in maniera perfida e meschina. Nessuno conosceva il suo nome, per noi era solo una lettera: B.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday, L, Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene.


Dopo poco, come previsto, morirono le persone che mi erano vicine. Morì Kevin, morì Marvin, entrambi in una sparatoria. Alla morte del secondo inizialmente mi comportai come gli altri si aspettavano da me: ero mogio, non mi andava di uscire, ma poco dopo mi resi conto che questo tipo di atteggiamento non mi era naturale, era come una recita. Nonostante tutto io stavo bene, per me era normale, non c'era nulla di nuovo, nulla di doloroso.

Ecco, è qui che la gente mi ha definito inumano.

Fastidioso, non trovi mio caro lettore? Eppure non reagivo, non facevo nulla per dimostrare il contrario.


Anche io venivo spesso definito così anche se per ben altri motivi, ma pareva che a B quella definizione desse più fastidio che a me. Alla fine io mi ci ero abituato, non potevo fare molto per evitare di essere chiamato così, perciò tendevo ad ignorare in silenzio i commenti negativi.

Ma in effetti ignoravo quasi tutto ciò che mi accadeva intorno osservando silenziosamente e senza intervenire.


Giorno dopo giorno osservavo nuove persone morire, vedevo immagini con nomi che mi obbligavano ad osservare, un secondo prima potevo vedere, un secondo dopo tutte le informazioni sparivano.

Perché?

Grazie ai miei occhi potevo vedere i nomi degli esseri umani, solo di quelli. Quando una persona muore cessa di essere un essere umano, non è più nulla se non un corpo senza vita, fermo, immobile.

So che questo va contro ogni morale, da ragazzino mi veniva sempre ricordato che bisognava avere rispetto per i morti, ma alla fine preferivo avere una mia idea, non seguivo quasi mai ciò che mi veniva detto dagli altri, di solito annuivo per cercare di rassicurare i miei interlocutori, ma quasi mai prendevo sul serio le loro parole.

A qualsiasi essere umano sembrerò un mostro, un essere davvero spregevole, ma mio caro lettore, non interromperai la lettura per questo? È proprio adesso che viene il bello.

Passavo le mie giornate vedendo sempre più persone morire, vedevo spesso maltrattare i cadaveri degli avversari del mio clan e forse proprio per questo ho sviluppato una grande insensibilità alla morte: sapevo che tutti gli esseri umani prima o poi sarebbero morti, sapevo che la stessa sorte sarebbe toccata alle persone cui potevo voler bene, sapevo che la stessa sorte sarebbe toccata a me.

E poi in fin dei conti una persona che muore è una persona che smette di soffrire.

Non mi interessava di vivere a lungo, ma solo abbastanza per fare ciò che desideravo.

Uno come me non si poteva di certo permettere di morire in maniera banale, no?

Ma l'unico modo per stabilire la mia morte era il suicidio, ma uno semplice non andava bene, troppo scontato per uno come me e poi non sarebbe servito a niente.

Il tempo passava parecchio lentamente, ma comunque non si arrestava e quando ebbi 18 anni decisi finalmente di abbandonare il clan mafioso. Se speravo che dopo tutto quel tempo avessero un po' di fiducia nei miei confronti mi sbagliavo di grosso dato che di solito un clan non lo si può abbandonare se non rischiando la propria vita.

Decisi di servirmi di un trucchetto: fingere di morire, in fin dei conti ero un bravo attore.

Andai da Rodd pallido in volto, con gli occhi stravolti, sudando freddo.

Ehi, Beyond, che diavolo ti prende?!” chiese quello tra il divertito e lo spavento.

S-sto per morire...” balbettai prima così piano che non riuscì a sentirmi e poi lo urlai con aria terrorizzata. “Ti sei visto allo specchio?”.

Eh già. Loro non sapevano che io ero l'unico di cui non riuscivo a vedere la durata vitale, quindi poteva andare bene così.

Come previsto Rodd mi disse di non preoccuparmi, che mi avrebbe protetto lui utilizzando i suoi uomini e finsi di credere alle sue parole, così uscii come al solito per recarmi in una di quelle zone malfamate e comprare il sostentamento. Mi aveva accompagnato uno di quei tipi che in sostanza non servono a nulla, solo a svolgere qualche commissione ed ero tranquillo dato che avevo scelto io quella persona: non importava dopotutto che qualcuno fosse presente, in fondo quel tipo sarebbe morto quel giorno stesso a giudicare dalla sua durata vitale.

Mi tallonava con aria sospettosa mentre io passeggiavo tranquillamente per la strada. Ogni tanto mi voltavo a guardargli sulla testa, ma sembrava che la sua vita non si accorciasse mai.

Strano.

Continuavo a camminare e dopo aver preso ciò che dovevo comprare cominciai a tornare al covo.

Perché non moriva?

Improvvisamente un pensiero improvviso e chiaro, come un fulmine durante una notte senza luna.

Non moriva perché sarebbe stato assassinato e il suo assassino non aveva ancora deciso di ucciderlo.

Il suo assassino ero io.

Esitavo, in fin dei conti non avevo mai ucciso prima di allora, anche se ancora avevo la spiacevole sensazione di essere stato io a fare fuori Any, ma ciò era impossibile, non potevo essere impazzito fino a quel punto.

Eppure pareva che fosse così.

Ma come potevo ucciderlo? Insomma, avevo un coltello con me, ma lui aveva una pistola, avrebbe potuto difendersi anche meglio di me.

Improvvisamente mi rivolse la parola chiedendomi il perché mi doveva accompagnare.

Vedi, io non sono un assassino e non riuscirei a difendermi. Pare che oggi debba morire, ma servo ancora all'organizzazione, non posso andarmene già.” “Beh, non che ci voglia molto a usare una di queste...” disse prendendo in mano la sua pistola.

Non ci potevo credere! Quel tipo era davvero talmente stupido da offrirmi così l'occasione per ucciderlo? Lui non sospettava minimamente che potessi fargli qualcosa, e per questo prima di agire stetti qualche secondo in silenzio per poi sorridere con aria di sfida: “Davvero? Io non ne ho mai tenuta una in mano, mi faresti provare?” “Ma come, in mezzo alla strada?” chiese lui ridendo, per mia fortuna l'aveva preso come un gioco. “Sì, tanto qui non c'è mai nessuno e poi è pure notte! Mirerò a quel bidone lì in fondo, vediamo se sono capace.” dissi ancora.

Pochi secondi ancora.

Cinque.

Mi passò la pistola.

Quattro.

La puntai contro il bidone.

Tre.

Cambiai improvvisamente mira.

Due.

Un colpo partì verso di lui e lo prese in pieno petto.

Uno.

Cadde a terra con un tonfo e l'espressione di chi non si è reso conto di ciò che è accaduto.

Zero.

Spirò.


Questa poi. Un omicidio compiuto non per volontà di compierlo ma perché era destino. In effetti se non lo avesse fatto sarebbe dovuto tornare al covo senza aver risolto nulla. È proprio vero che in queste organizzazioni si entra col sangue e si esce allo stesso modo.


Rimasi qualche secondo immobile a fissare quel corpo. Non provavo terrore o angoscia ma semplice curiosità. Ero riuscito ad impedire a una persona di compiere tutte le sue azioni future, con un semplice gesto e qualche secondo di tempo, ero riuscito a cancellare una vita umana.

Sfregiai quel volto con un coltello, lasciando dei disegni che avevano l'aspetto di vari oggetti, in modo da renderlo irriconoscibile da subito, poi, facendo attenzione a non lasciare impronte, lo caricai nell'auto che avevo comprato due anni prima e cominciai a guidare.

Semplice il mio piano, vero mio caro lettore?

Mi sentii liberato di un peso, ma non era finita lì. Portai la mia auto dal lato opposto della città per poi darle fuoco, in questo modo avrebbero creduto davvero alla mia morte anche senza trovare il mio cadavere.

Mi fermai, scesi, cosparsi il veicolo di benzina presa dal serbatoio con un tubo e poi accesi un piccolo pezzetto di paglia che gettai sul cofano.

Dopo pochi secondi tutto divampò e non potei evitare di sorridere vedendo come una piccolissima scintilla potesse causare un grande incendio.

Conosci i tarocchi, mio caro lettore? Chi non li conosce crede che la carta della morte abbia valenza negativa, ma in realtà è il contrario e sai perché?

Perché ogni fine è anche l'inizio di qualcos'altro. La morte indica il cambiamento, positivo o negativo che sia.

Bene, per me quell'incendio aveva la stessa identica valenza di quella carta.

Nella notte la luce era ancora più intensa e io la fissavo come incantato mentre un sorriso malvagio si dipingeva sul mio volto.

Dopo poco mi voltai e abbandonai quel luogo desolato a piedi.

Probabilmente mi sarei procurato una nuova auto, anche vecchia andava bene, l'importante era portare a compimento il mio piano.

E magari elaborare un modo per causare qualche guaio ad L.

Non avevo deluso le sue aspettative: ero diventato davvero un assassino, adesso lo sapevo con certezza mentre la faccenda di Any era ancora avvolta nel mistero.

E poi L era uno che amava le sfide, potevo non accontentarlo? Si trattava di me dopotutto, l'unico amico che avesse mai avuto.

Avrei dovuto informarmi un po' di più sul suo conto per sapere con certezza come era diventato in tutto quel tempo il mio avversario prima di andare avanti.

Di certo non mi ero dimenticato della promessa che avevo fatto.


Purtroppo già era giunta l'ora di abbandonare nuovamente il quadernetto, ma sarei tornato presto.

Adesso ne avevo la conferma: B era un folle, un pazzo che aveva ucciso solo perché era stato stabilito che sarebbe andata così, ma in fin dei conti aveva tutte le motivazioni per poter impazzire davvero anche se non quelle per essere un serial-killer.

La linea che separa la giustizia dal crimine è quasi invisibile dopotutto.

______________

Authoress' words

Caspita! Non mi ricordavo fosse così il capitolo! Però mi piace! Bene, basta dire cretinate, sono in bilico su un'altalena e rischio di buttare giù il pc e me stessa, quindi vi saluto e non aggiungo altro.

A domenica!

Any

   
 
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