Anime & Manga > D.Gray Man
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Autore: Bethan Flynn    21/08/2011    2 recensioni
-Hoshi, che cos’è?- sussurrò di nuovo il ragazzo, avvicinandosi a lei.
Gli sorrise, ma in quel sorriso non c’era gioia, e neppure odio.
C’erano paura, dolore, disperazione.
-E’ quello che potrei diventare io- mormorò solamente –la Caduta-.
Non tutti gli esperimenti sui non compatibili sono falliti.
Una ragazza è sopravvissuta.
E solo a lei spetta scegliere se la vita che le è rimasta sia la dannazione o la salvezza.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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-E voi cosa ci fate qui?-
-Potrei chiederti la stessa cosa, discemolo. Che fine ha fatto il tuo cane da guardia?- Allen si grattò pigramente un orecchio –diciamo che aveva bisogno di riposo e l’ho un po’ aiutato- disse, restando sul vago.
Continuava a chiedersi che cosa ci facesse il suo maestro davanti alla stanza di Hoshi a quell’ora, ma ogni sua domanda fu prevenuta dall’intervento della diretta interessata.
-Posso esservi utile?- la voce risuonò beffarda alle loro spalle.
-Devo parlarti- disse subito Cross, facendo un passo in avanti. Gli occhi neri di Hoshi si spostarono su Allen, con uno sguardo decisamente più gentile di quello che avevano riservato al Generale –ti serve qualcosa?- chiese. L’albino scosse la testa, mesto.
-Volevo solo vederti, ma se ti disturbo…- la ragazza fece subito cenno di no, lanciandogli la chiave della camera –aspettami. Tanto sarà una cosa breve- disse, accennando seccamente all’uomo di fianco a loro.
Allen annuì ed entrò nella stanza, lasciandoli fuori. Hoshi e Marian si allontanarono, infilandosi in uno sgabuzzino abbandonato.
-Allora, che vuoi?- chiese lei bruscamente. Non le piaceva affatto che la fosse venuta a cercare a quell’ora, e meno ancora le piaceva che lui ed Allen si fossero incrociati davanti alla sua stanza.
-Solo chiederti se le voci che girano sono vere-
-Sai come la penso riguardo alle voci sul mio conto- ci fu un rumore secco di un palmo che picchiava contro la parete.
-Questo non è uno scherzo, maledizione. Hai capito o no cosa c’è dentro quel ragazzo?- Hoshi guardò l’uomo che le stava di fronte, gelida –ho capito benissimo. E lo vedo, anche, quindi penso di avere più ragioni di tutti voi per capire- mormorò.
-Hoshi, è condannato. Soffrirai di nuovo- stavolta fu il turno della ragazza di sbottare.
-Anch’io sono condannata, Marian. Ma lui è riuscito a mostrarmi che nonostante questo prima della sentenza si può ancora vivere- sibilò a una manciata di centimetri dal suo viso –che anche nelle tenebre più profonde si può trovare una luce- si allontanò da lui, tornando fredda come il marmo –che ti prende? Non dirmi che sei geloso- mormorò in tono di scherno. Trattarlo a quel modo le faceva male. Non avrebbe voluto farlo soffrire, ma era l’unico modo che aveva per proteggere la se stessa che aveva trovato lì. Doveva erigere barriere che reggessero la peggiore delle tempeste, per non far portare via quel germoglio luminoso nato su terra bruciata.
All’improvviso le braccia dell’uomo la afferrarono, sbattendole la schiena contro il muro, e le labbra di Marian si impadronirono delle sue.
Hoshi gli sferrò un calcio allo stomaco con tutta la forza che aveva, facendolo finire addosso alla parete opposta, poi lo afferrò per il bavero per la giacca e lo scaraventò brutalmente fuori dallo stanzino.
-Non mi toccare- ansimò con la voce che le tremava –mai più, mai più in questo modo!- la sua voce salì fino a diventare un grido che riecheggiò nel corridoio. Non se ne preoccupò: su quei piani, così in alto, non c’era quasi nessuno.
-Ma che succede?- quasi nessuno, tranne lui. Hoshi imprecò mentalmente, fissando con odio l’uomo steso a terra.
-Niente. La discussione è conclusa, e non ritornerò sull’argomento- nelle sue mani brillò la katana nera, che in un istante si ficcò sotto la gola di Cross, lasciandovi un sottile solco rosso –che ti sia da monito- sibilò fissandolo –azzardati a rifarlo e l’avere una testa attaccata al collo non sarà più un tuo problema- l’arma scomparve, Hoshi afferrò Allen per un polso, trascinandolo in camera e sbattendo violentemente la porta.
Marian si passò un dito dove Hoshi l’aveva ferito, fissando il rosso del sangue sul polpastrello con un sorriso amaro stampato in viso.
Alla fine, lo spingerla a seguire l’Ordine l’aveva fatta allontanare da lui.
Non importava, se lei era felice. Ma temeva che in questo modo le cose avrebbero potuto solamente volgersi al peggio.

---

Cercò di recuperare un minimo di autocontrollo, mentre Allen la guardava con tanto d’occhi. Forse non si aspettava di vederle saltare i nervi a quel modo.
-Scusa se ti ho fatto aspettare- disse, constatando con sollievo che anche il tono di voce era tornato alla normalità –c’era qualche punto che andava messo in chiaro- andò ad abbandonarsi pigramente sul letto, poggiando la schiena contro il muro gelido e sospirando. L’albino si sedette di fianco a lei in silenzio.
Intanto fuori aveva iniziato a piovere. L’acqua scrosciava sulle pareti della torre, rimbombando al suo interno e alterando ogni suono. Quel rumore le faceva venire sonno, pensò Hoshi sbadigliando.
-Come mai conosci il maestro?- chiese Allen dopo un po’. Lei abbozzò un sorriso amaro: in effetti, era un po’ una pretesa il non dirgli nulla.
Si chiese come l’avrebbe presa.
“Hai paura?” le parole di Jerry le tornarono in mente.
“Adesso si” pensò. Adesso aveva paura, anche se non sapeva bene di cosa.
-Sei sicuro di volerlo sapere?- gli chiese, guardandolo negli occhi. Allen la fissò di rimando a metà fra l’incuriosito e lo spaventato –s-so che il maestro è una persona particolare, ma così mi fai paura- Hoshi ridacchiò, ma i suoi occhi non sorridevano affatto –e fai bene ad averne. Sapessi quanta ne ho io- mormorò, abbassando la testa e fissando il materasso.
Da dove doveva iniziare?
Sentì un braccio di Allen passarle intorno alle spalle, e la cosa la rincuorò. Intrecciò le dita con quelle della mano che poggiava sulla sua spalla destra e cominciò.
-Io… ricordo poco della mia infanzia. Vivevo in un orfanotrofio, non so dove, ma tutte le volte che ci ripenso mi torna in mente il rumore del mare, quindi forse si trovava su una scogliera, o su una spiaggia- mormorò, rievocando quelle scarse immagini che le tornavano alla mente –non avevo né questi capelli, né questi occhi- sorrise, tirandosi distrattamente una ciocca bianca –e ricordo che il loro colore mi sembrò importante soltanto quando, a dodici anni, venne mio fratello a portarmi via di lì- sentì Allen trattenere lievemente il fiato, e pensò che avesse già fatto il collegamento –capelli rossi, e occhi castani. Marian è mio fratello- mormorò Hoshi.
-Ma… a dodici anni ero già allievo del maestro anch’io, perché non ti ho mai vista?- chiese Allen disorientato.
-Perché Marian mi lascò ad Edo, in una casa curata solo da akuma modificati da lui- continuò la ragazza –sarà per questo che non mi fanno tanto effetto. Veniva spesso a trovarmi, però, quasi tutti i giorni. Possibile che non ti ricordi?- l’albino fece un verso di comprensione –ora che mi ci fai pensare, si… quasi tutti i giorni, appena dopo l’ora di cena, e stava via tutta la notte- Hoshi annuì, intercettando lo sguardo sorpreso del ragazzo –non biasimarti per aver pensato che andasse a donne. Appena mi fui ambientata, la sua principale occupazione tornò quella- ridacchiò, ma di nuovo un’ombra triste le oscurò il viso.
Non gli aveva ancora detto tutto.
Non ne aveva il coraggio.
-Ma cosa ti ha detto prima per farti arrabbiare a quel modo? Credevo lo avresti ucciso!- a puntino arrivò la domanda di Allen, che la mandò ancora più in crisi. Hoshi lo fissò, poi fece un gesto noncurante con una mano, trincerando ogni sua preoccupazione dietro ad un’espressione spavalda –dovevo solo mettere nettamente in chiaro una cosa- mormorò, fissando il muro di fronte a sé.
Allen non insistette, cosa che da Hoshi fu ringraziata con molte benedizioni. Non sapeva perché, ma quel piccolo ed insignificante particolare non voleva assolutamente saperne di uscire dalla sua bocca.
Concluse che non era poi così importante. Quel passato, chissà come, per lei non contava più niente. E se a Marian fosse venuta la balzana idea di fare la spia, avrebbe modificato tutti i suoi akuma e gliel’avrebbe dato in pasto.
Un sorriso omicida le si allargò sul volto al pensiero.
-Ho-Hoshi?- Allen la fissava spaventato, e lei sospirò: possibile che incutesse così paura?
-Niente, stavo solo pensando- disse, non contribuendo per niente a sopire i timori dell’albino.
-A cosa?- chiese titubante.
-Al fatto che ti avevo detto di chiamarmi in un altro modo, se non ricordo male- rispose, grattandosi un dito con finta noncuranza.
Lo sentì sorridere, e ancora una volta si stupì di come con Allen sembrasse superfluo ogni contatto per sapere cosa stava facendo o che espressione aveva sul viso.
La colpì un pensiero improvviso, utile anche per sviare da argomenti pericolosi.
-E Link? L’hai sepolto vivo?- chiese, guardandolo con un sopracciglio alzato.
Il sorriso sadico stavolta s’impadronì del volto di Allen, che iniziò a sghignazzare, raccontando qualcosa su un’oscura e sinistra invenzione di Komui.
Quel teatrino la fece ridere, anche se ben ricordava la devastazione che era capace di causare il pallino delle invenzioni di quel pazzo.
Era ovvio però che stavano continuando a sviare dall’argomento principale, e così fu finchè Allen non si decise ad affrontarlo.
-Ehi- fece a un certo punto, serio. Gli occhi di Hoshi si fissarono nei suoi.
-Quello che è successo in missione… ecco…- santo cielo, che imbarazzo! Hoshi distolse bruscamente lo sguardo, sentendosi arrossire fino alla radice dei capelli, mentre il cuore le batteva all’impazzata nel petto, del tutto incurante dell’infarto a cui era prossima la sua proprietaria.
-…so che la domanda può sembrare strana- continuò Allen, evidentemente in agitazione quanto lei, dal momento che continuava a guardare da una parte all’altra come impazzito.
-…ma tu sai perché è successo?- chiese, alla fine.
Hoshi tutto si aspettava, meno che una domanda del genere.
Avrebbe tanto voluto saperlo anche lei, il perché. Sapeva che l’aveva voluto, sapeva che ne era felice, ma non aveva la più pallida idea del perché fosse successo.
Non voleva dargli il nome di sentimento. Non ci riusciva. Non ancora.
-I-io non lo so- sussurrò, avvertendo uno strano gelo invaderle il petto e lo stomaco, una sensazione così sgradevole che le fece sgranare gli occhi.
“Ma che mi succede?” sentiva le mani artigliare la stoffa della veste, fredde come il marmo.

Si pentì istantaneamente di averle fatto quella domanda non appena la vide andare in crisi a quel modo.
In effetti, a dirla tutta il perché non lo sapeva nemmeno lui. Non sapeva neppure se fosse così importante ma, che fosse fondamentale o meno, il non saperlo spiegare disorientava Hoshi a morte per qualche motivo a lui oscuro.
Le prese una mano e quasi si spaventò nel sentire quant’era gelata.
Decise in quell’istante che non poteva sopportare di vederla in quello stato, e che avrebbe preferito di gran lunga che gli tirasse un manrovescio per quello che stava per fare.
Non capiva cosa l’avesse spinto verso di lei a quel modo, sentiva come se fra loro ci fosse una sorta di connessione, come se potessero capirsi ad un livello molto, molto più profondo del normale.
Le accarezzò lievemente una guancia, girando il viso verso il suo e portandosi vicino a lei. Hoshi seguì i suoi movimenti senza staccare gli occhi dai suoi.
Ancora una volta, ad Allen quelle tenebre sembrarono luminose.
Appoggiò lievemente le labbra su quelle di Hoshi, sfiorandole il viso con le mani.
Non sapevano perché stesse succedendo tutto ciò, eppure il ragazzo sentiva che nessuno dei due voleva che finisse.
Hoshi ricambiò il bacio, infilando le dita fra i suoi capelli. La schiena gli si riempì di brividi.
Si separarono, e la strinse a sé senza dire una parola.

-Scusami. Non avrei dovuto chiedertelo, dal momento che nemmeno io lo so- stretta fra le braccia di Allen, quelle parole le arrivarono come da una dimensione fastidiosa e lontana. In quell’istante più che mai avrebbe voluto scordare ogni cosa esterna e rimanere sola con quella pacificante sensazione di felicità.
-Non scusarti. E’ che ancora non ce la faccio a…- sussurrò, ma si interruppe. Non riusciva a fare cosa? A rendere conto del suo passato? A superare quella paura che si era impadronita di lei quando avrebbe dovuto salire tutto a galla? Avrebbe tanto voluto non averla, eppure non riusciva a levarsela dalla mente, intuendone solo molto vagamente il motivo.
-Lo so. Va tutto bene- mormorò Allen, appoggiandole le labbra sui capelli. Hoshi si stupì di come si sentisse bene in quel momento, di come ogni problema, ogni odio ed ogni rabbia fossero svaniti come polvere dalla sua anima.
-Si- bisbigliò in risposta. Finchè le cose fossero andate a quel modo, non poteva che andare tutto bene, pensò chiudendo gli occhi.
-Aster- la chiamò lui dopo un po’. Buffo come suonasse incerto quando usava il suo vero nome, pensò. In effetti, pareva strano anche a lei: erano secoli che nessuno la chiamava così.
Una fitta allo stomaco le ricordò chi fosse stato il primo a farlo, ma la ragazza la scacciò con rabbia. Perché doveva sempre intromettersi nei suoi pensieri?
-Dimmi-
-Tu non hai paura?- Hoshi emise uno sbuffo di esasperazione.
-Cos’è, la serata delle domande impossibili?- rispose acida, senza rendersi nemmeno conto di essere scattata sulla difensiva. Allen non disse niente, ma lo sentì irrigidirsi e sospirò.
-Scusa. Te l’ho detto, non ci sono abituata- mormorò.
Ci fu solo silenzio, fino a quando non si decise a parlare di nuovo.
-Io… ho paura, Allen- disse pianissimo, rendendosi conto di averlo ammesso per la prima volta anche con se stessa.
-Ho paura di queste tenebre. Voglio che finiscano, ma so che sono destinata a caderci comunque- la sua voce si affievolì ulteriormente. Allen le accarezzò i capelli, attorcigliandosi una ciocca attorno a un dito. Erano cresciuti, adesso arrivavano una buona spanna sotto le spalle, candidi come una cascata di ghiaccio.
-Finiranno- mormorò, ma la sua voce non era più sicura come prima. Hoshi riuscì a sentire la sua paura da quell’unica parola.
Anche lui rischiava di essere inghiottito dall’oscurità. Tendeva a dimenticarlo un po’ troppo spesso, si rimproverò.
-Lo sai? Non c’è mai quando siamo insieme- disse con un mezzo sorriso, sbirciando sopra la spalla del ragazzo. Si riferiva all’ombra del Quattordicesimo. Allen sorrise a sua volta.
-Non lo dici per rincuorarmi?- chiese. Lei lo guardò interdetta –certo che no. Piuttosto che dire una cosa simile per finta starei zitta, mi pare ovvio- disse decisa, aspettando che le spiegasse il perché di quella domanda.
-Non sopporto come mi guardano- disse con un sospiro secco –gli altri. Come se sul mio capo pendesse una sentenza di morte- la sua voce si fece diversa dal solito tono rassicurante, era frustrata, dura, amareggiata. Hoshi sentì come se Allen stesse per la prima volta dicendo realmente cosa pensava dietro a quella maschera sorridente che indossava sempre per non far preoccupare gli altri.
-Non sono granchè nel decifrare i rapporti umani- disse –ma credo che lo facciano perché sono preoccupati per te- era la risposta più ovvia ad un problema del genere, eppure si odiò per avergliela data.
Lei stessa sapeva benissimo che quelle parole non significavano niente.
-Tu non lo fai. Non sei preoccupata?- domandò Allen in tono di sfida. La ragazza non ci badò: decise che finchè gli fosse servito per buttar fuori tutto ciò che non aveva mai espresso, avrebbe sopportato di tutto.
-Certo che lo sono- rispose decisa come sempre –ma io so come ci si sente. Per questo non lo faccio. Per chi non lo sa è più difficile, credo- aggiunse.
-Sembra che per loro io non sia più lo stesso di prima. Mi sento come un estraneo di cui nessuno si fida-
-Questo non è vero- quelle parole le sfuggirono di bocca prima che potesse controllarsi, innescate dallo sfogo di Allen. Il ragazzo la guardò senza dire niente, e Hoshi lo fissò di rimando dritto negli occhi, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un istante –io mi fido. Quella cosa non sei tu. Potrà anche possederti e divorarti, ma non sei tu. Non lo penso, e non lo penserò mai- disse con enfasi.
Allen la strinse a sé con più forza, e Hoshi ricambiò l’abbraccio. Lo sentiva fragile, e non l’avrebbe lasciato andare a fondo in quel buio senza lottare assieme a lui.
Osservandolo in silenzio, erigendo barriere fra sé e tutti loro, aveva visto benissimo che Allen lottava con tutti, ma che nessuno lottava realmente con lui.
-Grazie- rispose dopo un po’, senza allentare la presa –io… io credo sia per questo. Non avevo mai detto queste cose a nessuno- mormorò. Il cuore di Hoshi fece una serie di capriole, malgrado la serietà della conversazione.

Rimasero in quella stanza tutta la notte, senza chiudere occhio.
Si conobbero forse ad un livello ancora più profondo di quello delle confidenze più segrete; le tenebre che li avvolgevano si fusero e loro si incontrarono in esse, illuminandole con la loro luce maledetta dalla vita.

All’alba, Allen fece per andarsene, quando, appena ebbe messo la mano sulla maniglia della porta, Hoshi lo afferrò per una manica, gli occhi bassi.
Il ragazzo le prese la mano, guardandola dolcemente.
-Tutto bene?- era più un modo per darle l’occasione di parlare, più che per chiederle realmente conto della situazione.
Entrambi dubitavano che potesse andare meglio, in quel momento.
-Ecco, Allen, io…- balbettò lei incerta, senza sollevare gli occhi dal pavimento. La voce le tremava, poi d’improvviso alzò il viso e lo guardò con un’espressione a metà fra la decisione e la paura.
-Io… non lo so, non so perché stia succedendo- sussurrò, tormentandosi i capelli con la mano libera –so solo che c’è una cosa che anch’io non ho mai detto a nessuno, e che vorrei dire a te. Però devi farmi una promessa- aggiunse precipitosamente, gli occhi lucidi e le guance arrossate. Allen si avvicinò a lei e le sfiorò la fronte con un bacio, appoggiandovi poi sopra la sua e fissandola negli occhi.
-Tutto quello che vuoi- disse.
-Devi credermi. Promettimi che crederai a quello che ti dico, qualsiasi cosa possa succedere- la ragazza si morse un labbro, ma una lacrima le sfuggì ugualmente dagli occhi scuri.
La baciò dolcemente e a lungo, finchè non la sentì rilassarsi, poi si staccò e le mormorò a fior di labbra –credo soltanto a te-.

Hoshi sentiva che era quello l’essenziale. Si fidava di Allen, ma lui doveva crederle, o quello che erano riusciti a trovare sarebbe potuto facilmente sparire nel nulla per una sola parola di troppo.
Non avrebbe sopportato di perderlo.
Non dopo aver capito.
Era vero, non sapeva né il motivo né le conseguenze che ciò che stava succedendo avrebbe potuto avere, ma era perfettamente conscia di cosa stesse succedendo.
Passò le braccia attorno al collo di Allen e avvicinò le labbra al suo orecchio. Era sicura che il ragazzo potesse sentire i battiti del suo cuore, da tanto che erano forti.
“Hai paura?” la voce di Jerry le risuonò in testa anche in quel momento.
“No, di questo no” pensò sicura, chiudendo gli occhi.
-Ti amo- sussurrò.
Non sapeva quando la sua mente avesse fatto il passo definitivo che l’aveva portata a capirlo, ma ne era perfettamente certa. Poco importavano i motivi, alla fine, e poco importava il fatto che stesse accadendo tutto all’improvviso. Aveva aspettato fin troppo, immobile in un gelo che le aveva portato solo dolore e buio. Adesso era ansiosa di immergersi totalmente in quella luce, non importava per quanto sarebbe durata.
Sentì la risposta di Allen, sentì l’emozione nella sua voce e intuì che la sua doveva aver suonato in un modo simile.
Non importava quanto a lungo sarebbe durata quella luce, no, purchè ci fosse in quel preciso istante.






Note dell'Autrice:

E all'alba della mia partenza per l'Irlanda, eccovi un nuovo sdolcinatissimo capitolo in cui non succede un'emerita cippa di niente!
Ma gli sviluppi arriveranno, tanti e tutti insieme, dovete solo avere pazienza. Siccome con questo caldo boia mi sono presa una congestione non posso stare molto a commentare... se avete osservazioni scrivetele nei commenti e vi risponderò appena mi riprendo!

Rispondiamo ai commenti:

DarkAngel_oF_DarkNess: sono troppo contenta quando leggo i commenti di qualcuno a cui piace la mia fanfiction *__* spero che continui a seguirla anche nella sua lenta evoluzione (con tutti i colpi di scena che ho in mente dovrò rileggerla tutta prima di postare ogni successivo capitolo..!) :)

Sherly: ooooh, adesso ci siamo u.u questo capitolo bello sentimentale credo che ti piacerà (spero!) ;) il "capitanessa ovvio" mi è uscito dal cuore, vista la situazione... Lina avrà il suo sviluppo come tutti gli altri personaggi... aspetta e vedrai! ;D

Baci a tutti!! Fatemi trovare qualche commento quando torno >____<

Bethan
   
 
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