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Autore: barboncina85    22/08/2011    3 recensioni
Avevo un sogno … diventare ballerina.
Adoravo ballare, non riuscivo a stare ferma ogni volta che sentivo la musica, era più forte di me.
Mia madre adorava questo lato di me, era una parte di lei.
Poi accadde l’impensabile.
Le mie gambe, che avevo sempre considerato qualcosa di essenziale, non rispondevano ai comandi più semplici. Mi facevano sempre più male.
Andammo in ospedale, con la speranza di risolvere il problema, i medicinali anti-dolorifici non facevano più effetto.
Mi dissero che avevo un problema alla spina dorsale, e che il tutto era molto semplice e altrettanto risolvibile in pochi giorni.
Ci fidammo della sua parola. Non chiedemmo altri pareri, non credemmo ce ne fosse bisogno e cosi accadde.
Fui ricoverata, e dopo pochi giorni preparata all’intervento.
Due ore, non di più. Mi continuava a dire il medico.
Mi addormentai agitata e nervosa, gli strumenti nella sala operatoria erano tanti e non volevo il cuor mio esserne scalfita i sette medici presenti cercavano di calmarmi mentre m’iniettavano l’anestetico.
Nove ore dopo. Ero ancora sotto i ferri.
Dodici ore dopo. Il dottore usci dalla sala operatoria completamente sconvolto.
Tredici ore dopo. Dichiararono il mio decesso.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Final destination'
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TRATTO DA UNA STORIA VERA
ANGOLETTO ALLA FINE.


Avevo un sogno … diventare ballerina.
Adoravo ballare, non riuscivo a stare ferma ogni volta che sentivo la musica, era più forte di me.
Mia madre adorava questo lato di me, era una parte di lei.
Poi accadde l’impensabile.
Le mie gambe, che avevo sempre considerato qualcosa di essenziale, non rispondevano ai comandi più semplici. Mi facevano sempre più male.
Andammo in ospedale, con la speranza di risolvere il problema, i medicinali anti-dolorifici non facevano più effetto.
Mi dissero che avevo un problema alla spina dorsale, e che il tutto era molto semplice e altrettanto risolvibile in pochi giorni.
Ci fidammo della sua parola. Non chiedemmo altri pareri, non credemmo ce ne fosse bisogno e cosi accadde.
Fui ricoverata, e dopo pochi giorni preparata all’intervento.
Due ore, non di più. Mi continuava a dire il medico.
Mi addormentai agitata e nervosa, gli strumenti nella sala operatoria erano tanti e non volevo il cuor mio esserne scalfita i sette medici presenti cercavano di calmarmi mentre m’iniettavano l’anestetico.
Nove ore dopo. Ero ancora sotto i ferri.
Dodici ore dopo. Il dottore usci dalla sala operatoria completamente sconvolto.
Tredici ore dopo. Dichiararono il mio decesso.

12/luglio/2001 Isabella Marie Swan.
Deceduta all’età di diciassette anni.
Per un errore di valutazione.

I genitori intentarono causa contro l’ospedale.
I sette dottori e infermieri portati a giudizio.
Dichiarati colpevoli sotto la legge umana.
L’assicurazione pagò per loro lasciandoli illesi.

12/luglio/2003 Jackson Smith.
Primario di ortopedia.
Deceduto all’età di quarantotto anni.
Per un colpo apoplettico.

12/luglio/2004 Samanta Parker
Anestesista specializzata
Deceduta all’età di trentadue anni.
Per un aneurisma celebrale.

12/luglio/2005 Simon Phillip
Specializzando ortopedico.
Deceduto all’età di ventinove anni.
Per overdose.

12/luglio/2006 Carlos Santana
Assistente anestesista.
Deceduto all’età di trentuno anni.
Per un infarto improvviso

12/luglio/2007 Erick Steven
Capo infermiere.
Deceduto all’età di trentasei anni.
Per un incidente stradale.

L’ambulanza entro a sirene accese nel parcheggio dell’ospedale.
<< John Connors, trentaquattro anni, è in arresto cardiaco >>.
I para-infermieri lo portano dentro spiegando a grandi linee la situazione.
Chiamarono il cardiologo.
Una due, tre scariche a voltaggio sempre maggiore.
Encefalogramma piatto.
<< Dichiara il decesso >> disse l’assistente al cardiologo.
Non ricevendo risposta.
Il cardiologo provò una quarta volta a voltaggio massimo.
Encefalogramma piatto.
<< Devi dichiararne il decesso! >> l’assistente, fin troppo zelante, cercò di convincerlo.
Con un sospiro il cardiologo disse.
<< Ore 22:34. Decesso confermato. >>

12/luglio/2008 John Connors
Specializzando cardiologo
Deceduto all’età di trentaquattro anni
Per arresto cardiaco, inspiegabile.

<< Perché quest’accanimento? >> gli chiese l’assistente una volta usciti dal reparto.
<< Era l’ultimo >> si sentì rispondere.
<< Ultimo? Che significa l’ultimo? >>
<< Sette anni fa. >> cominciò a raccontare << Una ragazza morì in quest’ospedale per un errore di valutazione. In questi sette anni sono morti i sei medici che erano nella sala operatoria quel giorno >> finì afflitto entrando nel suo studio, sedendosi nella poltrona dietro la scrivania.
<< Sì, ricordo, mi hai raccontato di Isabella Swan. Anche tu eri in sala operatoria. Ti chiamarono all’ultimo momento quando non c’era più niente da fare >>.
<< Sì, io sono l’ultimo >>
<< Carlisle, non puoi credere a queste assurdità! >>
<< Esme! Secondo te perché mi sono accanito su John? Certo che ci credo! Eravamo in sette, ne sono morti sei lo stesso giorno a un anno di distanza! Io … io sono l’ultimo. >>

12/luglio/2009

Entrai dalla finestra aperta.
Finalmente avrei avuto la mia vendetta.
Lui dormiva tranquillo accanto alla moglie, ignaro di quello che gli stava per accadere.
Anch’io lo ero. Tranquilla. Sedata.
<< è il tuo turno Carlisle Cullen >> gli sussurrai all’orecchio.
Si mosse appena, girando la testa dalla parte opposta.
Era il momento.
Sollevai la mano per fermare l’ultimo cuore e sarei stata libera.
<< Papà! >>
Un ragazzino aprì la porta urlando. Come mi vide urlò ancora più forte svegliando il padre.
<< MA CHI DIAVOLO … >> cominciò a urlare guardando prima il ragazzino, poi me.
Gli ringhiai contro.
<< Ti sei salvato Cullen! >> gli ringhiai contro.
Svanii.
La mia occasione era andata sprecata.
Avrebbe avuto ancora un anno per aver paura.
La cosa non mi dispiaceva per niente.

<< Papà, chi era quella ragazza? >> gli chiese il figlio tra le sue braccia.
<< Nessuno Edward, nessuno >> la voce gli tremava mentre cercava di consolare il figlio.
Una volta addormentato.
<< Era Isabella, Esme >> disse alla moglie ancora sconvolto.
<< Ne sei sicuro? >>
<< Più che sicuro >>

12/luglio/2010

Sarebbe stato il mio momento.
Lo trovai esattamente come un anno fa, dormendo con la moglie accanto.
<< Stavolta tuo figlio non ti salverà >> gli sussurrai all’orecchio.
Sollevai la mano, pronta a conficcargliela nel petto.
<< Aspetta … >> un sussurro, non abbastanza forte da svegliare nessuno, ma abbastanza da fermarmi.
Mi voltai rabbiosa.
Dal buio della stanza il figlio del dottore faceva passi lenti verso di me.
<< Cosa devo aspettare? >> gli ringhiai contro.
<< Ti prego. Non fu colpa sua >> delle lacrime gli caddero lente sulla guancia.
<< Anche lui era li! >> mi voltai per arrivargli faccia a faccia. << vai a dormire. Hai molto da vivere >> lo cacciai con uno spintone.
Mi afferrò il polso.
Nessuno poteva toccarmi. Non ero un’essenza reale, solo io potevo toccare.
<< Ti prego. È mio padre >> continuò
<< Anch’io ero una figlia. Avevo un sogno, avevo una vita. Me l’hanno portata via! >> scostai il braccio con forza. Mi lascio.
<< Lo so Isabella >>
Pronunciò il mio nome e qualcosa accadde dentro di me, come un battito, di un cuore ormai fermo. Non gli diedi peso.
<< Tu, non sai niente! Quanti anni hai tredici? Quattordici? Cosa puoi sapere tu della vita? Cosa puoi sapere … >> tornai sui miei passi. Raggiunsi Carlisle e sollevai la mano, stavolta non mi avrebbe fermata nessuno.
<< Sono andato alla tua tomba stamattina >> disse il ragazzo fermandomi.
<< C’era tua madre, Reneè >>
Mi voltai guardandolo male. Come si permetteva?!
<< Non hai il diritto di nominarla! >> avrei ucciso anche lui!
<< Mi ha raccontato che eri una ballerina, una brava ballerina. Che eri la sua gioia il suo orgoglio >>
<< Basta … >> non ce la facevo più a sentire.
Cominciai a dissolvermi, il giorno ormai era finito.
La mia vendetta avrebbe dovuto aspettare un altro anno.

12/luglio/2011

Stavolta nessuno mi avrebbe fermato.
Entrai nella stanza dell’albergo.
Quest’anno il dottor Carlisle aveva un mitting.
Lontano dalla famiglia. Lontano dal figlio.
Lontano dal figlio.
<< Edward … >> il dottore parlava nel sonno girandosi appena.
Sollevai la mano.
<< Ti voglio bene Edward >> la voce era nitida.
Non stava dormendo.
<< Svegliati Carlisle >> gli dissi scocciata.
Siamo arrivati all’assurdo, non potevo ucciderlo se continuava a parlare.
<< Sei un osso duro >>
Si sollevò a sedere guardandomi.
<< Non voglio morire >> la sua espressione era perfino divertita.
<< NEANCH’IO VOLEVO MORIRE!! >>
<< Isabella … io non ti ho uccisa. Sono arrivato tardi per salvarti >>
<< Non mi interessa >> mi avvicinai a lui stringendogli la gola con le mani << Non mi interessa … tu sei l’ultimo. Dopo potrò essere in pace >> la stretta aumentò togliendogli il respiro.
<< Isabella fermati! >> quella voce, ancora lui!
<< Ragazz … >> le parole mi morirono in gola. Non era più il ragazzino dell’anno scorso.
<< Edward, esci >> gli disse il padre << Non devi assistere >>
<< No! >> rispose lui testardo.
Accese la luce della camera.
Sapevo cosa vedevano, un’entità praticamente trasparente.
<< Isabella … >> sussurrò Edward.
Come l’anno scorso qualcosa si mosse nel mio petto.
<< Adesso basta! >> si stava cadendo nell’assurdo. << se vuoi assistere assisti >> mi girai di scatto infilando una mano nel torace di Carlisle. Avevo il suo cuore tra le mani.
<< Ti prego, ti prego lascialo >>  Edward si avvicinò.
Carlisle perse i sensi.
<< Ora se ti do retta lui muore. Come la mettiamo? >> gli dissi ghignando.
Ero salva, potevo andarmene in pace, non essere più costretta in un limbo.
Mi guardava dalla parte opposta del letto.
<< Prendi me >> mi afferrò il braccio che avevo incastrato nel petto << Prendi me, lascialo >>
Lo guardai negli occhi. Mi resi conto solo in quel momento di che colore fossero. Verdi, il verde delle acque più pure.
Lasciai il cuore del padre.
<< non prenderò né te, né lui >> mi sollevai << Potevo scegliere, tornare al mondo o vendicarmi, ho scelto la vendetta. Quest’uomo è fortunato ad averti per figlio >>
Cominciai a dissolvermi. Forse tornare al mondo non era una cattiva idea dopotutto.
Fui afferrata per un polso, e diventai concreta, palpabile.
<< Cosa farai? >> era sinceramente curioso.
<< Se uccido tuo padre sarò libera, diventerò un angelo della morte. Non lo voglio fare, quindi tornerò al mondo >> gli spiegai semplicemente.
Non so perché, ma la vendetta non mi è sembrata più un’essenzialità con questa famiglia.
<< Nascerai di nuovo? >> mi chiese non lasciandomi il polso.
<< Sì, non mi sembra male dopo tutto >>
<< Come ti trovo? >>
<< Dubito che mi troverai, non avrò quest’aspetto e non avrò i miei ricordi. Terminerò solo il mio destino. >> cercai di liberare il polso, non potevo andare via se non mi lasciava.
<< Non ti rivedrò più? >>
<< No, probabilmente no >>
Mi afferrò la nuca delicatamente, per poi abbassarsi di qualche centimetro e baciarmi, un bacio delicato, che sapeva di addio.
<< Proverò a cercarti >> mi sussurrò sulle labbra.
<< Se è destino mi troverai >> sorrisi a quella follia.
Le lancette scattarono sulla mezzanotte e il mio corpo, nonostante la presa salda della sua mano cominciò a dissolversi.
<< Ti troverò isabella! >> mi disse prima che sparissi dalla sue braccia.
Lo spero tanto Edward, lo spero tanto.

ANGOLETTO:
CIAO A TUTTI, QUESTA STORIA PURTROPPO è VERA.
AVEVO 14 ANNI QUANDO SONO FINITA IN OSPEDALE.
SONO VIVA OVVIAMENTE E L'ASSICURAZIONE HA PAGATO PER L'ERRORE DI UN SOLO MEDICO.
AVREI PREFERITO LA VENDETTA.
OGGI SI è CONCLUSA LA SENTENZA E IO VOLEVO SFOGARMI.
GRAZIE IN ANTICIPO.

UN BACIONE GRANDE
BARìBONCINA85


OOOANORA 

  
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