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Autore: RobTwili    22/08/2011    10 recensioni
Sequel di Redemption
Sono passati tre anni da quando Aileen ha varcato il cancello della clinica di disintossicazione.
Tre anni trascorsi a fianco di Robert.
Lui l’ha aiutata a superare ogni difficoltà, anche quando i fantasmi del passato hanno deciso di uscire.
Lei si è impegnata con tutta se stessa per cercare di non deludere lui, l’unica persona che abbia mai tenuto a lei.
Sono buoni, ottimi, amici; condividono una casa a Los Angeles.
C’è però un piccolo problema… Cupido, come sempre, è uno stronzo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'My Redemption is Beside you'
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Sequel di Redemption. Non è necessario aver letto il prequel per comprendere questa storia. Ho cercato di riportare alcuni eventi in modo che possa risultare comprensibile a tutti.








Un’altra tipica serata passata davanti alla TV disteso sul divano assieme a Lee.
Si stava comportando in modo strano, era irrequieta, si muoveva continuamente e aveva deciso di rimanere seduta piuttosto di distendersi al mio fianco.
«Lee, sei sicura che vada tutto bene?» chiesi ancora una volta, guardandola di sottecchi.
«Mhm?». Staccò per un attimo lo sguardo dallo schermo e mi guardò distrattamente.
«Ti ho chiesto se va tutto bene». Cominciavo a spazientirmi.
Era assente, non parlava, non commentava nemmeno il programma come suo solito; sembrava un manichino: rimaneva lì, dall’altra parte del grande divano, ad abbracciarsi le gambe, tenendo il mento appoggiato alle ginocchia.
«Sì, è andata bene oggi al lavoro» mormorò ritornando a fissare la TV.
«Ok, non hai voglia di parlare, questo è chiaro. Ti lascio guardare la TV allora» sibilai arrabbiato.
Quei suoi improvvisi cambi d’umore mi facevano impazzire.
Distolse lo sguardo dallo schermo tutto d’un tratto, lasciando la presa sulle sue caviglie e guardandomi con uno strano sguardo.
«Devo dirti una cosa, ci ho pensato a lungo» mormorò, mettendosi improvvisamente in ginocchio sopra al divano.
Sembrava quasi non volesse dirmelo e questo mi irritò ancora di più.
«Guarda pure la TV, non voglio disturbarti» grugnii fingendo indifferenza.
«Rob, non ho voglia di guardare la TV» sussurrò strisciando sul divano e avvicinandosi a me.
«Va bene, la guardo da solo» borbottai lanciandole un’occhiata sofferente quando si umettò il labbro superiore.
Che diamine le stava prendendo? 
«Forse non hai capito...». Prima che io potessi anche solo pensare a qualcosa mi ritrovai Lee seduta sulle ginocchia. «Non ho voglia di guardare la TV perché voglio guardare te» sussurrò cingendomi il collo con le braccia e appoggiando le sue labbra alle mie.
Un bacio? Stava cercando di darmi un bacio?
Sì, così sembrava.
Le nostre labbra incollate si muovevano lentamente, con delicatezza. Non c’era fretta.
Inconsciamente gemetti, attirando il corpo di Lee più vicino al mio.
Avevo aspettato quel momento per anni, non potevo di certo sprecarlo in quel modo.
«Ai… leen» sospirai quando si strusciò volontariamente contro il mio bacino.
«Shh, fallo e basta». Appoggiò l’indice sulle mie labbra dischiuse e io mi accorsi che i suoi occhi erano diventati più scuri.
Avrei dovuto dirle che non era il caso, che non era corretto, eticamente e forse anche politicamente, ma in quel momento non ne avevo la forza.
“Al diavolo tutto” pensai riempiendomi le mani con il suo sedere sodo.
Ridacchiò infilando le sue piccole mani sotto alla mia maglia per toglierla lentamente.
«Pensavo non lo avresti mai fatto» sussurrò cominciando a torturarmi il collo con i denti e con le labbra.
Sospirai reclinando la testa sullo schienale del divano e socchiusi gli occhi.
C’era un rumore fastidioso che non mi permetteva di rilassarmi. Lee continuava a baciarmi sul collo e lungo la spalla ma non riuscivo a concentrarmi su di lei e sulle sensazioni del mio corpo.
Era un rumore insopportabile, e si faceva sempre più forte.
«Lee» ansimai, quasi in modo vergognoso, quando leccò il mio labbro inferiore.
«Mhh?». Improvvisamente si tolse la maglia, rimanendo in reggiseno.
«Non senti questo rumore?». Riuscivo con fatica a mettere assieme parole per formare una frase di senso compiuto.
Non era di certo un’esperienza di tutti i giorni trovarsi Aileen seduta sulle gambe, mentre continuava a lasciare piccoli baci seducenti sullo sterno e scendeva lungo gli addominali.
Gemetti di nuovo, quando sfiorò il cavallo dei miei jeans con la mano.
«Rob?» disse lanciandomi uno sguardo malizioso.
«Sì?» boccheggiai, cercando di trattenermi dall’istinto di strapparmi jeans e boxer.
«Rob, ti vuoi svegliare?». Continuava a guardarmi ammiccante, non staccando gli occhi dai miei.
«Cosa?» borbottai confuso.
Perché mi stava chiedendo di svegliarmi? Cosa voleva che facessi?
Mi sembrava che il mio corpo, o almeno, una parte, fosse molto più che sveglio.
«Rob, dannazione! Svegliati!» urlò improvvisamente, ma non riuscivo più a vedere le sue labbra muoversi. «Robert Thomas Pattinson, svegliati immediatamente». Sentii un dolore improvviso alla guancia e aprii gli occhi.
Aileen, con i capelli tutti arruffati e gli occhi assonnati, mi stava insistentemente guardando, ed era decisamente seccata.
«Che succede?» borbottai confuso, girandomi tra le lenzuola.
Un momento, perché ero in camera mia?
«Che succede? Sono dieci minuti che la tua sveglia suona e mi chiedi che cosa succede? Pensavo fossi morto, non avevo nemmeno il coraggio di entrare in camera» sbottò arrabbiata, tirandomi un pugno sulla spalla.
Oddio.
Oddio avevo appena sognato Lee.
Peggio, avevo fatto un sogno erotico su Lee.
Mi alzai a sedere velocemente, avvicinando le ginocchia al petto e nascondendomi con il lenzuolo.
Fortunatamente sembrava che Lee non avesse notato un particolare non proprio piccolo.
«Mi dispiace, non l’ho sentita, stavo sognando» borbottai imbarazzato, ringraziando il mio angelo custode per avermi evitato una figuraccia.
«Sì, me ne sono accorta, quando sono entrata nella stanza continuavi a fare versi strani e ti giravi nel letto. Che cosa stavi sognando?» chiese sbadigliando e sedendosi accanto a me.
«Non lo so» mormorai spostandomi verso il bordo del materasso; mi serviva un modo per alzarmi senza che Lee notasse protuberanze strane.
«Mi hai svegliato, stavo dormendo e tu mi hai svegliato» sbuffò distendendosi accanto a me e chiudendo gli occhi.
«Lee, perché non torni a dormire? È presto e puoi rimanere a letto ancora per un paio d’ore». Cercavo una futile scusa affinché tornasse in camera sua e mi lasciasse libero di andare a farmi una doccia gelata.
«Non posso dormire qui?» bisbigliò sistemandosi meglio le coperte.
«No. Non puoi. È la mia camera, andiamo Lee» piagnucolai.
Rischiavo di arrivare tardi sul set.
«Va bene, calmati» sbuffò alzandosi e facendomi una linguaccia. «Sei insopportabile di mattina». Chiuse la porta della mia camera alle sue spalle e pochi secondi dopo sentii chiudersi anche quella della sua camera.
Rimasi a fissare la porta chiusa disperato.
Avevo sognato Aileen.
Proprio lei.
Fortuna che poche ore prima mi ero auto-convinto di non considerarla come donna!
«Rob, calmati, è solo suggestione, l’hai pensata ieri sera e questa notte hai rielaborato la cosa» mormorai cercando di farmi coraggio da solo mentre mi dirigevo verso il bagno.
Mi sembrava di essere improvvisamente diventato adolescente, quando sognavo le compagne di scuola.
Erano anni che non mi svegliavo eccitato dopo un sogno con qualche donna; questo la diceva lunga sulla mia, inesistente, vita di coppia.
L’unica cosa da fare era una veloce doccia gelata per raffreddare il mio corpo visto che ero già in ritardo per il lavoro.
C’era un’altra cosa da fare: togliermi dalla testa Aileen.
Non dovevo più pensare a lei sotto quell’aspetto, me l’ero ripetuto fino allo sfinimento il giorno precedente ma non era stato sufficiente.
Quando uscii dal box doccia, rabbrividendo involontariamente, cominciai ad asciugarmi.
L’acqua gelata sembrava essere riuscita a calmare i bollenti spiriti, l’unica cosa da fare era non pensare a quel maledetto sogno, non dovevo pensare nemmeno a Lee.
Iniziai a canticchiare per distrarmi ma all’improvviso sentii un rumore: qualcuno stava bussando alla porta.
Sussultai finendo di infilarmi i boxer mentre gridai un «Sì?».
«Rob, hai fatto? Mi sto facendo la pipì addosso» piagnucolò Lee dietro la porta chiusa.
Ridacchiai divertito prima di infilarmi anche i jeans, così, per sicurezza.
«Entra Lee» borbottai prendendo tra le mani la maglia.
«Grazie, grazie, grazie» strillò correndo verso la tazza del water.
La fissai stupito mentre, senza tanti problemi, si abbassava gli slip prima di sedersi.
Chiusi gli occhi per non sbirciare e in pochi passi tornai in corridoio, fuori da ogni possibile tentazione.
«Vado al lavoro. Oggi pomeriggio arriva Tom, dorme qui» gridai pizzicandomi un braccio per pensare al dolore piuttosto che a Lee.
«Va bene». Sentii lo sciacquone dell’acqua e pochi secondi dopo Lee uscì con un sorriso. «Scusa ma mi scappava tanto» ridacchiò raccogliendosi i capelli.
«Scappo» mormorai cominciando a scendere le scale di corsa.
«Rob? Non mi saluti nemmeno?» si lamentò scendendo qualche scalino dietro di me.
«Sono in ritardo. Ci vediamo stasera» strillai velocizzando il passo.
Che cosa sarebbe successo se le avessi anche solo dato un bacio sulla guancia?
«Oh, va bene. A stasera» sussurrò delusa, fermandosi a metà scala.
Mi sentii improvvisamente uno stronzo, non era giusto comportarsi così nei confronti di Aileen, lei in fin dei conti non aveva fatto nulla di male, era tutta colpa della mia fantasia e del mio cervello.
Sì, sì dannazione! Lei aveva fatto qualcosa di male nel momento in cui aveva cominciato ad andare in giro per casa mezza nuda.
Ma l’aveva sempre fatto, non mi ero mai lamentato di quel fatto.
«Idiota» sbottai, picchiandomi la fronte, proprio mentre parcheggiavo la macchina di fianco al set.
Dovevo parlare con qualcuno di quella situazione, trovare un aiuto esterno che riuscisse a mettermi sulla retta via e mi suggerisse che cosa fare, perché io non lo sapevo proprio.
Avevo due alternative, una più spaventosa dell’altra: lanciarmi in una storia con Lee, rischiando di farmi male, ma soprattutto farle male e successivamente perderla per sempre, oppure mettere a tacere ogni singolo sentimento che provavo.
Entrambe le alternative mi spaventavano, troppo, forse.
Dovevo parlarne con Tom, lui, da persona esterna, avrebbe capito cosa sarebbe stato meglio fare.
 
Non era facile recitare quando avevi altro per la mente.
Non era facile soprattutto quando la tua giornata non era cominciata nel migliore dei modi.
Ma, se volevi anche solo fare finta di essere un attore professionista, dovevi lasciarti la vita privata fuori dal set.
Ci ero riuscito a fatica, visto che avevo chiamato l’altra attrice Lee per un paio di volte.
Fortunatamente però, anche quella giornata di lavoro si era conclusa, addirittura con una bella notizia per me, visto che non avevo scene da girare il giorno successivo.
Dopo essermi tolto i vestiti di scena e il trucco, aver salutato il resto del cast e Dean, ero salito velocemente in macchina per tornare a casa.
Erano le sei passate, Tom doveva essere arrivato.
Durante il viaggio canticchiavo felice, convinto che avrei sicuramente trovato una soluzione ai miei problemi.
Parcheggiai la macchina sul vialetto e vidi la porta di casa spalancarsi: Tom e Lee uscirono salutandomi.
«Straniero» borbottai avvicinandomi al mio amico prima di lasciargli una pacca cameratesca sulla schiena.
«Ecco chi si vede» ridacchiò aspirando una boccata di fumo dalla sigaretta che teneva tra le dita.
Cercavo di non prestare troppa attenzione alla piccola figura che scorgevo di fianco a Tom.
Se non l’avessi guardata non mi sarei ricordato del sogno di quella mattina.
«Ho bisogno di una sigaretta» mormorai sfilandomi il pacchetto dalla tasca dei jeans.
«Sei ritornato alle origini, mh? Ho sentito che stavi cercando di smettere» scherzò passandomi l’accendino.
«Posso smettere quando voglio, è solo che ho bisogno di fumare» mentii socchiudendo gli occhi per accendere la sigaretta.
«Certo, dicono tutti così» ridacchiò.
«Ciao Rob». Sussultai sentendo la voce di Lee.
«Ciao». Feci un cenno con il capo non guardandola nemmeno.
Meno la guardavo, meno ripensavo ai suoi baci infuocati sul mio petto.
«Lee, vuoi una sigaretta?» domandò Tom, allungandole il mio pacchetto dopo averlo sfilato dalla mia tasca.
«Cer…» cominciò a dire.
No, sarebbe stata la fine vederla fumare di fianco a me, mentre teneva la sigaretta tra le labbra.
Quelle labbra che avevano baciato le mie, che avevano accarezzato il mio corpo, in sogno.
«No, Lee non fuma» sbottai guadagnandomi un’occhiataccia da Tom.
«Da quando decidi tu?» chiese Tom divertito.
«Non sto decidendo, solo che il fumo le fa male, in tre giorni ho perso il conto dei pacchetti che ha fumato». Era una scusa idiota, visto che di solito non le vietavo mai di fumare, anche perché non ero nessuno per darle ordini.
«Be’, vi lascio soli. Vado un po’ in camera mia». Sembrava che Lee si fosse offesa, non potevo esserne certo però, visto che non la stavo guardando e non vedevo i suoi occhi.
«Aileen, puoi rimanere anche qui» insisté Tom, circondandole goffamente le spalle con un braccio.
Vidi Lee accennare un sorriso prima di sistemarsi una ciocca di capelli.
«Va bene» sussurrò abbassando leggermente lo sguardo.
«Allora, come è andata la giornata di riprese?». Tom stava cercando di instaurare una conversazione, però aveva fatto la domanda sbagliata.
«Benissimo» mentii.
«Che scene avete girato?» mi domandò Aileen, liberandosi del braccio di Tom, ancora sopra alle sue spalle.
«Primi piani, cose tecniche». Tagliai corto, sperando che non parlasse ancora.
«Quante scene?». Tom sembrava coalizzato con Lee per farmi parlare con lei; peggio: per farmela guardare.
«Due, forse tre. Tom, ti andrebbe di uscire stasera?» proposi scegliendo bene le parole perché Aileen capisse che non era invitata.
«Certo, una bella seratina! Noi due e Aileen». Ridacchiò spegnendo la sigaretta sul portacenere di fianco alla porta d’entrata.
«Sì, che bello! Questa sera non lavoro» strillò Lee, felice.
«No, solo io e Tom» sbottai facendo cadere la sigaretta per terra e pestandola con il piede.
«Ah». Aileen non aggiunse altro.
Era delusa.
Ma cosa potevo dirle? “Ho bisogno di parlare con Tom perché ho paura di essere attratto da te e voglio trovare una soluzione?”
«Perché non può venire anche Aileen?» propose Tom.
«Perché io e te assieme siamo troppo visibili e i paparazzi potrebbero vedere anche lei e seguirla ovunque». Era una scusa vecchia, che ogni tanto usavo.
Sembrava funzionare sempre.
«Certo, hai ragione. Vado un camera mia, non mangio stasera, non ho fame» sussurrò Aileen entrando in casa.
Chiusi gli occhi respirando a fondo per resistere alla tentazione di correre in camera di Lee e chiederle scusa. Se l’avessi fatto l’avrei vista, ricordando il sogno di quella notte, ancora una volta.
«Ehi amico, che ti succede?». Tom mi spintonò prima di entrare in casa.
«Niente, perché?». Fingere che tutto fosse normale, non era così che si faceva di solito?
«Non prendermi per il culo, Rob. Ti conosco dall’asilo e mi vieni a dire che non hai nulla? Non è una scusa» mormorò sedendosi sul divano e continuando a guardarmi.
«Ti dico dopo, va bene?» proposi, sapendo che Lee avrebbe potuto sentire.
«Allora usciamo subito». Si alzò, prese il telefono che aveva appoggiato in cucina e salì un paio di gradini «Aileen, usciamo. Ci vediamo questa sera» strillò, continuando a tenere una mano appoggiata al muro per mantenersi in equilibrio in quella posizione scomoda.
«Sì» gridò Lee in risposta, senza nemmeno aprire la porta della sua stanza o scendere.
«Andiamo a piedi?» proposi chiudendo la porta di casa alle nostre spalle.
«Addirittura? Così grave?» scherzò cercando di tirarmi su il morale.
«Tom» sibilai sospirando; non sapevo da dove cominciare.
Camminammo per qualche minuto in silenzio, Tom probabilmente aspettava che cominciassi io il discorso, ma ero troppo codardo per farlo.
«Pizza e birra per cominciare?» suggerì, rompendo il silenzio, mentre indicava una piccola tavola calda a lato della strada.
«Sì, birra e pizza» specificai, facendogli capire quale fosse la mia priorità.
Dopo esserci seduti e aver ordinato, Tom tirò fuori il pacchetto di sigarette appoggiandolo in mezzo al tavolo.
Non aspettai nemmeno due secondi; presi una sigaretta e l’accesi.
«Pensavo fosse una sua idea, ma ha ragione» borbottò, rimanendo fermo a guardarmi.
«Cosa?» chiesi sorpreso da quello che aveva detto.
«Aileen. Quando sono arrivato era disperata, mi ha detto che non sa quello che ha fatto perché ti comporti in modo strano. Credevo scherzasse, credevo fosse solo una sua impressione, ma a quanto pare mi sbagliavo» borbottò cominciando a mangiare la sua pizza.
«Si vede tanto?». Cominciavo a cedere, non sapevo mentire a Tom.
«Che succede? Sembra che tu voglia evitarla, ma lei giura di non aver fatto niente di male». Sembrava davvero interessato.
«Tom, ho paura di aver fatto una cosa» mormorai imbarazzato, giocherellando con il sottobicchiere.
«Coa?» biascicò parlando con la bocca piena.
«Credo che Aileen cominci a piacermi». Tenni lo sguardo basso, imbarazzato dalla confessione.
«Piacerti piacerti o solo piacerti?» chiese, subito dopo aver bevuto qualche sorso di birra.
«Piacermi piacermi». Sollevai leggermente lo sguardo e mi accorsi che faticava a rimanere serio.
«Be’, questo non mi sorprende, l’avevo previsto anni fa» disse tronfio, ritornando subito dopo serio. «Da cosa l’hai capito?».
«L’ho sognata». Abbassai di nuovo lo sguardo, cominciando a bere per nascondermi dietro il bicchiere.
«Non vuol dire nulla, anche io sogno tante persone, sogno te, Sienna, Kristen… non vuol dire che tu mi piaccia o che mi piaccia Kris». Fece spallucce, forse credendo di aver risolto la situazione.
«No, ho fatto un sogno erotico» abbassai la voce fino a ridurla a un bisbiglio «con Lee».
«Oh. Ohhh» ridacchiò appoggiando la fetta di pizza sul piatto. «Com’è stata?». Avvicinò lo sgabello al tavolo, interessato.
«Tom» lo ammonii bevendo un altro sorso di birra.
«Che c’è? Insomma, è Aileen» si giustificò, chiamando una cameriera per ordinare altra birra.
«Non capisci? Non posso» bofonchiai appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolo.
«E perché no? In fin dei conti sarebbe normale se tu ti fossi innamorato di lei, non bisogna di certo punirti». Sembrava felice della notizia che gli avevo dato.
«No, Tom. Non posso innamorarmi di Lee, non sono innamorato di lei. È solo stato un sogno perché è da un pezzo che sono a secco» mormorai mordendo un pezzo di pizza con rabbia.
«Quando l’hai sognata?» chiese spingendo uno dei due bicchieri pieni verso di me.
«Stanotte. E stamattina c’era anche l’alzabandiera e mi ha svegliato lei. Non avevo sentito la sveglia, ero troppo occupato a sognarla». Un nuovo morso e un nuovo sorso di birra.
«Fammi capire, la stavi sognando e lei ti ha svegliato?». Annuii senza interromperlo. «E non ha visto il soldatino che dava il buongiorno?» ridacchiò pulendosi le mani con una salvietta di carta.
«No, sono riuscito a nasconderlo, per fortuna» borbottai abbassando la voce quando un uomo seduto al tavolo di fianco ci riservò un’occhiataccia.
«E nei giorni precedenti?».
Quando sentii la sua domanda rischiai di strozzarmi con il boccone che stavo masticando.
«Cosa?». Come faceva a sapere dei giorni precedenti?
«Aileen mi ha detto che già da alcuni giorni ti comporti in modo strano. Da quanto ti sei accorto di essere innamorato di lei?». Continuava a guardarmi curioso, studiando ogni mio gesto.
«Primo, io non sono innamorato di lei, e secondo, sono strano solamente da domenica» puntualizzai facendolo sghignazzare.
«Certo, non sei innamorato di lei, Rob. Ma perché da domenica? Che è successo?» chiese accendendosi una sigaretta.
«L’ho vista, nuda» borbottai giocherellando con l’accendino.
«Cosa? L’hai vista nuda?» urlò attirando l’attenzione dei due uomini seduti di fianco a noi.
«Shh! Dannazione Tom! Parla piano» lo sgridai, imbarazzato.
«Scusa, ma… l’hai davvero vista nuda?». Gli si illuminarono gli occhi, e questo mi fece innervosire ancora di più.
«L’ho vista per sbaglio nuda, non l’ho fatto apposta, semplicemente sono entrato nella cabina armadio mentre lei stava scegliendo che cosa indossare. E non fare quella faccia. Non devi pensare a Lee nuda» sbottai infastidito.
Non lo faceva volontariamente, ma mi dava fastidio il fatto che qualcuno potesse fantasticare sul corpo di Lee.
«E com’era? Voglio dire, meritava?». Aveva cominciato con le domande stupide.
«Dacci un taglio Tom». Non volevo ricordare il suo sedere sodo davanti a me, nemmeno la sua schiena nuda che terminava con quelle fossette di Venere…
«Dio, ti odio quando sei geloso! Sposatela se sei arrivato a questo punto». Bevve un nuovo sorso guadagnandosi una mia occhiata omicida.
«Ascolta, prima di tutto non sono geloso, mi dà solo fastidio che tu voglia immaginarti Lee nuda, secondo, non sono innamorato di Lee, e quindi non la sposo». Guardai il nuovo bicchiere di birra davanti a me. In fin dei conti il giorno dopo non dovevo lavorare, una birretta in più non avrebbe di certo combinato guai.
«No, infatti, a che serve sposarla? Tanto convivete già» ghignò punzecchiandomi.
«Smettila». Cominciavo a spazientirmi sul serio.
«Ascolta Robert, smettila di mentirmi, ma soprattutto smettila di mentire a te stesso» sbottò arrabbiato.
«Io non sto mentendo a nessuno, e poi non ho più voglia di parlare di questa cosa. Voglio divertirmi, visto che domani non lavoro». Alzai la mia birra per brindare.
Una birra in più, solo una…
 
«Rob, dacci un taglio, hai bevuto già cinque birre». La voce di Tom era ovattata e sembrava provenire da un’altra stanza.
«E se-rivassimo a sei?» ridacchiai cercando una posizione che non mi facesse sentire la testa pesante.
«No, facciamo che ti fermi a cinque, vado a pagare». Si alzò lentamente, camminando verso la cassa.
Volevo dirgli di fermarsi, perché avevo ancora sete, ma sembrava che anche parlare fosse diventato difficile.
Tornò un po’ di tempo dopo, continuando a parlare con quella voce strana.
«Andiamo, spugna. È ora di tornare a casa» mormorò avvicinandosi a me e passandomi un braccio attorno alle spalle per aiutarmi a rimanere in piedi.
«Ho sonno» piagnucolai cercando di sedermi di nuovo per schiacciare un pisolino.
«Ascolta, adesso facciamo una passeggiata e quando arriviamo a casa dormi, va bene?». Riuscì a sollevarmi ancora in piedi, anche se continuavo a sentire le gambe pesanti.
«Mi sa che ho bevuto un po’ troppo» sghignazzai cominciando a guardare gli occhi di Tom che non rimanevano fermi e andavano di qua e di là.
«Sì, lo credo anche io. Per questo è importante che una volta usciti da qui arriviamo a casa in fretta. Così tu dormi e domani mattina ti svegli bello pimpante». Sorrise, continuando a sostenermi.
«Ma a casa c’è lei. E se la vedo ancora?» borbottai fermandomi davanti all’ingresso del locale.
Sarei riuscito a non dirle tutto quello che avevo capito quella sera?
«Non la vedrai questa sera, è già andata a dormire, te lo prometto». Continuava a circondarmi le spalle con un braccio per sostenermi.
Dannazione, non era mica colpa mia se improvvisamente tutta Los Angeles aveva cominciato a girare e non riuscivo a camminare dritto!
«Tom, ho un problema». Dovevo dirlo, almeno una volta.
«Se devi andare in bagno te la tieni fino a casa, ti avverto» sbottò parlando sempre con quella voce ovattata odiosa.
Portai anche le mani alle orecchie per controllare di non avere tappi; era tutto libero.
«No, no. Un altro problema. Credo di essermi innamorato di Lee». Sorrisi felice.
Era bello essere innamorati.
Ti sentivi leggero e tutti i problemi sparivano.
Ecco come mi sentivo in quel momento: felice, libero e leggero.
«Alleluia! Te ne sei accorto ora?». Rise di gusto, prendendomi appena prima che sbattessi addosso a un cestino.
«Sì, e ho un piano» abbassai il tono della voce, come se fossi stato un ladro.
«Sentiamo» sospirò Tom, prima di rallentare il passo.
«Adesso vado a casa, corro in camera sua, mi spoglio nudo e le do due colpi. Idea geniale» ridacchiai pregustando già il momento.
«Rob, sei ubriaco, e per quanto mi renda felice sapere che dentro di te muori dalla voglia di concludere con Aileen dopo quasi quattro anni, e sottolineo quattro anni, mi duole farti notare che sono tuo amico. In quanto tale ho il diritto ma soprattutto il dovere di badare a te nel momento in cui l'alcol ti annebbia il cervello...» cominciò a dire. Ormai però l’unica cosa che mi interessava era Lee.
Lee, il suo corpo, il mio, un letto morbido.
«Sono carico e pronto. Andiamo da Lee, la farò impazzire». Cominciai a camminare velocemente a caso, visto che non riuscivo a capire quale fosse la via di casa.
«Appunto» mormorò Tom prima di tirarmi per una manica della camicia per non farmi entrare in un negozio di liquori. «Lascia stare Rob, domani mattina te ne pentiresti e mi stresseresti per tutta la vita, chiedendomi perché non ti ho fermato». Abbassò improvvisamente la voce, quando due ragazze ci sorpassarono ridacchiando.
«No. Devo andare da Aileen, la farò urlare, sai? Sono bravo in queste cose anche se ultimamente ho perso un po' la mano» piagnucolai. Forse non sarei più stato in grado di soddisfare una donna, era da troppo che non facevo l’amore.
«Credo che ultimamente tu la tua mano l'abbia ritrovata, ma lasciamo perdere. Non ricordavo che diventassi così disinibito da ubriaco, sai?». Che mano avevo ritrovato? Non ne avevo mai persa nessuna.
Mi sedetti su un marciapiede e improvvisamente mi accorsi che c’era Lee dall’altra parte della strada.
Mi stava salutando con la mano e aveva il bellissimo sorriso che la rendeva ancora più bella.
«Lee? Lee? Vieni qui e spogliati» urlai perché potesse sentirmi.
«Rob, dannazione, siamo a Hollywood, non c'è Lee qui, solo fotografi. Ora taci e continua a camminare» sbottò Tom, tappandomi la bocca con una mano.
Mi alzai barcollando, cominciando a camminare verso Lee, davanti a noi.
«Dici che sia già nuda?» chiesi a Tom. Da quella distanza non riuscivo a vedere se avesse o meno i vestiti.
«Santo Signore, perché non mi hai fatto diventare amico di un astemio castrato? Sì, Rob. Nuda e pronta per te. Zitto e accelera il passo che così arrivi prima».
Perché sembrava arrabbiato?
Non era nemmeno interessato a Lee che continuava ad ancheggiare davanti a noi.
«Nah, meglio che venga dopo. Fa più effetto» ridacchiai pensando a quanto sarei sembrato stupido se non avessi fatto un buon lavoro con Lee.
In fin dei conti aveva lavorato in uno strip club e sapeva come andavano le cose.
«Aiuto. Rob, ascoltami: non puoi andare da Lee per fare sesso, stasera. Capisci?». Tom si parò davanti a me, guardandomi serio, senza nessun sorriso.
Che problema aveva? Io non volevo di certo fare sesso con Aileen!
«Sì, infatti faremo l'amore» specificai sorridendo fiero di me stesso.
«No! Niente sesso, amore, trombare, scopare, darle una botta, due colpi, intingere il biscotto o come diavolo lo chiami. Niente di niente». Troppi soprannomi, non riuscivo a ricordare quali non avesse detto.
Meglio andare sul sicuro. «Fornicare?» chiesi con un sorrisino.
Non ero poi così ubriaco!
Era Tom che continuava a dondolarsi, almeno così sembrava.
«Hai la testa dura come una noce di cocco e gli ormoni ubriachi. Devo chiuderti a chiave in camera». Non stava scherzando, assolutamente.
Un pensiero improvviso mi colpì. «Nooo. E se mi scappa la pipì?».
«Dormirei in camera tua, ma ho quasi paura che tu possa violentarmi» sbuffò tastando i miei jeans per prendere le chiavi di casa.
Era quella casa mia?
Per quello ci eravamo fermati davanti a quella villetta?
«Non sei il mio tipo. Troppe poche tette e troppa barba. Lo dico con affetto, sai che ti voglio bene». Sorrisi accarezzandogli una guancia in un gesto d’affetto.
«Ascoltami Robert, adesso entriamo in casa, ma devi fare silenzio perché è tardi e Aileen sta dormendo, ok?» sussurrò dopo aver aperto il cancello d’entrata.
«Sì, ma perché parli piano?» ridacchiai cadendo all’improvviso con le gambe all’aria.
«Perché altrimenti svegliamo Aileen». Mi rimproverò mentre mi aiutava a rimettermi in piedi.
«Shh». Mi portai l’indice davanti alle labbra senza smettere di sorridere; Tom nel frattempo aprì la porta di casa.
«Piano» sussurrò entrando e facendomi un cenno affinché lo seguissi.
«Lee» urlai non appena chiusi la porta alle mie spalle con un tonfo assordante. «Lee dove sei? Devo parl…». Qualcosa mi colpì da dietro e mi ritrovai disteso sul divano con il viso schiacciato tra i cuscini.
«Allora sei proprio idiota! Ti ho detto di non urlare» sbottò continuando a rimanere disteso sopra di me.
Ridacchiai cercando di alzare il viso per prendere fiato e sentii un rumore.
«Rob? Tom? Siete voi?». Era la voce di Aileen, e proveniva dalle scale.
Sorrisi felice: era sveglia e potevamo fare l’amore!
«Porca puttana» borbottò Tom alzandosi goffamente quando entrambi sentimmo i passi di Lee che scendeva le scale. 

 
 
 
 
Salve ragazze!
Ecco anche il terzo capitolo di Rob e Lee.
Il povero Rob ormai non sa più che fare, eh?! È arrivato addirittura a sognarla!
Per fortuna che c’è Tom… più o meno! :P
In ogni caso, posso chiedervi se la storia vi piace o no?
Perché ci sono un bel po’ di visite ma veramente poche recensioni, e non riesco a capire se sia perché la storia vi delude o per altro…
Grazie ancora ai preferiti, ai seguiti, a quelle da ricordare e a chi commenta!
Come sempre vi ricordo il gruppo FB e il mio profilo Roberta RobTwili, dove metto spoiler e altro, sapete che potete iscrivervi o chiedere l'amicizia senza problemi, anche se non commentate mai…
Alla prossima settimana!
Un bacione!
   
 
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