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Autore: Deirdre_Alton    22/08/2011    1 recensioni
C'è un piccolo ragno di nome Agravain che tesse la propria tela, nella sua trama saranno in molti a cadere. Sarà l'imprevisto però a far crollare il suo mondo.
C'è un'altra tela, grande, immensa, tessuta da Dio e dalla Dea. Questa trama si espande, oltre il mare, chi ne rimarrà impigliato?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agravaine, Gawain, Mordred, Morgana, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 37

Zia Morgana mi obbligò a rimanere a letto per una serie infinita di giorni, almeno, così mi sembrò.
Iniziai ad agitarmi, cercando di farle capire che dovevo avvisare il capitano della nave che mi aveva riportato in Britannia, altrimenti avrei fatto preoccupare Galahad per nulla.
«Devi pensare alla tua salute in questo momento, piccolo corvo. Non disperare, ho pensato ad avvisare il tuo capitano per tempo.» Parlò con voce lenta e decisa, come se fossi un bambino piccolo che non capiva una cosa semplice.
«Ma-»
«Niente ma. Quando Nimue è partita per venire a prenderti a Corbenoic, le ho dato una lettera da consegnare al tuo amico Orithil.»
Strinsi gli occhi senza capire.
«Orithil doveva consegnare la lettera al capitano della nave che ti avrebbe portato e poi ripartire e tornare da dove era venuto.»
Rimasi in silenzio cercando di elaborare le sue parole.
Ci studiammo in silenzio per un lungo tempo.
Mi alzai di scatto dal letto, movimento che mi fece quasi svenire. Cosa significava questo? Che volevano forzarmi a rimanere ad Avalon? Che non potevo ripartire?
«Mordred, stai tranquillo. Se ho agito così l'ho fatto per il tuo bene.»
Quasi rantolai. «Quale bene? Devo considerami un ostaggio?»
Lei rise di gusto alzando la testa. «No piccolo corvo. Sei libero di andare quando sarai sano.» Fece una pausa per sistemarmi le coperte che erano cadute dal mio letto.
«Cosa conosci di Avalon?»
Alzai un sopracciglio dubbioso, non dissi nulla. Zia Morgana si mise le mani sulle ginocchia. «Qui il tempo non ha senso, anzi dovrei dire che non esiste affatto.»
«Stai cercando di dirmi…»
«Che oltre queste brume, dal giorno che sei stato portato qui ad oggi, anzi questo momento in cui stiamo parlando, potrebbero essere passati tre giorni come ne potrebbero essere passati trenta.»
Mi sforzai di respirare piano. «Quindi... tu…»
«Io avevo visto, mentre navigavi per mare, che saresti rimasto ferito e che avresti salvato tuo padre. Quindi ho scritto una lettera diretta a Galahad, in cui gli spiegavo che la tua nave sarebbe tornata senza di te, ma che tu saresti partito appena possibile. Credi che abbia agito male? Sapevo che il tuo capitano ti avrebbe aspettato solo per tre settimane.» Sospirò. «Non potevi chiedergli di rimanere di più?»
«Non volevo... incomodarlo troppo, ecco.» Dissi arrossendo sotto il suo sguardo.
«Mmm, non avevi pensato che le cose sarebbero potute andare per le lunghe, piccolo corvo?»
La guardai attentamente, guardando i suoi occhi scuri come i miei e come quelli di Artù. Lesse nella mia espressione quello che stavo per dire e vidi i suoi occhi farsi lucidi.
«Non avevo molte speranze di tornare a casa in realtà. Il peso che ho avvertito sopra di me, la sera prima che mi arrivasse il tuo grido d'aiuto, era nefasto. Con Galahad ho cercato di recitare il meglio possibile.»
Zia Morgana si avvicinò e mi accarezzò leggera una guancia. «Appena riuscirai a stare in piedi, vorresti parlare un poco con tuo padre?»
Deglutii a vuoto.
«Sì.» Dissi semplicemente.
Passarono altri due giorni o quello che erano, Ginevra non osò nemmeno più affacciarsi alla porta della mia camera e ne fui contento. Anche zia Morgana aveva un pessimo gusto in fatto di donne. Doveva aver preso dal fratello, pensai ridacchiando.
Riuscivo a stare in piedi.
La realtà era che non stavo benissimo, ma volevo tornare da Galahad. Poteva essere passato... chissà quanto tempo e la sua pazienza poteva venire meno.
Temevo che ormai avesse pensato che non fossi più a questo mondo.
Mi feci forza ed accompagnato da Nimue, feci visita ad Artù. Riposava sotto una pergola in legno da cui pendevano tralicci di varie piante. Da lì si godeva una bellissima vista, il lago oltre la nebbia risplendeva al sole, la pianura di Camlann era tornata al verde rigoglioso che ricordavo ed in lontananza si vedeva Camelot.
Avalon non vista, vedeva il resto del mondo.
Sebbene durante la battaglia lo avessi chiamato “padre”, ora, in questa situazione, non sapevo come appellarmi a lui. Nimue vide la mia incertezza e mi tolse dall'imbarazzo.
«Artù.» Lui non ci aveva sentiti arrivare, voltò la testa e vidi le sue pupille dilatarsi. Era disteso su di una lunga poltrona con lo schienale inclinato, Nimue ci lasciò soli senza aggiungere altro.
Non sembrava che stesse poi così tanto meglio di me, almeno io riuscivo a camminare e a stare seduto. La ferita al fianco doveva essere davvero profonda.
Artù tossì a disagio mentre lo guardavo dall'alto al basso cercando di capire quanto malato fosse. «Mi sarei alzato al tuo arrivo, se ne fossi in grado. Perdona la mia scortesia.»
Formalità. Salamelecchi, avrebbe detto Nimue.
«Non... non ti sei mai alzato in mia presenza, per rendermi onore. Non mi aspettavo che lo facessi nemmeno adesso.» Ottimo. Avevo iniziato proprio con il piede giusto.
Avrei forse iniziato a snocciolare tutte le volte in cui avrei voluto essere trattato meglio?
Feci un gesto con la mano, come per cancellare le mie parole.
Lui stranamente sorrise.
Forse, forse aveva capito che preferivo lasciar correre.
Mi sedetti su una poltrona poco distante da lui. Per la precisione mi sedetti sul bordo della poltrona, come se quella scottasse. Rimasi per un po' con la gambe aperte, i gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate.
Dovevo essere proprio un bel vedere.
Ero dannatamente nervoso.
«Mordred.»
«Sì.» Risposi senza guardarlo.
«Morgana... un giorno... mi ha portato una lettera. Mi ha detto che avrei dovuto leggerla. La prima cosa che notai fu la scrittura, la conoscevo anche se non la vedevo da lungo tempo.»
Alzai la testa di scatto e rimasi a bocca aperta guardandolo.
Per un attimo mi chiesi se invecchiando gli avrei assomigliato ancora di più.
L'attimo dopo mi chiedi perchè diamine Zia Morgana gli aveva mostrato quella dannata lettera melensa!
Maledissi me, l'inchiostro, la pergamena e la mia mano che l'aveva scritta!
«Pa-pa-padre! Io non ti ho mai scritto una lettera in vita mia, come hai fatto a riconoscere la mia scrittura? E poi, poi, poi insomma! Io quella lettera l'avevo scritta a zia Morgana, non l'ho nemmeno firmata... insomma tutto-tutto questo è-è-è! Ah, Dea!»
Stava ridendo, ovvero si tratteneva dal ridere.
«Mordred ti prego smettila. Mi fa male al fianco e a tante altre cose sparse per il corpo.»
Abbassai nuovamente la testa.
«No, non mi hai mai scritto una lettera. Le indirizzavi tutte a tua madre.» Lo guardai. Riprese. «Scusami intendo dire... non la tua vera madre, la donna che ti ha allevato. Hai capito di cosa parlo? Magari non te lo ricordi nemmeno, avevi quattordici anni quando hai iniziato a studiare il latino…»
«Ricordo bene.»
«Io chiedevo al tuo maestro di poter vedere i tuoi progressi, così leggevo le tue lettere. Speravo che prima o poi mi indirizzassi qualcosa, ma evidentemente... o ti terrorizzavo oppure…»
«Non sapevo che leggessi quelle... quelle stupidaggini! Avrei scritto... bè sinceramente non so se ti avrei scritto mai qualcosa, non pensavo che ti interessasse qualcosa di me.»
Quanto mi vergognai in quel momento. Le mie infantili lettere erano piene di rimpianti e di sensazioni stupide.
Lui le aveva lette.
«Ma la mia scrittura non è cambiata nemmeno un po' in tutto questo tempo?» Gli chiesi fissando il pavimento.
«Sì, è maturata ma... lo stile è rimasto lo stesso.»
«Stile, mph.»
Sembrò che ambedue avessimo perso la capacità di formare una frase. Passò un'eternità e poi mi feci coraggio.
«Come hai reagito, sapendo che ero partito da Camelot?»
«E' stato... Kay a dirmelo.»
Kay non c'era più e lui lo aveva amato, amato davvero. Lo seppi senza dubbio alcuno sentendo la sua voce incrinarsi.
«Lui diceva che tu eri diventato pazzo di Galahad. Lo diceva da tempo, lui... sai lui facendo il siniscalco vedeva tante cose e poi sapeva leggere benissimo l'animo delle persone.»
Lo scrutai veloce e lo vidi passarsi una mano sugli occhi.
«Non mi sono arrabbiato, ho solo pensato di aver fallito definitivamente con te. Come padre, come uomo, come tutto. Non sono stato in grado di prendere una posizione sincera nei tuoi confronti. A cosa serviva tenermi informato di nascosto su cosa facevi, sui tuoi gusti? Avrei dovuto farlo di persona, no?»
Mi alzai, gli diedi le spalle.
No.
Non stavo piangendo. Era... non era nulla.
«Che farai ora? Gawain…»
«Gawain, spero che lui voglia... Mordred tu... cosa desideri fare?»
Mi voltai. «Tornare a casa da Galahad il prima possibile prima che parta da Sarras e venga qui. Vorrei risparmiargli il viaggio via mare, regge male il moto ondoso.»
Rise tenendosi il fianco. «In questo assomiglia a Lancillotto.»
Mi disse poi che il suo destino era rimanere lì, aspettando che tornasse il suo tempo, fra chissà quanti mesi, anni, secoli forse, per riportare la tavola rotonda.
Annuii ascoltandolo, gli porsi la mano, lui allungò la sua verso di me e mi strinse l'avambraccio.
Non amavo queste cose cavalleresche.
Ma preferivo questo ad un suo abbraccio.
Non ero più un bambino, era troppo tardi ricevere il suo affetto.
«Grazie Mordred.» Disse stringendo la presa.
Non riuscii a dire nulla che non fosse pietoso.
Lo salutai ed andai a prepararmi per il mio viaggio di ritorno.


   
 
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