P.o.v Alastor
Di ritorno da
una delle noiose ronde a cui sono costretto a
sottostare, e deciso a sprofondare in una delle poltrone della Sala
Comune,
preferibilmente deserta, sono costretto a riconsiderare i miei
propositi non
appena varco il ritratto. Seduta accanto al camino, con un libro tra le
mani,
ad altezza viso, scorgo Yvonne.
Mi avvicino,
sedendomi di fronte a lei, sul divano. Rialza
appena lo sguardo, e ancora agita tra le mani il testo di pozioni che
è persino
sottosopra.
<<
Cosa stai facendo esattamente? >>
<<
Cerco di farmi entrare qualche nozione in zucca
>>
Inarco un
sopracciglio, ancora concentrato sui suoi gesti
del tutto inusuali. Sospira, lanciando il tomo sul tavolino e posandovi
sopra
la testa, semi nascosta dalle braccia. Borbotta qualcosa di cui poco
riesco a
sentire, di certo improperi verso Lumacorno e la sua materia, da lei
tanto amata.
<<
Qual è il problema? >>
Rialza
velocemente il viso, fissando uno sguardo spaesato su
di me. Mi guarda come se le avessi chiesto la cosa più ovvia
al mondo, e
probabilmente, conoscendo le sue scarse abilità da
pozionista, lo è per
davvero.
<<
Il problema è che odio quegli intrugli melmosi e
nauseanti! >>
<<
Sono solo le tue pozioni ad esserlo, perché non sei
in grado di prepararle >>
Storce il naso,
rialzandosi per darmi un colpetto sul
braccio e risedersi accanto a me, sprofondando nel divano. Reclina il
capo e
socchiude gli occhi, continuando a mugugnare frasi poco comprensibili e
certamente offensive. Mi sorprende che il vecchio professore non sia
ancora ruzzolato
per le scale che conducono ai sotterranei, viste le continue
imprecazioni che
Yvonne è abituata a rivolgergli.
<<
Devi prepararne qualcuna in particolare? >>
<<
La dannata Amorentia! E non posso infastidire Marie
che ha già troppi problemi per la testa
nell’ultimo periodo >>
<<
Ergo, non ti ha lasciato copiare >>
<<
No! >>
Salta su,
mettendo il broncio e utilizzando il miglior tono
indignato del suo repertorio. Scuote il capo, come se fosse
terribilmente
ingiusto che stavolta debba vedersela da sola. Inutile chiederle della
Weasley,
tra le due non so chi è più negata.
<<
Potrei darti una mano io >>
Si volta
bruscamente verso di me, sgranando gli occhi per la
sorpresa di udire una simile richiesta fuoriuscire dalle mie labbra. In
effetti
io stesso sono stupito da ciò che le ho appena chiesto, ma
quando me la ritrovo
davanti, non riesco a comportarmi come il solito uomo di latta.
<<
Lo faresti davvero? >>
<<
Si. Quand’è la consegna? >>
<<
Domani! >>
<<
Domani… stai scherzando? >>
Mi fissa coi
suoi grandi occhi nocciola, ancora sgranati per
lo stupore e si agita tutta, emozionata, probabilmente,
all’idea di presentare
un intruglio quantomeno decente. Inutile dire che non è
minimamente preoccupata
del fatto che dovremo quasi sicuramente trascorrere la notte in bianco
e che io debba lavorare duramente.
<<
E va bene. Prendi il libro, andremo a lavorare in
aula >>
Mi segue
trotterellando e con’espressione così gioviale
stampata in volto che sembra stia conducendola nel paese dei balocchi.
Non posso
fare a meno di fissarla con la coda dell’occhio e sentirmi io
stesso felice di
starle accanto.
Nei giorni che
si stanno susseguendo veloci, l’immagine del
suo viso, il suono della suo voce e della sua risata, sono fissi nella
mia
testa. E’ un’ossessione di cui non posso liberarmi,
di cui non voglio liberarmi.
E’ stata dura per me
ammettere che i miei sentimenti verso di lei, nel corso degli anni,
fossero
cambiati ed ora sarebbe terribilmente sciocco reprimerli.
Non
ho
intenzione di farlo.
<<
Livello avanzato! Lumacorno deve essere impazzito…
leggi qui! >>
Sposto lo
sguardo su Yvonne, che ha il naso immerso nel suo
libro di pozioni, ora aperto sul banco dell’aula deserta e
semi oscura. Ha
ripreso un’espressione imbronciata e seccata, il che rende il
suo volto ancora
più interessante da osservare: corruga la fronte,
assottigliando lo sguardo e
torturandosi il labbro inferiore, affondandovi i denti con forza.
<<
Vorrà semplicemente mettervi alla prova, non mi
sembra tanto assurdo >>
<<
Mpf >>
Borbotta tra
sé, allontanandosi per recuperare gli
ingredienti necessari. Ritorna poco dopo, posando sul tavolo le uova di
Ashwinder, i petali di rosa contenuti in un piccolo recipiente e un
vasetto in
cui vi è peperoncino in polvere. Li spinge verso di me,
sedendosi e incrociando
le braccia: sul volto un piccolo ghigno che cerca, malamente, di
nascondere.
<<
Quando ti ho offerto il mio aiuto, non intendevo
dire che avrei fatto tutto da solo >>
<<
Oh, andiamo! Sono stanca, Al! >>
La fisso ancora
per qualche secondo, prima di sospirare e
risvoltare lentamente le maniche della camicia. Mi appresto a preparare
la
pozione, sotto il suo sguardo assonnato più che vigile.
Trascorrono i minuti
senza che nessun rumore, eccetto quello provocato dalla mia
preparazione,
interrompa il silenzio sceso assieme alle tenebre della notte.
<<
Crea infatuazione, ma non il vero amore, che è
impossibile da ricreare artificialmente >>
Legge
svogliatamente, giocherellando col bordo del libro e
rialzando lo sguardo su di me. Cerco di smorzare la tensione che
è
improvvisamente piombata su di noi e le parole escono dalle mie labbra
senza
che possa controllarle.
<<
E’ strano che tu non abbia mai pensato di ricorrere
all’Amorentia in uno dei tuoi mille e più
tentativi di corteggiamento spudorato
>>
<<
Ammetto che i miei modi non sono stati propriamente
convenzionali, ma… >>
<<
Convenzionali? Ricordo che un San Valentino
mandasti da me ben venti cupidi, tutti che cantavano canzoni diverse e
inascoltabili
e mi seguirono ovunque, per tutto il giorno >>
<<
Non era semplice richiamare la tua attenzione. Devi
ammettere che, prima che Vicky e Teddy recuperassero una sorta di
rapporto, tu
mi ignoravi completamente >>
<<
Credo fosse spirito di sopravvivenza >>
Mi da un calcio
negli stinchi, non troppo doloroso, ma al
solo scopo di indispettirmi. Le lancio un’occhiata obliqua,
ritornando al mio,
o meglio, al suo intruglio. Impiega
solo pochi secondi prima di parlare ancora, con voce debole, ma sicura.
<<
Non l’avrei mai fatto. Non ti avrei mai legato a me
con un filtro d’amore, i sentimenti sono qualcosa che non si
può imbottigliare
>>
Rialzo lo
sguardo dal calderone, fissandola. Sorride
malinconica, il viso poggiato nel palmo della mano e gli occhi ben
puntati su
di me. E’ rarissimo che sia a disagio o in imbarazzo: Yvonne
palesa le sue
emozioni senza vergognarsene, con un coraggio che in pochi posseggono
per
simili faccende. In questo senso è la persona più
matura che io conosca.
Annuisco
distrattamente, riconcentrandomi sul liquido dal
colore cangiante e luminoso e notando i vapori che cominciano ad
innalzarsi,
producendo piccole spirali: la pozione è pronta. Yvonne si
avvicina
all’intruglio cautamente, annusandolo e sorridendo.
<<
E’ pericoloso, non sporgerti troppo >>
<<
Cosa senti? >>
Sposto lo
sguardo da lei alla pozione, fin quando un intenso
odore di liquirizia inebria le mie narici.
‘Come
fai a mangiare quantità industriali di quella
roba?’
‘Di
bacchette di liquirizia? Le adoro!’
Ricordo solo in
questo istante quella lontana conversazione
avuta con lei. E ad un tratto è chiaro del perché
l’odore che senta sia quello.
Mi schiarisco la gola, passandomi una mano sul collo e fissandola
ancora.
<<
Tu, piuttosto? >>
Sorride, per
niente turbata o spaesata dal mio brusco
tentativo di spostare l’attenzione da me. Si avvicina di
più al calderone,
socchiudendo gli occhi e parlando quasi in un sussurro, ma comunque ben
udibile.
<<
Odore di spartiti, di cioccolato e del legno di manici
di scopa, vaniglia e… il
tuo profumo
>>
<<
Il mio… >>
<<
Sandalo, è la fragranza della tua colonia, no?
>>
<<
Ssi >>
Afferra due
fiale, versando in contenuto della pozione in
entrambe e rimirandosele tra le mani, quasi non riuscisse a credere
alla
riuscita dell’intruglio. Io mi limito a fissarla ancora,
inebetito: dovrei
essere certo del suo amore nei miei confronti, eppure non posso non
essere
sorpreso da una prova così evidente. Si accorge del mio
sguardo e
fraintendendo, agita le due fiale.
<<
Ne ho presa una anche per Vicky, dubito che sia
riuscita a farne una decente. Andiamo? >>
Annuisco
distrattamente, seguendola fuori dall’aula e lungo
il corridoio. Sbadiglia sonoramente, del tutto a suo agio, prima di
appoggiarsi
al mio braccio e sorridermi raggiante. Ed io non posso fare a meno di
pensare
che questa sia una delle serate più belle che abbia mai
trascorso. E sorrido,
per la prima volta con lei.
<<
Grazie, Al >>
<<
Di niente, Yvonne >>
***
P.o.v Teddy
<<
Dovresti ricordarti di bussare, Victoire >>
Fisso
con un’espressione seccata Victoire, appena entrata nella mia stanza come se fosse la sua. Se fino
a qualche giorno fa, ero
decisamente propenso a perdonare ogni suo eccesso di spavalderia e
arroganza,
questa sera non ne ho assolutamente intenzione. Non è solo
la luna piena che,
indifferente sorge nel cielo limpido: c’è anche
questa collera che nutro nei
suoi riguardi.
Non
riesco a lasciarmi scivolare tutto addosso, non sono più in
grado di scuotere
il capo e sorridere o di pensare che il giorno dopo andrà
meglio: che la
smetterà di trattarmi alla stregua di un mattone sul muro.
Sperare che possa
capire quello che provo, che possa accogliermi dentro di lei e
accettare i miei
sentimenti… che possa ricambiarli.
<<
Nel caso in cui tu fossi, ancora una volta, in compagnia di Maggie?
>>
Pronuncia
il nome di Margaret in tono sprezzante e quasi buffo: se non fossi
così
adirato, probabilmente scoppierei a ridere. Ma mi infastidisce il suo
atteggiamento prepotente e la sua espressione sprezzante.
<<
Non è il caso che tu inveisca ancora, non stasera
>>
Alzo
il braccio destro, indicando la sfera bianca fuori dalla finestra,
certo che
sia lì a guardarci beffarda. E rapido sento il sangue
fluirmi alla testa e
risvegliare tutti i miei sensi sopiti fino a questo momento: assieme ad
essi
sembrano ridestarsi anche vecchi desideri, sempre accantonati e mai
dimenticati.
<<
Non ho paura di
te >>
<<
Dovresti
>>
Mi
avvicino a lei, spinto
da una forza che sento nascere in me, sempre più prepotente:
si fa spazio tra i
pochi pensieri razionali che ancora affollano la mia mente e sembra
volerli
scacciare con la stessa sfrontatezza con cui lei ricambia il mio
sguardo. Le
rivolgo un sorriso obliquo che so non appartenermi, ma in attimi come
questi,
io stesso fatico a riconoscermi.
<<
La sera in
cui ti ho baciato… era una di queste:in quel buio corridoio
eravamo illuminati
dalla luna, o sbaglio? >>
<<
Fu questa
la ragione per cui lo facesti, dunque? >>
E
ancora le
sorrido, divertito questa volta dalla sua replica e dal tremore della
sua voce.
Azzero quasi del tutto la distanza che ci separa e mi piego per parlare
al suo
orecchio.
<<
L’influsso della
luna mi spinge solo a fare ciò che desidero, a liberarmi
della ragione per dar
sfogo ai miei desideri. E’ l’istinto a guidarmi in
sere come queste. Per tale
motivo ti consiglio di andartene, prima che possa ritrovarmi a fare
qualcosa di
cui entrambi ci pentiremmo domattina >>
Non
so da dove sia
sbucato quello che sembra essere il mio ultimo pensiero sensato e
ragionevole,
quando l’unica cosa che desidero è sfiorarne la
pelle bianca e inebriarmi del
suo profumo, a bloccarla contro il muro e bere il suo sapore. E come se
leggesse la mia mente, i mie desideri, ecco che fa quello che
esattamente bramavo.
E
quando sento le sue
labbra premere sulle mie, ogni freno cade e do sfogo
all’impulsività che
prevale nel mio corpo e nella mia testa;
all’irrazionalità che guida tutte le
mie azioni in una notte di luna piena.
Le
cingo la vita,
obbligandola a dischiudere la bocca e ad accogliere la mia lingua, la
mia
passione che freme per mischiarsi alla sua. Premo contro il suo corpo,
sfiorando le sue cosce, rialzandola con facilità e
adagiandola contro la
parete. Ma nemmeno questo sembra bastarmi: ho bisogno di
più, il mio corpo
trema per la necessità de sentirla ancora più
vicina, di averla.
La
spingo contro il letto
e lei stranamente docile, si lascia cadere sulle morbide lenzuola. La
sovrasto
col mio peso, fermandomi un solo istante per guardarla dritto negli
occhi e
cancellare quell’insidioso dubbio che urla nella ma testa.
<<
Potrei farti del
male >>
<<
Potrei fartene
anch’io >>
E
l’ultimo scoglio di
razionalità è ormai superato: mi ributto con
prepotenza sulla sua bocca,
mordendone le labbra e avvertendo chiaramente il sapore del suo sangue
mischiarsi con la mia saliva, con le mie emozioni. Esse sembrano
talmente
intense che ho paura possano perforarmi il petto. Ma non mi do tempo di
pensare
a nient’altro che al suo corpo: la desidero e
l’avrò.
Le
mie mani scorrono
veloci su di lei, impazienti: le sfilo la cravatta, sbottonandole la
camicia
con veemenza e nel farlo, sono certo di averle strappato uno o due
bottoni.
Gliela apro con poca delicatezza, fiondandomi sui suoi seni: piccoli e
bianchi.
Le sue forme sono ancora acerbe, ma mi sento impazzire al solo
sfiorarla. Bacio
le sue rotondità con una foga che so appartenere al lupo
dentro di me e le mie
orecchie si riempiono dei suoi gemiti soffocati. Ma non una sola
protesta
fuoriesce dalle sue labbra, ora sigillate come ad impedirsi di gemere.
Frettoloso
la privo della
gonna, e lo stesso faccio con le calze, gettandole da qualche parte sul
pavimento: non mi curo di niente, nella mia testa
c’è spazio solo per il suo
corpo che freme ad ogni mia carezza. Avverto le sue mani timide e
tremanti
cercare di togliere i bottoni dalle asole e reprimo un sorriso
compiaciuto.
L’aiuto nel suo intento di svestirmi e veloce sfilo la
camicia, gettandola
lontano, farà compagnia al resto dei suoi indumenti.
Mi
volto, tornando a
guardarla e non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella. I
capelli, di
quel biondo così simile alla sfera che sta guidando le mie
azioni, sparsi sul
cuscino e il viso arrossato per l’imbarazzo. Osservo il corpo
magro che cerca
goffamente di coprire, prima che afferri le sue braccia e le allontani
dai suoi
seni: mi poso su di lei, dischiudendole le gambe e riprendendo a
torturare la
sua bocca.
Avverto
le sue mani tra i
miei capelli, orrendamente neri, e lascio che le mie labbra vaghino
lungo la
pelle nuda del suo collo e ancora sui suoi seni, fino alla pancia
piatta. E il
suo gemito mal trattenuto inebria i miei sensi, quando le mie dita
sfiorano la
sua femminilità. Dapprima delicato e poi sempre
più irruento: non so
trattenermi e non sono sicuro che lei voglia che lo faccia.
Si
stringe a me,
ansimando contro la mia spalla e socchiudendo gli occhi: è
preda delle mie attenzioni,
dei miei gesti. Vederla così inerme sotto di me, riesce ad
offuscare
maggiormente la mia lucidità: sento di essere
anch’io in balia delle mie
emozioni, della mia ingordigia.
E
quando il mio corpo
giunge al limite della sopportazione, le sfilo la biancheria con
impazienza,
osservando lo stupore, misto a paura, dipingersi sul suo volto ancora
arrossato. Dovrei fermarmi, tranquillizzarla probabilmente: ma
l’unica cosa che
sono in grado di fare, è privare anche me dei pantaloni e
ritornare tra le sue
gambe.
Porto
le mani sulle sue
cosce, carezzandole appena e sicuro di sentire resistenza da parte sua,
ma ciò
non accade: è ancora docile sotto di me, appare solo
più cauta e attenta ad
ogni mio movimento. Mi piego su di lei, pronto ad impossessarmi ancora
della
sua bocca, sperando di distrarla e rendere meno dolorosa la mia
penetrazione.
Senza
che possa prepararsi
a ciò che sto per farle, entro in lei, con una sola e decisa
spinta. Sento la
sua schiena inarcarsi e le gambe stringersi attorno al mio bacino, con
tanta
forza da farmi male. E chiaro è il gemito che stavolta non
cerca di soffocare:
affonda le unghie nella mia carne e ansima contro il mio collo, e ad
ogni
spinta il suo respiro aumenta.
Mi
spingo in lei con
forza, tenendo ben ferme le mani ai suoi fianchi e fissando i miei
occhi nei
suoi, ora che sembra completamente alla mia mercé,
abbandonata sul letto.
Risponde al mio sguardo, socchiudendo appena gli occhi quando
un’ondata di
piacere attraversa il suo corpo. E geme senza più vergogna o
pudore e ogni suo
lamento sembra essere un invito a continuare, a penetrarla
più affondo e con
ancora più veemenza.
Ed
è ciò che continuo a
fare, dimentico di tutto, persino di quella maledetta luna che si
affaccia su
un cielo perfettamente limpido e sgombro di nubi. Mi perdo
nell’odore della sua
pelle, mischiato al mio e fremo quanto lei sotto di me, dandole
ciò che vuole,
prendendo ciò che io
voglio.
Ed
è dopo averla
assaporata tutta che crollo stanco al suo fianco, posando il capo tra i
suoi
seni e seguendo il movimento del suo torace che continua ad alzarsi ed
abbassarsi a ritmo sempre più regolare. Chiudo gli occhi,
senza sentire il
bisogno di parlare, di dare un nome a quanto appena accaduto. E con il
timore
che domattina io possa pensarla diversamente, chiudo gli occhi,
lasciandomi
cullare da quest’ultimo barlume di meravigliosa insensatezza.
Probabilmente sarete un po’ spiazzate dal
comportamento di Teddy, terribilmente OOC dal personaggio che avevo
creato. Ma
rammentate che, come Remus, segue solo il suo istinto durante la luna
piena:
sempre senza peli aggiuntivi! xD
La stessa immagine che ho scelto è
abbastanza ‘diversa’! xD
Al d’altro canto, è
completamente diverso
in questo p.o.v : ora consapevole dei sentimenti che prova per Yvonne,
dopo
l’enensima prova (Amorentia), non vuole reprimerli, solo
viverli. E piacevoli
risvolti ci saranno nel prossimo capitolo di Y&M, per loro!
Ah, e si… Al ha sorriso! xD Sconvolgente
vero?
Qui un video realizzato per la storia
Y&M da BarbonaGirl:
http://www.youtube.com/watch?v=Z5LZSgX_YGk&feature=feedu
Io lo trovo assolutamente
meraviglioso,
voi?! xD