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Autore: Yuki Delleran    24/04/2006    5 recensioni
12 anni e un segreto da nascondere a tutti i costi perchè se venisse scoperto sarebbe la fine di tutto. Eppure il lupo aveva un sogno che aspettava solo di essere realizzato...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J

Disclaimer: tutti i personaggi appartengono a © J.K.Rowling

 

I Malandrini in:

Wolfs Dream

di Yuki Delleran

 

Seconda parte

 

Nei giorni seguenti, con grande sollievo di Remus, sia Sirius che James tornarono al consueto umore scanzonato e allegro. La situazione sembrava essere tornata alla normalità e questo lo rassicurò al punto da riuscire quasi a convincerlo di non avere nulla da temere. Quella certezza durò fino alla fine della lezione di Incantesimi di tre giorni dopo. Peter era stato trattenuto dal professor Vitious perché ancora non riusciva ad eseguire un Wingardium Leviosa decente e James si era rintanato di nuovo in biblioteca. Lo faceva spesso ultimamente, ma non aveva informato i compagni del motivo. Sirius si affiancò a Remus nel corridoio.

«Ti dispiace se scambiamo due parole? Finché James non è nei paraggi o rischio che mi tiri il collo.»

«Figurati, dimmi. » fece Remus cominciando a preoccuparsi. Il discorso che James non voleva sentire poteva essere solo uno.

Camminando erano giunti nei pressi della Sala Grande dove si trovavano già gruppetti di studenti in attesa del pranzo. Sirius non entrò ma deviò verso la Sala d’Ingresso deserta.

«Dunque… quello che volevo dirti… »

Sembrava molto a disagio e questo preoccupò Remus ancora di più. Non era da Sirius essere a disagio.

«Non sono uno da giri di parole, quindi se vorrai considerarmi un impiccione sei libero di farlo, però… anche la mia è una famiglia di balordi quindi se qualcuno ti maltratta sappi che sono disposto ad aiutarti in qualsiasi momento! »

Sembrava che avesse buttato fuori tutto in una volta per evitare il rischio di impappinarsi a metà discorso. Remus rimase in silenzio per un po’ ad osservarlo: dunque era questo che pensava. Che fosse vittima di maltrattamenti non che fosse una belva assassina. In effetti, di primo acchito quella sembrava un’ipotesi più plausibile e Sirius era stato davvero gentile a offrirgli il suo aiuto. Avvertì uno strano calore all’altezza dello stomaco, era piacevole scoprire che qualcuno si preoccupava per lui in quel modo. Sirius però interpretò diversamente il suo silenzio.

«Accidenti a me! » esclamò passandosi nervosamente una mano tra i capelli. «James aveva ragione. Sono stato importuno e ti ho messo in imbarazzo. Ora starai pensando che farei meglio a farmi i fatti miei, vero? »

«Cosa? No, non è vero! » fece Remus riscuotendosi. «Sono sorpreso, sai? Non credevo che fossi così gentile, nessuno si è mai preoccupato così per me. Ti ringrazio davvero e ti assicuro che a casa nessuno mi picchia. »

Sirius sembrò perdere tutta la precedente incertezza.

«Allora come spieghi quelle ferite? Ogni volta che torni da una visita a casa hai nuovi graffi o lividi! Non è normale! Remus, mi sto preoccupando seriamente… »

Remus abbassò gli occhi e per un attimo fu tentato di dire la verità. Forse Sirius avrebbe capito… Si diede mille volte dello stupido. “Sai, Sirius, nessuno mi picchia, è tutta opera mia. Sono un’orribile bestia assetata di sangue. Vuoi ancora essere mio amico?” Pura follia.

«Va tutto bene, davvero. » disse. «Non c’è niente di strano nella mia vita. »

Stava mentendo spudoratamente e si sentì un verme. Sirius era stato gentile e anche sincero quando aveva accennato alla sua famiglia. Sapeva quanto gli costasse parlarne. Invece lui era solo uno schifoso ipocrita con un’incredibile faccia tosta che infilava una balla dietro l’altra. Altro che diligente e coscienzioso come lo definivano tutti, era un pessimo soggetto.

Le parole uscirono da sole prima che riuscisse a fermarle.

«In realtà…»

«Sirius! Remus! »

La voce che li chiamava li fece voltare entrambi e videro Peter che si avvicinava.

«Dove eravate finiti? Vi cercavo. »

«Tutto bene con Vitious? » chiese Remus nel tentativo di sviare il precedente discorso. Cosa gli era saltato in mente? Era stato sul punto di rivelare il suo segreto, il modo più rapido per perdere ogni amicizia.

«Oh, bhè… più o meno… Andiamo a pranzo? Avete visto James? » continuò Peter.

«Si è rintanato di nuovo in biblioteca. » disse Sirius continuando a scrutare Remus di sottecchi. «Quando avrà fame riemergerà. »

Peter si avviò verso la Sala Grande e i due ragazzini lo seguirono un po’ a distanza.

«Senti un po’, ma che razza di amici hai avuto finora? »

Remus si voltò stupito verso Sirius.

«Hai detto che nessuno si è mai preoccupato per te. »

«Mmh… è vero. A dir la verità non credo che quelli che ho avuto fin adesso si possano definire amici. »

Da quando parlava in quel modo? Possibile che si lasciasse sfuggire pensieri così personali? Si sentiva pericolosamente vulnerabile e cominciò a chiedersi se non fosse la consapevolezza di avere di nuovo delle persone care a farlo comportare così.

Sirius ridacchiò.

«Bhè, a costo di ripetermi, finora era prima che arrivassimo noi. »

 

James ricomparve a metà pomeriggio con espressione pensierosa, mentre Remus, Sirius e Peter si trovavano nella Sala Comune di Grifondoro impegnati con i compiti della giornata.

«Bentornato tra i vivi! » lo salutò allegramente Sirius. «Stai tentando di fare concorrenza a Evans? »

James, che aveva ancora i pensieri rivolti alle scoperte di poco prima, rispose a malapena e salì spedito la scala che portava ai dormitori. Sirius, perplesso, lo seguì sotto lo sguardo confuso dei compagni.

«Cosa stai combinando? » chiese quando furono soli. «Non sei mai stato un topo di biblioteca. Che secondi fini hai? »

James rispose con un sorriso disarmante.

«Ti sembro una persona che possa avere secondi fini? Mi offendi. »

«Ho capito, non me lo vuoi dire. Spero che quando avrai raggiunto il tuo scopo ti degnerai di informarci. »

«Oh, lo farò di sicuro, anche se forse non ce ne sarà bisogno. A proposito, questa sera ti prenoto per restituire il grammofono alla McGranitt. Adrenalina assicurata, vietato disertare. »

L’espressione di Sirius si illuminò di entusiasmo.

«Questo è il James che conosco! »

Tornarono di sotto armati di nuovi libri e pergamene e James si infilò di nuovo nel buco del ritratto.

«Torni in biblioteca? » chiese Remus alzando lo sguardo da un compito di Pozioni particolarmente ostico. «Vengo anch’io, ho bisogno di consultare alcuni libri. »

Lo sguardo di James si fece allarmato.

«No, non puoi! » esclamò. «Cioè… visto che stai facendo Pozioni dovresti dare una mano a Sirius con un tema sul bezoar. L’ha chiesto a me ma sono strapieno di cose da fare. »

Cercò con gli occhi l’amico e lo implorò mentalmente di reggergli il gioco. Sirius, seppure perplesso, annuì impercettibilmente.

«E’ vero. » disse. «Lo devo consegnare domani e ho già buttato giù una specie di bozza, ma sono totalmente perso. »

Remus sorrise, gentile e disponibile come sempre e Sirius prese l’appunto mentale di far sparire il tema completato quattro giorni prima che ora si trovava al sicuro nel suo baule. James avrebbe dovuto trovare un modo convincente di farsi perdonare il bis forzato del compito di Pozioni.

L’occasione si presentò quella sera, o almeno quelle erano le intenzioni iniziali. Mentre tutti dormivano scivolarono fuori dalla Torre di Grifondoro sotto il fido Mantello dell’Invisibilità, reggendo il pesante grammofono. L’idea era semplicemente quella di rimetterlo nell’aula di Trasfigurazione da dove lo avevano prelevato, ma girare per la scuola di notte comportava sempre qualche imprevisto, specie da quando era stato assunto il nuovo custode, Mastro Gazza, un fissato delle punizioni. Filò tutto liscio fino al secondo piano. Mentre scendevano l’ultima rampa di scale, questa decise che era stanca di stare in quella posizione e si staccò ruotando velocemente. Preso alla sprovvista, Sirius sbatté contro il parapetto lasciando andare il grammofono. Sbilanciato dal peso improvviso, James fece un paso indietro calpestando il Mantello e scivolando sullo scalino. Sentendosi mancare il terreno sotto i piedi, afferrò istintivamente la veste di Sirius con il risultato di ruzzolare giù per la scala trascinandosi dietro il Mantello, il grammofono e l’amico. Atterrarono con uno schianto e un rumore di legno fracassato sul nuovo pianerottolo che la scala aveva raggiunto appena in tempo. James aprì lentamente gli occhi senza osare muoversi, aveva l’impressione che se l’avesse fatto si sarebbe spezzato un due. Gli faceva male dappertutto e aveva la vista annebbiata. Un gemito proveniente da sopra di lui e il peso che sentiva gravare sulle costole gli suggerirono che Sirius non era messo molto meglio. Quando l’amico si alzò lamentandosi, James si azzardò ad allungare una mano alla ricerca degli occhiali che gli erano caduti sperando che non si fossero rotti. Non trovandoli nelle immediate vicinanze, fu costretto ad alzarsi e a controllare il pavimento attorno a sé. Almeno riusciva a muoversi e non aveva niente di rotto.

«Ehm… James…» fece la voce di Sirius alle sue spalle.

«Aspetta, Sirius, se non trovo gli occhiali non vedo niente. »

Tastò le piastrelle , raccolse un paio di frammenti della cassa del grammofono lasciandoli poi ricadere, finché le sue dita non si chiusero sulle agognate lenti.

«James, dovresti proprio voltarti…» insisté Sirius con un tono di voce che non gli piacque per niente.

«Eccomi, eccomi. »

Inforcò le lenti e alzò lo sguardo di nuovo nitido. Quello che vide spiegò il tono allarmato di Sirius. Argus Gazza incombeva su di loro con un ghigno di crudele soddisfazione stampato in faccia. Il fracasso della loro caduta doveva averne attirato l’attenzione durante la ronda notturna. James spostò velocemente gli occhi dal custode al grammofono distrutto all’amico e di nuovo al custode. Qualcosa gli diceva che si erano di nuovo cacciati nei guai.

«Atti di vandalismo sul materiale didattico e presenza nei corridoi oltre l’orario consentito. » sghignazzò Gazza prendendo in braccio la sua gatta che miagolava altrettanto soddisfatta. «Buona caccia stanotte, vero, tesorino? Sono sicuro che al preside non dispiacerà se lo disturbiamo per presentargli le nostre prede. »

Con la mano libera afferrò James, lo tirò in piedi e lo spinse avanti nel corridoio. I due ragazzini si chiesero per quale motivo non riparasse il grammofono, ma quando giunsero di fronte al gargoyle che rappresentava l’ingresso dell’ufficio di Silente, si resero conto di avere ben altro di cui preoccuparsi.

Il preside si presentò loro con indosso un lungo mantello di velluto blu a stelle argentate sopra una camicia da notte a righe celesti. In testa portava un buffo cappellino da notte con tanto di pon-pon.

«Spero che il motivo di questo colloquio sia sufficientemente serio da giustificare l’interruzione di un sogno decisamente interessante, Argus. » esordì.

«Oh, lo è, preside! Ho pescato questi due delinquenti intenti a distruggere oggetti in un corridoio. »

«Andiamo, delinquenti! » fece Silente squadrando Sirius e James con un sorriso benevolo. «Non li definirei più di piccoli malandrini. Puoi andare, Argus, me ne occupo io. »

Gazza lasciò l’ufficio probabilmente deluso di non aver potuto applicare una punizione particolarmente dolorosa e i due ragazzi si lasciarono sfuggire un sospiro di sollievo. Il preside si schiarì la voce.

«Signor Potter, suo padre sarà felice di sapere che mi omaggia così spesso delle sue visite. Signor Black, il suo non sarà da meno. Naturalmente l’orario insolito potrebbe essere male interpretato…»

 

«No, non lo farà. Non lo farà. Vero? Mio padre mi ucciderà. »

Il mattino seguente, a colazione, sia James che Sirius avevano un’aria piuttosto preoccupata. La ramanzina che Remus aveva fatto loro quando aveva scoperto l’accaduto li aveva resi un po’ più consapevoli delle “minacce” di Silente e aveva provocato un inaspettato calo di morale.

«Mio padre mi ucciderà. » sottolineò Sirius prendendo una seconda fetta di torta al limone per consolarsi. «Il tuo al massimo non ti comprerà la scopa da corsa ultimo modello. »

«Io ve l’avevo detto di non farlo. » disse per l’ennesima volta Peter.

«Sono mesi che lo scongiuro di regalarmi quella scopa. Se non ho come minimo una Nimbus non entrerò mai nella squadra di Quidditch e il nuovo modello 1500 è una vera bomba! » esclamò James con espressione tragica. «Una carriera da giocatore stroncata sul nascere per colpa di una scala ballerina! »

«E un grammofono distrutto. » rincarò Remus.

Stava iniziando a sentirsi in colpa per quello che era successo agli amici. In fondo se erano finiti nei guai, era stato per restituire il grammofono che avevano “prelevato” per lui.

«E’ bastato un Reparo per sistemarlo. » disse Sirius.

«Il fatto che esista l’incantesimo Reparo non vi autorizza a fare a pezzi le cose altrui. »

«Non essere così severo, Rem. » fece James mostrando un’imitazione piuttosto ben riuscita di pentimento. «Avrei potuto finire io a pezzi in fondo a quella scala. Se ripenso al peso piuma di Sirius mi fa ancora male dappertutto. »

«Naaaa… non ci saranno problemi, vedrete. » continuò Sirius ripulendo il piatto dalle ultime briciole. «Persino Silente ci ha definiti solo ‘piccoli malandrini’. E’ stata una sciocchezza. »

James assunse per un attimo un’espressione pensierosa che poi si trasformò in un sorriso che gli illuminò gli occhi nocciola.

«Hai detto ‘malandrini’? Malandrini… Sì, mi piace! »

Sirius e Peter gli lanciarono occhiate curiose ma Remus li richiamò all’ordine. Alla prima ora avrebbero avuto Trasfigurazione e la professoressa McGranitt sarebbe stata già sufficientemente arrabbiata con loro senza che la irritassero ulteriormente con l’ennesimo ritardo. Stavano per lasciare tutti e quattro la Sala Grande quando una voce femminile li fermò.

«Potter, scusa, ti posso parlare? »

James si voltò perplesso trovandosi davanti Dorcas Meadowes, graziosa Grifondoro del terzo anno.

«Oh… sì, certo. Ragazzi, andate avanti. Vi raggiungo subito. » disse notando lo sguardo pericolosamente malizioso di Sirius.

Remus afferrò Sirius e Peter per il colletto della veste e se li trascinò dietro verso l’aula.

James riapparve pochi minuti dopo, appena in tempo prima che la professoressa McGranitt chiudesse la porta. Si sedette accanto agli amici con espressione strana ma nonostante le ripetute occhiate curiose non li illuminò sull’accaduto.

La lezione si svolse stranamente senza incidenti e i quattro rimasero decisamente stupiti di non dover subire gli sfoghi della professoressa. Al contrario, una McGranitt piuttosto soddisfatta spiegò agli ignari studenti che il suo prezioso grammofono le era stato restituito dal professor Silente che lo aveva avuto da ignoti studenti di Grifondoro. Nonostante il precedente furto fosse un atto grave, il fatto che qualcuno della sua Casa vi avesse posto rimedio la metteva di buonumore. James e Sirius seppellirono la faccia nel loro Trasfigurazione per Principianti e non osarono guardarla per il resto dell’ora. Scoppiarle a ridere di fronte sarebbe stato decisamente deleterio.

A pranzo quello era diventato l’argomento del giorno al tavolo di Grifondoro, e anche ai tavoli delle altre Case. James e Sirius stavano tentando di eludere in qualche modo il discorso che sembrava interessare tanto i compagni, quando un enorme allocco piombò da un’ampia vetrata dritto dritto nel pasticcio di carne di Peter, che a quella vista lanciò un’esclamazione inorridita. L’uccello zampettò fuori dal piatto rovesciando un paio di bicchieri di succo di zucca e allungò una zampa in direzione di Sirius. Perplesso, il ragazzino prese la lettera che gli veniva porta e pagò un paio di Zellini al gufo ritardatario che ripartì in volo non prima di aver becchettato il pasto di Remus.

«Questa devastazione ha un motivo? » si informò James imperturbabile scrutando il caos.

Sirius aprì la busta e scorse il biglietto all’interno con un gran sorriso che, giunto all’ultima riga, divenne una smorfia dubbiosa.

«Quindi? » fece Peter.

«Mia cugina Andromeda e suo marito Ted annunciano la nascita della loro bambina…»

«Fantastico! Congratulazioni! » esclamarono James e Remus.

«… Ninfadora. »

«Oh. »

«Ehm…»

«Cosa c’è? Io penso che sia un nome carino! »

I tre si voltarono verso Remus come se all’improvviso si fosse trasformato in qualcosa di strano e verde.

«Rem, amico mio, dovremmo fare qualcosa per il tuo cattivo gusto. » disse Sirius.

«Ninfadora Tonks. Devi ammettere che suona perlomeno bizzarro. » fece Peter.

«Prova a metterla così: Ninfadora Lupin. » continuò James. «Allora? »

Remus arrossì involontariamente.

«Cosa cavolo state dicendo? » sbottò. «Comunque continuo a pensare che sia un nome carino e originale. »

Sirius si portò una mano alla fronte sospirando.

«Povera bambina, con Remus come unico estimatore avrà una vita molto difficile…»

Le pietanze sparirono e fece la sua comparsa il dolce, un delizioso budino al cioccolato. Questo, chissà come, distolse l’attenzione di Sirius da Remus e dalla nuova cuginetta e la focalizzò su James.

«A proposito di nomi strani, cosa voleva da te Dorcas Meadowes? »

James sembrò preso in contropiede, poi si riprese e rispose ostentando noncuranza: «Uscire con me.»

Remus e Sirius sgranarono gli occhi e Peter quasi soffocò con il budino.

«Non è niente di così allarmante. Ha detto di aver sentito Gazza parlare delle nostre prodezze mentre scendeva a colazione e voleva saperne di più. Così mi ha chiesto di andare con lei a Hogsmeade la prossima settimana. »

«Noi non possiamo andare a Hogsmeade fino all’anno prossimo, lo sai, vero? » gli fece notare Remus per niente rassicurato.

«Non sarà venuta a sapere anche dell’uscita dell’altra notte? » si preoccupò Sirius.

«Quale uscita dell’altra notte? Ne avete combinata un’altra? » si stupì Peter.

«Sì, no e… ehm… sì, scusa Peter. Quella cioccolata non veniva dalle cucine ma da Mielandia, il negozio di dolci di Hogsmeade. Ci siamo finiti per caso esplorando un passaggio segreto. » concluse James con aria di scusa.

Peter iniziò a protestare perché non lo avevano portato con loro, ma Remus aveva smesso di ascoltare. I suoi amici erano stati a Hogsmeade tre notti prima… quella notte. Una paura che non aveva niente a che fare con l’infrangere un centinaio di regole della scuola, stava prendendo possesso di lui.

«Avremmo voluto visitare anche la Stamberga Strillante ma…»

«No! »

Sirius si voltò stupito vero Remus che aveva parlato prima di rendersene conto.

«Cioè… non c’è davvero niente di interessante lì dentro… una vera delusione…»

«Ci sei stato? » chiese Peter curioso.

«No… io no… ma me l’hanno detto. »

Iniziava ad essere decisamente nervoso, il discorso stava prendendo una piega inaspettata e si era accorto che James lo stava fissando. Sotto quello sguardo acuto faticava ad essere convincente nelle sue bugie.

«Eppure noi abbiamo sentito come degli ululati. Saranno stati davvero fantasmi? » disse il ragazzino con gli occhiali.

«Oh… non lo so proprio. »

Doveva sviare il discorso in qualche modo. Qualunque modo.

«Cos’hai risposto a Dorcas? »

James rimase in silenzio con una strana espressione, come se avesse preso in considerazione solo in quel momento un’eventualità del genere.

«Le hai risposto, vero, James? » rincarò Sirius. «Anche solo un ‘no’ ma le avrai detto qualcosa. »

«Ehm… il fatto è che…»

Il fatto era che proprio mentre stava per rispondere (cosa non lo sapeva bene neanche lui) era arrivata quella scocciatrice di Lily Evans a rimproverarlo perché perdeva tempo con gli appuntamenti quando era in ritardo per la lezione. Così si erano messi a bisticciare e quando lui si era ripreso, a causa di uno stinco dolorante, aveva realizzato di trovarsi dall’altra parte della Sala e di aver brutalmente piantato in asso la povera Dorcas. Ovviamente lei non l’aveva minimamente aspettato e se ne era andata.

Sirius scoppiò in una fragorosa risata di fronte all’imbarazzo dell’amico, imitato da Peter e da Remus che con sollievo vedeva il discorso allontanarsi da argomenti pericolosi.

«Altro che Meadowes! E’ Evans la donna della tua vita! Ci scommetto la bacchetta! »

«Sirius, non dire oscenità. Non è una donna… è Evans! »

James era arrossito e ora sembrava imbarazzato molto più di prima.

«Perché no, scusa? Suona bene. Lily Potter. E’ carino. »

«Oh, sì, certo. Fantastico. » fece James sarcastico. «Suona davvero bene. Quasi quanto Ninfadora Lupin. »

 

Terminate le lezioni del pomeriggio, James si rifugiò di nuovo in biblioteca lasciando gli amici sempre più confusi. Remus e Sirius stavano risalendo dal sotterraneo dell’aula di Pozioni (dove Peter era stato di nuovo trattenuto dal professor Lumacorno) quando si imbatterono in Severus Piton, un coetaneo Serpeverde che non era mai andato particolarmente a genio al loro gruppetto. Già a prima vista dava l’idea di essere una persona viscida e pronta a sfogare sui più deboli la gelosia che provava per chi era più in gamba di lui. Questo gli aveva attirato istantaneamente l’antipatia dei quattro ragazzi e in particolare di James con il quale era in corso un costante conflitto. Questa volta, non vedendolo, ne approfittò per scoccare qualche frecciatina ai suoi amici.

«Black, da quando i rinnegati possono passeggiare indisturbati nei corridoi calcati dai purosangue?» chiese con un sorriso strafottente.

Sirius tirò dritto senza degnarlo di uno sguardo.

«Dovresti aggiornare il tuo repertorio, è vecchia. Dicevi, Rem, del tema sul bezoar? »

Remus continuò a parlare del compito tranquillizzato dal fatto che Sirius non avesse raccolto la provocazione. Piton, al contrario, era tutt’altro che soddisfatto.

«Piuttosto, Lupin, come sta la tua mammina mezzosangue? Che sia il suo sangue sporco a farla stare sempre male? Sarebbe necessaria una purificazione, non trovi? O forse sarebbe meglio una disinfestazione…»

Accadde tutto in un istante: un attimo prima Sirius camminava tranquillamente, un attimo dopo stava scaraventando Piton contro il muro del corridoio.

«Tu, viscida serpe strisciante, come osi anche solo nominare sua madre? Come ti permetti, Mocciosus? »

«Sirius, lascialo andare! Lo soffochi! »

Vedendo che Piton era impallidito e respirava a fatica a causa della stretta attorno al colletto della camicia, Remus afferrò il compagno per un braccio.

«Basta, Sirius! A me non importa! Non mi importa, davvero! »

Nonostante le parole sentiva crescere dentro di sé l’amarezza: se esistevano persone capaci di parlare in quel modo, non osava immaginare la loro reazione se mai fossero venuti a conoscenza della sua vera natura. Eppure lui non voleva fare del male a nessuno. Perché doveva trovarsi coinvolto in episodi come quello?

«Di me puoi dire quello che ti pare, non me ne frega niente, » stava ringhiando Sirius. «ma lui non ti ha fatto niente di male quindi non ti permetto di insultarlo in questo modo! »

Piton mise mano alla bacchetta e notando quel gesto Remus strattonò più forte l’amico fino a frapporsi tra i due.

«Sirius, falla finita! Non ne vale la pena! »

«Expelliarmus! »

Le bacchette volarono di mano ai due contendenti e il professor Lumacorno apparve in fondo al corridoio.

«Una rissa! » esclamò disgustato avvicinandosi. «Signor Black, che storia è questa? Aggredire un allievo della mia Casa in quel modo! E anche tu, Severus, assecondare una provocazione del genere! Dieci punti in meno a Serpeverde e trenta a Grifondoro! »

«Non è giusto! Piton stava insultando Remus! » si infervorò Sirius.

«Lascia perdere. Ci dispiace, professore. »

Così dicendo Remus costrinse un recalcitrante e furioso Sirius ad allontanarsi lasciando Piton alla ramanzina di Lumacorno.

Appena raggiunsero la Sala Comune della Torre di Grifondoro, Sirius esplose di nuovo in improperi e minacce all’indirizzo di Piton e quando Peter rientrò alcuni minuti dopo, il suo monologo era ancora in corso. Remus, sprofondato in una poltrona imbottita, fissava la finestra all’esterno della quale aveva iniziato a cadere una sottile pioggerella gelida. Si sentiva in colpa. Se la Casa aveva perso punti, se Sirius aveva rischiato una punizione, era a causa sua. Oltretutto per un motivo fittizio e assolutamente inutile. Come potevano pensare che restasse a scuola buono e tranquillo se sua madre fosse stata davvero malata come diceva? A volte si sorprendeva lui stesso dell’assurdità della situazione. Quanto ancora sarebbe durata quella stupida farsa? L’idea di doverla trascinare per altri cinque anni lo scoraggiava.

«Quando lo verrà a sapere James, gli darà una lezione! »

A quelle parole di Peter, Remus si riscosse. No, James non doveva saperlo. Non voleva che si cacciasse nei guai anche lui.

«Cosa dovrei sapere? » chiese il diretto interessato scavalcando in quel momento il buco del ritratto.

Troppo tardi.

Sirius non riuscì a tacere un minuto di più e ricominciò con la sua tirata contro Piton. L’espressione di James, inizialmente allegra, si fece man mano più grave e in seguito severa. Era pericolosamente arrabbiato, lo si capiva dallo sguardo insolitamente serio.

«Che verme…» mormorò.

Remus balzò in piedi interrompendo un insulto particolarmente elaborato di Sirius.

«Non voglio che facciate nulla! Vi prego! » esclamò. «James, non metterti nei guai per una cosa del genere! A me non interessa. »

James assunse un’espressione stupita.

«Come, non ti interessa? Ti ha insultato in maniera crudele, vorresti farmi credere che non ci sei rimasto male neanche un po’? Tu non sei così insensibile. »

Remus rimase in silenzio, indeciso. A volte James era davvero perspicace, gli faceva quasi paura quando era così terribilmente intuitivo. Quello sguardo all’apparenza miope, in realtà vedeva e comprendeva molto più di quanto lasciasse intendere.

«Sì, è vero. » si decise infine. «Però tu non devi…»

James si alzò dal tappeto dove era seduto e gli si avvicinò a grandi passi. Questa volta sembrava seccato.

«Senti un po’. » disse fissando gli occhi nocciola dritti in quelli ambrati del compagno. «Cosa devo o non devo fare lo decido da me. Se mi venisse voglia di andare a spaccare la faccia a Mocciosus, eventualità che non mi sento di escludere, nessuno può impedirmi di farlo. »

Si avvicinò ancora di più e Remus cominciò ad allarmarsi: che avesse intenzione di picchiarlo? James invece appoggiò la fronte contro la sua e continuò imperterrito: «Se uno è tanto stupido da ferire un mio amico, non può sperare di passarla liscia. Anche se l’amico in questione ha troppa poca stima di sé stesso per offendersi ed è troppo gentile per mostrare quanto soffra. »

Detto questo, James si alzò di nuovo sorridente, come se nulla fosse successo.

«Ok, io torno in biblioteca. Ero tornato solo a prendere una nuova punta per la mia piuma e visto che proprio qui c’è la borsa di Sirius…»

Prese a frugare tra la cancelleria dell’amico sempre rifornito di punte di piuma magiche e presto ne riemerse con quello che cercava.

«Ma come, Jamie? Ci snobbi di nuovo? » si lamentava intanto Peter.

«Non vi sto snobbando, Pete, ci vediamo a cena. E non chiamarmi in quel modo o ti snobberò davvero. Sirius, grazie della punta. »

«Ehi, me ne devi già tre! » protestò Sirius. «Non fare finta di dimenticartene come al solito! »

Mentre ancora ridacchiava, Remus rimase a guardare l’amico che lasciava la Sala Comune. In un modo un po’ brusco e tutto particolare, James aveva voluto consolarlo e fargli capire che non doveva mortificarsi come gli capitava di fare un po’ troppo spesso ultimamente. Forse avrebbe provato a seguire il suo consiglio.

 

James chiuse il pesante libro rilegato con un tonfo e si stiracchiò sulla sedia allungando le braccia dietro la testa. Non era abituato a trascorrere tanto tempo in biblioteca, era un luogo così tranquillo, così silenzioso, e l’unica parola che lui riusciva ad associare a tranquillità e silenzio era noia. Tuttavia aveva pazientato e portato avanti la sua ricerca solo grazie alla preoccupazione e alla quasi equivalente curiosità che provava. Tentare di nascondere qualcosa a James Potter innescava un meccanismo che lo rendeva capace di tutto pur di scoprirla. Ora che però era venuto a capo del segreto, non sapeva più cosa pensare. Da una parte era soddisfatto di sé per aver capito qual’era il problema, ma tra capirlo e risolverlo ne passava di acqua sotto i ponti e questo lo faceva sentire ancora più preoccupato. Inoltre doveva comunicarlo ai suoi amici perché a questo punto era sicuro che non l’avrebbero intuito da soli. Non era certo di quale sarebbe stata la loro reazione, però il ricordo della rabbia di Sirius di fronte al comportamento di Piton lo rassicurava. Conoscendo i ragazzi non avrebbe avuto niente da temere.

Mentre si avviava verso la Sala Grande per la cena, passò davanti ai bagni del primo piano e vi intravide proprio Piton. Istantaneamente, richiamata dal pensiero di poco prima, sentì montare la stessa irritazione di quel pomeriggio. Ripensò a quello che aveva appena scoperto, poi alle parole che Sirius gli aveva riferito e l’irritazione si trasformò in rabbia. Non si fermò a riflettere un istante, piombò nel bagno con la bacchetta levata esclamando: «Ci si rivede, viscida serpe codarda! »

Piton sussultò e fece un salto indietro, colto alla sprovvista.

«Potter, che vuoi? » fece mentre a sua volta la mano correva alla bacchetta.

«E’ facile attaccare chi preferisce non difendersi, vero, Mocciosus? » continuò James minaccioso. «Decisamente degno di te insultare i miei amici per colpire me in modo trasversale. Mette in risalto le tue grandi doti di coraggio. »

«Naturalmente i tuoi amichetti sono venuti a piangere da te, vero? » replicò Piton tentando di mantenere salda la presa sulla bacchetta che aveva cominciato a tremare. James furioso allarmava chiunque. «Specialmente quel Lupin con tutte le sue moine. ‘Sirius basta. Sirius smettila. A me non interessa…’ Un campione di coraggio! »

«Se tu solo lontanamente immaginassi cosa può fare Remus, non parleresti così! » ringhiò James. Ancora una parola e non avrebbe risposto di qualunque incantesimo fosse scaturito dalla sua bacchetta.

«Quando si tratta di uno stupido mezzosangue c’è ben poco spazio per l’immaginazione. »

I due incantesimi partirono quasi in contemporanea. Il Reducto di James venne deviato dall’Impedimenta di Piton e rimbalzò contro un rubinetto che esplose letteralmente. Quando il lampo di luce si spense, il pavimento si allagò velocemente e Piton si trovò spalle al muro in ginocchio nell’acqua. La mano che reggeva la bacchetta tremava convulsamente. James era di fronte a lui, la stretta salda e minacciosa, ma non guardava la sua arma bensì fissava il rivale dritto negli occhi.

«Non so cosa mi trattenga dallo scagliarti un Anatema Illegale… Apri bene le orecchie perché te lo dirò una volta soltanto. Non azzardarti mai più a coinvolgere nella nostra disputa chi non centra, sono stato chiaro? Il fatto che una persona sia troppo gentile per spaccarti la faccia quando te lo meriti, non significa che sia un debole! »

Detto questo si alzò, scosse la veste bagnata e si allontanò senza voltarsi. Era incredibile quanta rabbia riuscisse a risvegliare in lui quel tipo. Ogni volta che lo incontrava, con quella sua aria viscida, gli veniva voglia di suonargliele di santa ragione solo per esserselo ritrovato davanti.

Quando raggiunse gi amici nella Sala Grande per la cena, la veste era ancora gocciolante e la bacchetta ancora calda dell’incantesimo appena lanciato, ma sul suo volto era tornato il consueto, rassicurante sorriso.

 

Le settimane successive trascorsero piuttosto tranquillamente. James aveva smesso di tradire la compagnia degli amici per frequentare la biblioteca e Piton, dal quale Remus si era aspettato ogni sorta di ritorsione, si limitava a lanciare loro occhiatacce e a cambiare strada quando li incontrava. Nessun Serpeverde aveva più osato pronunciare la parola “mezzosangue” in sua presenza, Peter continuava a dover seguire lezioni supplementari e Sirius era addirittura riuscito a ritrovare la sua cravatta (che senza un’apparente spiegazione si era materializzata sotto il letto di James). Insomma, tutto filava talmente liscio da non sembrare vero. Per questo la mattina del 23 dicembre, quando venne svegliato da una strana sensazione di malessere e per puro scrupolo lanciò un’occhiata al calendario lunare che teneva sul comodino, Remus si sentì come se gli avessero gettato addosso un secchio d’acqua gelata. Il suo piccolo paradiso di normalità a tempo determinato era giunto al termine per l’ennesima volta. Sprofondò la testa nel cuscino chiudendo gli occhi più forte che poteva. Forse, se avesse fatto finta di niente, questa volta non sarebbe accaduto. Forse questa notte la luna non sarebbe sorta. Rimase così, immobile anche quando sentì i compagni svegliarsi e cominciare a prepararsi. Si mosse solo quando James lo chiamò esplicitamente. Ne risultò l’ennesimo ritardo alla lezione della professoressa McGranitt e questa volta non avevano nemmeno la cravatta di Sirius come scusa.

Il giorno seguente sarebbero iniziate le vacanze natalizie e come spesso succede nelle scuole Babbane, anche a Hogwarts i professori alleggerirono gli impegni scolastici per alternare le spiegazioni a piacevoli chiacchierate con gli studenti.

Una volta preparatosi per il nuovo “rientro”, Remus si attardò in Sala Comune a commentare proprio una di queste discussioni avuta nel pomeriggio con il professor Vitious. Si sentiva piuttosto tranquillo, la sala era affollata di studenti in partenza quindi questa volta la sua assenza sarebbe stata notata meno del solito.

«Quando ho sentito Phileas Lovegood dire che da grande avrebbe voluto fare il giornalista, ho seriamente pensato di non riuscire a trattenermi! » stava dicendo Sirius sbellicandosi dalle risate. Lui sarebbe rimasto a scuola, dal suo punto di vista più tempo passava lontano da casa e meglio si sentiva. Stessa cosa avrebbero fatto gli amici per tenergli compagnia. «Ce lo vedete un tipo del genere scrivere per la Gazzetta del Profeta? »

«No, non credo! » ribatté James ridendo a sua volta. «Il giornale adatto a lui devono ancora inventarlo! E Evans che vuole fare la Guaritrice? Assurdo, non mi farei mai curare da una così! »

«Voi invece cosa vorreste diventare? » chiese Peter interessato, agli amici che non avevano espresso il loro parere durante la lezione.

Sirius smise di ridere e assunse quella che voleva essere una posa solenne.

«Un lavoro che mi tenesse lontano da casa per parecchio tempo sarebbe l’ideale, se poi è anche avventuroso tanto meglio. Lo Spezzaincantesimi, per esempio. Ho sentito dire che quelli della Gringott sono sparsi per il mondo. Oppure all’Ufficio Misteri. Nessuno sa cosa trattino ma mio padre diceva che spesso mandano gente in giro a fare ricerche. » disse.

«Lavorare per la Banca o per il Ministero? Che noia! » commentò James. «Io sarò il più grande giocatore di Quidditch di tutti i tempi! L’anno prossimo mi iscriverò alla squadra di Grifondoro, poi verrò sicuramente notato da un talent scout e andrò a giocare nelle Appleby Arrows, infine verrò convocato in nazionale!… Naturalmente se riuscirò a convincere mio padre a regalarmi la nuova Nimbus 1500, impresa che dopo l’ultimo richiamo di Silente sarà molto difficile. Dovrò ripiegare su una carriera alternativa. »

Attese qualche secondo per assicurarsi tutta l’attenzione dei presenti poi esclamò: «L’Auror! Volete mettere la soddisfazione di sbattere in cella degli orribili maghi oscuri? Libererei il mondo da tutta la gentaglia come Piton che adora le Arti Oscure! Eccitante quasi quanto la presa di un Boccino vincente! »

Remus ascoltava ammirato. I suoi compagni avevano dei grandi progetti, lui invece non riusciva a prospettarsi un avvenire brillante. Forse perché non aveva mai pensato concretamente al suo futuro, forse perché non era del tutto sicuro che ne avrebbe avuto uno.

«Tu, invece, Remus? »

La domanda lo colse alla sprovvista e tentennò un attimo prima di rispondere.

«Ehm… non lo so. Questa scuola mi piace molto, forse non sarebbe male rimanere qui. »

«Come ripetente a vita? » si scandalizzò Peter. «Proprio tu che sei così secchione? »

«Certo che a volte le spari proprio grosse… Intendeva come insegnate, vero, Rem? » fece Sirius. «Che pazienza! Io non ce la farei mai ad avere a che fare con gente come noi. »

«E’ vero, però dev’essere interessante trasmettere il proprio sapere alle nuove generazioni. Pensa a Incantesimi, Pozioni o Difesa contro le Arti Oscure. » rispose Remus e mentre lo diceva si rese conto di pensarla proprio così. Un futuro del genere non sarebbe stato affatto male.

James scoppiò di nuovo a ridere.

«In effetti se un mio eventuale figlio dovesse mai frequentare Hogwarts, preferirei di gran lunga che il suo insegnante fosse Rem piuttosto che il vecchio Lumacorno! »

Remus si immaginò più anziano, seduto nel suo studio a discutere di Materie Oscure con uno scalmanato James in miniatura e rise a sua volta.

La fresca risata rilassata venne interrotta dall’ingresso della professoressa McGranitt, la cui esclamazione lo riportò bruscamente alla realtà.

«Lupin, sei pronto? E’ ora di andare. »

Scosse la testa mestamente: era già un miracolo che Hogwarts lo avesse accettato come studente, fantasticare che lo accogliesse come insegnate era decisamente sfrenato.

 

«Che cosa?! No, stai scherzando e io stupido che ti avevo quasi creduto! »

La voce alterata di Sirius riecheggiò nel dormitorio dall’alto soffitto. Dopo cena lui e Peter si erano ritrovati lì convocati da James che affermava di dover parlare loro di una cosa molto importante.

«Non sto minimamente scherzando. Ti pare che potrei farlo su una cosa del genere? » rispose James. «Se ti dico che Remus è un Lupo Mannaro è perché ho le basi per affermarlo. All’inizio non volevo crederci nemmeno io, ma dopo aver svolto quella ricerca ho capito che l’unica spiegazione a tutte le sue stranezze era quella. »

Peter, che si era rannicchiato in un angolo del letto come a voler sfuggire a quelle parole, si sporse leggermente dalle tende del baldacchino.

«Come fai ad esserne sicuro? » mormorò. «Un Lu… Lupo Mannaro… voglio dire… è una cosa seria…»

«Guarda fuori. C’è la luna piena e Remus non è qui. Quando Sirius ed io siamo stati ad Hogsmeade, c’era la luna piena e Remus non c’era. Tutte le volte lui non è qui, l’ho notato già da un po’. Inoltre le ferite che riporta non sono semplici lividi da persona sbadata. Assomigliano di più a morsi e graffi di artigli. Non avete fatto caso a come si innervosisce se il discorso finisce sulla leggenda della Stamberga Strillante? Io sono sicuro di aver sentito degli ululati quella sera. »

James squadrò gli amici per verificare le loro reazioni poi continuò.

«Se non siete convinti vi posso portare i trattati che ho consultato in biblioteca, che riportano specificatamente tutti i sintomi. »

Sirius si lasciò cadere su una sedia con espressione incredula.

«No, non è necessario… io… credo sia sufficiente così…»

«E’ terribile! » esclamò Peter saltando dal materasso. «Non dovremo più avere niente a che fare con lui! E’ pericoloso! Potrebbe aggredirci da un momento all’altro! »

James gli lanciò un’occhiata che lo zittì all’istante, poi tornò a rivolgersi a Sirius.

«Per te fa così tanta differenza? »

«Pete ha ragione, James. E’ pericoloso. Non posso credere che una persona così… Eppure è l’unica spiegazione logica. E’ tutto così assurdo! Ora cosa dovrei fare? Finta di niente? Non è possibile! »

Il ragazzino sembrava molto combattuto e James ne approfittò per continuare.

«Sei davvero convinto che Remus sia una persona pericolosa? Ti sei mai sentito in qualche modo minacciato da lui? O piuttosto era lui a tentare di frenarti quando esageravi? Non hai detto che ti ha impedito di conciare Piton per le feste? Rem odia la violenza, in realtà è il più tranquillo di tutti noi. Ha solo… un problema. »

«Non lo so! Non lo so, James! Non puoi arrivare qui, sparare una cosa del genere e pretendere un parere immediato! Cosa dovremmo…»

«Niente. Semplicemente esserne consapevoli e accettarlo. Puoi farlo? »

Sirius ora era molto nervoso e anche James iniziava ad accalorarsi nonostante l’apparente tranquillità.

«Hai la minima idea di cosa sia realmente un Lupo Mannaro? »

«Hai la minima idea di cosa sia realmente un amico? »

Sirius abbassò la testa sconfitto e per un momento nel suo sguardo si lesse il senso di colpa. Le parole di James lo facevano sentire terribilmente meschino e si spaventò quasi al pensiero di stare reagendo come avrebbe fatto un qualunque altro Black. Era davvero quello che voleva?

Peter era sempre più nervoso e aveva iniziato a tremare aggrappandosi a una colonna del letto, come se un Lupo Mannaro dovesse spuntare da un momento all’altro nella stanza.

James, alla finestra, fissava il pallido disco della luna chiedendosi quali sofferenze stesse patendo in quel momento il loro amico.

«A voi piace Remus, non è vero? » chiese ad un tratto spezzando il silenzio.

Peter si agitò a disagio e non rispose.

Sirius si limitò a grugnire un: «Non fare domande assurde. »

«Bhè, a me Remus piace, » continuò James con la semplicità del bambino che era. «e piace anche a tutta la gente sana che c’è qui dentro, il che esclude i Serpeverde ma questo già lo sapevamo. E’ il tipo che fa sentire a proprio agio chiunque. Io non ho intenzione di condannare o discriminare un mio amico solo perché si trova suo malgrado in una situazione che non ha certamente cercato e non intendo perdonare chi lo farà. Chiunque sia. »

Dopo quelle parole che fecero rabbrividire i due ascoltatori, il silenzio calò nella stanza e ognuno si immerse nei propri pensieri. L’ora si stava facendo tarda e poco dopo Peter si addormentò profondamente cominciando a russare. Sirius invece non chiuse occhio. Rimase sdraiato a fissare il soffitto del suo baldacchino sentendosi spaventato dalla terribile scoperta, profondamente disgustato di sé stesso dopo quello che aveva detto James e anche abbastanza seccato per la contraddittorietà dei propri sentimenti. Possibile che un ragazzo all’apparenza gentile come Remus, fosse in realtà una belva assetata di sangue? All’apparenza, appunto. Si poteva mantenere davanti a tutti una maschera del genere per quasi un anno e mezzo se la propria natura era completamente opposta? Non lo sapeva, non ne aveva idea lui che era abituato a mostrarsi semplicemente per quello che era, che gli altri lo apprezzassero o meno. Ripensò alle volte che aveva parlato con Remus, alla tristezza che velava il suo sguardo quando aveva accennato alle brutte esperienze passate, alla gratitudine che aveva illuminato la sua espressione dopo la propria conferma di amicizia. Possibile che fosse tutto finto? Gli riusciva impossibile convincersi di una cosa del genere, eppure l’ultima rivelazione gettava un’ombra scura anche sui ricordi più piacevoli. Non si sentiva più sicuro di niente e detestava quella sensazione. Confuso, scosse la testa e si girò su un fianco continuando a rimuginare. Dal canto suo, James rimase seduto sul davanzale interno della finestra, lasciando spaziare lo sguardo sul parco innevato reso argenteo dalla luce della luna. Era uno spettacolo incantevole che lo rilassava a dispetto della situazione di incertezza che lui stesso aveva creato. La sua decisione l’aveva presa e confidava nel fatto che anche gli amici sapessero fare la scelta giusta, specialmente Sirius che sembrava molto tormentato.

Probabilmente si era assopito, perché quando riaprì gli occhi si accorse che in lontananza il cielo iniziava a schiarirsi. Nella stanza immersa nell’oscurità, il russare di Peter giungeva ancora nitido. James scese dal davanzale stiracchiandosi le membra indolenzite e si avvicinò al letto di Sirius. Quando gli posò una mano sulla spalla, il ragazzino si girò subito a fissarlo. I suoi occhi grigi erano leggermente arrossati, segno che non aveva dormito per niente.

«E’ ora di andare. » disse James e l’altro si alzò seguendolo con sguardo interrogativo.

Insieme svegliarono Peter, indossarono i mantelli e lasciarono il dormitorio per uscire nel gelo cristallino dell’alba.

 

L’aria, fuori dal passaggio segreto del Platano Picchiatore, era gelida e tagliente e la sua veste  lacerata non offriva molta protezione, ma sentirla significava che poteva respirare di nuovo. Respirare come un essere umano. La neve scricchiolò sotto i suoi piedi e Remus mosse un paio di passi barcollanti all’esterno. Albeggiava a malapena ma nella luce incerta poté vedere quanto malconcio fosse il suo aspetto: il mantello e la veste erano miseramente strappati e della camicia dell’uniforme che teneva con tanta cura restava poco o niente. Gocce di sangue scuro macchiavano la neve bianca ma il sospiro che esalò era più di rassegnazione che di dolore. In realtà avrebbe dovuto sentirsi sollevato per la fine di quella orribile notte, ma proprio non ci riusciva. Uscire dal rifugio notturno del Lupo significava poter vivere alla luce del sole, ma anche ricominciare con la sua eterna finzione di normalità. Da quel giorno, per un altro mese, sarebbe stato semplicemente lo studente Remus J. Lupin con la sua vita tranquilla, poi il ciclo sarebbe ricominciato.

«Non ho bisogno di angosciarmi ora. » si disse respirando a fondo l’aria gelata. «Va tutto bene. Ora tornerò al dormitorio e trascorrerò il Natale con degli amici. »

Quello dei compagni era un pensiero molto consolante che contribuì a risollevare un poco il suo umore nonostante il dolore delle ferite.

«Fa male ma non ha importanza. Tutto andrà a posto. Forse hanno organizzato di nuovo una festa. James e Sirius passeranno il tempo a farsi i dispetti e Peter si abbufferà di dolci come al solito. Ci divertiremo tantissimo e…»

Alzò lo sguardo verso il castello e si irrigidì sgranando gli occhi. Tre figure ammantate di nero avanzavano verso di lui, una davanti con passo deciso e due che seguivano più esitanti. Un gelo che non aveva niente a che fare con la neve che lo circondava lo invase.

«No… no, ti prego…» si trovò a balbettare. «Sono… uno stupido… come ho potuto anche solo sperare…»

Si sentì mancare del tutto le forze, tanto che barcollò in avanti e per poco non crollò in ginocchio. La voglia di piangere lo assalì prepotentemente, ma non sarebbe servito a niente. Nonostante la disperazione che provava, avrebbe dovuto aspettarsi che un momento del genere sarebbe arrivato.

«Sorridi, Remus, sorridi. » si disse cercando di farsi coraggio. «Non far capire loro che in realtà hai solo voglia di urlare…»

Quel pensiero però cadde nel vuoto della sua mente. Non riusciva a capacitarsi. Come poteva accettare che anche questa volta finisse tutto così? Parole udite tanto tempo prima riecheggiarono nei suoi ricordi.

«Non avvicinarti, mostro! »

«E’ vero… in fondo sono un mostro… è giusto così…»

«Quando il lupo riuscirà a realizzare il suo sogno, allora sarà felice e non piangerà più…»

«Questo non accadrà, mamma… Non potrà accadere mai! »

 

James avanzava nella neve tentando di mantenere un’andatura risoluta nonostante i dubbi che avevano inevitabilmente iniziato ad assalirlo. Non era sicuro di quello che avrebbero trovato alla Stamberga Strillante, ma non era intenzionato a cambiare idea. Sirius e Peter lo seguivano con scarsa convinzione ed evidente timore, aveva come l’impressione di trascinarli ma sapeva che qualunque parola detta in quel momento sarebbe stata forzata e superflua. Stavano attraversando lo spiazzo dinnanzi al Platano Picchiatore quando ne vide emergere una figura lacera e barcollante. Si fermarono a fissarsi per un istante, James vide Remus impallidire paurosamente e lesse l’orrore nei suoi occhi. Evidentemente l’idea che potessero aver scoperto il suo segreto lo atterriva. Si voltò brevemente e notò che anche Sirius e Peter lo stavano fissando. Sirius aveva un’espressione stravolta, era chiaramente spaventato ma non per il motivo che aveva affermato fino a quel momento. Vedere Remus in quello stato lo aveva sconvolto profondamente e quando si accorse che si reggeva a stento scattò in avanti istintivamente. James lo afferrò al volo per una manica della veste trattenendolo.

«Cosa fai? Remus sta male, non vedi? » gli ringhiò contro Sirius.

«Aspetta. » bisbigliò James. «Non sono sicuro… che sia in sé…»

«Lasciami andare! »

Remus sembrò non rendersi conto di quella breve discussione. Avanzò lentamente e quando li raggiunse alzò su di loro un debole sorriso e proseguì stringendosi il braccio sinistro che stillava gocce rosse nella neve.

«E’… è sangue! » balbettò Peter sbiancando.

Sirius si liberò dalla presa di James con uno strattone e raggiunse Remus in un balzo. Lo afferrò per le spalle un attimo prima che si accasciasse a terra.

«Cos’hai fatto? Sei ferito gravemente! » esclamò.

Remus tentò di allontanare le sue mani.

«Non è niente… sto bene…»

«Stai sanguinando! Come fai a dire che non è niente?! »

James si avvicinò parlando tranquillamente, sorridendo tra sé per la reazione di Sirius.

«Sono le zanne e gli artigli, vero, Rem? E’ con quelli che ti ferisci. Chiuso in quella casa, solo, per non fare del male a nessuno. »

«Cosa? Tu… per non fare del male ad altri… tu…»

Sirius sentì gli occhi inumidirsi e dovette fare uno sforzo per trattenere le lacrime, ma lo sguardo che Remus alzò su di lui era quasi stupito.

«Perché fai così? Va tutto bene, ti dico. Questo non è niente. »

Sentì la stretta di Sirius farsi più intensa e James passargli un braccio attorno alle spalle. Anche Peter si era avvicinato e la paura nei suoi occhi aveva lasciato il posto a una profonda preoccupazione.

«Non hai niente da temere. » mormorò James. «Noi siamo qui per te, non sei più solo. »

Remus non era sicuro di aver capito bene. Possibile? Quella domanda continuò ad aleggiare nella sua mente annebbiata finché sentì le ginocchia cedere e tutto si fece buio attorno a lui.

Possibile?

Possibile?

 

Remus riprese conoscenza lentamente. Gli sembrava di essere immerso in un bianco luminoso, che fosse ancora nel parco innevato? Però non sentiva freddo, anzi un piacevole tepore lo avvolgeva. Aprì completamente gli occhi e scoprì di trovarsi nell’infermeria della scuola. Il suo braccio era stato medicato e bendato e attorno al suo letto si trovavano delle persone. Si trattava di James, Sirius e Peter e avevano tutti espressioni preoccupate. Per un attimo si chiese cosa ci facessero lì, poi il ricordo dell’incontro nel parco lo gettò in uno sconforto che rasentava la disperazione.

«Ti… ehm… senti meglio? » chiese Peter esitante.

Nel suo sguardo si leggeva la pietà che provava in quel momento nel vederlo in uno stato miserevole. Conosceva bene la trafila che lo aspettava: prima lo avrebbero compatito, poi lo avrebbero disprezzato e infine lo avrebbero abbandonato. Dunque perché continuare a recitare una parte?

«No, per niente. » rispose tentando di mantenere un tono di voce fermo.

Sirius scattò in piedi.

«Vado a chiamare Madama Chips! » esclamò ma Remus lo bloccò.

«No, non mi serve. Piuttosto, perché siete qui? »

James avvicinò la sedia al letto e lo guardò sorridendo.

«Te l’ho già detto ma forse non te lo ricordi visto che sei praticamente crollato in braccio a Sirius. Siamo qui per te, perché non vogliamo che il nostro amico affronti tutto questo da solo. »

«Stai… parlando seriamente? »

«Certo. »

«Eppure tu sai… Hai visto…»

«Sì. »

A Remus quelle parole sembravano inconcepibili. Come poteva James accettare una cosa del genere con tanta naturalezza? E gli altri? Sirius e Peter sembravano davvero in pena. Volevano restargli vicino. Istintivamente provò un moto di gratitudine, ma subito si ritrasse. In realtà loro non sapevano a cosa andavano incontro. Erano stati sempre gentili con lui, non era giusto coinvolgerli nella sua infinita spirale di menzogne. Non lo meritavano. Lui comunque era abituato a sopportare la solitudine.

«Non avete idea di cosa state dicendo! » esclamò. «Io sono un Lupo Mannaro! Una creatura orribile che potrebbe attaccarvi da un momento all’altro! Sono crudele e sanguinario…»

L’espressione di James era scettica.

«Ma davvero? Immagino che sia per questa tua innata crudeltà che Silente ha deciso di metterti in dormitorio con noi. In realtà, per il quieto vivere della scuola, spera che ci sbrani tutti. »

Sirius e Peter ridacchiarono per nulla intimoriti.

«Vi ho mentito per un anno e mezzo! » continuò Remus. «Sono una pessima persona. Avete già rischiato di passare dei guai per colpa mia. Stando con me non avrete certo una vita tranquilla. »

«Qualcuno qui desidera una vita tranquilla? » fece Sirius rivolto agli altri due che scossero la testa vigorosamente. «Piuttosto dovremmo essere noi a dirti una cosa del genere. »

Quello fu troppo e Remus esplose.

«Insomma, non capite?! E’ già abbastanza brutto per me senza che vengano coinvolte altre persone! Non sapete cosa significa vivere nell’oscurità! Sentirsi costantemente in ansia per la paura di essere scoperti e perdere nuovamente tutto! Dover fingere ogni volta che vada tutto bene! Ne ho abbastanza di essere compatito e detestato! NON VOGLIO PIU’ ESSERE CHIAMATO MOSTRO!»

Le lacrime avevano cominciato a scorrere arbitrariamente sulle sue guance e i tre amici balzarono in piedi, ma ogni gesto venne interrotto dall’ingresso di una Madama Chips infuriata.

«Questa è un’infermeria! Un po’ di rispetto, per Merlino! Se vi sento ancora alzare la voce vi butto fuori tutti! Il paziente ha bisogno di riposo. »

Quando scomparve nel suo studio, Remus non osò alzare gli occhi, imbarazzato dallo sfogo.

«Che non sei un mostro, noi che viviamo a contatto con te ventiquattr’ore su ventiquattro, lo sappiamo benissimo. » disse la voce pacata di James. «Hai solo… un piccolo problema peloso. Noi non siamo persone con cui usare tanti riguardi, siamo solo dei malandrini combinaguai, ma una cosa è certa: i Malandrini non abbandonano gli amici. Mai. Anzi, ho già una mezza idea, anche se comporterà qualche ora in più di studio…»

Remus non credeva alle proprie orecchie. Pazzo, imperturbabile, eccezionale James. Aveva appena pronunciato le parole che ormai disperava di sentire. Si asciugò gli occhi con la manica della camicia strappata.

«Ne siete sicuri? »

«Mai stato più sicuro! » esclamò James.

«Che domande! Certamente! » ribadì Sirius e Peter annuì con entusiasmo.

Remus tese loro la mano.

«Allora… benvenuti nella mia vita. »

James gliela strinse calorosamente come presentandosi di nuovo.

«James Potter. Felice di esserci. »

Quel giorno il lupo smise di piangere.

 

Fine

 

NOTICINA DI YUKI:

EFP è tornato!!!!! ^_______^ Per festeggiare ho postato la seconda e ultima parte appena l’ho scoperto! EVVIVA!!!

Allora, cosa ne pensate? (Io sono letteralmente partita per James♥ ma essendo l’autrice non faccio molto testo…Scusate il delirio momentaneo…)

Ringrazio tantissimo che ha recensito la prima parte, DarthSteo e Tinkerbell91, come ho già detto adoro sentirmi dire che vi piace come scrivo! Grazie!! Per me è il complimento migliore!! ^///^

VampiraSix, non ti preoccupare che non mi sono dimenticata di te! Grazie del commentino e per aver letto in anteprima la seconda parte, visto che per la prima eravamo tutte e due troppo incasinate per trovarci.

Ok, e con questo è tutto. A “rileggerci” presto e chissà che prima o poi non trovi il tempo di scrivere una storia su una certa Mappa che mi ronza in testa da diverso tempo…

Un bacio.

YUKI-CHAN

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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