Chapter 2.
...e arrivo!
-
Cosa vuol dire che
avete perso il mio bagaglio??!!! - strillai, isterica.
Come poteva
abbandonarmi la mia solita merdosa sfiga? Doveva starmi per forza
attaccata
alle chiappe, altrimenti non potevo chiamarmi Bethany Stephens!
- Si calmi signorina,
vedrà che glielo troveremo entro domani mattina. -
- Aaaah lo spero per
voi!!! - esclamai, fuori di me, gesticolando come una pazza.
- Cuginetta calmati! Ti
hanno appena detto che faranno tutto il possibile per trovare il tuo
bagaglio,
devi solo avere un pizzico di pazienza e di fiducia. - intervenne
Prudence, con
il solito sorrisetto rilassato.
Le lanciai uno sguardo
di fuoco e si zittì. Facile parlare quando a te è
andato tutto liscio come
l’olio e il bagaglio ce l’hai tra le mani! Sempre
così ottimista e così
irritante!
- Ti ricordo che dentro
quel bagaglio ho tutte le mie cose! Vestiti, scarpe, libri e anche
altre cose
alle quali non voglio affatto rinunciare! Perciò evita di
farmi saltare i nervi
con il tuo inutile ottimismo e tappa quella boccaccia! -
- Io la bocca ce l’ho
per parlare e parlo quanto voglio. -
- Non metto in dubbio
il fatto che tu possa parlare quanto vuoi, ma per il momento dovresti
prendere
in considerazione il fatto che la bocca potresti avercela anche per
tacere,
cara cuginetta. -
- Invece tu dovresti
considerare il fatto di sorridere alla vita e pensare in positivo,
almeno per
una volta. Non è difficile sai… -
- Non è difficile
neanche chiudere la bocca e smettere di produrre dei suoni, tanto per
cominciare. -
Finalmente smise di
controbattere ed alzò gli occhi al cielo.
- Scusate se vi
interrompo, ma signorina… gentilmente potrebbe darmi il suo
numero di cellulare
e l’indirizzo della vostra residenza? Quando ritracceremo il
vostro bagaglio ve
lo faremo recapitare. -
- Oh, certo… -
Scrissi il numero e
l’indirizzo sul foglio che mi era stato messo sotto il naso
e, quando finii di
scrivere, uscimmo dall’aeroporto verso il parcheggio dei
Taxi.
Dato che eravamo
sprovviste di macchina avremmo dovuto usufruire del servizio.
Arrivate
a destinazione
salimmo le scale del condominio con fare timoroso e bussai alla prima
porta del
terzo piano, dove abitava la donna che ci avrebbe dato le chiavi del
nostro
appartamento. I secondi scorrevano lenti e, nonostante fossero passati
solo
pochissimi istanti, mi sembrava che fosse passata
un’eternità quando ci aprì.
Irene non era come la
immaginavamo io e Prudence.
Sulla quarantina, aveva
un visetto tondo e simpatico contornato da una massa di morbidi ricci
biondi
che le arrivavano appena sotto il mento e che oltretutto mettevano in
evidenza
i suoi bellissimi occhi neri. Gli occhiali rossi dalla montatura
quadrata la facevano
assomigliare ad una amabile maestrina delle scuole elementari.
Era certamente
una donna a cui non mancava mai il sorriso, notai con un certo
sollievo, almeno
non era una di quelle capo-condominio litigiose, rompipalle che usavano
ricordarti la data di pagamento dell’affitto ogni dieci
secondi della tua
preziosa vita. Almeno… così pareva.
- Voi dovete essere le
nuove arrivate. -
- Sì. - rispondemmo in
coro.
Ci fece entrare nel suo
appartamento, indicandoci - sempre con il suo immancabile sorriso - il
divanetto di pelle al centro del salottino.
Ci accomodammo entrambe lanciandoci
un’occhiata stanca, poi volgemmo lo sguardo verso la
poltroncina sulla quale si
era seduta la bionda e prestammo attenzione a ciò che aveva
da dirci, prima di
farci dare le chiavi del nostro appartamento.
- Allora, per prima
cosa. Esigo che non ci siano ritardi nel pagamento mensile
dell’affitto. Sembro
tanto buona, ma le regole vanno rispettate e io farò in modo
che voi le
rispettiate, chiaro? -
Il suo tono era severo,
ma non aveva abbandonato ancora il sorriso, che strano…
Annuimmo in silenzio,
incitandola a continuare.
- Secondo. Gli orari
nei quali dovete necessariamente fare silenzio vanno dalle 13.00 alle
15.00 di
pomeriggio e dalle 23.30 alle 5.00 del mattino. Terzo. Non urlate nei
corridoi,
indipendentemente dagli orari di silenzio. Quarto. I vostri coinquilini
dovrebbero arrivare stasera, esattamente il loro aereo atterra qui a
Roma alle 10.00.
Ho già sistemato le camere e vi ho portato qualcosa da
mangiare per questa settimana,
visto che adesso avrete bisogno di riposare un po’. -
- Volevo chiederle una
cosa… quanti letti ci sono a camera? - chiese Prue.
- I letti sono due per
camera e le camere sono tre. -
- Perfetto! - esclamò
entusiasta.
- Beh, ora è meglio che
andiate nel vostro appartamento per sistemare tutti i vostri oggetti.
Queste
sono le vostre chiavi - ci porse due piccole chiavi argentate - e,
quando
arrivano, avvisate gli altri coinquilini di passare da me per avere il
loro
paio di chiavi. -
Presi la mia chiave e
mi sollevai lentamente dal divano, seguita successivamente da Prudence.
- Grazie tante Irene. -
- Figuratevi. Se vi
serve qualcosa chiedete pure. -
- Okay, arrivederci. -
Ci accompagnò fuori
dalla porta, senza smettere un secondo di sfoggiare il suo sorriso
perfetto, e
quando sentimmo la porta chiudersi alle nostre spalle scendemmo le
scale: il
nostro appartamento era al secondo piano. Appena entrammo nella nostra
nuova
abitazione ci guardammo intorno, sbalordite.
Era spaziosa, accogliente e molto
piacevole.
Le camere erano piccole
ma comode e il bagno era decisamente pulitissimo e candido.
Meglio così, perlomeno
non era un appartamento dove le blatte avevano piantato la loro
bandierina,
regnando indiscutibilmente sul loro territorio.
A quanto pare quelle
preferivano il piano di sotto.
Mi sdraiai sul mio
lettino, quello più vicino alla finestra della camera, e
chiusi gli occhi.
Il viaggio non era
stato lungo ma mi aveva stancato a sufficienza: tutto lo stress per la
partenza
e la perdita del bagaglio avevano contribuito ulteriormente.
Mentre aspettavo che
mia cugina terminasse di farsi la doccia presi il mio adorato iPod e
misi le
cuffiette nelle orecchie, poi premetti play.
La musica era l’unica
cosa al mondo che riusciva a farmi passare il malumore, a parte le
amiche, che
ovviamente non avrei potuto portarmi dietro e che non avrei rivisto per
tanto
tempo, troppo. Naufragando nei ricordi i miei pensieri scivolarono
pericolosamente verso l’addio più doloroso di
tutti quanti: Manuel.
Sapevamo entrambi che
prima o poi ci saremo dovuti lasciare, ma avevamo provato lo stesso ad
uscire
insieme.
Risultato? Io e Manuel ci eravamo messi insieme.
Ma la domanda più
giusta è: com’è finita? Conclusione: ci
siamo lasciati.
Tutto per colpa della
sua ex ragazza, tornata dal passato per rovinarci il presente, ed il
futuro.
Mi aveva lasciata per
tornare insieme a lei, e questo era successo esattamente una settimana
prima
della mia partenza.
L’addio sarebbe stato comunque inevitabile, ma il modo in
cui ci eravamo lasciati era il vero motivo per cui soffrivo ancora.
Ricordai le ultime
parole che mi disse, prima che il mio cellulare prendesse il volo verso
il
cielo.
“Bethany…
dobbiamo
lasciarci. Vedi, ho capito di provare ancora qualcosa per la mia ex e
non mi
sembra corretto nei tuoi confronti continuare a stare insieme quando in
realtà
penso ad un’altra. Mi dispiace che finisca così,
sei una persona fantastica, ma
non voglio prenderti in giro. Magari possiamo rimanere amici,
no?” La mia
risposta era stata un cinico e sprezzante “NO!!!”
con tanto di lancio del
cellulare fuori dalla finestra, che purtroppo non era riuscito a
cancellare in
me il desiderio di correre fino a casa sua ed evirarlo.
Non erano servite a
nulla le consolazioni della mia migliore amica Kimberly, che mi aveva
preparato
due confezioni intere formato famiglia di camomilla e calmanti vari.
I ricordi continuarono
a percorrere la mia memoria come i fotogrammi di un film; li vedevo
come se non
mi appartenessero davvero, come se tutto ciò che mi era
capitato non mi
riguardasse veramente. Rivivevo tutti i baci che io e Manuel ci eravamo
scambiati nel brevissimo tempo in cui eravamo stati insieme, ma non
provavo
nulla.
Sapevo che era solo un
amore adolescenziale, non il vero amore.
Niente lacrime.
Ero una ragazza che
spesso e volentieri non piangeva, soffrivo in silenzio.
Non sapevo se considerarlo
un pregio o un difetto, tuttavia a volte mi scambiavano per una ragazza
insensibile e fredda, cosa che non sono.
Solo chi mi conosce per davvero sa
come sono ciononostante spesso anche le persone a cui sono
più legata faticano
a capirmi.
In realtà neanche io
alle volte mi capisco, a volte brancolo nel buio dei miei pensieri
senza
trovare una spiegazione al mio comportamento.
- Cugi ho finitooo!!! -
la sentii strillare dalla stanza accanto, poi fece la sua comparsa da
dietro la
porta, avvolta nell’accappatoio rosa. Mi guardò
con un gran sorriso poi venne
da me e mi staccò le cuffiette dalle orecchie, spegnendo
l’iPod.
- E basta con questa
musica deprimente!!! Di certo non ti aiuta ascoltare questa roba. - le
lanciai
uno sguardo assassino. Che cosa c’era che non andava nelle
mie canzoni?!
- Era così bello quando
eri sotto la doccia e non venivi a scocciare…
perché non vai a ripassarti un
po’ lo shampoo? Almeno mi lasci in pace. -
- Lasciarti in pace
significherebbe lasciarti deprimere con quelle canzoni? Non se ne parla
proprio! Vai immediatamente a darti una lavata che tra un po’
arrivano i
coinquilini! -
- Sì, ora vado. Ne ho
proprio bisogno. A proposito, ti va di prestarmi la piastra? La mia a
quanto
pare è dispersa in chissà quale parte del Mondo.
E mi servirebbero anche degli
asciugamani e della biancheria. Scusa, sto sfruttando tutte le tue
cose… -
- Scherzi? Non è colpa
tua cugi. Certo, prendi quello che ti serve fin quando non ti
porteranno il
bagaglio. -
Le sorrisi e la
ringraziai, poi mi diressi verso la sua valigia e presi il necessario.
Entrai in doccia e
aprii l’acqua, lavando via la tensione e la tristezza.
***
Avvolsi
l’asciugamano
attorno al mio corpo, sistemandolo in modo da non farlo scivolare in
terra e
strizzai i capelli per non gocciolare in tutta la casa. Feci appena in
tempo a
mettere piede fuori dal bagno quando sentii qualcuno bussare alla
porta.
Non avevo tempo per
mettermi qualcosa addosso, né di rendermi almeno
presentabile, così dovetti
andare ad aprire avvolta soltanto dall’asciugamano verdolino.
Con ogni probabilità
erano i coinquilini. Prudence era andata a farsi un giro per dare
un’occhiata
alle vetrine dei negozi, perciò ero costretta ad aprire in
quelle condizioni.
Sperai con tutto il
cuore che non fossero dei tipi con la puzza sotto il naso e che non
sarebbero
rimasti scandalizzati.
Misi la mano sulla maniglia e la spostai verso il basso,
tirando verso di me. Rimasi letteralmente a bocca aperta.
Davanti a me c’erano
due ragazzi, alti e snelli, che mi osservavano più o meno
con la mia stessa
espressione sbalordita.
Vabbè… io boccheggiavo per la loro bellezza
sfacciata e
loro sicuramente per lo stato in cui ero andata ad aprirgli.
Merda! Sono
impresentabile e loro sono… oh merda!!!
Mi ricomposi e tentai
un sorrisetto, poi mi scostai per farli entrare.
Prima di riuscire a
comporre una frase di senso compiuto mi sarei dovuta riprendere.
Entrarono in casa e
notai che il primo mi aveva appena fatto l’occhiolino.
Merda. Arrossii, poi
decisi che quel silenzio era davvero molto imbarazzante.
Decisi di cominciare un
discorso puntando sulla simpatia.
- Beh, io sono Bethany.
Una delle vostre nuove coinquiline. Spero che non vi siate
scandalizzati per lo
stato pietoso in cui sono venuta ad aprirvi, non vorrei farvi scappare,
ma sono
stata costretta. - Il ragazzo che mi aveva fatto l’occhiolino
scoppiò in una
risatina.
- Piacere Bethany, io
sono Will. Beh in effetti sono rimasto scandalizzato dal fatto che la
tua
bellezza soffoca indiscutibilmente la mia. Dovrò
rimediare… -
Merda! è
davvero carino.
Il ragazzo dietro Will alzò
gli occhi al cielo, poi si fece avanti tendendomi la mano.
- Io sono Matt. - disse
semplicemente, senza mostrare una minima ombra di sorriso.
La strinsi, interdetta.
Merda,
è bellissimo!!!
Fu il mio unico
pensiero.
Il restante 99% del
cervello era occupato dall’immagine del ragazzo con gli occhi
azzurro cielo e i
capelli neri che mi aveva appena stretto la mano.
Aveva davvero un viso
bellissimo, per non parlare del resto del corpo.
Mi sentivo stranamente
leggera, come se il suo sguardo fosse riuscito a scavare talmente a
fondo da
svuotarmi. Mi sentivo come uno stupido involucro.
Una blatta, al confronto.
Continuai
a sostenere
il suo sguardo, di un azzurro sovrumano, finché Will non mi
ricordò della sua
presenza.
- Scusalo, lo so che è
uno di poche parole ma non è affatto antipatico,
anzi… quando vuole sa essere
molto simpatico e divertente. -
Matt lo fulminò con lo
sguardo, ma Will non ci fece caso.
Al contrario… sorrise.
Che tipo strano.
- Non ho mai pensato
che fosse antipatico. Credo che solo conoscendoci potrò
scoprire se è così
simpatico come dici tu, no? -
- Sagge parole ragazza!
Che ne dici di farci fare una visita turistica alla casa? Non ci
offendiamo
mica se ci fai vedere dove dormiamo. -
Feci un gran sorriso.
Will era davvero un ragazzo simpatico, e anche molto bello.
Aveva capelli ed occhi
castano chiaro e davvero un bel fisico.
- Però se non vi
dispiace prima mi metto qualcosa addosso. -
- Nooo perché??! Stai
così bene con quell’asciugamano… -
protestò scherzoso, facendomi un altro
occhiolino, che quasi mi fece prendere un colpo.
- Matt non mi sembra
dello stesso avviso. - a giudicare dalla sua espressione sbigottita non
gradiva
che rimanessi a camminare mezza nuda per la casa.
Mi incamminai verso la mia
stanza e gettai l’asciugamano sul letto, poi indossai la
biancheria ed il resto
dei vestiti.
Dopo averli asciugati e
pettinati, misi le forcelline nei capelli per metterli un po’
in ordine e
passai un po’ di cipria sugli zigomi.
- Matt sei sempre il
solito guastafeste!!! - sentii da dentro. Scossi la testa, sorridendo.
Sentivo che con Will
sarei andata d’accordo.
Quando tornai in cucina
vidi che si erano già accomodati sul divanetto e mi
aspettavano pazientemente.
Matt
si guardava le mani, mentre Will giocherellava con un braccialetto.
Mi schiarii la voce e
quando si accorsero che ero tornata si alzarono in piedi e mi seguirono.
Come previsto, la casa
era di loro gradimento.
Avevano sistemato le loro valigie nella stanza che
avevano scelto ed erano andati a prendere il loro mazzo di chiavi da
Irene.
-
Uff perché non
dividiamo la stanza insieme, Beth? -
- Primo: perché la
condivido già con mia cugina. Secondo: non ho nessuna
intenzione di dividerla
con un ragazzo. Terzo: Non provare a chiamarmi Beth. Chiamami Bethany
ok? -
- Non è giusto!!! Io
volevo dividerla con te invece che non quel musone di Matt…!
-
- Chi sarebbe il
musone??!!! - la voce del figo di ghiaccio arrivò fino alla
cucina.
Se ne stava in camera
sua, da solo. Will lo ignorò.
- Ok, va bene, so che
ci conosciamo da un’ora a malapena e che forse sto prendendo
troppa confidenza
ma Beth ti sta benissimo. -
- Will non è questione
di confidenza. Odio i diminutivi e il mio nome mi piace molto. -
- Uhm… neanche Betty? -
- No… -
- Bethan? -
- No. -
- Betta? -
- NOOOOO!!! -
Sicuramente Matt si
divertiva parecchio nella stanza accanto, lo sentivo sghignazzare da
almeno
mezz’ora.
Per quanto fosse bello, quel ragazzo cominciava a darmi sui nervi ed
era passata solo un’ora dal nostro incontro!
Se ne stava chiuso in camera sua
senza fiatare e a fare casino con chissà cosa e intanto
ascoltava le nostre
conversazioni.
- Okok, tranquilla. Ti
chiamerò semplicemente Bethany! -
- Will… per caso sai che
cosa sta facendo Matt in camera sua? - quasi lo sussurrai, non volevo
che lui
pensasse che volessi farmi gli affari suoi.
- Ah già. Non ti ho
detto che Matt scrive canzoni vero? -
Scossi la testa.
Veramente non mi aveva ancora detto niente dell’amico.
- Beh è così. È da
quando è bambino che è appassionato alla musica.
Accompagna sempre ciò che
scrive con la sua batteria. -
- Frena. Batteria hai
detto? E da dove l’ha portata? Io non l’ho visto
entrare con la batteria. -
- Per forza. L’ha
portata mentre aspettavamo che ti mettessi qualcosa addosso. Cosa che
oltretutto ritengo sia stato uno spreco di tempo… - Lo
interruppi.
- Capisco. Spero che si
ricordi gli orari di silenzio, Irene non transige su queste regole. -
- Non preoccuparti, è
un ragazzo responsabile. -
- Lo spero. -
- Ma sì dai, dagli un
po’ di fiducia. So che non è il massimo della
compagnia, ma vedrai che con il
tempo la timidezza gli passerà. -
- Mmm, non credo che
sia un ragazzo timido. Gli piace soltanto starsene per conto suo. -
- Sì, anche troppo. A
differenza sua a me piace stare in compagnia. Soprattutto se la
compagnia è una
ragazza bella come te. -
- Sei un po’ troppo
dolce per i miei gusti Will. -
- Ah sì? -
- Sì. -
Sentii la porta aprirsi
e vidi Prudence trafficare con alcune buste mentre canticchiava una
canzone che
non avevo mai sentito in vita mia.
Doveva aver fatto
shopping.
Appena vide Will
aggrottò impercettibilmente le sopracciglia.
- Tu devi essere un
nostro nuovo coinquilino! Giusto? -
- Esatto. Tu sei la
cugina di Bethany, vero? Prudence? -
- Sì, ma
chiamami Prue.
-
- Perché?
Hai un nome
così bello… -
- A me non piace. Tu
sei..? -
- Io sono Will. Matt
è
nell’altra stanza. Adesso vado a recuperarlo… -
- Stai seduto, vado
io.
- dissi, sbrigativa.
Era meglio se li
lasciavo parlare un po’, almeno avrebbe stressato un
po’ anche Prue.
Bussai alla porta
della
camera dei ragazzi e aspettai un segnale che mi invitasse ad entrare.
- Avanti. -
Entrai e con un
tuffo
al cuore mi accorsi di avercelo davanti, ma quella volta non furono
solamente i
suoi occhi celestiali a catturarmi.
Indossava soltanto
un
paio di jeans stretti ed era a torso nudo.
Ne aveva tutti i
diritti (in fondo eravamo in pieno agosto), c’era caldo, ma
quella visuale
rischiava di farmi venire un infarto.
Non era normale
svenire
addosso ad una persona che conosci da poco più di
un’ora, e nemmeno sbavargli
sopra era tanto normale.
Mi guardava dritto
negli occhi, non distoglieva lo sguardo nemmeno per sbattere le
palpebre.
Trattenni il respiro
quando si passò una mano sui capelli neri, evidenziando
ancora di più la
muscolatura perfetta.
Cercai di darmi un
po’
di contegno, il tanto giusto per pronunciare una frase in modo
comprensibile.
- Volevo
solo…
presentarti mia cugina…è…è
appena arrivata. -
- Ah ok. -
Come previsto Will
era
già riuscito ad attaccare bottone con Prue, ma
c’era qualcosa di strano.
Lei lo guardava di
traverso, come se avesse appena detto qualcosa di impronunciabile.
Magari uno dei
tentativi di approccio di Will l’aveva infastidita, ma era
quasi impossibile
che accadesse.
Prue non era una
tipa che si arrabbiava per delle cazzate.
- Matt, lei
è Prudence,
ma preferisce essere chiamata Prue. Prue lui è Matt. -
- Piacere. - dissero
in
coro.
Passammo tutta la
serata chiacchierando (io, Prue e Will; Matt se n’era
già ritornato in camera
sua a fare casino con la batteria.) del più e del meno, dei
nostri hobby,
raccontammo barzellette, insomma… ci divertimmo. Ma era come
se il ghiaccio non
si fosse ancora del tutto sgretolato.
Sentivo che
c’era del
gelo tra Prue e Will e non ne capivo il motivo.
Più tardi
le avrei
chiesto ulteriori spiegazioni.
O meglio, il caricabatterie del mio portatile ha esalato il suo ultimo respiro un mesetto fa e solo ora ho scoperto che la mia cara cuginetta (che nella storia sarebbe Prue XD) aveva una copia di un bel po' di capitoli della storia. Perciò per ora mi arrangio con questi.
Il capitolo è molto lungo come potete notare, ma questa storia è una long-long-long-long fic, perciò è logico che dovrò fare anche capitoli impossibili.
Mi auguro che lo leggerete comunque *__*
E che perdoniate il mio estremo ritardo.
Ringrazio le anime pie che hanno letto il precedente capitolo, e ricordo che c'è anche un'altra storiella in corso, come potrete vedere nel mio profilo, che si intitola Stay close, don't go.
Comunque, spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, e che lo recensiate, e che magari mi critichiate aspramente u.u come chiedo ogni volta.
Kiss kiss, frens.