(Prov
Malfoy).
Camminavo
a passo
sostenuto lungo i corridoi del grande castello che mi avevano visto
crescere.
Ricordi dolorosi mi attraversavano la mente.
Tanti.
Troppi.
Io
a undici anni che
sbeffeggiavo tutti dall’alto del mia casata e del mio sangue
puro, dentro di me
sapevo di non essere superiore a nessuno di loro. Non avevo niente di
cui vantarmi,
ero solo un bambino sbruffone che si vantava, di essere migliore degli
altri.
Certo, non l’avrei mai ammesso, non a
quell’età.
Ricordai
le lotte, i
duelli, le botte con i Grifondoro.
La
prima punizione, un
ghigno si dipinse sul viso.
Le
innumerevoli
punizioni con Potter. Ricordai i litigi, le urla e gli insulti con
Hermione. Al
ricordo il mio cuore smise di battere. Detestavo ripensare a quei
momenti, ma la
mia mente, inesorabile e incurante di questo, continuava a
torturarmi.
Weasley.
No, degli
insulti a Ron Weasley non mi pentivo. Lui, continuavo a detestarlo. Non
perché
fosse un traditore del suo sangue o un Grifondoro. Quello non
c’entrava niente,
non era più importante. Lo detestavo a causa sua, solo a
causa sua. Il male che
aveva fatto e continuava a fare a lei, alla mia Hermione me lo faceva
odiare.
Poi,
i ricordi si fecero
più crudi, più intensi più duri da
sopportare.
La
squadra
d’inquisizione, la mia voglia di distruggere Potter. Katie
Bell stregata dalla
collana che avevo comprato da magie Sinistre. L’avevo quasi
uccisa.
Avevo
fatto peggio,
molto peggio. Il respiro si mozzò all’improvviso.
Avevo
fatto
entrare Fenrir Greyback nel castello.
Il
marchio nero era già
nel mio braccio, la mia punizione per essere figlio di Lucius Malfoy.
Voldemort
puniva me, perché mio padre aveva fallito non riuscendo a
uccidere Harry
Potter.
La
mia punizione sarebbe
stata quella di uccidere Silente, fallii anch’io condannando
un altro uomo a
compiere il vile gesto, anche lui perì per colpa mia.
Si,
Piton è morto per
colpa mia. Io dovevo morire. Io ero il possessore di ciò che
cercava. Io avevo
disarmato il possessore della bacchetta.
Io.
Se
l’avesse saputo, non
starei qui percorrendo ancora per una volta questo pavimento di pietra.
Un
morsa di dolore mi
attanagliò il cuore.
Vidi
i corpi straziati
di chi aveva combattuto per la pace. Vedevo Fred, uno dei gemelli
Weasley,
disteso a terra.
Vidi
Lupin il mio ex
professore di difese, il lupo mannaro che aveva sposato mia cugina
Ninfadora
Tonks anch’ella morta in battaglia nella seconda grande
guerra magica, disteso
a terra.
Io
che dovevo morire
riuscii a salvarmi grazie a mia madre, grazie a Harry Potter. Vidi
Tiger arso
vivo dal suo stesso incantesimo, l’ardemonio.
Scossi
il capo
stringendo i pugni facendo diventare bianche le nocche delle mani.
Ero
giunto davanti al
Gargoyles che portava alla presidenza, niente era cambiato. Tutto era
intatto.
Tutto era stato ricostruito, tranne i miei rimorsi quelli affondavano
la mia
anima.
Dissi
la parola d’ordine
e salii per le scale di pietra, bussai.
La
sua voce non era
cambiata, era sempre la stessa. La guardai ancora una volta:
Gli
occhiali a
mezzaluna, i capelli raccolti un po’ più bianchi
di come l’avevo lasciata
alcuni anni fa, il suo solito vestito scozzese e quello sguardo
austero.
Sì,
Minerva McGranitt
riusciva ancora a mettermi in soggezione nonostante tutto il tempo che
era
passato.
-Draco,
accomodati-.
Disse. Non si alzo in piedi ma quando giunsi vicino alla sua scrivania,
si
sollevo per scingermi la mano. Ricambiai la stretta e mi sedetti
difronte alla
preside di Hogwarts.- Ho letto attentamente la tua lettera ed ho
chiesto in
giro- disse.- Le tue referenze sono ottime- finì.
La
guardavo, attento
senza perdere nessuna delle parole che quella strega diceva e quando
diede la
sentenza trattenni il respiro.
-Sono
veramente
orgogliosa di averti tra i nuovi insegnanti di Hogwarts. Spero che
questo ruolo
giovi a te come alla scuola-. Sapeva qualcosa, non chiesi nulla
però timoroso
si scoprirmi troppo.
Le
strinsi la mano, poi
m’incamminai verso la porta. Un’idea mi
balenò
-Professoressa.
Scusi
preside McGranitt. Sarò professore di cosa?- domandai.
-
Difese contro le arti
Oscure-. rispose lei con un sorriso sulle labbra.
Respirai
e sorrisi di
rimando.
Aveva
accettato la mia
richiesta, benché sapessi che non era il solo ruolo che
ancora le mancava.
Quando
finalmente Gazza,
il vecchio custode a cui non ero mai piaciuto, mi accompagno nelle mie
stanze
mi abbandonai nel letto. Ero stanco, le emozioni, i ricordi mi avevano
stremato
e caddi in un sonno profondo. Un sonno in cui due dolci labbra si
univano alle
mie, calde, morbide e un profumo di vaniglia inebrio la mia mente.
L’eco della
sua voce rimbombavano nella mia testa, lei che pronunciava quel nome ed
io
spaventato che la guardavo addormentarsi nella mia spalla. Tutto
scorreva
nitido come se non fosse un sogno, infatti, non lo era.
Era
un ricordo, il mio
incubo, il mio modo di scappare da lei, dalla sofferenza che provavo
standogli
accanto.
Vedendola soffrire per un
uomo che non
l’amava.
Soffrendo
io stesso
perché mai sarei potuto diventare qualcosa per lei, qualcosa
diverso da un
amico, un confidente. Era già troppo per tutto quel male che
le avevo fatto.
Avevo
un ruolo
nella sua vita fin troppo importante, per il dolore che le avevo
provocato. Non
meritavo neanche un saluto, una carezza, un abbraccio da Hermione
Granger. Ma
li avevo avuti e avevo scoperto di volere di più, molto di
più da lei.
Di
voler essere amato
dalla donna che avevo umiliato, deriso, insultato e non avevo difeso
dalle mani
sporche di sangue di mia zia Bella.
Io
non la meritavo, non
meritavo niente. Mi svegliai di colpo, una goccia di sudore mi solcava
la
tempia.
Avevo
bisogno di una
doccia fredda e della mia amata sigaretta. Lei, non ci sarebbe stata
quella
volta a dirmi di smettere. Lei, non l’avrebbe saputo che
avevo deciso di andare
via per lei. Harry avrebbe tenuto il segreto. Un'altra amicizia che non
mi
meritavo, un'altra persona che aveva voluto guardarmi dentro
cancellando cosa
ero stato. Guardando solo quello che ero diventato.