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Autore: BelleAmie    23/08/2011    2 recensioni
Ron ed Hermione partono per l'Australia alla ricerca dei signori Granger, i quali credono di chiamarsi Wilkins e di non avere alcuna figlia. Durante le loro ricerche, i nostri eroi confrontano alcuni demoni interiori, incontrano persone bizzarre, approfondiscono la loro relazione, guardano bei tramonti e si perdono molte delle attrazioni di Sydney. Ron/Hermione.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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IV. Home

 

La quinta cosa straordinaria che avvenne a Newcastle fu la vista di un tramonto.

Erano scesi da un autobus semi vuoto, nonostante quella fosse una zona fortemente turistica, così diceva la guida; ma era autunno, bassa stagione, e c’era anche un po’ di freddo. Avevano trascorso i venti minuti d’autobus discorrendo sul da farsi, tutti e due dando occhiate a turno al foglio con l’indirizzo; avevano tenuto una breve (e, nel caso di Hermione, nervosa) conversazione su quello che avrebbero trovato, e poi si erano accontentati di guardare gli scenari mozzafiato fuori dai finestrini. Vegetazione verde smeraldo, oceano spumeggiante su interminabili chilometri di sabbia, tinta del dorato più scuro dal sole che calava.

Ma fu solo quando scesero dall’autobus che rimasero inchiodati dallo spettacolo che si svolgeva dall’altro lato della strada, oltre la spiaggia, oltre il mare.

Il sole si era tuffato nel mare, un semicerchio grande e giallo all’orizzonte. Quello non era un classico tramonto dai toni vaniglia e giallo pastello: quello era il sogno di un pittore, un drammatico spruzzo di colore sulla calotta del cielo, un’opera impressionista prodotta dal Caso e superiore a qualsiasi mano umana. Epici gialli e vivi arancioni davanti a loro, le poche nubi scure, marroni, celavano misteri di vividi rossi. E su, ancora più in alto sopra le loro teste, iniziava a calare luminoso il cobalto della prima sera.

Rimasero pietrificati loro malgrado, vinti dalla grande magia naturale.

‹‹Guarda là,›› disse Ron, vagamente trasognato. Trovò la sua mano, e la tenne forte nella sua.

‹‹È incredibile.››

Rinunciò a scattare una fotografia. Era un ricordo da affidare solo alla memoria, perché ingiallisse, invecchiasse con loro, diventasse ancora più bello. E non c’era pellicola per catturare l’esplosione di colori dentro di lei quando Ron la baciò davanti a quell’orchestra guidata dal sole, circondati dalle armonie del cielo, e degli uccelli in volo.

 


La cosa buona di Cora Bay era che consisteva principalmente in una decina di strade residenziali e un lungo mare commerciale. Trovarono la via dove abitavano i Wilkins semplicemente dando un’occhiata ad una grande mappa turistica.

Era una via di media lunghezza a più o meno un chilometro e mezzo dalla spiaggia. Davanti ad ogni casa del quartiere c’era un ampio giardinetto d’ingresso con l’erba alta e verde brillante e un basso steccato dipinto di bianco. Le case erano perlopiù bianche, di legno, creature uscite da libri degli anni ’20, a due piani, tutte con la loro veranda ammobiliata, e il numero civico scritto in corsivo su una bella piastrella di ceramica bianca. C’erano fiori e palme e il frinire di insetti notturni e una gran pace.

‹‹Io non me ne andrei se fossi in loro,›› disse Ron, guardandosi attorno.

‹‹T’immagini se lo dicessero anche loro?››

E se davvero non se ne fossero voluti andare? E se si fossero affezionati alla loro vita australiana? Ecco un’altra delle considerazioni che non aveva fatto prima di spedirli in capo al mondo. Sarebbero voluti ritornare alla vecchia, piovosa Inghilterra, e alla loro ordinaria casa in mattoncini rossi nella suburbia tranquilla di Oxford?

Ron le strinse la mano. ‹‹Ehi, stavo scherzando,›› disse.

‹‹Io no,›› replicò Hermione. ‹‹Lo capirei. Mi chiedo…›› abbozzò, non sapendo esattamente come continuare, ‹‹mi chiedo se forse non è meglio lasciar stare. E se sono più felici così? Guarda, hanno tutto qui. Scommetto che hanno una vita molto più tranquilla e felice di quella che avevano prima -››

‹‹Ma non hanno te,›› ribatté Ron.

‹‹Considerando quanto tempo ho trascorso con loro durante questi anni, non farebbe molta differenza…››

‹‹Sì che la farebbe, invece. Sono la tua famiglia, no? Lo sono lo stesso, anche se non si ricordano che tu esisti, anche se non sono con te…››

Senza nemmeno accorgersene erano arrivati al numero diciotto. Era un bungalow a due piani, bianco e simile a quello dei vicini. Il prato era corto e ben curato, a differenza della maggior parte degli altri giardini, lasciati in uno stato di più allegro abbandono.

‹‹È proprio ovvio che qui abitano degli inglesi di mezz’età, vero?›› E le veniva anche un po’ da piangere. Era reale adesso: era davanti alla casa in cui abitavano i suoi genitori. Li aveva trovati.

‹‹Cosa facciamo adesso?››

‹‹Bè, entriamo, no?››

‹‹E come facciamo?››

‹‹Ron, onestamente, non è che se non hai la bacchetta in mano ventiquattro ore su ventiquattro allora non sei più un mago.››

Lo sentì borbottare qualcosa mentre s’infilava alla chetichella nel corridoio erboso al lato della casa e se ne andava nel retro. C’era lì una porta bianca, che, a giudicare dalla vista oltre la zanzariera, era la porta d’accesso alla cucina dal giardino del retro.

‹‹ Alohomora,›› bisbigliò Hermione puntando la bacchetta alla serratura. La porta s’apri dolcemente.

‹‹ Lumos››.

Dentro era un’abitazione ariosa, con grandi stanze e pochi muri separatori. Cucina e soggiorno erano un unico, grande ambiente, separato solo da un paio di scalini; il mobilio scuro era sparso ma bello, i libri abbondanti ovunque, e appesi ai muri c’erano quadri che ritraevano tramonti e spiagge e riproduzioni di fanciulle polinesiane di Gauguin. Era tutto molto ordinato, lindo e pulito.

‹‹Bella casetta,›› disse Ron, aprendo il frigo. ‹‹Guarda, ci sono dei budini al cioccolato -››

‹‹Ron…››

Era strano essere nella casa dei suoi genitori: era come essere nella casa di due estranei. C’erano quadri che non conosceva alle pareti, sulle mensole c’erano delle fotografie di loro due in spiaggia. Sembravano più abbronzati, e molto felici: sua madre aveva tagliato i capelli in un caschetto alla moda, suo padre aveva scoperto una predilezione per le camicie hawaiiane. Varie foto li ritraevano a delle allegre cene in spiaggia; in una erano insieme in uno stadio di rugby, con le magliette della nazionale australiana.

‹‹Se la sono passata bene,›› commentò Ron, che l’aveva raggiunta e stava mandando giù a cucchiaiate un budino.

‹‹Cerca… cerca qualcosa, dei fogli, qualcosa che ci dica dove sono andati,›› disse Hermione, allontanandosi in fretta dalla mensola delle fotografie, cercando di nascondere a Ron il fatto che gli occhi le si erano riempiti di lacrime. ‹‹Un dépliant…››

Salì le scale; controllò i cassetti delle tre camere da letto, chiedendo mentalmente scusa per l’infrazione alla loro privacy, e lo studio, e, per sicurezza, anche i bagni. Nella cesta delle cose da lavare intravide una delle gonne preferite di sua madre, comprata in Francia qualche anno prima… poi corse nel guardaroba della camera matrimoniale, e vide i vecchi vestiti della madre, e alcuni dei nuovi… tanti abiti estivi, cappelli di paglia, borse da mare… un paio di camicie hawaiiane del padre. In Australia i Granger avevano scoperto i verdi, i gialli e gli arancioni. L’odore era diverso, non era l’ammorbidente che aveva sempre conosciuto; annusando un foulard di seta che penzolava dalla tasca di una giacca sportiva, si accorse che sua madre aveva cambiato il suo profumo di riconoscimento per qualcosa di più leggero e fruttato.

‹‹Ehi, Hermione!›› sentì chiamare Ron dabbasso.

‹‹Che c’è?››

‹‹Ho trovato qualcosa!››

Avrebbe studiato volentieri il guardaroba per ore, catturando piccoli dettagli di quell’anno dalle loro tasche, dal loro nuovo stile d’abbigliarsi, ma raggiunse Ron al piano inferiore. Era in mezzo al salotto, tra il grande divano ad elle e il tavolino da caffè che teneva alto un foglio in cartoncino leggero.

‹‹Stanno guardando le stelle,›› disse, passandole il foglio.


Astronomical Society of Queensland

 

Fin dagli albori della nostra civiltà, siamo stati catturati e stregati dal fascino eterno dei cieli. Nell’era moderna…

 

E più giù:

 

In collaborazione con l’Alice Springs Astronomical Society (ASAS) siamo lieti di annunciarvi il nostro nuovo progetto di osservazione amatoriale dei cieli. Con le tecnologie dell’osservatorio di Alice Springs, in un luogo del tutto privo di inquinamento luminoso vicino agli ambienti mozzafiato di Ayers Rock, invitiamo i nostri soci a partecipare alle visite a tema astronomico organizzate in collaborazione con l’agenzia di viaggi Northern Dreams per i seguenti giorni:

 

13-14-15 febbraio

20-21-22 marzo

10-11-12-13 aprile

24-24-26 aprile

(e questo era cerchiato) 15-16-17-18 maggio

28-29-30-31 maggio

12-13-15 giugno

 

Per ulteriori informazioni telefonare a (02) 34428491, dalle ore 16.00 alle ore 19.00.


‹‹L’avrei dovuto immaginare,›› disse Hermione, con un mezzo sorriso. ‹‹Incredibile quanto ci si scordi dei dettagli, dopo un po’… Mio padre è sempre stato un appassionato di astronomia…››

Era un po’ strano e un po’ triste pensare che i suoi genitori erano vivi e vegeti e al sicuro e che probabilmente se la stavano spassando dietro ai loro telescopi del tutto ignari che a casa loro la figlia che non ricordavano di avere stava desiderando ardentemente che fossero lì. Prima si era chiesta seriamente se non fosse il caso di girare i tacchi e lasciarli alla loro felice vita in Australia, in quel bel bungalow con i loro amici e la loro vineria, mai come allora Hermione provò una fitta di bruciante nostalgia dei loro abbracci. Voleva sua madre. La voleva come una bimba di quattro anni col ginocchio sbucciato. La voleva lì e la voleva subito. Voleva le braccia forti del padre attorno a sé, dannazione, voleva stare sulle sue ginocchia. Per un momento desiderò che fossero lì e le rimboccassero le coperte.

Si stava comportando da bambina. Il mistero era stato risolto, i genitori erano stati ritrovati, anche se a un centinaio di chilometri più a nord del previsto. La loro missione era terminata, andava tutto bene. In capo a due giorni li avrebbe abbracciati di nuovo. Se l’incantesimo fosse andato bene (ma non aveva il coraggio di pensare all’altra possibilità).

‹‹Un altro successo per la squadra,›› decretò Ron con un mezzo sorriso.

Quella sera Hermione decise di bandire la malinconia. Sì, stare in casa dei genitori era un po’ forte per i nervi, ma che senso aveva essere tristi? La ricerca era finita ed ora era arrivato il momento di celebrare il successo.

Chiusero tutte le finestre e tirarono le tende per accendere le luci. Cenarono insieme in cucina e stapparono una bottiglia di vino, e per un po’ sembrò che fosse calata attorno a loro una sensazione di quieta contentezza, come se avessero riacquistato una sincera allegria. Guardarono metà di una cassetta, lessero qualche foglio della rivista dell’Associazione Espatriati Inglesi a cui i Wilkins erano abbonati. L’atmosfera serena non durò a lungo. Erano successe tante cose quel giorno, non solo negative; era possibile, forse, che quel tramonto l’avesse scossa?

Ron aveva riso e sorriso quella sera, ma quando l’energia celebrativa iniziò a calare scivolò in una delle sue fasi taciturne.

Prima ancora che fosse mezzanotte si accoccolarono insieme sul letto degli ospiti, e ascoltarono in silenzio i suoni del giardino. Le davano un leggero fastidio, gli insetti col loro frinire. Forse era perché le ricordavano del loro anno di campeggio forzato. Aveva scoperto che gli scarafaggi resistevano davvero a tutte le temperature, e che i grilli non avevano paura di entrare nelle tende.

‹‹Potremo restare qui anche domani,›› disse Hermione. Erano stesi sul fianco tutti e due, coi visi vicini sullo stesso cuscino. Le piaceva la sensazione del respiro di Ron sulle sue guance. ‹‹Torneranno il diciotto mattina, suppongo.››

Ron teneva le braccia sotto il cuscino. Alla luce lunare che proveniva da fuori le sue cicatrici erano ancora più evidenti. Sette anni di guai avevano lasciato i loro segni su di loro. La competizione su chi ne avesse di più tra lui ed Harry era ancora ad esito incerto.

‹‹E poi…››

‹‹… dovrò dare un sacco di spiegazioni.››

Ron abbozzò un sorriso, ma svanì come vapore. Poi si voltò di schiena, e guardò il soffitto.

‹‹Sto pensando a quello che hai detto prima,›› sussurrò.  ‹‹Quando hai detto che col tempo ci si scorda dei dettagli.›› Fece una pausa. ‹‹Mi chiedo…››

Hermione si sentì gelare. ‹‹Oh, Ron… io non volevo dire…››

‹‹Il fatto è che hai ragione,›› continuò Ron, con un tono coraggiosamente tranquillo, ma Hermione sentiva che la sua mano tremava. ‹‹Prendi lo zio Bilius… so che aveva una camminata strana, ma non mi ricordo più come fosse, capisci?››

‹‹Ron, tu non dimenticherai mai Fred. È impossibile. Sì, forse col tempo non ti ricorderai più qual era il suo maglione preferito, ma questo non significa nulla...››

‹‹Significa tutto, invece!›› Si agitava nel letto. Le sue gambe si stiravano, le sue mani non sembravano trovare un posto in cui fermarsi. Sul viso gli era calata un’espressione febbricitante.

Poi disse piano, ‹‹Scusa. Non volevo urlare.››

‹‹Io… capisco… Ron,›› mormorò Hermione. Si sentì in colpa. Lei aveva ritrovato i suoi genitori, e Ron aveva perso suo fratello per sempre.

‹‹Grazie per prima. Per la chiesa,›› mormorò Ron. ‹‹Mi sono sentito meglio.››

‹‹Prego,›› disse, banalmente, Hermione. Si sentiva sul punto di piangere, ma non poteva cedere quando Ron non cedeva.

‹‹È che sono così arrabbiato,›› disse Ron, parlando col soffitto. I suoi occhi erano diventati lucidi. ‹‹Cerco di non pensarci, cerco di comportarmi normalmente,›› continuò, con sempre maggior foga, ‹‹ma odio tutto questo. Odio il fatto che non lo rivedrò mai più. La mia famiglia non sarà mai più la stessa. Lo vedo, ogni tanto, quando cammino… mi sembra di vederlo – dannazione, questo pomeriggio stavo per andare da un tipo solo perché…›› La sua voce tremava terribilmente. ‹‹Perché lui? Un attimo prima c’era Malfoy lì -››

E poi aveva iniziato a singhiozzare. L’aveva visto piangere apertamente per Fred solo una volta. Fu uno shock, come essere travolti da un’onda. Aveva letto che uomini e donne affrontavano il dolore in maniera diversa: gli uomini razionalizzavano, gli uomini cercavano di distrarsi. Era vero, l’aveva visto con Harry e l’aveva visto con gli uomini Weasley e con suo padre, quando era morta sua nonna. Ma ora Ron stava piangendo ed Hermione si sentì totalmente impotente davanti alla vastità di quel dolore. Cosa poteva fare, se non abbracciarlo, tenerlo stretto, fare piccoli versi come se stesse consolando un bambino?

I singulti lo scossero a lungo, e poi parve anche ad Hermione di star piangendo. E non piangeva per Ron: piangeva per Fred, perché era vero, era una tragedia, una grandissima tragedia e non l’avrebbe mai più rivisto. Si era portato nell’oltretomba il suo umorismo e un pezzo dell’anima di tutti i Weasley, e di Harry, e della sua stessa anima. Aveva avuto solo vent’anni, ed era morto per un’esplosione. Il suo assassino era stato un pezzo di pietra, non un incantesimo, e non c’era nulla che potessero fare.

Solo quando Ron ebbe smesso di piangere gli tolse le mani dal viso, e lo guardò, intensamente, come aveva fatto lui prima dopo la chiesa. Anche al buio era chiaro che i suoi occhi erano arrossati. Lo baciò. Poteva sentire il sale delle lacrime di Ron e le piccole cicatrici del suo viso sotto i polpastrelli. Iniziò disperato e crebbe in intensità, finché non divenne caldo e poi bollente e quando Ron le prese la vita Hermione seppe che aveva funzionato, che era giusto così.

‹‹Hermione…›› gracchiò Ron.

‹‹Sì?››

‹‹Non…›› cercò di dire, affannato, posando le labbra sulla sua mascella, sul suo collo, ‹‹non voglio che… non voglio che tu… insomma, per pietà… dovrebbe essere diverso…››

Sarebbe dovuto essere felice, sarebbe dovuto essere diverso. Non poteva negare di aver immaginato quel momento come una felice scenetta bucolica, da qualche parte attorno alla Tana. Il problema era che in quelle scene Fred era sempre vivo, e non era morto nessuno. Voldemort era miracolosamente scomparso da solo, e tutto era ritornato a posto e lei e Ron si erano messi insieme e, dopo molti, appropriati mesi, in un felice mese estivo, era semplicemente successo, in mezzo ad una soleggiata radura, come in qualche fantasia da figli dei fiori. Lei avrebbe provato un po’ di dolore, ma sarebbe stato tutto a posto; Ron sarebbe stato un amante affettuoso e sereno, e sarebbero tornati alla Tana con uno stupido sorriso sui volti e fili d’erba nei capelli, lieti e gai.

Ma Fred era morto, e la Tana era la continuazione domestica di un funerale. La gioia esagitata del resto del mondo magico non penetrava la barriera del dolore ad Ottery St. Catchpole. Ron non sarebbe stato quello che era ‘prima’ ancora per molte settimane, forse mesi, forse anni. Si erano dati il loro primo bacio in mezzo alla battaglia, ed Harry era quasi morto. Le condizioni ideali erano finite il giorno del matrimonio di Bill e Fleur, e quando si sarebbero ripresentate di nuovo?

A settembre lei sarebbe ritornata ad Hogwarts, e lui, chissà (non aveva ancora deciso, ma aveva fatto capire che non sarebbe ritornato a scuola). Non c’era tempo. Era evidente, cristallino ormai, che quell’elusivo momento felice andava costruito. Non c’era niente da aspettare, anzi, aspettare non aveva senso. Era solo uno spreco di tempo, ed erano giovani per così poco, no?  Ogni ora era vitale, così importante…

‹‹Questo non ha nulla a che fare con la pietà,›› disse Hermione, sentendosi così vicina al dire, semplicemente, che lo amava, e che lo amava da tanto tempo. Poteva sentire il respiro di Ron sulle sue guance, così caldo…

‹‹Ti amo, sai,›› gracchiò Ron.

‹‹Lo so,›› bisbigliò Hermione, scoprendo che la sua voce era diventata lacrimosa. E senza dire un’altra parola decise che avrebbero costruito il loro momento felice. Non serviva una Tana assolata, un’estate senza fine; erano sopravvissuti, erano vivi, erano insieme. Cos’altro serviva? Quelle erano fantasie, e questa era la vita vera.

Davanti agli occhi grandi di Ron cominciò a svestirsi. Lo baciò di nuovo, piano, teneramente, dandogli il permesso di toccare il suo corpo. Era tutto molto nuovo. Sentiva una serie di scariche elettriche nelle vene. Le sue dita sembravano toccare di più, come se altri nervi si fossero risvegliati. La pelle nuda di Ron era come nuova. Inesplorata.

Era un po’ imbarazzante, pensò Hermione, quella storia dell’andare da amici a, bè, amanti. Era come se il Ron e l’Hermione di sette anni prima fossero lì nella stanza a guardarli e chiedersi cosa diavolo stessero facendo; la loro veneranda Amicizia era seduta nella poltrona davanti al letto domandandosi quando esattamente ci fosse stata la svolta che li aveva portati a quel momento. Hermione non aveva le risposte a nessuna di quelle domande, e dopo qualche istante non le importo più. In quel momento, erano troppo vivi per preoccuparsi degli spettri.

  
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