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Autore: Seagullgirl    24/08/2011    4 recensioni
" Mi era bastato guardarla per capire che Jenny non era come le altre.
O perlomeno, io ero convinto che non lo fosse. Non apparteneva a nessuna categoria, perché non aveva regole fisse. Non si poteva dire “ è così “, perché lei cambiava ogni giorno, pur rimanendo sempre uguale "

Lui non aveva mai capito cosa mancasse alla sua vita, finchè non ci si è scontrato.
Sembrava tutto perfetto, ma non si era mai sentito così completo come dal giorno in cui aveva conosciuto lei.
E sarà nel donare un pò di se stesso, che capirà quanto invece sta ricevendo, senza neanche accorgersene.
" Il dono è quello che ottieni dando più di quel che ricevi "
                             
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ero seduto al nostro tavolo già da dieci minuti, ma di Jenny ancora nessun segno.
Guardavo nervosamente l'orologio, chiedendomi dove fosse finita. Da quando ci conoscevamo non era mai stata in ritardo, nemmeno una volta. Anzi, di solito quando arrivavo lei era già lì da qualche minuto.
Quando stavo per cominciare a preoccuparmi, la porta della caffetteria si aprì facendo suonare il ciondolo che vi era appeso ed entrò lei trafelata.
« Scusa », mormorò sedendosi e poggiando la tracolla accanto a lei.
« Figurati. E' successo qualcosa? » chiesi cercando di non apparire impiccione.
Scosse la testa veloce, facendo un breve sorriso. « No, no. Ho solo perso di vista l'orologio, stavo studiando », spiegò.
« Oh. Se dovevi finire potevamo rimandare, non c'è problema... » l'ultima cosa che volevo era interferire con il suo studio.
« No, ti prego » si affrettò a fermarmi. « avevo bisogno di una pausa » tentò di giustificarsi.
Mentre parlava, la cameriera si avvicinò a noi e ci chiese cosa volevamo.
« Un milkshake alla fragola, grazie » sorrise cordiale Jenny.
La ragazza annuii e scrissi frettolosamente su un foglietto di carta, rivolgendosi poi a me. « E per te? », chiese con un grosso sorriso.
« Niente, grazie » la liquidai frettolosamente. Annuii un po' delusa e se ne andò senza proferire parola.
Jen ridacchiò sotto i baffi, mentre la guardava allontanarsi.
« Che c'è di buffo? » domandai curioso.
Lei mi guardò alzando le sopracciglia, ridacchiando. « Non l'hai notato? Ci stava provando con te » continuò divertita.
Io la guardai stupito. « Davvero? » non l'avevo notato, veramente. Ero troppo concentrato a guardare...
Annuì, sorridendo della mia ingenuità. « Non credevo avessi tanto successo con le ragazze » osservò sorpresa. « Infatti non ce l'ho. Secondo me ti sbagli »
In quel momento la cameriera tornò con la sua ordinazione: un grosso bicchiere di vetro contenente una bevanda rosa chiaro con una cannuccia colorata infilata dentro.
« Ecco il tuo milkshake » disse poggiandolo davanti a lei.
Poi si rivolse di nuovo a me, e stavolta cercai di far caso al suo atteggiamento.
« Sicuro di non volere nulla? » chiese con uno sguardo alquanto languido.
« No, grazie » risposi mostrandomi cordiale.
« Se cambi idea dimmelo » concluse andandosene, non prima di avermi sorriso un ultima volta. Per un attimo calò il silenzio, poi scoppiammo entrambi a ridere.
« Ok, forse avevi ragione » le concessi tra una risata e l'altra.
« Forse? Oh, andiamo! Ce l'aveva praticamente scritto in faccia! » insistette divertita.
« Ok, ok, hai vinto » mi arresi alzando le mani in segno di resa.
Sorrise soddisfatta della sua vittoria, bevendo un sorso del suo milkshake rosato.
« Ti piace la fragola? » chiesi cercando di cambiare discorso.
Scosse la testa, posando il bicchiere sul tavolo. « No, di solito no. Mi piacciono solo con la cioccolata sopra, come gelato o come milkshake » precisò.
« E a te? » chiese subito dopo, guardandomi interessata.
« Così così. Preferisco il cioccolato ad essere sincero » risi di quel gusto un po' infantile. Lei rise con me, annuendo convinta. « Sì, quello anche io » concordò.
Il tempo passava velocemente, tra una risata e l'altra, e anche se dopo un po' sembrava che potessimo esaurire gli argomenti, non era mai così.
Jenny aveva sempre qualcosa di nuovo da raccontare, da chiedere, da supporre.
A volte cominciava a parlare così concitatamente che senza rendersene conto aumentava di velocità, ed ero costretto a chiederle di rallentare. A quel punto lei si rendeva conto di ciò che stava facendo e si scusava, arrossendo.
A me però questo non dava fastidio, perchè trovavo così affascinante starla ad ascoltare, seguire i suoi ragionamenti sulle questioni della vita, rispondere alle sue domande e vedere che le interessava davvero la mia risposta.
Quelle ore che passavo con lei ogni giorno erano le più belle di tutta la mia giornata, e le attendevo con ansia per tutto il resto del tempo.
Arrivai ad un punto in cui pensavo a lei sempre: prima di andare a letto, la mattina appena sveglio, persino il giorno a lavoro. Ogni volta che entravo in quel cafè e la vedevo seduta al tavolo, il cuore mi si fermava per un istante, prima che lei mi sorridesse, salutandomi con la mano.
Più tempo passavo con lei e più cominciavo a pensare che quella ragazza fosse troppo bella per essere vera. Non era bella solo esteriormente (la bellezza si sa, è soggettiva), ma soprattutto interiormente. Non era buona, nel vero senso della parola, ma era sincera. Se diceva una cosa era sicuramente ciò che pensava, nel bene o nel male.
A volte la sua verità era un po' dura, ma il suo motto era “ è meglio essere feriti dalla verità che consolati dalla menzogna”, e io ero d'accordo con lei.
« Non sono sicura che questa mia sincerità sia un bene » mormorò titubante aggiustandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
« Le persone si allontanano, se mostri loro chi sono realmente » disse con un tono accusatorio che mi colse di sorpresa.
« Qualcuno si è allontanato da te? » chiesi guardandola sottecchi.
Lei esitò un attimo prima di rispondere, girando la cannuccia nel bicchiere e guardando fuori con aria leggermente afflitta.
« Molti. Ogni volta che conosco una persona nuova m'illudo che sia diversa. Che riesca a capire che le cose che dico, anche in modo duro a volte, non hanno mai come scopo l'umiliare o il far sentire quella persona inadeguata, nuda. Ma solo il volerla capire. Il tentare di fare capire a lei, dov'è che può migliorarsi »
Fece una piccola pausa, prima di continuare.
« Non è presunzione. Nessuno ci crede, ma è così. Vorrei solo... essere ascoltata.
Poter guardare negli occhi quella persona, dirle “ qui secondo me sbagli “ e per una volta, una sola volta, sentirmi rispondere “ forse hai ragione “. Non pretendo di cambiare le persone, o di renderle migliori. Solo... che male può fare l'opinione sincera di un amico? E' così difficile rendersi conto da soli dove sbagliamo... io lo so bene ».
Parlava, e nel frattempo pareva perdersi nei suoi ricordi, forse anche più dolorosi di quello che potevo immaginare.
« Forse dovresti solo cercare di dire le cose... con più diplomazia » suggerii.
Capivo che lei non aveva cattive intenzioni, ma le persone spesso faticano ad ammettere i propri errori a se stessi, figuriamoci agli altri. E' orgoglio. E anche io ho questo brutto difetto, purtroppo.
« O forse dovrei semplicemente arrendermi al fatto che la mia opinione non è desiderata » semplificò non molto ottimista.
Probabilmente si rese conto che la sua affermazione era un po' troppo pesante, perchè scosse la testa come a dirsi “ Ok, non esageriamo “.
« Cambiamo argomento, ti va? » chiese sorridente riprendendosi. « Certo »
« Allora, hai detto che stai studiando medicina » stavolta attaccai io discorso.
Lei annuii, di nuovo gli occhi luccicanti, come sempre.
« Cosa vorresti andare a fare dopo? »
« Psichiatra. E' il mio sogno » ammise con effervescenza.
Il suo entusiasmo era coinvolgente, tanto che anche io mi sentivo coinvolto nei suoi progetti.
« E tu? Cosa vorresti fare nella vita? » chiese bevendo l'ultimo sorso del suo milkshake.
Mi passai una mano nei capelli, un po' imbarazzato. Jenny era una ragazza impegnata, studiava ( medicina poi, non una cosa semplice! ) e aveva davanti a sé una sicura brillante carriera, mentre io... i miei erano solo sogni, niente di facilmente realizzabile.
« In realtà il mio è un sogno un po' pretenzioso » ammisi con un una risatina nervosa.
Lei incrociò le braccia sotto il seno, e si sporse più in avanti, appoggiandosi al tavolo e guardandomi curiosa.
« Vorrei fare l'attore » ammisi leggermente in imbarazzo.
Il suo viso si illuminò, e si aprì in un grosso sorriso.
« Bello! Perché pretenzioso? » chiese come se non le sembrasse affatto difficile intraprendere quel tipo di carriera.
« Bè, non è certo facile » tirai un sospiro. Non c'erano possibilità che il mio sogno si avverasse.
« E sennò? Cos'altro ti piacerebbe? »
« Ho studiato arti sceniche, per cui qualunque cosa che le riguardi. Canto, ballo, musica, recitazione... » era quello che mi piaceva fare.
« Un giorno o l'altro mi farai vedere » minacciò facendomi l'occhiolino.
Risi, colpito da quel semplice gesto. Mi veniva così naturale parlare con lei... quasi non mi riconoscevo. Eppure, allo stesso tempo ero me stesso più di quanto non lo fossi mai stato.
« Ti svelo un segreto » mormorò complice un attimo dopo, avvicinandosi di più a me.
« Anche io ho un sogno nel cassetto. Uno irrealizzabile, ma che mi tengo stretto: scrivere. » parlava con aria sognante, come se improvvisamente fosse stata catapultata in un altro mondo.
« Scrivo da quando sono piccola, e non ho mai smesso. Il mio più grande sogno... è vedere un mio libro pubblicato, e sentire qualcuno per strada parlarne con un amico » ammise guardando fuori dalla finestra, come volesse ritornare con i piedi per terra.
« Un giorno mi farai leggere qualcosa che hai scritto? » domandai curioso.
Ero pronto a scommettere che ciò che scriveva mi avrebbe colpito almeno la metà di quanto lei stessa non facesse in ogni istante.
Mi guardò titubante per un attimo, prima di annuire con un piccolo sorriso.
« Purtroppo non sono abbastanza brava. Non credo accadrà mai » mormorò mogia.
« Io invece credo che tu possa farcela » dissi convinto. Lei mi guardò, ridendo tristemente come se non credesse affatto in ciò che avevo detto.
Io però ero determinato a farle capire che ero serio.
« Non ho mai conosciuto nessuno come te, Jenny. Sei speciale. E qualcuno se ne accorgerà, prima o poi » sussurrai dolcemente.
Io me ne sono accorto, bisbigliò la mia coscienza.
I suoi occhi si fecero lucidi mentre evitava il mio sguardo.
« Credo tu ti sbagli. Non sono come credi » mormorò stanca.

In quel momento, per la prima volta, colsi nel suo sguardo qualcosa che non avevo mai notato prima. Seduta lì, in quel locale un po' trasandato, per un attimo parve intonarsi all'ambiente circostante, come se in realtà ciò che avevo osservato fino a allora fosse solo una minuscola parte della vera Jenny.
Subito, il modo in cui aveva parlato, in cui si era appoggiata al vetro, leggermente rannicchiata, mi aveva fatto pensare ad un gattino abbandonato per strada: che sa dove vuole andare, ma nel tragitto rischia di essere pestato da qualche passante distratto.
Istintivamente, allungai la mano verso la sua, esattamente come aveva fatto lei con me un paio di giorni prima, quando avevamo parlato di mio padre.
E come me, anche lei intrecciò le dita alle mie, voltandosi appena e sorridendomi da dietro una ciocca di capelli ribelle.
« Io invece credo di non essermi mai sbagliato su di te » dissi convinto.
Alzò lo sguardo, e i nostri occhi s'incrociarono. Mai nessuno al mondo mi aveva guardato con una tale gratitudine in tutta la mia vita.
Fece per posare una banconota sul tavolo, ma la fermai « No, lascia stare, pago io ».
Lei scosse la testa, decisa. « No, ti prego. Sei molto gentile, ma non sarebbe giusto », insistette tanto per saldare lei il conto che alla fine l'accontentai.
« Devo andare » disse dispiaciuta qualche istante dopo. « Ci vediamo domani? », chiese speranzosa.
« Senz'altro. Stessa ora, ok? » non ero sicuro di poter aspettare tanto per rivederla, ma dovevo resistere.
Annuì e si alzò silenziosamente, prima di uscire dal locale e sparire inglobata nella caotica New York.
Rimasi a fissare il suo posto vuoto per qualche istante, prima di imitarla tornandomene a casa.
Jennifer forse non era perfetta, ( sicuramente non lo era, nessun essere umano lo è ) ma aveva una qualità molto più preziosa e unica: era vera.
E fidatevi, oggigiorno le persone vere sono davvero poche.






   
 
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