Capitolo
Sesto
Caffè?
“Serpente!”
urlò qualcuno, e qualche cosa, che sul momento le sembrò un
moscone gigante, andò a sbattere contro il suo naso. Maka se lo coprì
dolorante, cercando di capire cosa fosse successo.
“Ma
che…”cercò di dire, per poi interrompersi stupita,
rendendosi conto che il suo interlocutore era una specie di topo volante. Non
un pipistrello, un topo volante rosa coi baffi al neon.
“Io
non sono un serpente!” strillò Maka presa alla sprovvista.
“Sì
che lo sei! Ti ha mandato
“No,
io…” cercò di nuovo di difendersi mentre queste le passavano
accanto graffiandola con i lunghi baffi.
“Muori,
muori, muori, non ti prenderai anche noi!
Cercò
freneticamente un pezzetto del fungo e le lo cacciò in bocca con foga,
pregando che funzionasse.
E
funzionò, in pochi secondi era di nuovo alta otto centimetri come
durante la sua conversazione di poco prima.
Guardò
in alto circospetta. Le topine ronzavano ancora oltre le fronde degli alberi,
ma non parevano essere intenzionate a seguirla, comunque era meglio
svignarsela. Per quanto considerasse la fuga una cosa da vigliacchi non poteva
certo competere contro di loro. Soprattutto senza la sua arma. Una fitta al
cuore le fece strizzare gli occhi. Non riusciva ancora a ricordarsela.
Inspirò profondamente e si mise a correre cercando di non pensarci. Non
sarebbe stato piangendo che avrebbe risolto la situazione.
Si
fermò solo quando tra la vegetazione non intravide una casetta.
Scostò qualche ramo e si mise a guardarla. Forse in quel luogo
c’era qualcuno di normale che l’aiutasse. L’aiutasse a fare
cosa poi? Non sapeva più cosa voleva. Voleva tornare a casa? Voleva
sapere chi erano queste Regine di cui aveva sentito parlare fin troppo? Forse
voleva solo ricordarsi il nome della sua arma. Deglutì faticosamente.
Stava
per uscire allo scoperto quando dal nulla spuntò un valletto in
gorgiera. Sul colletto vi stava scritto Fisher
King e teneva sotto il braccio una gigantesca busta. Bussò energicamente
e la porta si aprì quasi subito
A
rispondere fu una ragazza vestita nello stesso modo, anche lei con tanto di
gorgiera e nome scritto sul colletto. Elka
Frog.
“Un
invito per
Lei
sbuffò afferrandola ed entrambi si chinarono in segno di saluto,
sfortuna volle che finirono incastrati per le capigliature, i capelli argentei
della ragazza si attorcigliavano ovunque.
Maka
si mise una mano davanti alla bocca per non farsi sentire mentre rideva a
crepapelle. Ci misero un po’ per liberansi e alla fine la povera Elka
aveva perso una ciocca di capelli che l’altro valletto le aveva strappato
pensando fosse sua, nonostante non possedesse propriamente zazzera di alcun
tipo.
Quando
quest’ultimo se ne fu andato Elka si sedette pesantemente a terra davanti
alla porta, con aria scocciata. Fu allora che Maka decise di venire fuori.
Quell’Elka
non sembrava pericolosa. Almeno non pericolosa come i topi al neon. Avanzò
nella radura che ospitava la casetta.
“Salve”
salutò circospetta. Elka, seduta con il viso sorretto dalle mani a conca
e i gomiti sulle ginocchia, alzò gli occhi per guardarla.
“E’
qui che abita Marie?” chiese. Non sapeva se poteva fidarsi di quello che
aveva detto il tipo strambo del fungo, ma era stato gentile a donarle i pezzi
del suo sedile in modo da farla crescere e rimpicciolire a suo piacimento.
Aveva quindi deciso che peggio di così non poteva andare, se quello
Stein l’aveva mandata da Marie, che a quanto pareva era pure Duchessa,
forse ne avrebbe tratto qualche cosa di buono.
Elka
annuì con aria disinteressata.
“Posso
entrare?” chiese poi, dato che lei non pareva volerla invitare. La
ragazza con la gorgiera alzò le spalle. Maka s’accigliò e
stizzita entrò senza chiedere altro, mentre Elka cominciava a borbottare
tra sé e sé “Ma guarda cosa mi tocca fare, a parte che
questa gorgiera è scomodissima, poi ho dovuto ingannare le Mizune e dire
che è stata
Continuò
a parlare, ma Maka non la sentì più perché la porta bianca,
dalla quale era entrata, si chiuse dietro alle sue spalle con un botto.
Nella
stanza dove si trovava c’era un forte odore di caffè, nel centro
stava seduta una donna guercia, ma nonostante questo piuttosto piacente, che
Maka immaginò essere
“Salve”
salutò Maka titubante prima di incontrare il sorriso dolce della
Duchessa.
“Buongiorno!”
salutò distogliendo gli occhi dal neonato, che si affrettò a
smettere di piangere per dare attenzione alla nuova arrivata. Anche
l’uomo, in veste da cuoca, si voltò a guardarla per poi chiedere
se desiderava un caffè.
“Oh,
no, grazie, non bevo caffè” si affrettò a rispondere Maka
il più gentilmente possibile.
“Meglio
così, perché proprio non lo trovo!” rispose il cuoco
cominciando a lanciare piatti e padelle per aria alla disperata ricerca del
barattolo che conteneva il più volte citato caffè.
“Attenzione!”
esclamò la ragazza notando che per poco le stoviglie non avevano colpito
il neonato che aveva invece afferrato un mestolo e lo brandiva come una
bacchetta magica. Marie si dondolava sulla sua sedia a dondolo e non pareva per
nulla preoccupata per quella pioggia di pentole, doveva essere una cosa normale
in quella casa.
Fu
più o meno in quel momento che Maka si accorse che sopra una mensola
piena di zucche, proprio vicino al cuoco, stava un gatto viola particolarmente
sorridente. Si stropicciò gli occhi, da quando i gatti sorridevano?
“Signora
Duchessa? Come mai il suo gatto ride?” domandò perplessa.
C’erano tante cose che avrebbe potuto chiedere, ma alla fine non aveva
potuto fare a meno che chiederle informazioni su quello strano felino.
“Oh,
beh, quello è un gatto da zucca. Tutti i gatti da zucca ridono quando
stanno vicini agli uomini…” spiegò tranquilla
Decise
di distogliere lo sguardo prima di pensare di essere definitivamente impazzita,
e tornò a guardare Marie.
“Come
mai qui? Se non per prendere un caffè insieme a me e B.J.?” e
così dicendo indicò il cuoco, che doveva essere appunto B.J..
“Credo
di essermi persa, seguivo un coniglio rosa e sono finita qui… vorrei
tornare a casa…” spiegò un po’ malinconica.
Marie
la gratificò con un sorriso dolce “Non ti preoccupare, mi perdo
sempre anche io. Soprattutto quando vado nel paese oltre lo specchio. Fortuna
che c’è Azusa. Magari potrebbe dare una mano anche a te, da dove
vieni?”
Maka
sentì che il cuore le si scaldava sentendo quelle parole rassicuranti,
ma si sentì subito gelare appena si rese conto che non si ricordava da
dove veniva.
Marie
vide il sorriso sparire dal volto della ragazzina. “Non lo so”
ammise infine, arresa.
Maka
annuì mentre B.J. diceva “Secondo me è meglio il
caffè”.
A
quel punto alla ragazza tornò in mente dell’invito che
“Ah,
sì?” domandò Marie assorta. Maka annuì “Un
invito a una partita di croquet da parte della Regina di Cuori”
In
quel momento il cuoco ricominciò a lanciare piatti a destra e a manca, e
Maka, presa alla sprovvista, si vide costretta a scappare con la neonata in
braccio, fino a trovarsi fuori. Elka era ancora lì a borbottare ma Maka
non ci fece caso e tirò dritto mentre B.J. usciva in giardino e
strappava i fiori dai vasi urlando “Dov’è finito il
caffè?”
L’ultima
cosa che vide fu Elka Frog colpita da un’anfora decorativa.
Quando
si fermò si rese conto di non avere più in braccio la neonata,
che invece le stava in piedi davanti e la fissava. Era cresciuta di un bel
po’ in quei pochi passi che avevano fatto dalla casa, ma Maka era
convinta che fosse sempre Angela. Rimasero a guardarsi per qualche secondo poi
la bambinetta staccò da terra una canna di bambù, ci si mise a
cavalcioni e volò via.
La
ragazza la guardò sparire nel cielo, perplessa. Forse
Riprese
a camminare verso una direzione casuale ma non ci volle molto perché
qualche cosa la facesse nuovamente sobbalzare: una donna completamente nuda, se
non per il cappello a punta, se ne stava appollaiata sopra a un ramo.
“Ciao,
io sono il gatto da zucca. Mi chiamo Blair” si presentò melliflua
la donna. Maka la guardò, ma ogni perplessità sparì in
pochi secondi, anche quella Blair, come tutti gli strani personaggi che aveva
incontrato prima di allora, le ricordava qualcuno.
“Oh,
ciao gatto da zucca Blair, non è che tu sapresti dirmi come tornare a
casa, anche se non so più qual è casa mia?” chiese.
La
stregatta alzò le spalle “Questo non te lo posso dire, ma se vuoi
ti posso indicare la strada per andare dalla Lepre Attaccabrighe” e
indicò la sinistra “O dal Cappellaio Matto” e indicò
la destra.
Maka
ci pensò un poco, stava per chiedere qualche cosa, dato che nessuna
delle due proposte la allettava, un’attaccabrighe e un matto - figurarsi -, ma Blair era già
sparita.
Sbatté
le palpebre e poi decise che sarebbe stato il caso a farle scegliere la strada.
Mise un bastoncino in equilibrio sulla punta e aspettò per vedere se
sarebbe caduto a destra o a sinistra.
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Nella
storia originale Alice incontrava un solo uccello, preoccupato che un serpente
non gli rubasse le uova, in questo caso metterci le Mizune era
un’occasione troppo ghiotta ^.^
Per
quanto riguarda i valletti in realtà sarebbero stati un pesce (Fisher
King) e una rana (Elka Frog), ma mi pare che non si vedano mai nei vari film.
Sono invece più famose
Il
neonato della Duchessa si trasformava originariamente in un porco, ma dato che
qui viene interpretato da Angela ho preferito farla volare via.
Infine
Blair. Sì, sono banale, ma potevo darla a qualcun altro la parte dello
stregatto? Certo che no! e quindi quello che da Carroll viene presentato come
un gatto del Cheshire qui è un gatto da zucca.
Inoltre
il discorso tra lo stregatto e Alice è molto più lungo e lui le
propone di andare dal Cappellaio matto o dalla lepre marzolina. Alice sceglie
la lepre, qui invece Maka tenta la sorte.
Grazie
mille a tutti quelli che leggono questa storia, spero davvero che questo
capitolo vi sia piaciuto e che le spiegazioni infondo siano state esaurienti, a
presto!!!
Aki_Penn