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Autore: Kassandra Night    27/08/2011    8 recensioni
Ogni lupo mannaro ha una sua compagna a vita, è questo che mi diceva mio padre. La si può riconoscere dall'odore. Una compagna che una volta trovata non la lasci più andare via. Diceva anche che c'è sempre una legame fortissimo tra il lupo e la sua prescelta.
Mi bloccai per un momento. Non era possibile, non ho mai creduto a questa cosa, ma l'odore che sentivo era forte, invitante ed era... mio. Come se fosse fatto per appartenermi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Salve a tutti.
Avrei già dovuto fare una piccola spiegazione di questa storia, ma era la prima volta che pubblicavo qualcosa su internet quindi me ne sono dimenticata >.< Non sono tanto brava con queste cose U_U  Se non vi interessa potete semplicemente saltare questo pezzo, sarò comunque breve. Questa storia è nata per puro caso, perché mi stavo annoiando a scuola, quindi ho deciso di mettermi a scrivere. Vi avviso subito che non ho mai pensato al finale di questo racconto, praticamente lo inventavo mentre scrivevo ^_^” (la storia è comunque già finita) I personaggi sono frutto della mia immaginazione. Amo da morire il gattino che, come aveva già capito, è un neko boy *_* Ovviamente amo anche Eric, ma mi sta solo un po’ sulle scatole perché gli piacciono le ragazze con un bel davanzale e io sono piatta come la tavola da surf  >.<
Ringrazio tutte le persone che leggeranno questa storia e spero che vi piacerà e vi divertirà come mi sono divertita io mentre mi facevo vari viaggi mentali e la scrivevo. *^* 



L'avrei ammazzato! Anzi no, l'avrei portato al letto e poi lo avrei ammazzato! Così era decisamente meglio.
Misi le prime scarpe che trovai e mi catapultai fuori dalla stanza. Non doveva essere lontano, abitavo in un appartamento al quinto piano, quindi sicuramente aveva preso le scale per scendere. Mi affacciai dalla finestra del salotto e lo vidi uscire di corsa dal palazzo. Merda. Aprì la finestra e saltai già sulla strada. Se fossi un umano, forse mi sarei rotto qualche osso, ma, data la mia pellaccia dura, me la cavai solo con un graffio.
Com'era riuscito a liberarsi dalle catene e a scappare dall'appartamento? Nello stesso instante mi ricordai di aver lasciato i miei vestiti sul letto, vicino a lui e ovviamente dentro i miei jeans c'erano le chiavi. A volte anche i geni hanno i loro lampi di stupidità.
Mi misi a correre dietro di lui; il ragazzino era veloce, ma mai quanto me. Se lo avessi lasciato scappare lui sarebbe stato libero, lo sarei stato anch'io, ma questo pensiero non mi passò nemmeno per la testa.
Lui mi apparteneva.
Stavo per raggiungerlo, ma lui mi sorprese saltando su un autobus che stava per partire. Arrivai quando le porte erano ormai chiuse e il veicolo in moto. Pensava davvero che fosse così facile seminarmi?
Mentre il veicolo prendeva velocità, iniziai a corrergli dietro sul marciapiede, spingendo i passanti. Ovviamente sarei stato molto più veloce in forma di lupo, ma non potevo certo trasformarmi davanti tutta quella gente.
Quando l'autobus finalmente si fermò, mi catapultai dentro nell'esatto momento in cui lui scendeva da un’altra porta. Mi precipitai fuori. Mi stava prendendo in giro?! Le strade erano piene di passanti, era mai possibile che tutta quella gente non avesse niente da fare che stare in mezzo ai piedi? Lo persi tra la folla per un attimo, per fortuna riuscivo a sentirne perfettamente l'odore, per cui mi diressi verso quella fonte. Non facevo attenzione né alla gente che m’insultava quando la spingevo via né al rumore assordante delle macchine; l'unica cosa che volevo e dovevo fare era prenderlo, stringerlo a me e non lasciarlo mai andare via. Sarei stato anche disposto a chiuderlo a chiave per il resto della sua vita, se questo l'avesse fatto rimanere con me e solo per me.
Non sapevo per quanto tempo gli corsi dietro, quel moccioso era dannatamente veloce; sapevo solo che a un certo punto lo vidi correre verso degli edifici abbandonati. Accelerai maggiormente. Avevo il fiato pesate perché, per quanto potessi essere in forma, una corsa di almeno trenta minuti per la città era abbastanza stancante.
Entrai nell'edificio e solo dopo rallentai. Non sentivo niente, sia perché regnava un silenzio assordante sia perché non percepivo il suo odore, come se non fosse passato da quella parte. Mi voltai appena in tempo per riuscire a schivare un colpo: il ragazzino mi era arrivato alle spalle cercando di colpirmi. Ed io che pensavo fosse una creatura inutile! Lo spinsi indietro, facendogli fare un volo di qualche metro prima che atterrasse su tutte e quarto le zampe. Aveva le orecchie alzate sull'attenti e i riflessi pronti. Avevo mai menzionato quanto lo trovassi terribilmente carino? Bene, ritiravo completamente tutto! In quel momento mi sembrava tutt'altro che carino e coccoloso. Era un ragazzo pronto a combattere. Peccato solo che la sua forza non era nemmeno un quarto della mia, lo sapeva lui come lo sapevo anch'io. Entrambi sapevamo perfettamente chi avrebbe perso, eppure lui non sembrava intenzionato a tirarsi indietro.
Scattò in avanti cercando di graffiarmi. La cosa mi fecce ridere, perché potevo perfettamente tirargli un pugno e lasciarlo lì per terra almeno fino al mattino dopo. Lo schivai, dandogli un leggero schiaffo sul braccio; si avvicinò di nuovo e di nuovo lo schivai. Non aveva più forze: la sua presa sul terreno era debole e il respiro pesante. Inspirava l'aria come se stesse soffocando. All'ennesimo attacco gli fermai il braccio e gli spinsi il petto indietro in modo da farlo sbattere contro il muro alle spalle. Gli bloccai facilmente il corpo con il mio schiacciandolo contro la parete grezza. Ero più alto di lui almeno di dieci centimetri e robusto il doppio. Lo guardai dall'altro verso il basso e lui ricambiò. Non sapevo cos'avessi visto in quel momento nei suoi occhi, ma il mio inconscio agì da solo, portandomi ad abbassare il volto per baciarlo. Le sue labbra erano morbide e calde. Lui parve sorpreso ma testardo nel non volermi lasciar entrare; sfruttando il fatto che dovesse aprire la bocca per respirare, ne approfittai per approfondire il bacio. Lo invasi completamente facendoli inclinare la testa indietro e stranamente ricambiò. Rimasi leggermente sorpreso da quella lingua che rincorreva la mia, dalle sue dita tra i miei capelli scuri. Qualche secondo e lui mi spinse via, grafitandomi il collo.
Non avrei mai immaginato che al moccioso piacesse il sadomaso!
Respirando a fatica, si mise di nuovo in posizione d'attacco.
Perché aveva ricambiato il bacio? Forse anche lui provava verso di me qualche tipo di attrazione? Beh, c'era solo un modo per scoprirlo.
Mi attaccò di nuovo, ma questa volta non lo respinsi né parai il suo assalto. Fui spinto a terra e il gattino mi salì sopra intenzionato a colpirmi con un pugno. Non avevo paura del suo colpo, sapevo perfettamente che non mi avrebbe fatto niente di troppo serio. Lo fissai in quegli occhi cioccolato e lui, mentre caricava il pugno, si fermò. Il suo respiro era pesante, la mano ancora alzata. Era indeciso se colpirmi o no. Gli sorrisi e lo vidi sussultare dalla sorpresa; fu troppo per me sentire il suo odore così vicino mescolato al calore del suo corpo, quindi ribaltai le posizioni, sistemandomi su di lui e bloccandoli le mani in alto. Il suo viso diventò rosso come un pomodoro, quindi girò il viso, intenzionato a non guardami. Mi chinai a baciarne il collo scoperto, sentendolo fremere dolcemente sotto il mio assalto. Perché la sua pelle doveva essere così dannatamente perfetta e così tremendamente eccitante? Passai le labbra su quella pelle liscia e lo sentii trattenere un gemito.
- Come ti chiami? - gli chiesi, torturandoli il collo con baci e piccoli morsi.
- Nemmeno io so come ti chiami! - disse tra un gemito e l'altro.
Era la prima volta che lo sentivo parlare; aveva una semplice voce maschile, eppure perché a me sembrava una musica non cantata?
Non gli risposi e neanche lui aveva alcuna intenzione di parlare. Lo morsi un po' troppo violentamene; lui aprì la bocca per inspirare, ma io lo baciai sulle labbra, così morbide.
Non mi ero soffermato nemmeno un secondo a pensare a quello che stavo facendo; riuscivo solo a percepire che c'era una cosa che volessi: lui. Ero forse pazzo?
Mi staccai di forza da lui, respirando a fatica. Le sue labbra erano rosse e i suoi occhi liquidi.
- Yeol - sussurrò. - Il mio nome è Yeol-
Gli strinsi le mani con più forza, come se avessi paura che sarebbe scappato da un momento all'altro. - Eric. - sussurrai io con il fiato corto. - Piacere di conoscerti.-
Non sapevo bene come funzionassero queste...cose "amorose"; insomma, siamo franchi: quando vedo una donna le faccio qualche complimento, giusto per ammorbidirla e farle impressione, poi ma la porto a letto. Punto. Finiva tutto lì. Era così che doveva finire. Se qualcuno si azzardava a dirmi che l'incontro con il mio compagno sarebbe stato romantico, gli avrei tirato un pugno senza nemmeno pensarci troppo.
Mi abbassai di nuovo a catturare quelle labbra invitanti in un bacio profondo e come prima mi rispose, sembrava non poterne fare a meno.
Pensavo che avrei continuato a fare lì terra quello che con le donne era ovvia conseguenza. Non sarei mai stato in grado di staccarmi da lui, proprio in quel momento, se non avessi sentito un rumore strano...anzi no, era una voce; più precisamente un verso di gatto. Mi staccai da lui e guardai nella direzione da dove arrivava la vocina. Il ragazzo sotto di me si mosse energicamente, come se temesse qualcosa. Qualche secondo e sentii di nuovo quella vocina, solo che questa volta insieme al verso di un gatto c'era anche qualche parola umana.
- Non toccarla! - mi disse lui spaventato.
Sicuramente lì c'era un’altra Gatta. Che fosse la sua ragazza? No. Non poteva essere. Lui doveva essere solo mio. Mi alzai da lui e mi diressi da quella parte.
- No! Ti prego fai tutto quello che vuoi a me, ma lasciale stare! - m’implorò angosciato, attaccandosi alla mia manica.
Erano più di una?! Sapevo bene che tra loro una cosa del genere era abbastanza normale, ma...
Lo spinsi via e mi diressi con più sicurezza verso la voce. Ero geloso e volevo vedere che razza di ragazza avesse lui. Un attimo...ero geloso? E perché mai? Lo conoscevo da neanche un giorno, com’era possibile che io fossi già geloso di lui? Dio, lui mi avrebbe fatto diventare pazzo!
Percorsi a grandi falcate il corridoio e mi fermai davanti a una porta. Per tutto il tempo Yeol mi era corso dietro, spaventato come non mai, tentando in ogni modo di fermarmi. Che avesse paura che io facessi qualcosa alle sue fidanzatine? Quindi era per questo che era scappato via ed era corso direttamente qua? Voleva vederle a tutti costi? Ok, adesso ero davvero arrabbiato!
Spinsi la porta ed entrai dentro.
Ero preparato a vedere quasi tutto, ma ovviamente quel gatto riuscì a sorprendermi di nuovo. Dietro quella porta si trovava un appartamento ormai abbandonato. C'era un letto, un tavolo, una specie di armadietto e un forno a gas. C'era anche una finestra, ma priva vetro. Viveva lì?
Vicino al letto c'erano due bambine della stessa razza di Yeol; erano gemelle e non potevano avere più di sette anni. Le due bimbe avevano i capelli neri e le piccole orecchie dello stesso colore; erano magre, anche se il viso era più paffuto.
- Fratellino! - urlò una delle due ragazzine.
Yeol mandò giù la saliva, era nervoso. - State bene?-
Le bambine annuirono.
Rimasi.A.Bocca.Aperta.
- Queste sono le mie sorelline. - spiegò piano il ragazzo. - Bambine questo è zio Eric. È un mio...
-Amico. - finii la frase per lui.
Le due gattine sorrisero. - Ciao, zio Eric-
Che nessuno provasse a dirmi che sarebbero spuntati fuori anche madre, padre, nonno, nonna e quant'altro!
Mi girai verso Yeol. Era preoccupato e imbarazzato. Aveva le orecchie basse e il viso in fiamme. - Forse dobbiamo parlare prima. - gli dissi alla fine.
Lui parve per un attimo sorpreso. Mi fece segno di uscire e mi seguì dopo aver detto alle bambine che sarebbe tornato presto. Non aveva più senso tenerlo all'oscuro...non che ne avesse mai avuto! Ormai era sicuro che fosse il mio compagno, anche se era di un'altra razza e persino maschio. Già...un uomo...merda!
- Che cosa sai sulle compagne dei licantropi? - gli chiesi subito, senza tanti preamboli. Mi poggiai al muro.
- Sono delle persone molto speciali per loro, vero? - sussurrò.
Non me ne ero reso conto, ma aveva un leggero accento straniero; era un po' buffo da ascoltare. - Sono degli amanti a vita, se non sbaglio.-
- C'è un legame tra un licantropo e il suo compagno...molto forte quasi dal primo momento che si incontrano. Certi licantropi non riescono a trovarlo, perché magari nascono con una differenza d'età troppo grande oppure perché semplicemente non s’incontrano in tutta la loro vita. La compagna è facilmente individuabile dal suo odore. Mi sono trovato a essere ossessionato da un odore, quello che emani tu. Sei tu il mio compagno, Diavolo sa perché o come mai. Sei un maschio e soprattutto non appartieni neanche alla mia razza.-
Yeol rimase pietrificato. Non disse niente: si limitò ad abbassare le sue orecchie come se fosse...rassegnato? Non volevo sapere come si sentisse in quel momento, avevo paura di scoprire che fosse deluso o schifato.
- È per quello... - cominciò lui, ma la voce gli morì in gola. - È per quello che mi hai portato a casa tua? Mi hai sbattuto contro il muro perché eri arrabbiato...perché io non soddisfavo le tue aspettative?-
- Diciamo che non mi aspettavo di avere un ragazzo come compagna. - lo guardai seriamente. Dovevo decidere cosa fare di lui. - Come famiglia hai solo le due bambine? - vedendolo annuire, continuai: - Raccogli le tue cose. D'ora in poi abiterai a casa mia.-
-E le bambine? - mi chiese spaventato.
Sospirai. - Verranno con noi solo se le terrai lontano dalla mia stanza da letto.-

- Perché? - mi chiese arrabbiato.
- Perché cosa?-
- Mi dovrei stabilire a casa tua, solo perché sarei il tuo compagno? Non sei nemmeno contento del fatto che io sia un maschio!-
- Ascolta, non posso lasciare che il mio compagno viva in un posto del genere.-
- Ma chi credi di essere?! - mi chiese con il rossore sulle guance. - Non ho chiesto il tuo aiuto! Me ne frego se sono il tuo compagno. Se non avessi quest’odore tu non mi avresti nemmeno degnato di uno sguardo! - mi urlò puntandomi il dito contro. - Hai detto che i compagni sentono subito un legame verso l'altro, beh! Io non sento assolutamente niente verso di te! Mi fa schifo la tua prepotenza.-
Gli tirai un pugno spedendolo a terra. Stavo ribollendo dalla rabbia e non riuscivo a fermarmi. Quello che mi aveva detto...il fatto di fargli schifo...mi faceva semplicemente imbestialire!
Lo alzai da terra solo per sbatterlo contro il muro. - Tu ora verrai con me. - gli dissi lentamente gli occhi ridotti a fessure. - Farai da brava mogliettina, terrai le bambine buone e aprirai le gambe quando lo vorrò, altrimenti ti assicuro che ti trascinerò con forza e t’incatenerò per il resto della tua vita su quel letto.- Le sue morbide guance si bagnarono di lacrime mal trattenute e, sebbene a vederlo così mi si stringeva il cuore, non fermai le parole, non riuscii. - Non hai alcuna scelta. - gli sussurrai all'orecchio.
Mi allontanai da lui, lasciandolo andare e lo vidi barcollare come se non avesse alcuna forza in corpo. - Prendi le tue cose e andiamo. Spero che lo farai di tua spontanea volontà perché non sono proprio in vena di trascinarti per mezza città.-
Fissai il mio riflesso nello specchio. I miei capelli neri erano spettinati e sotto i miei occhi carbone si vedevano le occhiaie. Avevo l'abitudine di scacciare tutte le mie preoccupazioni svagandomi; non m’interessava se fosse sesso, alcool o una buona sessione di corsa trasformato in lupo, l'importante era che per un piccolo intervallo il mio cervello riuscisse a staccare la spina. La stessa cosa feci anche quel giorno.
Non avevo fatto in tempo a portare Yeol e le sue sorelline a casa mia, che già mi ero pentito chissà quante volte dell'acidità delle mie parole. Che cavolo mi era preso? Perché le sue parole mi avevano fatto uscire così fuori di testa? Lo avevo spaventato a morte, per non parlare del fatto che il mio pugno gli stava decorando la parte sinistra del volto; l'indomani ci sarebbe stato di sicuro un bel livido viola.
Gli mostrai velocemente la stanza per le ragazze, quella che normalmente facevo usare ai miei amici quando si fermavano a dormire, e poi sgusciai letteralmente fuori da quella casa. Non che non volessi vederlo, avevo paura di farli di nuovo male: mi ero mostrato piuttosto...suscettibile alle sue parole. Mi diressi, senza neanche pensarci, all'appartamento di una delle mie amiche di letto.
Dovevo assolutamente riuscire a togliermi dalla testa il suo faccino dolce e solcato dalle lacrime, le sue parole sprezzanti e pungenti, il suo odore così dannatamente avvolgente ed eccitante. Dovevo togliermelo totalmente dalla testa! Che sciocchezza! Ovviamente, come anche la volta prima, era lui che vedevo tra le mie braccia. Cosa mi stava succedendo? Avevo così facilmente cambiato sponda solo per aver sentito il suo odore?
Non sapevo proprio come comportarmi con Yeol. Cos'avrei dovuto fare? Non mi ero mai trovato nella situazione di dover creare, ricucire, o in qualsiasi altro modo lo si voglia chiamare, un rapporto con un ragazzo; soprattutto non dopo ciò che gli avevo fatto! Con una ragazza era abbastanza facile: si comprava un mazzo di rose, s’indossava il miglior sorriso da angelo innocente, chiedere scusa e non darle nemmeno il tempo di replicare, ma baciarla cos' intensamente da farle dimenticare cosa ci fosse d’importante all'infuori di quello. Avrei dovuto fare la stessa cosa anche con lui? No, con Yeol la cosa non sarebbe valsa a niente; oltretutto era un ragazzo, era stupido anche solo il pensiero.

Un'ora dopo, ero davanti alla porta del mio stesso appartamento con un mazzo di rose bianche nelle mani: mi sentivo un emerito cretino. Era quasi mezzanotte. Aprii la porta, facendo il minimo rumore ed entrai. Erano tutti e tre raggruppati sul divano di fronte la televisione; Yeol dormiva stretto a una delle bambine e l'altra era per terra raggomitolata come un gatto. Appena mi sentì, la bambina drizzò le orecchie e guardò verso di me. Sembrava che volesse dire qualcosa, ma le feci segno di tacere per non svegliare gli altri due. Si stiracchiò pigramente, poi si avvicinò a me e m’indicò le rose, curiosa; non sapevo perché, ma mi fece ridere così le sussurrai che erano per lei. Il suo viso s’illuminò e mi buttò le braccia intorno alle gambe. - Guarda che è ora di andare a nanna. - le sussurrai prima di prenderla in braccio e portarla nella sua nuova stanza. Lasciai le rose nella sua camera e andai a prendere anche l'altra. Cercai di alzarla senza svegliare anche Yeol.
Sollevai la bambina e la portai nella stanza, vicino all'altra. Tornai indietro per dare un'occhiata al ragazzo. Era ancora addormentato sul divano in posizione fatale, le orecchie si muovevano a scatti nel sogno e potevo vedere chiaramente la coda che spuntava dai pantaloni. Sul viso però faceva bella mostra un livido nero della misura del mio pugno. Andai a prendere la scatolina del pronto soccorso, sedendomi poi vicino a lui; gli scostai i capelli dal volto, lentamente, per vedere tutto il colpo. Lui aprì lentamente gli occhi, mi prese la mano assonnato e la leccò. Dovevo abituarmi al pensiero che per loro era come se fosse un bacio. Tuttavia si rese subito conto di chi aveva di fronte e si raddrizzò sul divanetto, sussultando.
- Dove sono...? - chiese guardandosi intorno preoccupato.
- Le ho portate a dormire nella loro stanza.-
- Pensavo fossi una delle bambine, è per quello che ti ho leccato la mano. - Distolse lo sguardo. - Non sapevo se potevo, ma ho preparato da mangiare con le cose trovate nel frigo.-
- Hai fatto bene. Normalmente io non mangio a casa. Dovrei comprare qualcosa da poter essere cucinato. - In effetti, non facevo la spesa da parecchio tempo.
Guardai di nuovo verso il ragazzo: era teso e stava guardando da un'altra parte, come se avesse paura di incontrare il mio sguardo.
- Avvicinati. - gli dissi notando come lentamente si stesse spostando all'altra estremità del divano.
Lo vidi esitante per un attimo, per poi torturare con le unghie la pelle del divanetto. - Vuoi già che “apra le gambe per te”? - mi chiese titubante, rivolgendomi uno sguardo lucido.
Lo guardai per un attimo sorpreso; come in un flash, mi ricordai le dure parole che gli avevo urlato nel pomeriggio, costringendolo a seguirmi.
- Vieni qua. - ripetei.
Si avvicinò mordendosi il labbro e il suo sguardo era su qualsiasi altro oggetto in quella stanza che non fossi io. Era imbarazzato, ma anche ferito, lo potevo intuire chiaramente. Aprii la scatola del pronto soccorso e lì vi trovai il gel per lividi e contusioni. Ne presi un po' sulle mani e avvicinai le dita al viso. Sapevo che il colpo doveva farli molto male quindi cercai di fare il più delicatamente possibile. Sgranò gli occhi quando capì che gli stavo semplicemente medicando il livido.
Inizialmente sussultava ogni volta che le mie dita gli si avvicinavano, ma pian piano si abituò, chiudendo gli occhi per lasciarmi fare.
Gli spalmai la crema sulla parte colpita e poi gli misi un cerotto. Lo guardai per un attimo, mentre lui continuava a stare con gli occhi chiusi e poi mi alzai. Volevo andare a dormire, ma per prima cosa dovevo allontanarmi da lui, il suo profumo mi stava mandando in tilt il cervello.
Fui afferrato per la mano e tirato indietro sul divano. Yeol mi guardò il collo. - Ti ho graffiato. - sussurrò toccando leggermente con le dita le ferite. Non era niente di grave ovviamente, pizzicava giusto un po'.
Yeol avvicinò la sua bocca alla parte lesa e cominciò a leccarmi. Rimasi scioccato. Ma che stava facendo?! Prima mi accusava di dovergli aprire le gambe e poi mi faceva quello?!
- Che stai facendo? - gli chiesi con il fiato che accelerava.
- Le ferite vanno disinfettate. - sussurrò candidamente lui, continuando a leccarmi il collo.
Era stupido o meno? Sapeva almeno come si facevano i bambini? Lo allontanai: stavo per perdere il controllo. Sembrava un po' perplesso. Gli diedi un bacio veloce sulle labbra e senza darli il tempo di mettersi sul chi vive, di nuovo mi alzai dirigendomi verso la mia stanza.
-Buona notte, Yeol.
Non potrei affermarlo con sicurezza, ma mi sembrò di sentirlo dire solo il mio nome: due volte.


   
 
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