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Autore: Drizzt    27/08/2011    0 recensioni
Racconto in più capitoli che narra la storia del pellegrinaggio di Braska, Jecht e Auron, dieci anni prima degli eventi presentati in Final Fantasy X.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Auron, Braska, Jecht
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jecht era stremato, dopo il suo tentativo di fuga in strada aveva perso tutte le sue energie ed era quasi stato trascinato dalle guardie lungo le ampie sale e i lunghi corridoi di quello che sembrava un enorme e solenne luogo di culto. Avevano sceso delle scale... tante scale, fino ad arrivare ad un corridoio illuminato da torce su cui si aprivano varie celle; le guardie avevano trascinato Jecth fino ad una di esse e lo avevano lanciato malamente dentro il piccolo stanzino arredato solo con uno scomodo e umido pagliericcio.
Il corpulento uomo rimase accasciato a terra anche dopo che le sentinelle ebbero chiuso la porta della cella con vari giri di chiave, sentì i loro passi allontanarsi finchè tutto intorno a lui sprofondò nel silenzio più totale. Solo qualche minuto dopo Jecht ebbe la forza e la voglia di puntellarsi sulle braccia per mettersi in ginocchio e guardarsi intorno nella semi oscurità della sua cella.
Ma che cosa stava succedendo? Era un incubo... un incubo tremendo!
No no, quello non era un incubo! Quella che stava vivendo era la dura e cruda realtà! Non era logico quello che stava succedendo, travalicava ogni legge della fisica che Jecht conoscesse... non che ne conoscesse molte, ma ne conosceva abbastanza da essere sicuro che quello che gli era successo non aveva spiegazioni logiche... restava comunque il fatto che gli era successo lo stesso.
Colto da uno spasmo di terrore si alzò in piedi e lanciando un urlo tremendo batté entrambi i pugni chiusi sulla fredda parete della sua cella. Che cazzo stava succedendo? Dov’era sua moglie? Dov’era suo figlio? Dov'era la sua Zanarkand?
No, non avrebbe pianto! Lui non piangeva mai, lui non poteva... non poteva dare del piagnucolone a suo figlio e poi mettersi a frignare alla prima avversità! Lui doveva dare il buon esempio!
Malgrado quel pensiero così imperioso gli occhi gli si inumidirono, fu costretto a chiuderli di scatto e a trarre tre grandi sospiri prima di poterli riaprire sicuro di non scoppiare in lacrime come un bambino.
Piano, piano, vacci piano, si diceva mentalmente mentre si voltava ad osservare le pareti della sua buia cella; si era comportato da stupido: aveva sbraitato, aveva straparlato, aveva protestato, aveva fatto uso della forza impropriamente... anche a Zanarkand un comportamento simile avrebbe condotto alla galera, non c'era da stupirsi se si era ritrovato dietro alle sbarre.
Dopo un ultimo sospiro sul volto provato di Jecht comparve un leggero sorriso, segno che il momento di sconforto era passato; gli sarebbe bastato parlare con qualcuno, dimostrarsi ragionevole e fare le domande giuste al momento giusto! Prima o poi qualcuno sarebbe arrivato a fargli visita, quello sarebbe stato il momento ideale.
E se invece non fosse andata così?
Si trovava in un mondo e in una società totalmente sconosciuti, che ne sapeva lui delle usanze di quegli uomini? Magari lui non era un prigioniero bensì un giustiziato e sarebbe rimasto a marcire in quella cella senza mai più rivedere la luce del sole! Magari quello era un popolo di barbari che amava mangiare la carne dei loro prigionieri!
Lo sconforto stava ancora per attanagliargli lo stomaco quando sentì dei passi nel corridoio fuori dalla sua cella, passi che sembravano farsi più vicini. Controllo, doveva stare calmo! Doveva mostrarsi calmo e controllato, non avrebbe dovuto ripetere il suo comportamento precedente o sarebbe rimasto per sempre in quella sudicia cella. Rapidamente si sedette sul pagliericcio e appoggiò la schiena alla parete in attesa che quello che poteva essere un visitatore facesse la sua comparsa.
Qualche attimo dopo un uomo ammantato in una ampia veste cremisi si fermò davanti alle sbarre della sua cella oscurando la fioca luce che arrivava dalle torce che illuminavano il corridoio fuori dalla sua cella.
“Chi sei?” chiese Jecht alzando lo sguardo verso il volto dell’uomo.
“Tu sei quello che chiamano Jecht, vero?” fece il visitatore con uno  strano tono della voce che fece innervosire il prigioniero “L’uomo di Zanarkand… no?”
Cos’era quel tono ironico? Anche quello metteva in discussione la sua storia? Che cazzo avevano in testa le persone di quel posto.
“Che cazzo vuoi da me?” rispose malamente Jecht mentre tutti i suoi precedenti buoni propositi andavano in frantumi.
Prima che il visitatore potesse parlare ancora un secondo uomo comparve dinanzi alla cella, Jecht giurò di aver già visto da qualche parte quei due tizi.
“Tieni a freno la tua lingua, folle!” proruppe il nuovo arrivato.
L’uomo vestito con la veste cremisi si voltò leggermente verso il compare facendogli un leggero cenno con il capo prima di tornare a parlare a Jecht che aveva usato tutta la sua scarsa forza di volontà per evitare di rispondere a tono alle parole aggressive del secondo visitatore.
“Ti faccio le mie scuse” disse con un tono più gentile “Il mio nome è Braska, sono un invocatore e… sono venuto per portarti via da qui”
Finalmente qualcosa di interessante. Tutto ciò che l’uomo chiamato Braska aveva pronunciato in quei pochi secondi era già scomparso dalla mente di Jecht, solo le ultime parole avevano attirato la sua attenzione. Finalmente la sua politica di controllo stava dando i suoi frutti.
L’uomo di Zanarkand si alzò in piedi e incrociò le braccia sul petto mentre osservava il volto di Braska.
“Sembra troppo bello… dov’è il trucco?” commentò poi lanciando uno sguardo al compagno di Braska.
L’invocatore fece una leggera risata prima di riprendere la parola.
“Oh, non è niente di così tremendo…” esordì l’uomo lanciando un rapidissimo sguardo all’uomo che stava alla sua destra “Presto partirò per un pellegrinaggio… verso Zanarkand”
Verso Zanarkand. Un’altra volta quelle furono le uniche due parole che rimasero ad abbagliare la mente di Jecht… allora quel tizio con quel vestito strano gli credeva! Quindi Zanarkand esisteva anche in quel mondo sconosciuto dove si era ritrovato!
“Parli sul serio?” fece Jecht accostandosi alle sbarre della cella per essere più vicino al suo interlocutore.
“Serissimo…” rispose Braska con un mezzo sorriso “Vorrei che tu ti unissi a noi. Sarà un viaggio veramente pericoloso ma, nel caso riuscissimo a raggiungere Zanarkand, le mie preghiere sarebbero esaudite e tu potrai tornare a casa… almeno credo. Cosa ne dici?”
“Andiamo subito, cosa stiamo aspettando?” proruppe Jecht con un sorriso sicuro, casa non gli sembrava troppo lontana in quel momento.
“Oh, hai deciso veramente in fretta…” fu il laconico commento di Braska.
“Farei qualunque cosa per andarmene da qui!” rispose il corpulento uomo.
“Bene, è fatta…” commentò il compagno di Braska esibendo un evidente cipiglio “Ma mi trovo costretto a protestare! Questo… beone diventerà un guardiano?”
Quel brutto muso aveva detto una parola di troppo per i suoi gusti!
“Ehi!” urlò Jecht avvicinandosi minaccioso alle sbarre della cella “Perché non vieni qui dentro a dirmelo?”
“E che cosa importa?” chiese Braska voltandosi verso l’irritante amico con volto deciso “Nessuno crede veramente che io, un invocatore caduto in disgrazia sposato con un Albhed, possa veramente sconfiggere Sin…questo è quello che dicono. Nessuno si aspetta un mio successo…”
“Braska… io…” iniziò l’uomo con volto mesto, poi fece un sorriso e continuò “Facciamogli vedere che si sbagliano”
Braska sorrise e si voltò ancora verso Jecht che stava seguendo la scena dall’interno della sua cella senza realmente capirne molto dei discorsi dei due individui.
“Un invocatore caduto in disgrazia… un uomo di Zanarkand… e un templare condannato dal clero per aver rifiutato la mano della figlia di un sacerdote…” disse Braska sorridendo “Che piacevole ironia nascerebbe se riuscissimo veramente a sconfiggere Sin!”
Jecht sospirò, si era stancato di sentir quei due parlare di cose apparentemente incomprensibili! Gli avevano promesso la libertà? Era ora di ottenerla!
“Ok, basta blaterare!” proruppe l’uomo di Zanarkand “Tiratemi fuori di qui!”
Braska fece un cenno rivolto verso una delle due guardie che stavano a pochi passi da loro, questa afferrò un mazzo di chiavi e con una di esse aprì la cella di Jecht permettendo all’uomo di tornare in libertà.
“Ah, fantastico!” disse Jecht mentre muoveva la braccia per sgranchirsi le articolazioni “Libero finalmente!”
“Da oggi in poi, Jecht…” esordì Braska con tono serio “Sarò nelle tue mani finché non avremo raggiunto Zanarkand”
“Si si, fantastico, non preoccuparti!” fece Jecht lanciando un radioso sorriso all’invocatore.
Il muscoloso uomo si guardò intorno sempre sorridendo poi, per rompere il silenzio che si era creato, tornò a fissare Braska.
“Quindi… che cosa sarebbe un… invoca-qualcosa?” fece con tono dubbioso.
“Oh per l’amor del cielo…” fu il semplice e laconico commento del compagno di Braska.
  
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