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Autore: peppe24487    29/04/2006    1 recensioni
Uno scheletro di pelle in un paesaggio di morte... "Il cielo è nero. Sta consumando la sua morte in silenzio, senza tuoni né lampi".
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pietà della morte

Qui c’è puzza di morti, e dappertutto non v’è speranza.

Il cielo è nero. Sta consumando la sua morte in silenzio, senza tuoni né lampi. Dall’orizzonte spuntano corvi che volano a cerchio sopra un campo che è un deserto di vita, e aspettano il momento, molto vicino, in cui saranno assoluti padroni del mondo.

Sotto di loro, un paio di piedi ossuti, nudi, sporchi, insanguinati, solcano il terreno e sembrano quasi non riuscire a sollevare il flebile peso della polvere. Sono i piedi di uno scheletro con la pelle, che vaga solitario per un inferno silente. Si trascina lento, tra il gelo dell’aria, coperto solo da una camicia e un paio di pantaloni larghi.

I suoi occhi sono spenti, guardano nel vuoto. Eppure, dentro, in profondità, nascondono pensieri e remoti ricordi. Forse, nascondano un’anima. Però sono tristi e vuoti. Riflettono la disperazione e l’apocalisse circostanti. Sono contornati da una striscia di lacrime, le cui gocce, aride, esitano a cadere, e quando lo fanno sottolineano i lineamenti scarnificati del volto, gli zigomi ossuti, il mento appuntito, le labbra inesistenti. Poi cadono sul terreno, e giacciono lì, non assorbite.

I suoi padroni vogliono che sia una cosa. Forse lo è diventato, forse non è più un uomo. Gli uomini hanno un nome, lui ha solo un numero.

Vaga, lo scheletro con la pelle. Vaga.

Giunge in una viuzza del campo. Un ragazzo sta portando un cesto. Un soldato dalla finestra del suo palazzo lo trasforma in bersaglio, e gli spara. I primi tre colpi fanno cilecca. Il ragazzo rimane immobile, impietrito, cosciente del fatto che tra poco morirà. Infatti il quarto proiettile lo prende in fronte, e muore. Ma lo scheletro passa oltre, ignorato da tutti.

Giunge su uno spiazzo. Venti uomini sono sdraiati a terra supini. Un ufficiale sogghigna ed estrae la pistola dal fodero. Cammina imperioso sopra di loro, e a uno a uno li sputa. Strano battesimo questo, fatto non all’inizio bensì alla fine della vita. Spara. Un uomo sì, un uomo no; sicché la terra si colora di rosso. Ma lo scheletro passa oltre, ignorato da tutti.

Giunge ad una baracca. Appoggiata al muro v’è una donna. Donna? E’ una larva bianca, scarnificata, immobile. Lo guarda con occhi spenti, senza una minima parvenza di vita. Lo scheletro potrebbe chiederle il motivo di tanta silenziosa sofferenza, ma non lo fa. Tutto, dai lineamenti del viso alla posizione del corpo, al suo sguardo, rivela la verità: ella ha perso tutte le persone care, e aspetta la morte. Ma lo scheletro passa oltre, ignorato da tutti.

Giunge di fronte a un gruppo di soldati. Emettono urla e risate sadiche. Sono disposti a cerchio, e sembrano concentrati su qualcosa che sta nel mezzo. Lo scheletro si avvicina e vede: stanno picchiando un bambino. Lo stanno pestando a sangue. Lo stanno prendendo a pugni e calci. Gli stanno spezzando le ossa a bastonate. Lo stanno vuotando del sangue a forza di escoriazioni. Lo stanno facendo impazzire dal dolore.

Un soldato gli sgretola la mandibola premendogli la suola dello stivale contro il volto. Un altro gli rompe le costole a pietrate. Un altro ancora lo apre, nelle labbra e sugli occhi, con dei ganci. E il bimbo piange, piange, piange…

Ma non muore. Allora le grida dei soldati cambiano tonalità e si trasformano in urla isteriche. Aumentano l’intensità del pestaggio, ma il bambino, sebbene ridotto ad un ammasso di carne, respira ancora. Quindi uno estrae una pistola e lo finisce con più colpi, rovinandolo ancora di più. Poi se ve vanno, lasciando la piccola vittima a marcire nel suo stesso sangue. Lo scheletro si avvicina. Si inginocchia. Piange. Batte i pugni a terra disperato. Mai ci fu e mai ci sarà uomo più triste, più miserevole, più disperato di lui. Punta lo sguardo al cielo e grida: “Perché? Perché? Perché?”. Ma non riceve nessuna risposta, né una nuvola si sposta. Lo scheletro con la pelle, svuotato ormai dalle lacrime e da ogni sentimento, sviene.

Si desta con l’immagine di una signora bellissima, alta snella, dai lunghi capelli corvini e dai lineamenti delicati. Porta in braccio la donna che lo scheletro ha visto prima, quella muta e immobile. Lo scheletro riconosce la signora bellissima e si getta ai suoi piedi. Rinnova la stessa domanda: “Perché?”. La signora lo guarda, si impietosisce e con un’espressione sconsolata allarga le spalle: perfino lei non sa dare spiegazioni. Una striscia di lacrime scorre sul suo viso, e getta qualche goccia a terra, che sbatte contro il suolo e incenerisce la polvere. Poi si inginocchia di fronte al bimbo e prende anche lui in braccio. Se ne va. Via dall’inferno, via da Bierkenau.
  
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