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Autore: LizeM    27/08/2011    5 recensioni
Se fosse Piton ad andare a prendere Harry dai Dursley, come cambierebbero le cose? Un piccolo cambio di previsioni sarà ininfluente, o modificherà il corso degli eventi?
Harry/PitonTutore/FiguraPaterna
NO Slash.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Capitolo III

Il turbinio di gelida aria notturna mista a pioggia si scagliava implacabile su due figure solitarie. Sullo scoglio, due individui dei più diversi si fiancheggiavano. Il più alto agitò impazientemente la bacchetta senza badarsi del giovane compagno che, però, sembrava bearsi della frescura.

“Andiamo, Potter.” Piton si rivolse al bambino senza troppe cerimonie, esortandolo a spostarsi verso il ciglio dello scoglio. Ma il sapore della libertà è inebriante, ed Harry Potter non poté che fermarsi a contemplarlo, dimenticandosi del resto.

“Potter!”

“Scusa, è che l’aria è così buona qui…” si giustificò il ragazzino, senza smettere di inalare tutto l’ossigeno sostenibile dai suoi polmoni.

“Pretendo rispetto, Potter. Ti rivolgerai a me come si conviene ad un adulto, e, nel mio caso, ad un Professore.” mise in chiaro subito Piton, visibilmente irritato.

“Professore!? E di cosa?” esclamò Harry entusiasta “Hem… volevo dire.. certo, signore.” aggiunse subito, allo sguardo di intollerante ammonizione del vicino.

“Meglio. Ora sali sulla barca.”

“Ma non c’è nessuna barca… signore.” ma Harry dovette ricredersi: a pochi metri da loro, una barca avanzava verso lo scoglio, apparentemente senza nessuno a guidarla. E fu proprio mentre il ragazzino si ritrasse, attendendo lo schianto del legno contro la roccia, che l’imbarcazione rallentò, pronta ad accoglierli.

“Vieni.” lo esortò secco l’insegnante, vedendo l’espressione incredula ed affascinata di Harry.

Con passi incerti, il giovane mago salì a bordo della piccola barca, che partì spedita con un colpo di bacchetta.

*

Il tragitto sull’acqua fu tranquillo: Harry si beava silenziosamente della lontananza dai Dursley, e Piton si beava silenziosamente del silenzio del ragazzo.

Lungo la via per la stazione, lo strano abbigliamento del Professore di Pozioni attirò non pochi curiosi, ma i passanti non indugiavano certo lo sguardo su quel severo volto inquietante. Furono acquistati due biglietti per Londra, e –mentre Harry osservava la scena estasiato- una civetta consegnò diligente un giornale chiamato “La Gazzetta del Profeta” all’insegnante, e non se ne andò prima di essere pagata con strane monete.

Sul treno, la carta ingiallita del quotidiano sembrava aver inghiottito la testa del professore. Il ritmico sfogliare di pagine e lo sferragliare del veicolo erano i soli rumori a riempire l’ambiente. Tutto era all’apparenza tranquillo ma, Piton lo sapeva, un suono terribile e sgradevole avrebbe di lì a poco squarciato l’aria. Era solo questione di pochi momenti, pochi preziosi istanti che il professore avrebbe sfruttato al meglio, leggendo freneticamente per terminare la lettura di quell’articolo sul decimo anniversario della sconfitta di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Quante sciocchezze –pensava- se c’era una cosa di cui era certo, era che l’Oscuro Signore aveva considerato come evitare la sua definitiva sconfitta. La prevista custodia della Pietra Filosofale presso Hogwarts era certamente provvidenziale, ma non poteva essere l’unico metodo escogitato da un mago così potente, per il suo ritorno.

L’uomo pose fine bruscamente a questo suo divagare, affrettandosi nella lettura, pronto al funesto evento che avrebbe presto scosso la sua quiete.

Doveva mancare poco, ormai. Ancora poche righe ed avrebbe finito… almeno non sarebbe stato interrotto nel bel mezzo di un articolo, sebbene tanto superficiale e sciocco.

Un’ultima manciata di parole….

“Signore?”

ecco

La parte superiore della Gazzetta del Profeta si piegò perfettamente e velocissimamente a mostrare il volto irritatissimo, di Severus Piton.

Harry ebbe un sobbalzo all’improvviso movimento del suo professore, e si chiese se avesse fatto bene ad aprir bocca… ma d'altronde non parlava più di un’ora.              
Piton lo fissava senza proferir parola, e dopo qualche incerto istante, Harry si disse che la sua curiosità era troppa per temere checchessia.

“Signore, mi chiedevo- mi dispiace incredibilmente disturbarla- ” mentì il ragazzo “ma mi chiedevo: dove stiamo andando, esattamente? Sulla lettera ho letto una lunghiiissma lista di cose da comprare, e lei ha detto che è lì che mi avrebbe portato… ma ora stiamo andando a Londra, e suppongo non ci siano negozi di libri come ‘Guida pratica alla trasfigurazione per principianti’ e ‘Teoria della Maia’, o rivenditori di bacchette.”

“Sei mai stato nella parte magica di Londra, Potter?” chiese Piton con un ghigno, fissando un punto sopra la testa del ragazzo. Le braccia allargate tenevano la Gazzetta ancora immobile davanti a lui.

“Bè, no… a dire il vero non sono nemmeno mai stato a Londra.”

“Allora smettila di suppore.” Con un secco movimento dei polsi Piton ripristinò la postura naturale del giornale, e riprese a leggere. “E non fissarmi.”

Harry tornò a fissare il paesaggio, imbronciato. La sua testa sembrava straripare di domande, e purtroppo l’unica persona in grado di arginarla non sembrava intenzionata a farlo. Sempre meglio dei Dursley, pensava: solo ventiquattr’ore prima disperava alla mercé della follia di Zio Vernon. Sorrise felice dell’improvvisa svolta presa dalla sua vita. E anche se si fosse trattato di un sogno (come credeva), gli bastava che durasse abbastanza da ricordarlo.  

*

Dopo non molto raggiunsero la Capitale.    
Era la città più grossa che Harry avesse mai visto… ma infondo non ne aveva viste molte. Tutti sembravano di fretta: impiegati, studenti, fruttivendoli, automobilisti, poliziotti, bus, donne, bambini, anziani e giovanotti correvano come se ne andasse della propria vita.

Harry, dal canto suo, camminava lentamente, fermandosi ogni due per tre a fissare qualcosa di normalissimo, che lui trovava straordinario.      
E di cose straordinarie e ben meno normali ne avrebbe viste molte, quel giorno.

“Smettila di fermarti.” lo rimbeccava sempre il professore. E lungo tutto il breve tragitto a piedi fu un concerto di irritati

“Tieni il passo, Potter!”        

“Fissa ancora un po’ quel senzatetto, e sta certo che sarò lieto di affidarti a lui.”                      

“Guarda dove vai!”   

“Se la prossima volta che inciampi mi dovessi cadere addosso, le tue gambe non potranno mai più inciampare.”

“Se rimani indietro un’altra volta mi smaterializzerò dal Preside raccontandogli la sventurata storia per cui sei stato aggredito da un branco di Imp.”

In realtà Harry non capiva la metà delle astruse parole utilizzate dal suo Professore, tuttavia lo trovava buffo, ed era certamente più divertente di Vernon… Non sapeva perché, ma Harry era sicuro che, al contrario dello Zio, Piton non avrebbe mai messo in atto le sue ‘terribili’ minacce.

“Fermo.” ordinò Piton una volta giunti davanti ad un piccolo Pub, piuttosto malandato. Ma Harry continuò sognante per la sua strada finché non sentì il richiamo di un ormai spazientito Piton

“Potter! Vieni subito qui!” il Professore non ce la faceva più: già avere a che fare con un bambino non era esaltante, se poi si considerava che era il figlio di James Potter, ed che per di più non era neanche molto sveglio, la situazione diventava tragica.       
Poteva anche darsi che lo facesse di proposito, scatenando la sua ira. Ma sebbene considerasse Potter Senior perfettamente in grado di una macchinazione simile, il ragazzino non sembrava avere secondi fini se non, ovviamente, quello involontario di farlo infuriare.

Cosa che gli stava riuscendo alla perfezione.

Harry raggiunse di corsa il suo accompagnatore che sostava davanti alla porta de –così diceva l’insegna- ‘Il Paiolo Magico’.

“Il Paiolo Magico?” recitò il giovane mago, incerto e un po’ deluso. Non gli sembrava certo un posto ricco delle meraviglie citate nella sua lettera.

“Noto che conosci la difficile arte della lettura, signor Potter. Complimenti!” lo scherno e l’ironia nella voce di Piton non sortirono l’effetto voluto su Harry il quale, divertito, rise lievemente.

Piton lo fissava, sconcertato: con la sua tagliente ironia aveva gettato nella disperazione troppe schiere di giovani Maghi e Streghe, per credere che quel moccioso ne fosse immune.

“Entriamo?” chiese Harry, scuotendo il suo insegnate da quegli spaventosi pensieri.

“Decido io quando entriamo, signor Potter.”

*

L’interno del locale non era certo splendido. Non era grosso, e dai piccoli tavoli ammassati si levava un incessante brusio. Uomini e donne dagli stravaganti vestiti  conversavano fitto fitto, il barman fece un lieve cenno al Professore quando entrarono, che non lo degnò di uno sguardo.

Qualcuno guardava Harry sospettoso, come se dovesse decidere se aveva visto bene. Nessuno parlò con Piton finché non raggiunsero il fondo del pub, dove un uomo pallido e nervoso si rivolse all’insegnante senza essere stato interpellato.

“S-Severus! Che p-piacere incontrarti!” disse, torcendosi le mani sudaticce

“Ah, Raptor.” rispose gelido l’accompagnatore di Harry, prima di spingere frettolosamente il ragazzino in un piccolo cortile sul retro.

“Chi era?” chiese un curioso Harry che, ovviamente, non ottenne risposta alcuna.        
Mentre i due si inoltravano nel cortile, il ragazzo cercò di dare un’altra occhiata allo sconosciuto, ma era girato di spalle e non ne vide che il retro del turbante.

In quel momento, un dolore acuto attraversò la cicatrice sulla fronte del ragazzino, che –non potendo evitarlo- esclamò

“Ah!” portandosi la mano sulla fronte.

Piton si volò di scatto, dopo aver colpito un mattone del muro tre volte “Sei inciampato di nuovo, Potter?” chiese

“Non… non è niente” rispose il ragazzo, muovendo bruscamente la mano dalla cicatrice, coprendola con la frangia.

“La cicatrice?” chiese Piton assorto, più a se stesso che a chiunque altro.

Ma Harry era troppo meravigliato per rispondergli: davanti a se il muro era stato sostituito da un arco che dava su una curva strada selciata ricca di fantastici negozi variopinti, affollata della gente più strana che avesse mai visto.

Il Professore si voltò lentamente, ma senza smettere di pensare alla cicatrice del ragazzo, ed attraversò l’entrata.

Harry, pieno di stupore e di curiosità, seguì la sua guida chiedendogli, tra un’esclamazione stupita e un’altra, dove fossero.          
Piton non aveva certamente tempo da perdere: era tardi ed avevano molte cose da sbrigare Inoltre non moriva certo dalla voglia di scambiare quattro chiacchiere con il ragazzo; tuttavia pensò che rispondere sarebbe stato molto più facile e sbrigativo.

“Questa, Potter, è Diagon Alley. È qui che acquisterai tutto il tuo materiale scolastico.”

“Fooorte!” osservò Harry. L’esclamazione fu accolta da Piton con una smorfia di disgusto.       
Harry trottava accanto al professore, estasiato dalla ricchezza del luogo. Dopo poco, però, parve incupirsi e disse, come se stesse svelando un disgustoso segreto      

“Io non ho soldi…” aveva rallentato il passo, fissando il terreno “e non credo che Zio Vernon e Zia Petunia me li presterebbero…”

Piton si chiese come potesse essere tanto sciocco il ragazzo: non aveva pensato al denaro dei suoi genitori? Non poteva pensare che l’avessero lasciato all’asciutto…

“Potter, i tuoi genitori ti hanno lasciato del denaro –e sospetto anche molto- alla banca dei maghi: la Gringott’, dove stiamo andando in questo momento.” ed indicò svogliatamente un singolare edificio davanti a loro.     
Allora ad Harry si illuminò di nuovo il volto, e riprese a zompettare accanto al Professore.

“Sai, non sapevo fossero ricchi o mi avessero lasciato dei soldi! Apparte al fatto che sono Maghi –che mi ha detto lei- ed all’incidente d’auto, di loro non so niente…” ammise sereno, spalancando la bocca davanti ad un negozio di scope volanti.

“Incidente d’auto?” chiese Piton distratto, che non stava prestando attenzione al bambino, ma non capiva cosa centrasse in quel discorso.

“Si: quello in cui sono morti mamma e papà.”

Piton allora si fermò, ed Harry fece lo stesso, perplesso.

“Qualsiasi cosa ti abbiano detto, Potter, i tuoi genitori non sono morti in un incidente d’auto. Prima di tutto la comunità magica non viaggia su automezzi di natura babbana; in secondo luogo, sarebbe stato impossibile che una strega potente come tua madre, o perfino tuo padre perissero  per un banale incidente.” spiegò Piton, ostentando sicurezza, calma e soprattutto distacco. Ma il solo pensiero di una Lily impotente davanti ad un incidente d’auto, era talmente bizzarro e grottesco, da farlo infuriare.

“Ah…” disse Harry, ragionando “e quindi come sono morti? Un’incidente con delle scope volanti? Come quelle del negozio?”

Il professore pensò che o il bambino non era affatto sveglio, o semplicemente non era abituato a pensare.
Ma in ogni caso, cosa avrebbe dovuto dirgli? Non che a lui, Severus Piton, importasse di urtare la sensibilità di un ragazzino confessando l’atroce morte dei genitori, ma qualcosa lo bloccò: infondo si trattava di raccontare l’omicidio di Lily. Ed il suo ruolo nella vicenda, quello del giovane Potter, ed il suo destino dopo quell’episodio non potevano essere trattati con leggerezza, nemmeno da lui.

“Non credo di essere la persona giusta per dirtelo.” Rispose gelido, riprendendo a camminare verso la banca.

*

Ritirarono del denaro per Harry ed il contenuto della camera blindata 713, per poi dirigersi fuori in tutta fretta: dovevano almeno passare dal negozio di animali per spedire una lettera, e dal fabbricante di bacchette, prima che i negozi chiudessero.

“Wow, quei cosi erano alquanto inquietanti, non trova? E perché mi guardavano tutti strano, come se mi conoscessero?” osservò Harry, a passo veloce, riferendosi ai Folletti della Gringott.

“Quei ‘cosi’ sono i Folletti… e ti consiglio di non chiamarli ‘cosi’ in loro presenza. Io personalmente cerco di trovarmi il meno possibile in loro presenza.” ammise Piton, che ritrovò se stesso a chiedersi come mai stesse conversando amichevolmente con il ragazzino.

“Ora andiamo a spedire quella lettera per il professor Salliente?”

L’insegnante di Pozioni represse un ghigno: infondo era divertente vedere Silente deriso da qualcuno che non fosse lui.

“Il professor Silente, moccioso.” sbottò Piton, con falsa ira.

*

All’ ‘Emporio del Gufo’ il Professore spedì la sua lettera dal retro, e tornò per trovare Harry a chiedere il prezzo di una civetta bianca dagli occhi ambra.         
Il ragazzo possedeva denaro da meno di trenta minuti, e già lo scialacquava… proprio come suo padre, pensò Piton.

Cosa stai facendo?” chiese senza interesse, con voce minacciosa.

“Compro Edvige!”

“Edvige?”

“Ma si, Edvige! Sulla lettera c’è scritto che posso avere un gufo, se voglio…” rispose semplicemente Harry.  
Quella, signor Potter, è un civetta.” ghignò Piton “Forse è il caso di informarsi sulla natura di un animale, prima di decidere di condannarlo ad una vita insieme a te.”       

Harry rise di quel suo riso ‘post-battuta-sarcastica’, che Piton non poteva tollerare.

“Bè, comunque mi piace! E costa solo qualcuna di queste grosse monete d’oro… e io ne ho tante! Ecco, tenga…”

*

Una volta spesi i suoi preziosi Galeoni, Harry e il suo Professore di Pozioni si recarono, per l’acquisto della bacchetta magica, da Olivander... che non li accolse certo calorosamente.

“Sono già le sette e trenta, Professore, quindi vediamo di sbrigarci!” un uomo anziano dagli occhi scoloriti si rivolse severo a Piton.          


“Dunque, dov’è questo ragazzo?”

“Eccomi!” rispose esultante Harry

“Harry Potter!” esclamò esultante Olivander “Mi chiedevo quando l’avrei vista!”

“Lei… lei mi conosce?” chiese Harry, frugando nella memoria per cercare frammenti di ricordo. Ma ogni volta che lo faceva, rivedeva solo un lampo verde.

“Come tutti…” rispose il fabbricante, assorto. “Torno subito.”

Le prime bacchette provate da Harry furono un disastro, come d'altronde i successivi venticinque tentativi.  
Il ragazzino si chiedeva se non ci fosse uno sbaglio, se nessuna bacchetta lo volesse perché lui non era un mago.           

Quando ogni speranza sembrava perduta, il vecchio uomo tornò con in mano una bacchetta di –come spiegò- agrifoglio e piume di fenice, flessibile, di undici pollici.    
Prima che un demoralizzato Harry potesse impugnare il legno, da dietro di lui si alzò una gelida voce.

“Crede sia il caso?” chiese Piton, riferendosi alla bacchetta, fissando Olivander.

“Chi lo sa!?” e, quasi ignorando il professore, il negoziante porse la bacchetta al piccolo Harry che subito avvertì un calore alla mano, mentre la bacchetta sprigionava scintille rosse e oro.

“Bene, molto bene!” esultò Olivander, che poi però prese a borbottare “... che strano, però. Davvero molto, molto strano.”

“Mi scusi signore, ma che cosa c’è di strano?”

Olivander lo fissò da dietro la nebbia dei suoi occhi.

“Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signor Potter. Una per una. Si dà il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto un’altra piuma, una sola. È veramente molto strano che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella… si, la sua gemella le ha procurato quella ferita.”

Harry lo fissò sconcertato, trattenendo il fiato.

“Si… credo che dobbiamo aspettarci grandi cose, signor Potter… Dopo tutto, Colui-Che-Non-”

“Basta così!” il severo ordine di Piton ruppe la misteriosa atmosfera venutasi a creare nella stanza, ed Harry riprese a respirare. “Il Signor Potter pagherà la sua bacchetta, e poi ce ne andremo.” chiarì, guardando Harry.

Mille domande attraversarono la mente di Harry in quel momento: I suoi genitori erano morti per colpa di un mago? chi era? cosa centrava la bacchetta? chi era Colui-Che-Non? e perché, a dire di Olivander, tutti lo conoscevano?

Decise di aspettare la cena di quella sera per pretendere risposte dalla sua guida. Pagò Olivander, e si diresse con Piton al Pub.

 

 

Consigli e Recensioni sono sempre benaccetti J

Lize

  
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