Crossover
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Autore: Registe    28/08/2011    7 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Narratore: bene, Registe, il vostro momento sta per arrivare……
Registe (tra loro): suvvia, il titolo si può sentire…… almeno crediamo……

Narratore: vi date una mossa? I lettori stanno fremendo! E che cavolo, avete ammorbato i lettori con quel prologo chilometrico ed ora che fate? Cincischiate?
Registe: NARRATORE, TACI O TI DETRAIAMO LO STIPENDIO!
Narratore: ma se non mi avete mai pagato in vita vostra……
Registe: Narratore, non riesci a capire che l’annuncio del titolo è un momento delicato? Nel titolo c’è l’anima della storia, in poche parole c’è il riassunto della trama è quell’elemento che fa vagare la fant……
Narratore: Registe, non ve lo volevo dire, ma siete su questa pagina già da circa dieci righe ed i lettori si stanno spazientendo…… un’altra riga e saranno così annoiati da andarsi a leggere qualche fanfiction yaoi di basso livello…… quindi prendete carta, penna, microfono, quello che avete sotto mano e preparatevi!
Registe: ma chi gli ha dato tutto questo potere? …… Noi due temo …… va bene, un respirone profondo e via ……

 

Il Ramingo e lo Stregone:

Il Castello dell’Oblio




Capitolo 1 - Invocatrici


Mara Jade

Mara Jade




 

Narrarore: Molto bene, ora che le Registe hanno fatto il loro bell’annuncio e si sono levate dai piedi direi di iniziare, perché da questa serie ci saranno enormi cambiamenti, nulla sarà come prima, le normali battaglie tra Impero ed Alleanza assumeranno nuove dimensioni, la Galassia scoprirà qualcosa che fino a questo momento era rimasto velato dai limbi dello spazio-tempo. E nuovi personaggi (no, mica originali, quello mai… copiati da un signore chiamato Nomura che se ci scoprisse chiederebbe troppi soldi di cauzione e finiremmo sul lastrico…) saliranno alla ribalta: pagine bianche su cui scrivere, figure che intrecceranno le loro vicende con quelle della galassia. Ma per ora non vi aggiungo altro, anche perché devo fare il lavoro per cui sono stato chiamato: narrare.
Chiudete bene gli occhi e concentratevi…… no, solo in senso metaforico, come fate a leggere ad occhi chiusi?


Mara allontanò la piccola May prima che si avvicinasse troppo al caminetto acceso, ricevendo solo qualche calcetto di protesta; la bimba era sempre silenziosa, anche troppo per una della sua età. L’idea di portarla a pescare su fiume con Luke e Mistraal per farla svagare un pochino l’aveva sfiorata, ma a Daala non piaceva molto l’idea che sua figlia passasse troppo tempo con i bambini dell’Alleanza.
Daala, la sua migliore amica, era lì tra loro per una sfavorevole congiuntura astrale. Congiuntura astrale chiamata Kaspar.
Fino a pochi mesi prima era stata uno dei più validi ammiragli dell’Impero Galattico, e nonostante la sua condizione di donna era riuscita dove solo pochi, anzi, pochissimi uomini erano riusciti; portarsi ai vertici del potere, sfiorare i cieli di Coruscant, ricevere persino diversi encomi dall’Imperatore Palpatine. Aveva anche trovato la persona con cui trascorrere felice il resto della sua vita: Mara non era mai stata molto convinta che sposare il governatore Tarkin fosse stata una buona idea, ma nonostante l’enorme differenza d’età Daala era stata così innamorata da non voler sentire ragioni.
Poi era arrivato Kaspar. Il peggiore acquisto tra i Signori Oscuri dell’Imperatore. Quel mago imbroglione non aveva mai visto di buon occhio il governatore Tarkin, ed era stato pronto a qualsiasi inganno pur di rovesciare lui ed i suoi amici dalle loro alte posizioni. Mara aveva perso il conto degli innumerevoli attentati che Daala e suo marito avevano subito, forse la sua amica glieli aveva mai raccontati davvero tutti. Finché un giorno quel mago non aveva deciso di colpire il suo più acerrimo avversario in maniera vile, ed aveva organizzato un intero complotto volto a screditare la stessa Daala, arrivando a farla accusare di alto tradimento. E sarebbe stata condannata a morte se non fosse stato per il suo intervento. Mara da tempo aveva abbandonato l’Impero. Lo aveva fatto per sua libera scelta, per amore e per un futuro che doveva essere migliore per lei e per tutte le persone che popolavano quella galassia; aveva fatto il possibile per permettere alla sua amica di fuggire dai blocchi di detenzione e farla accogliere all’Alleanza nonostante Daala avesse militato per anni contro i Ribelli.
Non aveva mai avuto la vocazione di unirsi all’Alleanza, di passare il tempo a festeggiare ed a combattere l’Impero. Era lì perché non aveva altro posto dove andare e perché i Ribelli avrebbero accolto nella loro città anche una nemica, se questo le fosse servito. E Daala aveva ancora bisogno di quel riparo. Ne avevano parlato qualche minuto prima che la sua amica le affidasse May il tempo necessario per andare a farsi una doccia: le comunicazione con Tarkin si erano diradate, ed erano mesi che non vedeva la sua prima figlia; nonostante May le occupasse tutto il tempo a disposizione non riusciva a nascondere la rabbia che provava dentro. Ma sulla sua testa pesava una condanna a morte, e non poteva tornare all’Impero in quel momento, non prima che all’Imperatore fosse sbollita la furia.
Mara sospirò, osservando l’abitazione che i Ribelli avevano offerto alla sua amica: era una casa non troppo grande, ma dotata di quel senso di pace che in fondo permeava tutta la Terra II; certo, mancavano tutte quelle belle tecnologie che rendevano meravigliosi gli appartamenti di Coruscant, ma forse anche il camino scoppiettante, le pentole sporche e piene di cibo, l’assenza del ronzare dei droidi avevano il loro fascino. Lei e Daala avevano trascorso tutto il pomeriggio in quel salotto, chiacchierando delle bambine e dei loro progressi, e per diverse ore avevano allontanato dalla loro mente lo spettro dell’Impero e il dolore di Daala.
La piccola May era morbidissima, aveva delle guance rosse da far invidia a delle mele mature. Ormai gattonava dappertutto, e Daala non riusciva a voltare l’angolo che la piccola scivolava fuori dal lettino e si andava a nascondere per tutta casa oppure cercava di uscire all’aria aperta. La prese in braccio e le cantò una filastrocca che Gandalf stava insegnando a tutti i bambini dell’Alleanza, mentre nella stanza vicina giungeva il familiare rumore dell’asciugacapelli di Daala che entrava in funzione “Sta tranquilla, adesso la mamma esce dal bagno e ti prepara qualcosa di buono!”.
May sorrise, come ad aver capito, e scese dalle sue ginocchia per prendere il nuovo peluche che lei stessa le aveva regalato.
L’urlo di Daala coprì il rumore dell’asciugacapelli, che si interruppe di colpo.
Prima ancora di ragionare Mara era in bagno, con la spada laser accesa, illuminando con la sua luce rossa il viso di un tizio che non aveva mai visto in vita sua.
Daala era ancora lì, i capelli rossi umidi ed armata solo di un asciugamano “ESCI SUBITO DAL MIO BAGNO, MANIACO!”
“Cielo, signora, sono spiacente …… non pensavo …… forse mi hanno mandato nel momento sbagliato ……” fece il ragazzo, ancora più rosso perché illuminato dalla luce della lama “…… ma non c’è tempo, cercate di capirmi……”
Certo, tutto aveva tranne che la faccia da maniaco.
Anzi, a dire il vero era abbastanza carino. Aveva una cascata di capelli viola chiaro che gli arrivavano quasi alle ginocchia, con un taglio decisamente femminile e due occhi verdi allungati coloravano un viso pallido e delicato; non sembrava il solito ribelle ubriaco che si divertiva a sbirciarle di ascosto dalle finestre del bagno…… Ma la cosa singolare di quell’individuo era l’abbigliamento: la più grande, luminosa, complessa e PACCHIANA armatura d’oro che avesse mai visto nella sua vita (di armature ne aveva viste a bizzeffe, ma dorate mai), che sembrava pesare più del ragazzo che la stava indossando. Al roteare della sua spada mandò un bagliore rossastro che per poco non le accecò gli occhi, ma non abbassò la sua arma: non lo aveva mai visto all’Alleanza fino a quel momento, ed era abituata a considerare chiunque non conoscesse come un nemico, soprattutto quando c’erano Daala e May in giro e cacciatori di taglie che di sicuro stavano sondando la Galassia alla loro ricerca.
“ESCI SUBITO DAL BAGNO DELLA MIA AMICA O AFFETTO TE E LA TUA STUPIDA ARMATURA!”
“Signore, vi prego, riponete le armi …… Vengo in pace come emissario dei miei potenti padroni, e supplico la gentile Invocatrice di ascoltare le miei preghiere!”.
“Mara, secondo me questo è ubriaco come una zucchina” fece Daala, ripresasi dalla paura iniziale “Vado a chiamare i nani”.
“No, mia Invocatrice, la prego!”. Di certo non era un cacciatore di taglie o qualcuno al soldo dell’Impero, o avrebbe già cercato di ucciderle, considerato che anche lei era ricercata. Però non puzzava d’alcool ed aveva uno sguardo pieno, sincero, di una persona che sapeva benissimo ciò che stava dicendo.
Daala fece un respiro profondo ed allontanò la mano dalla porta, fissando prima la sua amica e poi il nuovo venuto; Mara sapeva che, a differenza sua, Daala preferiva avere un approccio razionale a qualsiasi problema, anche quando si ritrovava con uno sconosciuto in lattina dentro un bagno “Innanzitutto non so cosa sia un’Invocatrice, ma se mi devi dire qualcosa di urgente fallo e poi sparisci, altrimenti faccio un altro urlo che attirerà tutte le guardie di Minas Tirith e saranno guai seri”.
Non che l’esercito di Minas Tirith fosse famoso per la sua potenza ma…… magari ad un tipo strambo come quello avrebbe fatto impressione……
Ed in effetti i suoi occhi si ingrandirono ancora i più, ed agitò le braccia rovesciando con la sua armatura tutti i flaconi presenti sulle mensole “No, mia Invocatrice, qui stiamo perdendo solo tempo, ed i miei padroni non tollereranno altre interferenze! Il mio mondo ha bisogno di lei!”
“Va bene, Mara, ho cambiato idea. E’ davvero matto da legare. Tienilo un attimo qui che chiamo le guardie!”
“NO!”
Daala rimase immobile perché stavolta davanti a lei, al posto della porta, si era formato tra mille spirali qualcosa di ovale, grande quanto lei, che emanava un buio pesto come l’anima dell’Imperatore. Indietreggiò di colpo, non riuscendo a vedere oltre quella cortina di oscurità. Magia?
“Perdoni le mie maniere, Invocatrice, ma lei deve venire con me!”
Superò Mara e la sua spada accesa in un secondo, raggiungendo Daala e prendendola per un polso; da dove avesse tirato fuori tutta quell’agilità con un’armatura d’oro addosso non riusciva a spiegarselo, ma Mara si lanciò verso di lui “FERMATI IMMEDIATAMENTE!”
Il ragazzo spinse Daala verso la formazione oscura, e lei ne fu …… inghiottita?
“Adesso mi hai ……!”
La guerriera Sith saltò verso di lui, ma il ragazzo si ritirò in mezzo all’oscurità che aveva appena avvolto la sua amica, lasciando che la spada laser tagliasse soltanto qualche capello violaceo, mentre dalla strana massa di buio si stavano formando nuove spirali e l’oscurità sembrava indebolirsi “NON PENSARE DI CAVARTELA COSI, RAGAZZINO!”
Senza pensarci su, si lanciò verso la formazione oscura che ormai si era assottigliata di oltre la metà, e per un attimo sentì le tenebre penetrarle perfino nelle ossa.

 

La cosa che la colpì maggiormente fu il bianco. Un bianco forte, accecante, assoluto, che in contrasto con l’Oscurità da cui era appena uscita faceva soffrire gli occhi; un colore uniforme e assolutamente innaturale, soprattutto in una stanza chiusa come quella in cui era appena atterrata.
“Daala!”
La sua amica era lì, ed il ragazzo dagli occhi verdi le aveva appena lasciato il polso.
“Scostati che gli spacco quel bel faccino che si ritrova!”
Daala si allontanò, e la Sith spiccò un salto, pronta ad atterrare sulla testa del tipo e fargli passare la voglia di rapire la gente, la spada laser rivolta verso il basso. Ma quando si trovò a qualche centimetro da lui, il ragazzo si mosse di scatto e lei si ritrovò con le mani bloccate dalle sue.
Come ha fatto? Con tutto il peso di quell’armatura lui……
Si ritrovò di nuovo faccia a faccia con quello sguardo magnetico, terribilmente dolce anche mentre le stava spaccando le ossa dei polsi “Signorina, la prego, gli dèi non amano vederci lottare tra di noi, ed io non le farei mai del male. Capisco che siate agitate, ma lasciate che vi……”
“LASCIAMI. SUBITO!”
“Se lei mi promette di spegnere la sua spada e di ascoltarmi sì, sarò lieto di farlo”.
Sembrava più mortificato di lei, eppure continuava a mantenere la stretta, come se la implorasse di fargli un favore “La prego, non farei mai del male a nessuna di voi”.
“Mara, forse è bene che tu faccia quello che dice che questo matto. Anche perché non ho la più pallida idea di dove ci troviamo”.
La Sith ammise tra sé che la sua amica aveva ragione, e che da quella stretta non si sarebbe liberata facilmente; avrebbe potuto colpire il rapitore con un calcio dove gli avrebbe fatto seriamente male, ma aveva l’impressione che il suo piede si sarebbe sfracellato contro quell’armatura. Spense la spada ed in effetti il ragazzo lasciò la presa, anche se lei continuò a piantargli gli occhi addosso.
Oltretutto le sue percezioni Sith erano innervosite, quello strano palazzo bianco emanava una fonte di energia costante che non riusciva a definire, ma che stimolava costantemente ogni suo senso.
Il loro rapitore mandò un sospiro di sollievo, e rivolse loro un sorriso dolce, pacato, come se fossero sempre stati ottimi amici “Mie signore, come emissario dei miei potenti padroni vi do il benvenuto al Castello dell’Oblio!”
Che nome allegro……pensò Mara, continuando a tenere d’occhio il ragazzo.
La stanza in cui si trovavano era piccola, assolutamente bianca e senza nemmeno un mobile, una sedia o una finestra, solo qualche esile colonna davanti a loro che delimitava una porta massiccia, sempre bianca, decorata con dei simboli che non aveva mai visto fino a quel momento “Mia Invocatrice, so di essere stato inopportuno, ma abbiamo bisogno di lei”.
“Per fare cosa, se sono indiscreta?”
“Realizzare l’Invocazione Suprema e fornire ai miei saggi e potenti padroni l’energia necessaria per sconfiggere il Grande Satana Baan, il signore dei demoni”.
Le due si guardarono tra loro, sempre più meravigliate. Di che cosa andava parlando quel tizio?
Era sempre più improbabile che fosse uno sgherro di Kaspar, perché quel mago buffone avrebbe inventato qualcosa di molto più plateale ma elementare se voleva far loro del male, e di certo non era una trovata dell’Imperatore o un Pesce d’Aprile in anticipo dell’Alleanza Ribelle.
“Puoi…… ripetere?”
“Certo. Dovete realizzare l’Invocazione Suprema e fornire ai miei saggi e potenti……”
“Senti, ragazzino” fece Mara, sempre più innervosita “Adesso TU ci riporti subito a casa e questa storiella del signore dei demoni valla a raccontare a qualcun altro. Perché non abbiamo intenzione di restare in questo posto ad ascoltare le tue balle nemmeno un minuto di più!”
“NON SONO BALLE!” fece il ragazzo, stavolta con uno sguardo tra l’offeso ed il furioso (per quanto quella faccia tenera e morbida potesse sembrare furiosa) “Non avrei mai scomodato la somma Invocatrice se non fosse per uno stato di necessità. La prego, mia signora, ci aiuti e la riporteremo subito a casa!”
“Quella …… cosa …… oscura in cui siamo passati prima serviva per teletrasportarci?”
“Sì. I miei munifici padroni, i membri dell’Organizzazione, mi hanno permesso di accedere ai poteri del Castello per permettermi di aprire i Portali Oscuri. Se mi aiuterete vi riporterò a casa, avete la mia parola”. Per un attimo Mara percepì qualcosa di strano in lui, ma fu un guizzo così rapido nel suo cuore che non riuscì a definirlo.
Daala lanciò un altro sospiro profondo “Ormai teletrasportarsi sta diventando più facile che prendere un aviobus a Coruscant nell’ora di punta …… E questi tuoi munifici padroni cosa stanno facendo? Sarebbe carino conoscerli”
“COSI SPACCHEREI LA FACCIA ANCHE A LORO!”
Alle sue parole, il ragazzo si scosse “I miei padroni sono saggi e potenti! Loro ci proteggeranno dall’alto e la guideranno verso l’Invocazione Suprema, mia signora!”
Mara e Daala tornarono a guardarsi, indecise sul da farsi. Se si erano teletrasportate lì e nessuno sapeva dove fossero non c’erano molte probabilità che qualcuno, imperiale o ribelle, potesse venirle a prendere, e loro non avevano molta forza per opporsi a quello strano tipo ed a questi suoi misteriosi padroni. I pensieri di Daala, poi andavano in tutt’altra direzione …… perché pur trovandosi lì dentro le priorità nel suo cuore erano ben altre “Senti, tu …… nella remota ipotesi che accetti di darti retta …… E NON E’ DETTO CHE IO LO FACCIA …… ho bisogno prima di tornare indietro, a casa mia. Ho lasciato mia figlia da sola, e qualora decidessi di fare quello che vogliono i tuoi padroni non posso andarmene via senza affidarla a qualcuno”.
“Ed anche mio marito sarebbe in pensiero” fece Mara. Non osava pensare a quello che sarebbe successo se non le avessero più trovate …… i Ribelli avrebbero pensato ad una ritorsione dell’Imperatore o ad un’ulteriore vendetta di Kaspar. Non avrebbe mai lasciato Daala da sola con quel ragazzo in lattina, ma dovevano avvisare della loro sparizione e, magari, chiedere silenziosamente aiuto a qualcuno.
Daala fece lo sguardo più gentile che poteva “Posso almeno sistemare mia figlia prima di partire?”
Ed in effetti i suoi occhi colpirono il rapitore più di cento spade laser sguainate, perché quello sgranò gli occhi ancora di più e fece una faccia tenera e comprensiva “Mia Invocatrice, le aprirei il Portale adesso stesso, ma ……”
“MA?” la voce di Daala tornò un tuono.
“Ma…… forse è bene che io chieda ai miei padroni, sì …… loro sono saggi e potenti, ma anche molto comprensivi …… sì, attendete un attimo!”.
Senza aggiungere altro formò alle sue spalle un altro di quei Portali e vi svanì dentro, lasciandole sole in quella stanza, con l’unica compagnia della grande porta bianca che torreggiava davanti a loro. Mara le si avvicinò, sfiorando con le dita uno degli intarsi, estendendo le proprie capacità oltre, sotto gli occhi sgranati della sua amica: percepì un intenso flusso di energia, più intenso addirittura di quello che sembrava permeare l’intero castello. Non riusciva a sentire forme di vita oltre quella porta, ma sembrava confusa, un vortice assolutamente unico nel suo genere e, come constatò, anche pericoloso “Non mi piace questo posto ……”
“In che guaio ci siamo cacciate? Sinceramente non ci ho capito nulla delle parole a vanvera di quel tizio …… anche se non mi sembra malvagio, solo decisamente strano”
Mara ricordò quella strana sensazione che la aveva colpita mentre il loro rapitore parlava “In lui c’è qualcosa che non va. Ma non chiedermi cosa. Piuttosto dovremmo trovare un modo per andarcene”.
“Io non ne vedo”.
“Nemmeno io”.
“Allora non ci resta che stare al gioco e cercare di uscirne il prima possibile”.
Sapeva che quella era l’unica possibilità che avevano. Non che la aiutasse a stare meglio……




“Padron Vexen?” l’aria era sempre gelata ed innaturale quando scendeva in quel laboratorio, un metodo semplice ed elementare per tenere alla larga scocciatori e ficcanaso. Che, nella visione del suo padrone, equivaleva a tutti gli abitanti delle galassie, se stesso escluso. Dal tavolo alla sua destra facevano bella mostra alcuni mazzi di erbe che non aveva mai visto, e che sprigionavano un tenue profumo dolciastro. Rendevano quello studio ancora più sinistro e misterioso, l’ambiente ideale per la solitudine del suo padrone. Lui era seduto alla scrivania, ma non alzò lo sguardo “Non dovresti essere con l’Invocatrice?”.
“Ero venuto perché l’Invocatrice mi ha fatto una richiesta, era sensata e ……”
“E la risposta è no” si limitò a girare la pagina del volume, annotando qualcosa ai lati, ma non incrociò gli occhi con il suo servitore nemmeno per un attimo “Ho già visto e sentito abbastanza, ed il fatto che tu sia venuto da me a porre domande inutili è un’ulteriore perdita di tempo. Adesso esci di qui”.
“Co … come lei desidera, padron Vexen …… spero solo che ……”
“Non perdere tempo a sperare e fai il tuo lavoro!”.
Ebbe l’impressione che la temperatura del laboratorio si fosse abbassata di colpo, segno che il numero IV dell’Organizzazione riteneva quella conversazione conclusa; alle sue spalle aprì un portale oscuro, lasciando l’uomo biondo alle sue letture. Di certo i membri dell’Organizzazione erano saggi e potenti, ma padron Vexen era il più saggio ed il più potente di tutti loro ……
Adesso doveva solo tornare indietro, parlare con l’Invocatrice e la sua amica e dire loro che ……

 


“COME SAREBBE A DIRE CHE NON POSSIAMO?” fecero le due in coro. Mara si trattenne da saltare di nuovo alla gola di quel tizio soltanto perché non voleva di nuovo trovarsi con i polsi fracassati “MA I TUOI PADRONI NON ERANO GENTILI, MISERICORDIOSI, ETC ETC?”Quanto avrebbe voluto rompere le ossa a quel damerino! “Non si rendono conto che siamo bloccate qui dentro senza poter avvisare le nostre famiglie? I nostri cari?”.
“Se potessi parlare con loro sono sicura che potremmo trovare un accordo” fece Daala, sempre diplomatica ma con gli occhi verdi ridotti ad una fessura, segno evidente che la sua diplomazia si stava lentamente sgretolando.
Il ragazzo in armatura continuava ad essere sempre più dispiaciuto: “Mi rendo conto del disagio, ma se ci voleste aiutare …… vi riporteremo a casa in un batter d’occhio, parola mia ……” fece con la sua voce dolce, tenera, che faceva di lui il rapitore meno convincente del mondo.
“Sai cosa mi ci pulisco con la tua parola?”.
La cosa più preoccupante era che probabilmente si trovavano in chissà quale dimensione del cavolo, e non avevano modo di ritornare a casa o di comunicare con l’Alleanza. E si trovavano in compagnia di un ragazzo in armatura dai lineamenti quasi femminili che sembrava in punto di esplodere in lacrime da un momento all’altro. Con dei fantomatici “Membri dell’Organizzazione” ed un “Grande Satana” che condivano questa situazione che sembrava tratta dalle avventure tra le dimensioni di Aragorn e Gandalf raccontate davanti al fuoco. Solo che a trovarcisi dentro non aveva nulla di fantastico, al contrario ……
Daala, la pratica, espresse a parole l’unica soluzione che potevano trovare “Ci vorrà molto tempo?”.
Lo sguardo del loro rapitore si rasserenò, ma il tono della sua voce si abbassò “Dipenderà solo da lei, mia Invocatrice”.
“Se dipende da me, prima ti diamo retta e prima ce ne torniamo a casa!”.
“Daala, hai intenzione seriamente di seguire questo pagliaccio?”.
“Non sei tenuta a seguirmi, Mara. Non so perché ma questo tizio ce l’ha con me ……”.
“Non ti lascio da sola in questo posto. Se non posso tornare a casa mia è bene che ti guardi le spalle. Non sarò Zam, ma meglio di niente!”.
“Ehm ……” il ragazzo adesso sorrideva, come se dalla loro decisione fosse dipeso qualcosa di più grande, che si annidava nella sua coscienza. Mara ebbe ancora una strana sensazione, un tremito nel Lato Oscuro che non riusciva a spiegare bene, ma il sorriso sincero di quel ragazzo la colpì. Fece caso solo in quel momento a due suoi piccoli tatuaggi rossi sulla fronte, che rendevano quel viso ancora più particolare “…… visto che vi accompagnerò anche io ovunque andiate …… credo di essere stato molto maleducato a non essermi presentato fino a questo momento”.
Fece un grazioso inchino, accompagnato dalle parti dorate della sua armatura che risuonavano al contatto “Il mio nome è Mu, Sacerdote della Casa dell’Ariete e servitore dei potenti Membri dell’Organizzazione. Sarò al vostro fianco fino a quando non vi riporterò a casa!”.
“Bene, lattina deambulante, ora che ti sei presentato io sono Mara Jade. E sappi che se provi a farci qualche strano scherzo ti riduco ad un ariete arrosto, stanne certo!”.
“Io sono Daala, ma ho il sospetto che tu già lo sapessi, Mu!”.
“Certo!” un altro sorriso rallegrato “I Membri dell’Organizzazione sanno sempre tutto!”.
Si allontanò da loro e si avvicinò al grande portone bianco che, immobile, sormontava la stanza e sembrava osservare tutti quanti loro. Il ragazzo si avvicinò ad uno dei simboli, e lentamente sfiorò il contorno di ciascuno di loro in modo meccanico finché non appoggiò entrambe le mani al centro dei battenti. Mara sentì di nuovo il potere oltre quella porta muoversi, come richiamato dai gesti della loro improbabile guida.
“La prima Stanza della Memoria la attende, mia signora”.
Il portone si aprì, e furono investite da una luce bianchissima.



“Sono un emissario del sommo Kaspar, e lui ti ordina di venire con me, adesso”.
Ash sapeva che l’incarico di governatore del pianeta Dagobah non gli era stato dato per la sua intelligenza. E sapeva anche che la sua carica di Signore Oscuro serviva solo per far divertire gente grande-intelligente-importante come il governatore Tarkin o il governatore Saruman.
Però sapeva alcune regole importanti su come funzionasse la Galassia:
1) Kaspar è un pericolo pubblico.
2) I Ribelli sanno cucinare bene e fanno tantissime feste.
3) Mai far arrabbiare l’Imperatore.E la scena davanti ai suoi occhi faceva trillare quel piccolo campanello d’allarme che da tanto tempo era in disuso dentro al suo cervello; una persona che diceva di venire per ordine di Kaspar non poteva far altro che portare guai a non finire. Specie se era un uomo alto, dalle spalle enormi, pieno di cicatrici ed uno spadone grande quanto il suo proprietario. Soprattutto se la persona a cui stava dando ordini non era un qualsiasi imperiale, ma la povera Zachar.
Da quando si erano trovati insieme in isolamento su Dagobah, Ash non aveva mai visto la giovane maga sorridere; anzi, ad essere precisi non l’aveva mai vista senza delle lacrime che scendessero, in mostra o ben nascoste, lungo le sue guance. Tutte le volte che la invitava a giocare con lui o ad aiutarla a dare la caccia a qualche Pokémon delle paludi lei diceva che non se la sentiva, ringraziava l’offerta e poi se ne tornava nei suoi alloggi.
Zachar era la fidanzata di Kaspar, e da quando Ash la conosceva non aveva mai fatto altro che girargli intorno come un piccolo ed impaurito satellite intorno ad un grande e roboante pianeta. Lo aveva sempre seguito ovunque, ma da quando quel farabutto di Kaspar l’aveva abbandonata dopo l’ultimo complotto fallito non riusciva a distrarsi, e l’Imperatore l’aveva mandata su quella gran massa di acquitrini che era il pianeta Dagobah sia per punirla dei suoi fallimenti sia per staccarla dal pensiero fisso di Kaspar. Ed ecco che, proprio nella sua stanza, vi era stato uno strano sbuffo di magia oscura ed era comparso quell’uomo dallo sguardo truce che metteva ad Ash una gran paura. Non sapeva che Kaspar avesse sgherri di quel tipo.
Ma, conoscendo il mago, non sarebbe stato poi così improbabile.
“Kaspar vuole che tu mi segua oltre questo portale, Invocatrice. E, se lo conosci bene, sai che non ama ripetere due volte lo stesso ordine”.
“Ma … io …”
La ragazza sembrava ipnotizzata alla sola idea che Kaspar la volesse di nuovo al suo fianco.
“Ma perché …… lui non ……?”
“Lui ha mandato me e questo ti dovrebbe bastare”.
“Ti dovrebbe bastare a dire di NO!” fece Ash, sbucando dalla scrivania dietro cui si era nascosto “Zachar, quello lì ti ha abbandonata, no? E poi anche l’Imperatore dice sempre che di Kaspar non bisogna fidarsi!”.
Lo sguardo dell’uomo lo fulminò sul posto. Dietro degli occhiali che a tutto servivano fuorché per vedere, un solo occhio si muoveva libero. Il destro rimaneva nell’ombra, decorato da una cicatrice che lo rendeva ancora più cupo e pericoloso, e quello sfregio sul viso sembrava puntare proprio lui, Ash. Aveva parlato a sproposito. Oh, no, il governatore Tarkin dice sempre di non farlo!
Il comlink per segnalare la presenza dell’intruso alle guardie era andato fuori uso quando il soldato era apparso nella stanza; era atterrato sull’unica scrivania da lavoro della guarnigione ed aveva calpestato tutto ciò che vi era sotto i suoi stivali, ologramma compreso. E per quanto il suo cervello non fosse molto acuto, Ash sapeva che cercare di correre verso l’uscita sarebbe stato un enorme sbaglio. Rovistò nelle tasche, rendendosi conto che le sue Pokéball erano sul tavolo, proprio vicino all’uomo.
Zachar invece non sembrava agitata (certo, lei è una maga, sa lanciare le Palle di Fuoco! Io invece vorrei tanto non essere qui!). Tra le sue dita vi erano piccoli cristalli di ghiaccio, residuo del primo incantesimo che aveva tentato di lanciare allo sconosciuto comparso di fronte a lei da un portale pieno d’Oscurità. Ma al solo pronunciare il nome di Kaspar l’incantesimo si era sciolto, e della grande tempesta di ghiaccio non erano rimasti che pochi frammenti; minuscoli, sciolti, grondavano dalle sue dita formando una lieve pozza d’acqua. “Ti manda davvero lui?”.
L’uomo sbuffò “Certo, è la quinta volta che te lo ripeto. Ha bisogno che tu faccia qualcosa per lui!”.
“E tu …… come lo conosci?”.
“Signorina Invocatrice, Kaspar ha molti modi. Lui ed i miei signori, i saggi e potenti Membri dell’Organizzazione, hanno bisogno del tuo aiuto per una missione importante; Kaspar in persona mi ha detto di rivolgerti a te, perché di te si fida!”.
“Sì, si fida così tanto che la ha lasciata da sola!”.
Oops, aveva riparlato a sproposito …… Ash vide l’uomo impugnare lo spadone enorme che portava legato alle spalle e tornò nel suo mutismo.
“Ash, ti prego” fu Zachar a tirarlo fuori dai guai “Non ha importanza quello che è successo. Se questo signore ……”.
“Mi chiamo Auron” fece quello, senza però smuoversi.
“Se il signor Auron è un suo emissario e se dice che Kaspar si fida di me io DEVO andare!”.
“Ehi, Zachar, ma ……”
Assolutamente inutile. Augurò a se stesso di non innamorarsi mai a quel modo, perché quando alla maga veniva fatto il nome di Kaspar non ci capiva più nulla; e, cosa peggiore, l’Imperatore NON sarebbe stato contento di questa nuova visita imprevista. L’uomo fece un gesto con la mano, e davanti alla ragazza comparve di nuovo quella strana forma oscura che aveva accompagnato quell’Auron nella sua prima apparizione. E Zachar voleva entrare lì dentro? Ash si ricordò di quando era entrato in una buia caverna di Dagobah per riprendere il suo Bulbasaur ed erano rimasti due giorni senza trovare l’uscita, prigionieri in un’oscurità fissa, angosciante.
Doveva almeno provare a farla ragionare: “Zachar ma …… non vorrai entrare LI dentro, vero?”.
“Se vi è passato il signor Auron posso farlo anche io, no?”.
“Ma …… è buio!”
Lei si lasciò scappare un sorriso, il primo che vedeva da quando era atterrata lì “Se Kaspar ha bisogno di me lo faccio volentieri! E poi sai che so difendermi!”.
“E …… CHI LO SPIEGA A PAPA’ IMPE?”.
“Tu, Ash”.
Davanti agli occhi del ragazzo balenarono diverse condanne a morte eseguite per volontà del suo signore, e nessuna di quelle sembrava attirarlo più di tanto. Le parole per spiegarlo gli morirono in gola quando Zachar mise il primo piede dentro quella massa di buio e l’uomo dalle spalle larghe la sospingeva “Zachar, ASPETTA UN ATTIMO!”.
Tuffarsi dietro a quei due sarebbe stata una cosa davvero irragionevole e stupida.
Infatti fu ciò che fece Ash.
Senza ragionare sulla sua azione corse verso il tavolo, raccolse tutte le Pokéball che trovò a portata di mano, se le mise nelle tasche e nel cappello e corse verso la maga, allungando un braccio e cercando di fermarla. Ma lo slancio fu fin troppo eccessivo, perché se l’attimo prima si trovava con il corpo in mezzo a quella formazione oscura, nel momento successivo lui e Zachar erano sdraiati per terra in un luogo che non conoscevano.
Un palazzo tutto bianco, addirittura più scintillante del bagno di Saruman, capace di accecare gli occhi; erano in quella che sembrava un’anticamera, ma senza alcuna finestra, mobile o decorazione.
“Dove siamo?”.
“Questo, mia Invocatrice, è il Castello dell’Oblio. E’ qui che dovrai portare a termine la tua missione”.
“Kaspar è qui, da qualche parte?”.
“Sì”.
Ad Ash si gelò il sangue nelle vene; nessuno voleva trovarsi faccia a faccia con quel mago folle, men che mai voleva fare qualcosa per lui. Essere coinvolti in uno dei suoi rocamboleschi piani per conquistare il trono era l’ultima cosa che desiderasse. Zachar però non era dello stesso avviso, perché sulle sue labbra era apparso un gran sorriso “Allora andiamo, Kaspar non ama aspettare! Gli farò vedere che posso rendermi utile!”.
Il signor Auron non li stava ascoltando, ma stava armeggiando davanti all’unico portone della stanza, cercando di aprirlo. Ash si chiese come un uomo grande e grosso come lui stesse facendo tanti sforzi per aprire una semplice porta …… forse ha dimenticato le chiavi ……
“MALEDETTO MU!” fece Auron, con tanta violenza che i due sobbalzarono “COME HAI FATTO AD ENTRARE PER PRIMO?”. Ignorando chi fosse questo signor Mu, l’unica cosa su cui Ash si soffermò fu il pugno dell’uomo abbattersi sul portone senza lasciare nemmeno un segno o una scalfittura.

  
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