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Autore: ErinMalfoy    28/08/2011    2 recensioni
Se c'era una certezza nella sua vita, quella era la sua ossessione.
Per Draco Malfoy. Mezzosangue. Grifondoro.
Incofutabilmente bellissimo.

Eccomi con una nuova storia, forse bella forse no. Sta a voi decidere.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo uno, Obsession


Note dell'autrice
: Eccomi qui con una nuova fiction. Ovviamente Dramione.  So che ne ho già una in corso, a cui mancano 5 capitoli per essere conclusa, ma questa m'ispirava e ho deciso di pubblicarla comunque.
Probabilmente ne avete già lette parecchie così, ma ho deciso di capovolgere anch'io la situazione tra Draco ed Hermione. Lei, purosangue. Lui, mezzosangue. Spero che la mia storia vi piaccia. Buona lettura.






- Upside down world -





Obsession *






I wish there was a chance for 
You and me 
I wish you could find our 
Place to be 
Away from here 

This is pathetic 
And sardonic 
And sadistic 
And psychotic 







Il tiepido sole dell'alba filtrava nella sua stanza attraverso la finestra, quella mattina di fine Agosto.
Si svegliò con un cipiglio imbronciato, dovuto all'interruzione del suo sogno.
Che in certi momenti definiva incubo.
Sognava sempre quel bellissimo paio di occhi castani per tutta la notte.
Non riusciva a spiegarsi il perché di quell'immagine che le occupava assiduamente i pensieri.
Nel bene e nel male, quel ragazzo era diventato la sua ossessione.
Era capace con un solo gesto, un solo sguardo, di farla eccitare e di farle saltare i nervi.
Sempre così spavaldo, fiero. Così disgustosamente Grifondoro.
Nessuna sapeva di questo suo malsano e perverso interesse per lui.
Sua madre, Cornelia, si sarebbe portata una mano alla bocca nascondendo una smorfia.
Suo padre, Ettore, sarebbe impallidito per poi darle una punizione esemplare.
La sua migliore amica, Pansy, avrebbe fatto un risolino e si sarebbe prodigata in una lista di pro e contro del ragazzo.
I Serpeverde, l'avrebbero radiata dall'albo d'onore della casa, guardandola alla stregua di una Mezzosangue.

Questo era: un Mezzosangue.  
Un essere inferiore, dal sangue sporco. Impuro.

Ed era inammissibile che l'ultima discendente delle famiglie più importanti del mondo magico, Granger da parte di padre e Hamilton da parte di madre, fosse così attratta da un nato babbano, per di più Grifondoro.

Forse suo fratello l'avrebbe aiutata a far luce su quella strana sensazione allo stomaco che sentiva quando lo vedeva, che non le era causata nemmeno dal suo ragazzo, Theodore Nott. Il suo promesso sposo, si erano messi insieme, come volevano i genitori, e lei si preparava ad un matrimonio che l'avrebbe vista vincolata a vent'anni ad una bella vita. Bella, sfarzosa, elegante, elitaria, ma... triste. Voleva bene a Theodore, e sapeva che lui si era innamorato di lei già prima che venisse deciso il matrimonio, ma non riusciva a concederglisi completamente. Aveva avuto il suo corpo, il suo futuro, ma da tempo si era ripromessa di tenersi ben stretto il suo cuore.

Alcune volte li invidiava, loro, i Mezzosangue. I Grifondoro soprattutto. Potevano apertamente fare ciò che volevano, mostrarsi deboli, ma umani. Loro invece, i Serpeverde, chi per convinzione chi per sottomissione, celavano i loro pensieri e sentimenti dietro un'altera e fredda maschera d'impassibilità.

Così era sempre stato e così doveva continuare ad essere.

Ai suoi genitori non importava se la guerra era finita da un pezzo ed Harry Potter aveva sconfitto il Signore Oscuro alla fine del suo quarto anno. Continuavano a ritenersi superiori. Anche lei ne era sempre stata convinta, ma poi aveva cominciato ad osservare il  mezzosangue di sottecchi sempre di più, cercando un qualche motivo per odiarlo davvero. Semplicemente non ne aveva trovati. Certo era saccente e troppo altruista per i suoi gusti, ma non disponevamo forse del libero arbitrio? Forse il vero motivo per cui gli aveva sempre dato addosso più che ad altri mezzosangue era il fatto che riuscisse ad avere voti più alti dei suoi in quasi tutte le materie. Tranne ovviamente pozioni, insegnata dal suo adorato direttore di Casa. Era stato grazie a lui, che aveva avvisato i coniugi Granger del ritorno del Signore Oscuro, che erano potuti andare al Ministero e dare prova della propria innocenza prima che fosse troppo tardi.

Erano arrivisti, snob, razzisti. Ma almeno non cattivi come i Mangiamorte. E nonostante la freddezza che le riservassero in certe situazioni, soprattutto la madre, non poteva fare a meno di volergli un enorme bene.

Mentre si dava cento colpi di spazzola ai lunghi e flessuosi capelli biondi, quasi bianchi, i suoi pensieri tornarono al ragazzo che le aveva rubato la mente e - anche lei non era ancora a conoscenza, o forse non voleva semplicemente ammetterlo - il cuore.

Se c'era una certezza nella sua vita, quella era la sua ossessione.

Per Draco Malfoy. Mezzosangue. Grifondoro.


Incofutabilmente bellissimo
.



Dopo essersi vestita di tutto punto, con un morbido ed elegante vestito verde di seta, scese in sala da pranzo per la colazione. I suoi genitori ai capi opposti della tavola, lei e suo fratello di fronte, al centro.
Maximilian Granger era una delle poche persone a cui tenesse realmente. Avrebbe dato la vita per suo fratello. Erano gemelli, ma per un caso fortunato lei era nata qualche minuto prima di lui, e come da tradizione era erede dei 3/5 dell'enorme patrimonio di famiglia. Di certo, anche se secondogenito, suo fratello non avrebbe avuto problemi economici. Anche lui era stato promesso ad una ragazza, la rampolla della famiglia Greengrass, Daphne. I due però, non andavano particolarmente d'accordo, se non sul fatto che dovevano evitare quel matrimonio ad ogni costo. Hermione, sosteneva silenziosamente suo fratello, e avrebbe voluto un decimo della sua forza d'animo per potersi ribellare ai suoi genitori almeno in quel frangente. Tuttavia, non vi riusciva. Non voleva deluderli.

Dopo vari convenevoli, quali l'augurio di un buongiorno e altre futili domande, suo padre prese la parola.

- Credo che questo pomeriggio sia l'ideale per comprare a Diagon Alley il necessario per il vostro settimo anno - disse con tono calmo, disinteressato. - Si padre - risposero in coro i due, facendo un cenno rispettoso con il capo. Sapevano bene quanto fosse affezzionato alle buone maniere il loro padre, e cercavano in tutti i modi di compiacerlo. - Come procede con il giovane Nott, Hermione? - chiese, con un pizzico di curiosità che tradiva la voce impassibile. Hermione sapeva bene che era la sua preferita, allo stesso modo in cui Maximilian - Max, quando non erano con i genitori - era quello di sua madre. - Va tutto bene, padre - rispose tranquilla, alzando gli occhi dal piatto in segno di rispetto. - Sono contento - rispose quello, tagliando la conversazione prendendo una forchettata dalla colazione. Sapeva che il suo sarebbe stato un matrimonio d'interesse, voluto ad incrementare il patrimonio di famiglia. Gli era grata però per aver almeno scelto un suo amico, una persona con cui andasse d'accordo. Finita la colazione apparvero quattro elfi domestici, che sparecchiarono in silenzio, inchinandosi diverse volte mentre svolgevano il loro lavoro. Tra loro c'era la sua preferita, Tinky, a cui rivolse un sorriso. Il gesto, però, non sfuggì alla madre, che la guardò irata. - Hermione, cara, perché sorridi ad un elfo domestico? - chiese con voce melensa, con una scintilla di superiorità negli occhi. Non sapeva perché ce l'avesse con lei. Lei abbassò lo sguardo, senza rispondere. A volte era arrivata persino a pensare che la invidiasse perché lei era giovane, mentre nel suo volto iniziavano a comparire i primi segni del tempo. D'altronde poteva capirla. Una donna con il carattere superbo di sua madre, che era stata e continuava ad essere una bellissima donna, superata in bellezza dalla figlia non doveva prenderla proprio bene. Nonostante ciò, com'era possibile che non capisse che fosse la sua fotocopia? Aveva ereditato da lei i boccoli sinuosi che scendevano morbidi fino al sedere, gli zigomi alti - tipici della sua famiglia, il naso piccolo e all'insù, la corporatura esile, il seno prosperoso e sodo. Da suo padre aveva preso l'altezza, il carattere e il colore dei capelli - biondi come quelli della madre, ma più chiari, quasi albini - e gli occhi. Grigi. Rarissimi. Era coscente della propria bellezza, ma al contrario delle sue compagne di Casa era bella anche perché era semplice. Non riempiva la sua pelle di trucchi, tendeva ad essere leggera. Si vestiva in modo molto elegante, ma sobrio. Anche i gioielli che indossava erano si costosi e raffinati, ma non miravano a ostentare la sua ricchezza. In sintesi, tutta la popolazione maschile di Hogwarts - senza distinzioni di Casa o sangue - invidiavano Theodore per la sua fortuna. Tutti tranne lui. E la cosa bruciava non poco alla giovane ragazza. Si riteneva fortunata in un certo senso, poiché la sua prole sarebbe stata indubbiamente bellissima, almeno fisicamente. Theodore, per ogni ragazza - tranne forse che per lei - era un sogno. Alto, magro ma abbastanza muscoloso, con i capelli neri e ribelli che gli conferivano un'aria da bello e impossibile, il sorriso fantastico e dei fantastici occhi blu. Non poteva negare di essersi accaparrata il partito migliore negli eredi delle famiglie Purosangue più importanti. Ma c'era lui, il mezzosangue, che lei trovava più bello. La pelle come in stato di perenne abbronzatura, i capelli castani portati corti e scompigliati gli davano un'aria sexy, gli occhi castani erano forse ordinari, ma erano grandi e meravigliosamente espressivi. Insomma, in un mondo parallelo dove il sangue non contava, avrebbe sicuramente voluto lui. Sapeva che ciò non era possibile. Ma come poteva impedirsi di sognarlo?




*   *   *   *   *




Camminava a braccetto con suo fratello per le vie sempre affollate di Diagon Alley, quel 28 Agosto. C'era una sintonia tale, fra loro, che potevano sembrare fidanzati. La loro somiglianza sconvolgente, però, faceva scomparire ogni dubbio. Stessi capelli, stessi occhi, stesso sguardo, stesso portamento. Due gocce d'acqua. E lei, scherzosamente, diceva sempre che lui era la sua metà. Poiché pensava che una definizione così potesse essere attribuita più ad un fratello, che a un semplice ragazzo. Nella vita normale, questi ultimi vanno e vengono, ma in quella di una Purosangue - purtroppo - non era così. Ci si sposava tramite contratto, che poteva essere annullato solo dai genitori. I ragazzi, dunque, volenti o nolenti dovevano sottostare al volere dei loro genitori. Arrivarono in breve tempo al Ghirigoro, la libreria della cittadina, dopo pochi minuti, con le liste dei libri ripiegate infilate nelle tasche dei cappotti leggeri. A Londra, nonostante fosse estate, faceva un po' di freddo, e si erano quindi armati di trench leggeri. In più, non volevano dare troppo nell'occhio con i loro abiti costosi e poco adatti ad un normale pomeriggio di shopping. La loro madre diceva sempre che un Granger deve essere perfetto in ogni occasione, e quindi avevano indossato un completo elegante composto di pantaloni camicia e maglioncino lui e un vestito blu notte, non troppo leggero lei. Quando passavano, neanche fossero stati Voldemort in persona, la gente si spostava e le persone che conoscevano li salutavano con cenni rispettosi del capo e strette di mano. Hermione era stanca di tutta quella finta cortesia da parte degli amici dei loro genitori, e tirò suo fratello per trascinarlo in mezzo alla libreria affollata. Subito fu risucchiata dal suo mondo, quello dei libri, e fu attratta da un particolare libro che non aveva mai visto. Si intotolava Romeo e Giulietta. L'autore era William Shakespeare, ma lei non l'aveva mai sentito nominare. Lo aprì in una pagina a caso, e da ciò che lesse capì che era un libro babbano. Fece per posarlo, ma i suoi occhi si posarono su una frase. ' Ahimé, perché l'amore, di aspetto così gentile è poi, alla prova, così aspro e tiranno? '. Decise di comprarlo, ripromettendosi di stare bene attenta a casa a non metterlo nella grande biblioteca di famiglia che era al terzo piano dell'enorme maniero, per non suscitare l'ira di sua madre. Fu quando lo chiuse e fece per andare alla cassa che sentì una voce conosciuta. Una voce che amava e disprezzava allo stesso tempo. La sua voce. Quella del mezzosangue. - Leggi libri babbani, Granger? E da quando? - diceva in tono di scherno. Si girò, e piantò i suoi occhi in quelli del moro. - Non credo che siano affari tuoi, Mezzosangue - rispose freddamente, mentre quella fastidiosissima sensazione allo stomaco si faceva risentire dopo mesi. - Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l'oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, bel sole, e uccidi l'invidiosa luna già malata e livida di rabbia, perché tu, sua ancella, sei tanto più luminosa di lei. - fece, per poi aggiungere - Hai buon gusto Granger, devo ammetterlo! - Si dileguò così com'era comparso, mentre la ragazza istintivamente sorrise. Durante quell'estate si era fatto se possibile più bello. Cullata da questi pensieri sbatté però forte contro il muro della realtà. Lui era appena fuori dal negozio, girato di spalle, con un braccio intorno alla vita di Ginevra Weasley, la sorella della Donnola. Quell'anno, si ripromise, avrebbe fatto di tutto per farle vivere l'inferno. Non le erano mai piaciuti i Weasley, Purosangue si - ma straccioni. E di certo, una persona del suo rango, non frequentava gente simile. Gli unici che le stavano simpatici erano i gemelli, che l'avevano salvata da più di un estenuante ora di Storia della Magia con le loro formidabili pasticche vomitose. Pagò ed uscì. Trovò suo fratello lì vicino, che discuteva aspramente con Harry Potter, alias il Bambino - che - è - sopravvisuto - e - se  - ne - vanta-un-po'-troppo. Il migliore amico, insieme alla Donnola, del Mezzosangue. Del suo  mezzosangue, in un certo senso. Decise di intervenire mentre Potter si apprestava ad alzare una mano per tirare un pugno a suo fratello. - Azzardati a toccarlo, Potter, e ti disintegro - sibilò gelidamente. Suo fratello però, sembrava propenso alla rissa, e si mise in posizione d'attacco con i pugni tesi. Proruppe in una risata di scherno, e la ragazza perse il lume della ragione. Gli diede un bel gancio destro sul naso, per poi sorridere soddisfatta mentre vedeva uscire sangue dal naso del ragazzo. - Per fortuna non ho toccato il tuo sanguesporco - disse, prima di girarsi verso Malfoy e fargli un sorrisino ironico. Questi serrò la mascella dal nervoso, ma non disse niente. Prese suo fratello che ghignava compiaciuto sotto braccio e si allontanò, ma ad un certo punto sentì le gambe farsi molli. Aiutata dal fratello si girò, e vide Ginevra Weasley con la bacchetta ancora puntata su di lei. Fece per estrarre la sua, ma Maximilian la fermò. - Non ora - disse lapidario, guardando la gente che passava. Lei annuì, sussurrò un 'Finite Incantatem' sulle sue gambe e - per quanto i tacchi lo rendessero possibile - camminò a passo spedito verso la rossa, che ancora rideva. - Quest'anno sarò il tuo inferno personale, stracciona. Quant'è vero che mi chiamo Hermione Sofia Granger! - disse. Le lanciò un'ultima occhiata piena di disgusto e si allontanò con passo deciso, trascinando dietro il fratello che non faceva altro che guardarla di sottecchi. Ad un certo punto la ragazza esclamò - Max, ti devo dire una cosa - Lui annuì con il capo, facendole segno di proseguire. - Voglio che tu sia il capitano in seconda nella squadra - affermò decisa con un piccolo sorriso sul volto dalla carnagione chiarissima. - Sei diventata capitano? - chiese. Lei annuì. - E' fantastico Hermione. Perché non me l'hai detto prima? - continuò. - Perché non volevo che queste urla di gioia le sentisse nostra madre, sai quant'è suscettibile, specialmente in questi ultimi tempi - ammise, rabbuiandosi un poco. - Vedrai che è un periodo, dopodomani compie quarant'anni, si sentirà meno giovane - ipotizzò. - Già - disse lei troncando il discorso. - Ora sai che facciamo? - chiese, mentre si dirigeva verso un negozio un po' vecchiotto ma tirato a lucido. - Cosa? - chiese lui di rimando, con espressione furba. - Ci compriamo due belle scope nuove! Le nostre hanno già due anni! - esclamò, con ritrovato buon'umore. Dopo aver speso una piccola fortuna per le nuovissime Firebolt extreme uscite quell'anno, andarono verso una lussuosa gioielleria, a comprare il regalo per la madre. Alla fine optarono per dei pendenti con smeraldi incastonati Hermione e un collier di diamanti Maximilian. Tra i due, era forse il ragazzo quello che conosceva meglio i gusti di Jane Hamilton Granger. Risalirono sulla carrozza, accomodandosi sui divanetti di velluto verde scuro. Hermione guardò fuori dal finestrino per tutto il tempo. Ad un certo punto le venne in mente un'idea geniale, con la quale dar ufficialmente inizio alla sua vendetta. - Max, mi aiuteresti ad umiliare la Weasley? - chiese eccitata. Lui le scoccò un'occhiata in tralice, poi annuì. Iniziò a spiegarle il suo piano. Avrebbe dovuto smettere di insultarla e farsi trovare sempre di più a fissarla, per poi farla innamorare di se, portarsela a letto e umiliarla quando lei gli avrebbe detto di amarlo. Possibilmente, davanti i loro compagni. - Sei davvero perfida sorellina - fece quello. - Però caspita, andare a letto con una Weasley! - continuò. - Il sangue è puro almeno, e poi è solo un gioco - tagliò corto lei. Quella notte si addormentò con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mentre pensava ad altri modi in cui rovinare la vita alla ragazzina che l'aveva insultata e che - soprattutto - stava con la sua  ossessione. Il suo angelo tentatore. Il suo frutto proibito.
  
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