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Autore: Pichichi    29/08/2011    3 recensioni
La storia di un sentimento sbocciato naturalmente che sgomita per non essere soffocato, pur consapevole di essere solo di passaggio, alla stregua di un temporale estivo.
Ecco, Marianna percepì benissimo qual era la differenza: la bocca di Virginia non era né umida né ruvida come quella di Matteo e mentre le spingeva contro le proprie labbra Marianna la sentì schiudersi in modo del tutto naturale, nella stessa maniera di come fu facile per lei farci scivolare dentro la lingua. Ora l’elettricità che l’aveva tenuta in allerta si era rilasciata per tutto il suo corpo, assuefacendolo e donandole una piacevole sensazione di tranquillità, come fossero racchiuse in una bolla di sapone; c’erano solo lei e Virginia, nessun Francesco del Mastro, nessun ragazzo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Finalmente un po’ di sole.»
Filomena Stoduto sospirò di sollievo e rimboccandosi le maniche raccolse gli indumenti bagnati, appena usciti dalla lavatrice, in una bacinella azzurra. Aveva intravisto, fra le tende della cucina, il bagliore tenue del sole e le era sembrato un momento propizio per stendere il bucato. Uscì sul balcone con il pesante carico sottobraccio, avvolta in un giaccone, sentendosi un po’ ridicola nell’incrociare lo sguardo di un inquilino del palazzo opposto, il numero quattro. Sistemò lo stendi-panni e cominciò a disporre i vestiti l’uno accanto all’altro.
Il sole che era comparso da dietro le nuvole non riscaldava più di tanto: i suoi raggi erano deboli e pallidi, non intensi come quelli che emanava d’estate.
«Buongiorno!»
Filomena alzò lo sguardo di fronte a sé e smise di star curvata sulle mollette; si spostò una ciocca di capelli dalla fronte e disse:
«Buongiorno! Come state?»
«Tutto bene. Ha approfittato del sole per stendere i panni?»
Filomena si sentì subito a disagio: aveva sbagliato nel rivolgersi alla vicina dandole del voi. Mise su un sorriso accomodante.
«Sì, proprio così.»
Dopodiché continuò a pinzare i tessuti con le mollette, sperando che l’altra donna decidesse di rientrare; di tanto in tanto le lanciava qualche occhiata: erano così rare le volte in cui s’incrociavano, un po’ perché Filomena stava sempre ad occuparsi delle faccende di casa, un po’ perché pareva che la signora Placentino fosse spesso fuori e soggiornasse poco nell’appartamento, che ricordava a malapena com’era fatta.
Filomena la trovò subito bella e non poté evitare d’invidiarle il collo sottile, la collana che portava sul maglioncino e le mani affusolate ricoperte di anelli. Istintivamente nascose alla sua vista le proprie, più tozze e rese ruvide dal detersivo che usava abitualmente per lavare i piatti.
«Quest’anno non abbiamo avuto molto freddo» osservò la signora Placentino, dando uno sguardo al cielo.
«Già.»
Filomena continuava a sentirsi turbata dalla sua presenza e nei seguenti attimi di silenzio abbandonò il proprio bucato per cercare disperatamente qualcosa d’intelligente da dire.
«Virginia si è fatta proprio bella.»
La signora Placentino, che osservava il cielo con i gomiti sul davanzale, si riscosse e sorrise compiaciuta.
«Anche Marianna» replicò, «l’ultima volta che l’ho vista era già così alta.»
«Sì, crescono» sorrise Filomena, felice di aver catturato la sua attenzione.
In effetti la signora Placentino sembrò rifletterci su per qualche istante, perché aggiunse:
«Peccato che non le veda più insieme come prima.»
Filomena scrollò le spalle mentre pinzava un paio di calzini allo stendi-panni; in cuor suo aveva sempre saputo che la loro amicizia non sarebbe durata: Marianna avrebbe capito la differenza fra lei e l’amica, differenza palese e insanabile, evidente persino nel modo in cui la madre di Virginia teneva le mani penzoloni e l’osservava sorridendo cordiale. Filomena sapeva che dietro la cordialità faceva presto a comparire la compassione; non aggiunse altro, lasciando che l’altra si crogiolasse nei suoi pensieri.
«Marianna ha già scelto la scuola superiore?» chiese.
Filomena le gettò una rapida occhiata e lasciò cadere la maglia della figlia maggiore nel catino; si drizzò, tergendosi la fronte con la manica.
«Sì. Va alla ragioneria.»
«Ragioneria?»
«Sì. Ci piace la matematica.»
Filomena non osò rigirare la domanda, ma fu la signora stessa a soddisfare la sua curiosità.
«Virginia al liceo classico, invece. Avevamo anche pensato di mandarla a Foggia, ma poi mio marito ha detto che è troppo piccola per viaggiare. Speriamo bene.»
Filomena annuì senza condividere o comprendere appieno quello che aveva sentito; non avrebbe mai potuto permettere alle sue figlie di andare a scuola fuori dal paese.
«Certo, son sempre state amiche strette» commentò ancora la signora Placentino, «perché mai si saranno allontanate? Non capisco.»
Filomena le sorrise e si permise di mostrare compassione in quel gesto. Era un concetto così semplice e non riusciva a credere che l’altra non riuscisse a concepirlo, che non notasse la differenza.
«Sono ragazzi» concluse con un sospiro, piegandosi a raccogliere le ultime cose. «Succede.»
La signora non sembrava convinta, ma non replicò più. Quando Filomena ebbe terminato di stendere tutti i panni, disse:
«Sa, l’altro giorno ho trovato un pacchetto di sigarette nel giubbino di Virginia.»
«Ah sì?» Filomena sorrise con spontaneità. «Anche i vestiti di Marianna, da qualche tempo, hanno uno strano odore.»
«E poi non ricordo che avesse mai avuto questa passione per il profumo da doverne spruzzare un po’ dappertutto» rifletté.
La signora Placentino fece una risata allegra.
«Siamo sicure che non si frequentino più?»
L’altra si sistemò il giaccone e si strinse nelle spalle, rabbrividendo ad una folata di vento gelido; specularmente anche la sua vicina trasalì per il freddo. Insaccando la testa nel colletto del giubbino, Filomena si domandò se fossero realmente così diverse; se entrambe non seguissero con apprensione la crescita delle figlie, se entrambe non vegliassero su di loro allo stesso modo, se entrambe non si struggessero alla finestra in attesa del loro rientro notturno. Forse in questo erano molto simili, e non esisteva differenza.
«Non è ancora molto freddo, quest’anno.»
«No, infatti. Siamo quasi a dicembre e non ha ancora nevicato. Speriamo bene.»
«La pioggia rendeva l’aria umida. Ora si è alzato un vento secco.»
Filomena rabbrividì ancora.
«Alla prossima, signora Rosa» disse, rientrando.
«Arrivederci» la salutò questa, sparendo dietro le tende ricamate.
Filomena chiuse la prima imposta e diede un’occhiata al cielo; tirò anche l’altra anta e bloccò l’uscita, sentendo degli spifferi infilarsi sotto la porta. Cominciava già a fare freddo.
 
   
 
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