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Autore: Cheche    30/08/2011    4 recensioni
Immaginiamo che i nostri eroi siano nati circa ottocento anni fa invece che nella nostra epoca, proprio quando la Strega Eretica Arachne creò le prime Buki. Maka e i suoi amici si ritrovano nell’Alto Medioevo, su un’isola nell’Oceano Pacifico che oggi non esiste più, divisi tra loro dalle classi sociali: principi, giullari, briganti… Cosa succederà?
[SouMa - TsuStar - Kidx?] [Lievi OOC per rendere i personaggi più coerenti col periodo storico]
Sospeso per mancanza di ispirazione fino a data da destinarsi.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3: Il cavallo nero
 
 
 
Nella locanda, illuminata da una luce soffusa e rossastra, aleggiava un odore nauseabondo di alcool misto a puzzo di piscio. La gentaglia della città si ammassava in quel locale, spendendo in alcolici i pochi soldi che riuscivano ad accumulare attraverso furti e scommesse.
Black Star fece il suo ingresso avvolto in una pesante mantella lacera che nascondeva i suoi capelli azzurri e gettava un’ombra sul volto, che dimostrava non più di sedici anni. Non era mai entrato in un posto come quello, e non gli piaceva neppure un po’. Lo vedeva troppo indietro rispetto all’illustre sottoscritto. L’illustre sottoscritto, ovviamente, era lo stesso Black Star.
Lui era originario dall’Arcipelago di Fuoco, era figlio di due briganti a capo di una gang molto famosa in patria. Loro uccidevano la gente e la derubavano. Ma un giorno il governo mandò una squadra di soldati sulle tracce di quella gang e, trovandola riunita in una zona periferica di una città rurale, li sterminò tutti a suon di mazzate. Dopo che tutti i briganti furono morti, un soldato, un certo Sid Barrett, sentì strillare un neonato. Egli lo cercò e lo trovò sotto il corpo della madre, avvolto in un panno sporco del suo sangue ancora fresco. Quel neonato era Black Star.
Il piccolo fu preso in custodia da Sid stesso, che lo ospitò nella sua umile dimora per sedici lunghi anni. Ma c’era qualcosa che impedì a Black Star di affezionarsi a Sid e considerarlo un padre. Questo qualcosa era un sentimento che il ragazzo sentiva distintamente ogni volta che quell’uomo gli accarezzava la testa o gli inculcava fandonie sul suo passato. Una sensazione che noi conosciamo col nome di ‘pietà’. Veramente, Black Star non poteva sopportarlo.
Lui non era un orfanello malinconico, no, era un ragazzo allegro con una grande stima di sé stesso. Lui si sentiva grande, importante. Non doveva suscitare pietà, lui doveva incutere timore reverenziale. Effettivamente, nell’Arcipelago di Fuoco, a parte Sid e pochi altri, molti avevano paura di lui e lo odiavano. Questo perché lo riconoscevano come figlio di assassini a causa di un segno particolare, un marchio a fuoco a forma di stella sulla spalla destra, che lo contraddistingueva come membro di quella gang così tristemente celebre.
E lo insultavano quando passava per strada, lo prendevano a pietrate, troppo codardi per avvicinarglisi. Succedeva fin da quando era un innocuo bambino, che quando sentiva quegli insulti rivolti a lui non capiva neppure a cosa si riferissero. E viveva assillato dai dubbi, finché non venne a conoscenza delle sue origini.
Black Star odiava tutti e amava solo sé stesso.
Nessuno meritava la sua stima. Nessuno.
E alla luce del suo passato si poteva facilmente capire il perché.
In quegli ultimi anni si era dedicato alla ricerca di un modo per far capire la sua superiorità a tutti quegli esseri meschini e ignoranti. L’Arcipelago di Fuoco non era il posto adatto per attuare il suo piano, quindi fuggì, infilandosi nel carretto di uno scienziato straniero, un certo dottor Franken Stein. Questo proveniva da una lontana isola e si trovava lì per condurre le sue ricerche geografiche. Dentro al carretto c’era tutto quello che sarebbe servito a Black Star per il viaggio, ovvero delle coperte calde e numerose vivande. Fu così che il ragazzo, ben nascosto, mangiò e dormì per tutto il viaggio, stando bene attento a non fare rumore. Ma non immaginava di russare tanto forte quando dormiva. Infatti Stein si accorse ben presto si lui, ma non lo mosse, divertito dalla situazione. Chissà cosa pensa di fare questo ragazzino. Aveva pensato in quell’occasione lo scienziato, sorridendo. Che strano tipo. Sarebbe interessante studiarlo in laboratorio.
Fortunatamente per Black Star, quando furono arrivati a destinazione lui era sveglio e, alla prima occasione, fuggì inosservato dal carro andando ad infilarsi nei vicoli oscuri di Alamar.
E ora quello stesso ragazzo dal burrascoso passato si trovava in una delle locande più malfamate della contea, la Black Horse.
Black Star si sedette facendo meno rumore possibile su una sedia scheggiata, posta accanto ad un tavolo in un angolino buio del locale. Egli, per quanto non brillasse particolarmente d’intelligenza, sapeva benissimo che era meglio passare inosservati, in certe situazioni. Ordinò una birra, sebbene non avesse mai bevuto un alcolico in vita sua. Fece l’ordinazione a voce bassissima, sapendo di avere una voce particolarmente squillante per la sua età.
Aspettò la sua bevanda guardandosi intorno, mentre i suoi occhi grigi brillavano sotto il cappuccio liso. Che schifo di posto. Beh, del resto i veri grandi iniziano sempre dal basso. Si diceva, rassicurandosi da solo.
La sua attenzione fu attirata da un tavolo al centro della bettola. Attorno al tavolaccio rotondo sedevano alcuni vecchi mendicanti un poco brilli, che giocavano d’azzardo con certe carte talmente sudice da fare ripugnanza.
Black Star ascoltava i loro discorsi, attentamente, ma tentando di non farsi notare.
“Ehi, hai sentito? Pare che la contessina cerchi marito.”
“E a me che dovrebbe importare?”
“Mah, non so, forse potrei presentarmi.”
“E secondo te lei ti si piglierebbe? Ha sedici anni e tu cinquanta.”
“E allora? Piuttosto il problema è che tu sei uno straccione e lei è una riccastra.”
“Davvero, quanto mi sta sulle palle! Quasi quasi la rapino.”
“Ma figuriamoci. Ah, ho vinto, sganciate i quattrini.”
“Accidenti a te, Stan! Concedimi la rivincita!”
“Eh, no, troppo comodo così, eh eh!”
“Signore, ehi, signore!” Una voce femminile richiamò Black Star, che si voltò lentamente, incrociando gli occhi con quelli di una giovane oste dai capelli biondi. “La vostra birra.” Disse la ragazza, indicando il boccale ricolmo di birra schiumosa davanti a lui.
“Ah.” Commentò il ragazzo incappucciato, distrattamente. “Grazie, eh.” Aggiunse poi, afferrando frettolosamente il boccale freddo e umido. Appoggiò le labbra sul vetro spesso, ripensando a quello che aveva appena sentito. Una contessina sedicenne in cerca di un marito. Era veramente una notizia sensazionale. Se avesse sposato una fanciulla nobile e ricca come quella sarebbe sicuramente stato più vicino alla realizzazione del suo progetto di conquista del mondo. Bisognava festeggiare in qualche modo quella scoperta così succosa.
Così vuotò il boccale tutto d’un fiato e, dopo essersi pulito la bocca con una manica, urlò. “Oste! Un’altra birra!”
La voce squillante del ragazzo attirò vagamente l’attenzione dei presenti, che quando però videro quel tipo ammantato e assolutamente anonimo, non ci fecero più caso.
La graziosa oste portò al ragazzo un’altra birra, che lui le strappò di mano e si scolò prima che lei avesse il tempo di accorgersene.
“Un’altra!” Disse Black Star, sbattendo violentemente il boccale sul tavolaccio, facendolo tremare.
La ragazza scosse la testa. “Non mi pare il caso, signore. Non mi sembra che l’alcool vi faccia un buon effetto. Non vorrei che mi rivoltiate il locale…” Disse lei, con la sua voce vellutata.
Il ragazzo, ormai alticcio, le saltò al collo afferrandola per il bavero. “Vuoi che ti ammazzi?” Ringhiò minaccioso. La foga con cui Black Star aveva assalito la giovane oste fu tanta che il cappuccio della sua mantella gli ricadde alle spalle, scoprendo i capelli azzurri e gli occhi grigi e lustri per l’alcool.
La ragazza, intimorita, si liberò dalla presa di Black Star con uno strattone. Sembrava essere solo un ragazzo, ma la sua espressione era sinistra, e sotto lo sguardo di quegli occhi freddi e metallici lei si sentiva venire la pelle d’oca.
“Aiuto! Aiutatemi!” Stridette la fanciulla. “Quest’uomo vuole distruggermi il locale!”
I figuri che giocavano a carte si allarmarono. In piedi sembravano molto più grossi e imponenti, non parevano più dei vecchi raggrinziti. Di certo erano molto più grandi rispetto a Black Star, e l’ombra di uno solo di loro riusciva a coprire totalmente il ragazzo.
La ragazza osservò con un sorriso quei giganti che si avvicinavano al discolo. Lei era al sicuro. Avrebbero dato una punizione a quel ragazzo e lui non si sarebbe più fatto vedere. Ma non riusciva comunque a spiegarsi perché quel giovane non sembrasse per nulla spaventato da quegli omoni che incombevano su di lui. Un secondo dopo capì, e rabbrividì ancora di più. Con una forza sovrumana e ad una velocità impressionante, Black Star aveva annientato molti dei suoi avversari che, terrorizzati, se la davano a gambe, uscendo dal locale in fretta e furia.
La ragazza, accorgendosi che presto sarebbe rimasta sola, si imbucò dietro al bancone. Nascosta nell’ombra si sentiva un po’ più al sicuro, ma allo stesso tempo non sapeva quando sarebbe uscita fuori. Anche quando quello strano individuo proveniente da un altro pianeta se ne sarebbe andato, lei avrebbe comunque esitato a mettere la testa fuori per vedere lo scempio causato da lui. Avrebbe anche voluto tapparsi le orecchie per non sentire i tavoli frantumarsi in piogge di schegge e le urla degli uomini che venivano sbattuti qua e là, facendo gran fracasso.
Alla fine Black Star si ritrovò da solo nella locanda semidistrutta. Dopo tutto quel movimento, stranamente, non si sentiva neppure un po’ affaticato. Probabilmente tutta quell’adrenalina era dovuta all’alcool che scorreva nel suo corpo. Camminando tra le schegge di quelli che erano stati tavoli e sedie, si ritrovò vicino il bancone.
“Lo so che sei qui, donna.” Borbottò. “Avanti, esci fuori, cretina.”
Nessuna risposta.
“Non voglio ripeterlo.” Intimò Black Star, rivolto verso il bancone.
Ancora silenzio.
Il ragazzo sentì un’arteria pulsargli fastidiosamente sul collo. Raccolse da terra un attrezzo da scasso in ferro arrugginito, probabilmente perso da uno di quegli energumeni di prima. Quindi, con quell’oggetto colpì con violenza il bancone, che cedette in parte, distruggendosi in pezzi.
La ragazza strillò, mentre il suo vestito si copriva di nuove schegge acuminate.                       
Black Star la afferrò per i lunghi capelli biondi e la costrinse ad alzarsi. La giovane teneva gli occhi serrati. Non voleva vedere nulla. Si rifiutava di guardare in faccia quel criminale e di dover fare i conti con la tremenda visione di un locale ridotto in una montagna di segatura.
Il ragazzo ubriaco spinse la giovane oste contro il muro imbrattato di birra e, avvicinando il volto a quello di lei, sussurrò qualcosa, a pochi centimetri dal suo orecchio. “Se ora risponderai alle mie domande non ti farò nulla.”
La ragazza aprì immediatamente gli occhi verdi, trovandosi a fissare quelli grigi di quella specie di alieno. Ebbe la tentazione di urlare. Black Star aveva generalmente un’aria abbastanza innocua, ma ora che era totalmente ubriaco faceva proprio paura.
“Siss... Sissignore, ditemi.” Fece lei, con un filo di voce.
Black Star sorrise, compiaciuto, staccandosi lievemente dalla ragazza. In quel momento a lei parve quasi carino, rispetto a qualche secondo prima.
“Bene. Dimmi come si chiama la contessina di questa contea.”
“Si chiama… Si chiama Maka Albarn…” Balbettò la biondina, ancora schiacciata contro la parete.
Il ragazzo si avvicinò di nuovo alla giovane oste, tanto che lei ne poté sentire il respiro caldo sulla pelle, e l’odore dell’alcool le pizzicava le narici.
“E dove si trova il castello della contessina?” Domandò lui, a voce bassissima.
“Ma… Quello lo potete vedere tranquillamente, è sulla collina che sovrasta la città…” Rispose la ragazza.
Black Star digrignò i denti, mentre sul suo volto riappariva quell’espressione che tanto spaventava la giovane oste.
“Dammi una risposta precisa!” Sbottò lui. “Se continui a prendermi per il culo, finirò per farti davvero del male. Al culo, intendo.” Nel pronunciare quelle ultime parole, il ragazzo ghignò.
La ragazza rabbrividì per l’ennesima volta. Cosa intendeva? Voleva forse il suo corpo? No, questo proprio no, passi pure per il locale, ma quello non l’avrebbe mai accettato.
“Io… se volete la strada non la so…” Balbettò lei, sudando freddo. “Insomma, non ci sono mai stata…” Disse lei, preparandosi a sgusciare via non appena lui avesse provato ad alzarle un lembo della veste.
Ma lui non si mosse.
“Va bene. L’illustre sottoscritto ti concede il perdono e non ti torcerà un capello.” Disse, distogliendosi e lasciando che la ragazza si accasciasse contro il muro, finendo seduta sul pavimento freddo. “Se non lo sai non posso mica continuare ad insistere, no?”
La giovane oste lo fissò come se fosse un mostro a due teste. Si sentì di ringraziare Dio per avere creato gente così fessa che, se non fosse esistita, a quell’ora lei probabilmente avrebbe già perso la sua purezza.
A quel punto Black Star sentì qualcosa salirgli su per la gola. Senza neppure salutare la ragazza e scusarsi per la confusione creata, uscì fuori nel vicolo buio per vomitare l’anima.
Ora si sentiva un po’ più lucido di prima, mentre si asciugava la bocca con la manica del mantello logoro. Si voltò verso la luce pallida proveniente dalla porta ancora spalancata dell’osteria. La ragazza non si era affacciata e non l’avrebbe fatto neanche dopo. Devo averla proprio spaventata. C’era da aspettarselo, le aveva completamente distrutto il locale! Anzi, forse dovrei anche scusarmi, pensò Black Star. Rimase un attimo fermo, a meditare sul da farsi, mentre la testa gli martellava dolorosamente.
Alla fine decise di tornarsene nel suo vicoletto buio. Un grande come lui non aveva tempo di preoccuparsi di certe piccolezze. E poi, se avesse sposato la contessina come aveva intenzione di fare, sarebbe diventato così ricco che avrebbe potuto risarcire il locale a quella ragazza… Anzi, no! Le avrebbe dato un sacco di soldi in più, così da permetterle di costruire un locale bellissimo, talmente bello da diventare meta di tutti i nobili di Death Island. Il suo era un piano assolutamente geniale.
Con la testa pesante e gli occhi annebbiati, Black Star si avviò allegro verso il vicolo da cui proveniva, pensando che quella sarebbe stata sicuramente l’ultima notte che avrebbe passato tra la lordura. Non aveva dubbi che la contessina Maka l’avrebbe voluto come marito, convinto com’era lui di possedere un fascino senza pari.

Maka non si era ancora addormentata, quella notte. Il letto pungeva un po’ più del solito, irritando la sua pelle liscia e delicata. Ma in realtà quella era solo la causa a cui attribuiva quell’improvvisa insonnia. Non aveva mai avuto particolari problemi ad addormentarsi. Mai, in nessuna delle notti dei suoi sedici anni.
Se ne stava stesa nel suo enorme letto a baldacchino, con gli occhi chiusi, attendendo che Morfeo venisse ad abbracciarla per trascinarla tra le calde spire del sonno.
La verità era che si sentiva inquieta, pur non capendone il perché. Il suo dubbio, però, le fu chiarito presto. Accadde infatti che delle ancelle cominciassero a fare avanti e indietro proprio vicino alla porta della sua stanza, il che la irritò. Già aveva problemi ad addormentarsi per conto suo, ora dovevano mettercisi anche quelle donnicciole da poco, a fare casino?
Le parve anche di sentire strillare una di loro, come una gallinaccia, e le altre rispondere con lo stesso identico tono insopportabile.
Spazientita, Maka scese dal letto e si avvicinò alla porta con l’intenzione di urlare alle ancelle di fare meno baccano, quando improvvisamente udì qualcosa che la fece bloccare sul ciglio della porta. Pur strillando come delle matte, la contessina doveva ammettere che i pettegolezzi di quelle erano piuttosto interessanti. Ma nonostante questo, avrebbe preferito di gran lunga non sentirli.
Da quello che Maka aveva capito, era appena arrivata al castello una missiva direttamente da Re Shinigami, che annunciava un incontro prematrimoniale tra lei e il Principe Death the Kid, che sarebbe giunto il giorno dopo su una carrozza trainata da otto cavalli neri. Questo, almeno, era quello che lei aveva capito. Sperava seriamente di sbagliarsi.
Aveva sentito tanto parlare del Principe come un ragazzo bello, dai lineamenti nobili, educato, di classe, elegante e acculturato. In poche parole, il pretendente ideale per una come Maka. Ma se fino a qualche tempo prima l’idea di un possibile matrimonio combinato col Principe le avrebbe fatto fare i salti di gioia, ora la contessina si ritrovava perduta nell’abisso dello sconforto.
Sapeva che a suo padre uno come il principe Kid sarebbe andato a genio, anzi. O lui o nessun altro. Nessuno era degno di sposare la sua adorata figliola, ma per il principe si poteva fare un’eccezione.
Quindi il fidanzamento sarebbe stato ufficializzato e a breve si sarebbero celebrate le nozze. Sarebbe andata proprio così, ne era sicura. E Maka non voleva assolutamente, non si sentiva pronta per fare un passo così grande, non così presto.
Lei voleva solo continuare a vivere la sua vita come aveva sempre fatto fino a quel momento, tra litigi con suo padre, cene con nobili altezzosi e noiosi, leccornie che per venire servite costavano spesso la vita ai ciambellani, chiacchierate frivole con Tsubaki, cavalcate fino al tramonto, spettacoli coi giullari…
Voleva continuare così, non voleva diventare principessa e avere tante responsabilità. L’avrebbero sicuramente privata della maggior parte di quelle piccole cose che la rendevano felice.
Si accasciò, finendo a carponi per terra, fissando inespressiva le mattonelle rese appena visibili dallo spiraglio di luce proveniente dalla porta.
Il suo pensiero volò guidato dall’istinto e non dalla ragione, sorvolando tutto il resto, per posarsi soltanto sul ricordo di Soul, come una farfalla leggera si posa su un fiore.


Ed ecco l'entrata gloriosa e la successiva caduta di tono di Black Star! Spero di non averlo trattato male, ma credo sia da lui seminare distruzione con nonchalance, pensando con leggerezza che tutto si risolve perchè un big come lui può tutto xD
All'inizio c'era un pezzo che poi, dopo lunghe riflessioni ho deciso di togliere. Parlava di Arachne e Mosquito che discutevano di un piano segretissimo (questo pezzo si trovava tra la parte di Black Star e quella di Maka). Questo era perchè la storia all'inizio non era una AU, ma una What if...?! (e se i nostri eroi fossero nati nell'epoca in cui nacquero le prime buki? Vedete la frase di presentazione e tutto vi sembrerà chiaro, penso xD)
Comunque, spero che non siate troppo arrabbiati con Black Star per non apprezzare questo capitolo (non temete, avrà il trattamento che merita perchè, anche se lo maltratto, in fondo ci sono affezionata xD)
Ringrazio ancora quelle anime pie che hanno commentato il capitolo precedente, e spero di ricevere altrettanti commenti (se non di più, perchè no?)
Hope you like it!

PS: Ho deciso definitivamente di proseguire questa long. Oggi mi sono rimessa a scrivere da dove avevo interrotto. Spero possa farvi piacere!

  
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