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Autore: Ronnie02    30/08/2011    2 recensioni
Edward è un insegnante di piano nel liceo di Chicago e vive con la sorella Alice, medico di fama mondiale, e sua figlia Nessie.
Il suo problema? Si perde spesso nel passato, nella vita che aveva avuto con la sua... Bella. Ma dove si trova ora, il suo amore più grande?
Spero di avervi incuriositi!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ciao Gente!!! cOme state? 
Io sono troppo felice! Ho passato l'esame di matematica, ho preso un anello strafigo e ho passato il pomeriggio con la mia migliore amica, la ragione del mio sorriso xD
Ora, data la mia felicità vi ho voluto donare il capitolo, anche se ormai non conto più i giorni che sono passat dallo scorso aggiornamento. Perdonatemi immensamente!

Buona lettura!


Capitolo 4- Messer Jasper Withlock!

 


 Edward 

“Che devi dire a zia Alice?”, chiese Nessie mentre stava seduta in macchina per tornare a casa.
“Che ti importa, piccola ficcanaso?”, scherzai facendole il solletico con una mano e guidando con l’altra. Lei rise e tornò a canticchiare guardando fuori dal finestrino. Era bellissima.
Dopo qualche minuto arrivammo a casa e lei andò subito in camera sua a disegnare o a scrivere sul suo quaderno, forse. Io aspettai mia sorella, che mi aveva già chiamato dicendomi che stava per arrivare.
“Ciao bellissimi!”, salutò urlando a nessuno, vestita ancora da lavoro con la sua solita eleganza.
“Alice”, la chiamai dal divano con un tono di voce che di certo non le infondeva fiducia. “Vieni qui, forza”.
Lei mi guardò storto, come una ragazzina che non sa perché il padre la sta rimproverando. E in un certo senso era così.
“Che c’è?”.
“So benissimo che oggi Withlock ti ha ancora chiesto di uscire, lo vedo dal tuo sguardo e oggi Nessie mi ha detto che canticchi come un’adolescente in amore”, le dissi mettendomi anche a ridere dalla sua faccia colpita.
“Maledetta bambina impertinente!”, borbottò venendosi a sedere di fianco a me, e non esattamente nel modo più delicato di cui era capace.
“Va bene”.
“Cosa?”, chiese Alice, non capendo. In effetti nessuno avrebbe potuto capire, nemmeno una mente come quella di Alice.
“Va bene”.
“Va bene cosa, Edward?”, continuò mentre io ridacchiavo sentendomi, per una volta, più intelligente di lei. Cosa rara, dovevo dire.
“Va bene, puoi accettare il suo invito. E non voglio come risposta un no, Edward, davvero, non serve perché non me la bevo”, le dissi guardandola negli occhi. “Non eri così felice dal liceo e il lavoro ti sta uccidendo. E questo non era un permesso o un consiglio: era un ordine”.
“Ma…”.
“Niente ma, ora chiami l’ospedale, chiedi di lui e senza fregartene un cazzo di Bella, accetterai il suo invito. E se lei verrà qui, avrò un motivo in più per spaccarle quel bel visino che si ritrova”, conclusi alzandomi, prendendo il telefono dal tavolino e passandolelo.
“Tu sei un pazzo, ma…”.
“Lo chiamerai, uscirai con lui, ti divertirai e tornerai a casa. Non è difficile, Alice! E se succedesse qualcosa te ne devi fregare di me e mia figlia”, dissi facendole l’occhiolino. “Questa è la tua vita e devi viverla tu”.
“Farà un intervista qui a Chicago nei giorni in un cui il film sarà in pausa per problemi tecnici già annunciati, la prossima settimana. Tre giorni le basteranno per rovinarci la vita”, m’informò facendomi sbiancare. Cazzo!
“Oh… ma… ma questo non importa. No, Alice tu andrai a quell’appuntamento. Che arrivi!”, le risposi facendomi coraggio. Era ora di tirare fuori le unghie e graffiare la bella micina che mi aveva fatto male! Era ora di guarda in faccia alla realtà.
Lei sbuffò, fece il numero e andò in cucina, facendomi pensare un attimo.
La prossima settimana Bella… Isabella Marie Swan sarebbe venuta a Chicago e visto che di sicuro Withlock farà il gentiluomo portando mia sorella a casa, le basterà un semplice telefonata per sapere dove ci può trovare. Avrei potuto portare Nessie da Emmett, o perfino a Seattle da Esme e Carlisle, ma lei avrebbe fatto storie e combinato tanti di quei guai che me l’avrebbero ridata indietro. Ormai conoscevo mia figlia come se fossi io.
Quella piccola peste mi avrebbe fatto disperare!
Ma era anche giusto, e mi sarei divertito parecchio nel vedere Nessie guardare sua madre sulla porta e cominciare a urlarle dietro per cacciarla via. Sì, mi sarei potuto divertire!
“Domani sera non mi aspettare sveglio”, disse Alice sorridendo con le guance rosse mentre usciva dalla cucina, mi lanciava il telefono e andava in camera sua. Come una perfetta liceale in amore.
Bene, ora dovevo badare a due pesti!
 
 
Alice
 
Mi rintanai in camera mia, sorridente, come avessi sedici anni. Ma che diavolo mi stava succedendo?!
Jasper non aveva perso un secondo in questa settimana per chiedermi di uscire e sembrava scoppiare di gioia quando aveva sentito la mia voce al telefono chiedergli se era ancora libero.
Solo per lavoro, avevo specificato ma sapevo che lui, e forse nemmeno io, ci era cascato.
Jasper era bellissimo, con i capelli biondi e gli occhi marroni, alto e muscoloso. La sua voce era sempre dolce, non urlava mai e aveva il sorriso stampato sulla faccia ogni volta che lo incontravo.
Unico difetto: aveva un legame con quella stronza della mia ex migliore amica di Bella Swan.
Si vantava di conoscerla e diceva che era una delle donne più sagge e dolci che avesse mai conosciuto, ma io sapevo che era solo una delle tante facciate della Swan.
Bella… che le avrei detto se ci avesse trovato? Di sicuro non l’avrei abbracciata o chiesto scusa come quelle volte che litigavamo al liceo. Oh no, stavolta il perdono se lo doveva guadagnare.
Una chiamata arrivò sul mio telefono e mi preoccupai. Ero a casa perciò le uniche persone che di solito mi chiamavano sul telefono erano vicino a me. E Emmett non mi chiamava quasi mai.
Un numero sconosciuto. Che strano.
“Pronto?”.
“Sì, ciao Alice, sono Jasper”, mi disse una voce al telefono. Jasper? E che mi chiamava a fare qui se esisteva il cercapersone medico per le emergenze?
“Oh, è successo qualcosa? Devo arrivare?”, chiesi preoccupata.
“No, no tranquilla. Volevo chiederti solo delle cose… sai per domani”, mi disse quasi timido ed ero sicura che le sue guance si stavano imporporando.
“Oh, certo. Va bene”.
“Ok, allora… mangi la carne?”, mi chiese. Uh, un bravo detective.
“No, sono vegetariana Jasper”, risposi e sentendo una risata capii che aveva afferrato il motivo per cui io e la mia famiglia eravamo abbastanza pallidi. Perfino Nessie mangiava solo vegetariano ed ero fiera di lei.
“Poi… cinema o teatro?”.
“Teatro”. Amavo il teatro, era la mia vita. Certo al cinema gli effetti speciali erano migliori, le performance perfette, ma il talento di un attore si può provare solo con il teatro.
“Mangiare all’aperto o al chiuso?”.
“Al chiuso”. Quei terribili insettini sarebbero stati la mia rovina e mi facevano davvero schifo. Bleah!
“Bene. Giro in città o serata in casa?”. Uh, le cose si facevano interessanti.
“Assolutamente in casa”, specificai. Se la serata prevedeva cena vegetariana, spettacolo teatrale in tv e dolce nottata, la cosa poteva essere più che gradita.
Voglio dire, non ero una di quelle donne che sono in crisi di astinenza e pur di andare a letto con un uomo ruberebbero in grandi gioiellerie, ma non stavo con qualcuno da circa tre anni e la cosa era andata oltre l’inverosimile. Pure Edward mi aveva superato con le poche ragazze che aveva avuto in dieci anni prima di Victoria.
“Perfetto direi”, disse implicando che non gli servivano altre informazioni. “E scusa se ti ho disturbato, non ne avevo l’intenzione”.
E potevo sciogliermi come una ragazzetta inesperta? Sì, potevo. “Oh, ma figuarati…  ero proprio qui a fare niente aspettando sera per fare da mangiare…”.
“Alice?”, mi chiamò.
“Sì”.
“Guarda che sono le nove”, mi disse facendomi svegliare e, quando guardai l’ora per poco non svenni. “Oh, mio dio, Nessie!”.
“Chi?”.
“Mia nipote. Devo fare da mangiare… sai vivo con lei e mio fratello, suo padre e… o cazzo!”, urlai quando capii che gli avevo dato troppe informazioni. Cazzo, cazzo, cazzo! “Devo andare, ciao!”.
Misi giù il telefono e mi scaraventai in cucina, sotto lo sguardo stupito di Edward che, tranquillo, stava apparecchiando.
Se Bella gli avesse chiesto qualcosa, Jasper le avrebbe saputo dire dove abitavamo e soprattutto che il suo ex e la piccola vivevano qui.
 Merda!
“Alì, come mai così di fretta?”, mi chiese Edward ridendo.
“Sono le nove, emerito idiota!”, gli lanciai un occhiataccia. “Se Nessie non mangia entro le nove e un quarto sviene!”.
“Gli ho dato un pezzo di cioccolato prima perché aveva fame”, mi rispose tranquillo, andandola a chiamare.
Fiù! Meno male che esisteva Edward!
Tornai ai miei intrugli sui fornelli e lasciai che Edward e Nessie, entrando scherzando in cucina, si sedessero dove volevano. Poi terminai la cena e misi in tavola tutto.
Renesmèe non aveva fame, no… era semplicemente come un orso a cui avevano tolto la pappa da mesi! Un uragano che si spazzava via tutto in trenta secondi!
Quando finimmo lei se ne tornò in camera, per continuare ciò che stava disegnando prima, e io ed Edward sistemammo la cucina.
“Farai un figurone”, mi sorrise. Poi mi guardò maligno e capii che ciò che stava per dire non era, come prima, un semplice consiglio, ma un ordine. “Perciò metti il vestito rosso”.
Io arrossì e me ne andai, lasciandolo a sistemare da solo con un ghigno divertito. Non poteva farmi questo! Tutto, ma non quel vestito! Edward Cullen arriverà il giorno in cui mi pagherai tutte le malefatte che mi hai combinato!
 
Stare solo davanti allo specchio vestita così mi faceva impallidire. figuriamoci davanti a Jasper!
Il vestito che Edward mi aveva “consigliato” era un miniabito con una sola manica lunga, che era oltretutto aperta sulla spalle. La fine era oltremodo troppo vicina alla zona intoccabile e mi faceva sembrare un idiota. Perché mai un folletto come me doveva indossare una roba del genere!
Le scarpe poi erano nere con il tacco alto rosso come il vestito e la borsa era coordinata con le scarpe, visto che era nera e un po’ ribelle per le piccole borchie che aveva sui lati.
Ero orribile e mai mi sarei sognata di andare in giro così!
“Ti ci obbligo ad uscire così, ricordatelo”, mi disse Edward dalla porta, come se leggesse i miei pensieri. “Sei stupenda”.
“Sembro una troia”, protestai.
“Non dire cazzate, Alice, stai benissimo. Ora esci da questa camera e fatti vedere dal biondino che è fuori dalla porta ad aspettarti”.
“E’ già arrivato?”, mi stupii. Oddio, oddio, oddio! Non avrei mai fatto in tempo a cambiarmi.
Arrendendomi, misi anche il braccialetto che avevo posato di fianco alla borsa, presi un respiro profondo e uscii dalla camera, seguita da mio fratello.
Giù c’era Nessie, che mi guardava come se fossi un angelo vestito da bel diavoletto. “Zia, sei meravigliosa!”.
Oddio, oddio! Troppi complimenti mi avevano sempre mandato in ansia e ora dovevo pure aprire a Jasper. Maledetto Edward, questa me l’avrebbe pagata.
Andai alla porta e aprii. E bè… se io ero bella come dicevano, lui era un dio. Non era vestito elegante, ma solo con un maglioncino beige e dei jeans che lo rendevano stupendo.
Non avrei mai rivelato ad Edward di Jasper se quella piccola investigatrice dai capelli rossi non glielo avesse detto.  Credevo non mi capisse, che mi avrebbe detto che ero una pazza a tenere Jasper all’ospedale, ma dopo un attimo di panico mi aveva perfino obbligata ad uscire con lui.
Era un santo mio fratello, ci avrei giurato pure l’anima!
“Sei… bellissima”, balbettò Jasper facendo ridere Edward e sua figlia, ma arrossire me.
Uscii di fretta, per chiudere la porta, e lui mi fece salire elegantemente in macchina. Non so che macchina fosse, ma di sicuro era da riccastri fanatici. Magari gliel’aveva regalata il padre.
“Mettiamo un po’ di musica?”, chiese. Casa nostra non era lontano dal centro e di solito la musica si mette durante un lungo viaggio, no?
“Come vuoi”.
Mi sorrise, mettendo una mano sulla radio per accenderla, e una canzone totalmente pop si diffuse nell’aria. Non ne sapevo molto di musica, ma ero sicura che fosse una hit famosa, visto che dieci minuti dopo la rimandarono in un’altra stazione.
“Quanto manca?”, chiesi visto che il silenzio si stava facendo pesante e non volevo rovinare il vestito a furia di toccarlo, nervosa.
“Siamo arrivati”, parcheggiando davanti ad un ristorante che di romantico aveva ben poco, lasciandomi spiazzata. Che cazzo…?
“Vieni”, disse prendendomi per mano e trascinandomi dentro il locale, nel quale una bionda mozzafiato mi fece un cenno di saluto. O lo fece a Jasper?
“Tesoro!”, disse con un vocina da bambina che mi irritava alquanto, scostandosi i lisci capelli d’oro con una mano perfetta. Troppo perfetta.
“Rose! Come stai, sorella?”, la salutò lasciando la mia mano per baciarla sulla guancia.
“Bene, ma non ci intratteniamo troppo”, disse mandandolo via con la mano, scherzosamente. “Vedo che hai ospiti”.
“Sì, lei è Alice Cullen, una mia collega”, mi presentò. Collega… capo semmai. Withlock, stai perdendo punti.
“Piacere di conoscerti, Alice”
“Piacere mio”.
Lei sorrise, senza che ne capissi il motivo e poi ci spinse in fondo alla sala, dove c’era una porta stupenda, ricamata nel legno. Ci fece entrare e lì dentro c’era una sala completamente vuota, con pochi tavoli e una pista da ballo. Che cavolo…?
“Vi lascio soli”, disse sorridendo sotto i baffi andandosene.
Jasper la guardò male e mi fece sedere su uno dei primi tavoli vicino alla pista e accese la musica su una lenta melodia, che riconobbi come qualcosa di Debussy. Edward era così fissato con quell’autore che se fosse per lui avrebbe insegnato solo le sue musiche.
“Mi spiace, ma mia sorella è molto diffidente”.
“Che intendi dire, scusa?”, gli chiesi alzando un sopracciglio.
“Che di solito porto ragazze di altro genere qui, ma essendo l’unico posto che conosco in cui si fa buon cibo vegetariano non avevo scelta”, mi spiegò vergognandosi.
“Se un don Giovanni, Withlock?”, dissi chiamandolo per cognome, facendolo ridere.
“No, per niente. Anche perchè a volte non sono io quello che loro vogliono”, disse mettendo casualmente in un angolo della tavola il portafoglio. Bè… era bello pieno! “Mio padre mi ha viziato così tanto che anche se sono cambiato non riesce a capire che non voglio i suoi soldi. Ormai ci ha fatto l’abitudine e non gliene importa nemmeno tanto visto quelli che guadagna. Soprattutto da Bella Swan”.
Rabbrividì e lui mi guardò curioso. “Ordiniamo?”, chiesi evitando che mi chiedesse qualcosa in proposito. Ero brava a mentire, ma non si poteva mai sapere.
Annuì e richiamò sua sorella, prendendo da mangiare e da bere. Ordinò tutto lui, chiedendomi sempre con gli sguardi se andava bene e io accettai sempre.
Non ero molto esperta di cucina, mi ero dovuta arrangiare di fretta quando Edward e Nessie si trasferirono con me e non avevo mai provato a fare chissà che cosa. Era già tanto che non mangiassimo pizza ordinata tutti i giorni. Perciò lo lasciai fare.
Appena arrivarono le ordinazioni, guardandolo strano visto il poco tempo che avevano impiegato, cominciammo a mangiare e l’unica cosa di cui potevo parlare fu lavoro.
“Allora, ti trovi bene?”, gli chiesi mentre bevevo il vino che aveva ordinato.
“Sì, molto. È un buon posto di lavoro e finalmente sono fuori dalle grinfie dello spettacolo che mi volevano manager”, spiegò. “Ma a me la fama non è mai importata”.
“Ti capisco, sai? Tutti pensano che io adori essere la mente medica più acclamata al mondo, e invece a me importa solo dei miei pazienti”, risposi cercando di non farmi insultare visto che sembravo tutto tranne che non famosa. “Non sai quante volte ho pensato di abbassarmi perfino di livello”.
Lui rise, come se fosse una cosa molto stupida, ma io ci avevo pensato sul serio un sacco di volte.
“E così vivi con tuo fratello e sua figlia”, cominciò, facendomi andare in panico. “Non ha una famiglia? Deve stare da te?”.
“No, la madre della piccola l’ha abbandonato dopo il parto per… ecco per… problemi che non credo bene di aver capito. In fondo non sono affari miei, no?”, dissi nervosa. Lui lo notò e fece una faccia confusa.
“Come si chiama tuo fratello?”, chiese.
“Cosa?”.
“No, voglio dire... mi piacerebbe conoscere un po’ di più la tua famiglia, per conoscere meglio te”, si giustificò, ma non me la raccontava giusta.
“Bè, mio padre fa anche lui il medico, mentre mia madre insegna. O meglio, prima lo facevano, visto che ora sono in pensione. Li adoro”, feci la furba. “Mentre mio fratello è più piccolo di me di qualche anno, ma un tesoro. Infatti non mi capacito di come quella donna possa averlo lasciato”.
“La conoscevi?”.
“Non molto”, dissi sapendo di dire una mezza verità. Perché io non conoscevo più Bella Swan. Lei aveva lasciato Edward in un modo che non avevo mai capito, perciò non era vero che la conoscevo bene.
“So che a Bella piacerebbe avere figli”, mi raccontò facendo quasi sputare il poco vino che avevo ripreso a bere. Ma che cazzo stava dicendo? “Sai con questo ultimo film sta molto spesso con i piccoli attori ed è sempre con loro. Ce la vedrei bene come mamma”.
“Io per niente”, mi lasciai sfuggire a bassa voce. Ma Jasper mi aveva sentito perciò dovetti dare un motivo. “Voglio dire… la vedrei meglio in altri ruoli sociali… non so, come… bè, ce la vedrei bene come la donna di affari. Fredda e concentrata sui suoi ruoli”.
“Non so, sai?”.
“Oh, fidati. È un ruolo che le calzerebbe a pennello”, dissi fregandomene se avesse ricevuto la nota di amarezza e vendetta che avevo messo nella frase.
  Riprendemmo a mangiare, senza più dire una parola e alla fine lui si alzò e accese la musica.
“Mi concede questo ballo, direttrice?”, mi chiese divertito porgendomi la mano. Io sorrisi imbarazzata, ma alla fine accettai e mi alzai con lui per ballare un lento.
Era molto bravo a ballare, non c’è che dire, e mi faceva volare sulla pista con una grazia che poche volte avevo avuto.
Non che non fossi brava o aggraziata, ma il mio ruolo era sempre distaccato da ogni tipo di divertimento eccessivo. Non amavo andare in discoteca, fare shopping o uscire con mille uomini come a certe donne piaceva fare.
Ero sempre stata concentrata nello studio per la medicina e preferivo stare a casa che uscire a divertirmi o ubriacarmi. Tutto il contrario di quel pazzo del nostro amico Emmett.
“Che ti prende?”, mi chiese Jasper svegliandomi dai miei pensieri.
“Niente, lascia perdere”, dissi abbassando lo sguardo.
“Sei bellissima stasera, sai?”, si complimentò facendomi arrossire e diventare rossa come il mio vestito.
“Non c’era una fermata a teatro?”, chiesi curiosa, entrando in un campo minato. Se sospetti sul programma di un appuntamento, non farlo mai sapere a chi lo ha organizzato.
“Nah, quella era solo un’informazione a caso”, sorrise. “Sai, per il futuro, non si può mai sapere”.
“Oh”, annuii. Voleva una seconda uscita…
“Ti va di venire da me?”, chiese all’improvviso lasciandomi sorpresa e ferma sul posto.  Non che non me l’aspettassi, ma c’erano cose da definire, come il lavoro. Se fossi andata a letto con lui che ne sarebbe rimasta della mia autorità da direttrice e la mia credibilità verso gli altri impiegati?
“Io non so, Jasper… ecco…”.
“Non lo dirò a nessuno, lo giuro”, promise. “E non cambierà niente. O almeno al lavoro”.
“Va bene”.
Così mi fece fare un’altra capriola e mi fece segno di prendere i miei oggetti per uscire da quel posto. Era ovvio che non pagasse, visto che era di sua sorella il ristorante.
Uscimmo, salutando quella modella seduta all’entrata, e entrammo nella sua macchina. Il caldo che emanava riscaldatore dell’auto mi prese di sorpresa, ma vista la temperatura esterna evitai di chiedere a Jasper di abbassarlo.
Lui guidò senza dire una parola, ma tanto non bastarono cinque minuti che arrivammo a destinazione. Una casetta bianco-giallina vicino al verde parco di Chicago, con le inferiate in legno.
“Che carina”, commentai.
“Grazie”, disse aprendomi la portiera e facendomi scendere dall’auto, per poi accompagnarmi dentro casa.
Se fuori poteva sembrare una bella casina, dentro era decisamente una casa da ricchi. Mobili moderni fino al midollo ad un sicurissimo elevato prezzo erano posizionati in modo perfetto in tutta la casa.
“Ti piace?”.
“Oh, sì, molto graziosa”.
“Ti va qualcosa da bere?”.
“Ok”.
Mamma mia, un discorso meno imbarazzato non esisteva! Mi fece vedere la cucina, mentre lui si avvicinava al frigo per estrarre due birre fresche. No, non era il mio genere.
“Va bene anche l’acqua”, specificai.
“Acqua”, rise mettendo via la seconda birra per prendere una bottiglietta di acqua naturale. Perfetta.
La presi, ringraziandolo, e mentre ci sedevamo attorno al tavolo cominciammo a bere.
“Mi piacerebbe fartela conoscere, sai? So che andreste d’accordo”, mi disse ad un tratto.
“Cosa?”.
“Con Bella. In più lei mi aveva accennato di una sua vecchia amica di nome Alice. Sei sicura di non conoscerla?”, mi chiese stupito.
“Ci sono molte Alice al mondo, sai?”, ridacchiai, ma dentro stavo per dare di matto. Gli aveva parlato di me… e forse questa era solo una sua tattica per arrivare a Nessie.
Dovevo andarmene!
“Senti, Jasper è meglio che torni a casa, okay? Non mi sento molto bene”, finsi mentre prendevo il telefono per chiamare Edward.
“No, tranquilla, ti porto a casa io”, mi sorrise senza dire niente.
Bene, ero salva. Volevo solo andare a casa!
La tortura era finita.
 

...
Nota dell'autrice:
Il vestito rosso di cui tanto Edward è innamorato l'ho immaginato così! Alice in Red ---: 
http://www.polyvore.com/alice_for_jazz/set?id=35169143
 
  
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Il capitolo vi è piaciuto? come vi sembra questo Jazz? E Rose proprietaria di un ristorante vegetariano?

Baci, 
VampireMusic
   
 
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