Non chiedetemi cosa
mi convinse a portare Dandy (o quel ragazzo che somigliava così tanto a Dandy)
in macchina con me. Mentirei se vi dicessi che lo conoscevo meglio di chiunque
altro in quanto mio personaggio. La verità era che non lo conoscevo per niente,
se si escludevano tutte le avventure che aveva avuto e che io avevo disegnato…
ma soprattutto… lui era un personaggio
dei miei fumetti! Quindi praticamente inesistente nella realtà!
- A cosa pensi? – mi
chiese, con un sorriso a trentadue denti.
Io lo guardai con la
coda dell’occhio, per non distrarmi alla guida – Penso… penso che … che sia
impossibile che tu sia qui. Ma sto sognando? È un sogno? –
Lui scosse la testa.
– No no. Benvenuto nella realtà, tesoro. Ed io sono vivo e reale. Te l’avevo
pur detto che sarei arrivato alla vita, no? – concluse, con un sorriso
smagliante dei suoi ed una provocatoria alzata di sopracciglia.
- Sì ma… - non
trovavo le parole per descrivere un avvenimento di tale portata. – Ma come…? –
- Ti hanno già detto
che sei un rompiscatole? Ti fai troppe domande! – rise lui, sbarazzino e
frizzante. – Sii più rilassato, più free!
– lentamente portò il braccio dietro la mia nuca, ed iniziò a solleticarmi la
guancia con le sue mani perfette. Io non dissi nulla, ma ero visibilmente
eccitato ed al tempo stesso pieno di domande. Una fra le tante era la più
inquietante: che cacchio ci facevo in quella stazione di servizio, e da dove
partivo per tornare a Bologna?
Mi sforzavo di
ricordare, ma era come cercare di ricordarsi un bellissimo sogno proprio dopo
essersi svegliati. Inutile ed impossibile. Sapevo come mi chiamavo, sapevo dove
stavo andando, sapevo anche che stavo per finire spiaccicato in mezzo a due
camion, eppure non sapevo perché quel giorno mi trovavo in autostrada.
Continuavo a guidare,
con Dandy che mi accarezzava dietro la nuca, proprio come avrebbe fatto un
fidanzatino mentre l’altro guidava. Accese anche la radio, ed io vidi che le
trasmissioni erano le solite, che la data era quella e che non c’era nulla
fuori posto.
Neppure quando
giungemmo a Bologna, a mezzogiorno, nulla era cambiato. Causa il periodo estivo
c’erano poche auto in circolazione, però era tutto in ordine.
Ma al di là della
formale apparenza della realtà oggettiva, dentro di me c’era un istinto che mi
diceva che qualcosa non andava per il verso giusto. C’era qualcosa di strano,
inspiegabile, nella luce che aveva Bologna quel giorno. Era troppo
luminescente. Talmente troppo luminescente e ben tratteggiata che sembrava
quasi… un quadro dipinto.
Cercai di ignorare
quella sensazione, ma più percorrevo le strade che portavano a casa mia, più mi
riusciva difficile far finta di nulla.
- Dove stai andando?
– domandò ad un certo punto Dandy.
- A casa. Dove vuoi
che vada, sennò? –
- Pensavo avresti
voluto farmi vedere la città. – rispose lui, con un sorriso a trentadue denti.
Quel sorriso artefatto che soltanto i personaggi dei fumetti potevano avere.
- Dì un po’ – esordii
io – ma tu sorridi sempre, oppure soltanto quando vuoi ottenere qualcosa? –
Mi fece una linguaccia,
e rispose - Soltanto quando una persona
mi è simpatica e mi piace. Tu mi sei simpatico … e mi piaci! – esclamò,
aggrappandosi al mio collo e impedendomi la visuale mentre guidavo.
- Ehi!! Non fare lo
scemo! Sto guidando! – lo respinsi, prima di finire addosso ad un’auto ferma ad
un semaforo.
Lui ridacchiò
allegramente, divertito. – Sei carino quando ti arrabbi. – disse, tornando a
sedersi.
- Hmp. – bofonchiai
io, ritornando a concentrarmi sulla guida. – Allora, dov’è che vorresti andare?
–
- Non lo so! Fammi un
po’ vedere in giro, no? Sei tu che vivi qui, non io. Io vivo in un mondo di
carta, lo sai benissimo. –
- Ah già… certo. Me
n’ero scordato. – risposi, secco. Avrei dovuto essere felice e radioso di avere
un personaggio dei fumetti così bello e così dolce, invece mi sentivo
stranamente inquieto.
A sedare i miei dubbi
come una fucilata, intervenne la mia voce interiore, quella del
Donatello-sarcastico-e-cinico.
Che
ti prende, Old Boy? Non sai più riconoscere la realtà dalla fantasia? Adesso
hai un bel ragazzo al tuo fianco, almeno fai finta di comportarti bene, no?
Portalo a vedere San Luca, portalo in Piazza Maggiore… Portalo dove ti pare, ma
non preoccuparti. Non ti mangerà mica.
- E’ proprio di
quello che mi preoccupo. – mormorai.
- Cos’hai detto? –
domandò Dandy.
- Niente. Non
importa. – risposi.
E continuai a
guidare, diretto verso il Centro di Bologna.
- Uhhh, ma è stupeeendo! – esclamò Dandy, mentre
saltellando si godeva la vista di Piazza Maggiore. Io ero lì con le mani in
tasca ad osservarlo mentre si divertiva come un bambino, appagato ma al tempo
stesso inquieto. Possibile che Dandy Landy, il personaggio dei miei fumetti,
fosse diventato una persona umana? E com’era successo?
Mi guardai intorno,
come per cercare la risposta a questi interrogativi. Ciò che vidi fu la
normalissima gente che a quell’ora si intratteneva in Piazza Maggiore, ovvero
studenti, turisti, qualche coppietta che passeggiava… anche loro però, mi sembravano
strani. Era come se seguissero uno schema preciso nei movimenti, nel parlare,
nell’interagire con l’ambiente circostante. Le poche volte che uscivo di casa e
andavo in centro, vedevo parecchia tranquillità. Adesso mi sembrava di stare
sul set di un film, tanto che mi allontanai e mi andai a mettere in un angolo,
come per paura di essere nel bel mezzo del campo della cinepresa che stava
riprendendo tutto l’evento.
Proprio mentre mi
stavo allontanando, sopraggiunse Dandy che mi prese per il braccio e mi tirò a
sé.
- Amore! Dove vai? –
disse, schioccandomi un bacio sulla guancia. Io rimasi paralizzato
dall’imbarazzo nel venire baciato in quel modo da un ragazzo, e soprattutto con
un’esclamazione del genere, detta ad alta voce.
- Ngh! – esclamai io
dalla sorpresa, quindi mi voltai e lui mi abbracciò forte, mentre io cercavo di
divincolarmi.
- Che c’è? – mi
chiese, guardandomi con quei suoi occhi azzurri ed il suo solito sorriso
pulito.
- Cosa c’è? Ma … ma
dico, ti rendi conto di dove siamo? –
- A Bologna – rispose
lui, serafico. – E quindi? Non posso farti le coccole in pubblico? –
- No! – risposi io,
piuttosto imbarazzato. Ero rosso come un peperone.
Lui fece una faccia sconsolata,
come un cucciolo bastonato. – Perché? –
- P… perché… -
iniziai, senza trovare le parole giuste – P… perché … tu vedi forse qualcuno
qui in giro che fa come noi? –
Annuendo, lui rispose
– Certo! Guarda dietro di te. –
Lo guardai
sconcertato, come se fossi certo che mi stesse prendendo in giro. Con un’alzata
di spalle e gli occhi spalancati come per dire “prova se non ci credi”, Dandy
mi incitò a voltarmi.
Lentamente, mi
voltai, e vidi che dietro di me c’erano una, due, tre, quattro, almeno dieci
coppiette di bei ragazzi omosessuali. Camminavano tranquilli, si baciavano, si
tenevano mano nella mano, si scambiavano effusioni. Il tutto di fronte a coppie
etero e persone anziane e perfino bambini!
Inutile dire che
restai a bocca aperta a tale visione, non tanto per la visione in sé, quanto
per l’insolita concentrazione di ragazzi omosessuali senza che ci fosse un gay
pride.
- Allora, scetticone?
Sei soddisfatto? –
- C… C… c… - ebbi
solo la forza di spiccicare tre sillabe sconnesse.
Approfittando del mio
momento di temporanea incoscienza, Dandy mi prese e mi abbracciò forte, schioccandomi
un bacio sulle labbra talmente tanto forte da farmi quasi perdere i sensi.
Vedendo che non c’era nulla da temere, io mi sottomisi a tale scherzetto,
sentendo che pian piano il mio imbarazzo svaniva per lasciar posto ad una
bellissima sensazione. Quella di essere baciato da un bel ragazzo. Dopo qualche
secondo, Dandy si staccò e mi guardò negli occhi con quel suo sguardo
magnetico.
- Allora? –
- Possiamo… possiamo
davvero…? –
Lui annuì con un
sorriso.
- E’… è incredibile.
Mi sembra di vivere in un altro mondo. – dissi io, guardandomi intorno. Bologna
era nota per essere una città molto tollerante verso i gay, ma non pensavo fino
a questo punto.
- Dai, andiamo a fare
un altro giro. Questa volta voglio guidare io! – disse Dandy, prendendomi per
mano ed iniziando a saltellare verso Piazza San Petronio, dove c’erano ancora
più coppiette. Indubbiamente qualcosa di strano c’era, però se questa stranezza
era così bella, perché cercare risposte?
Mentre Dandy mi
tirava, sentii una mano toccarmi la spalla. Come qualcuno che mi chiamava. Mi
voltai. La mano che mi aveva toccato era un individuo in impermeabile nero,
tutto intabarrato nonostante il caldo, con un cappellino nero ed uno sguardo
penetrante, proprio come quello di Dandy. Vederlo mi inquietò un po’, ma mi
sarebbe bastato interpellare Dandy per aiutarmi.
- Dandy… D… - lo
chiamai, ma lui sembrò non ascoltarmi. Nel frattempo, il figuro in impermeabile
nero era scomparso.
Chi
era quello…? Domandai a me stesso, certo di non
conoscere la risposta. Intanto Dandy continuava a tirarmi per continuare il
giro turistico in quella città che già conoscevo ma che per lui era del tutto
nuova.