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Autore: AntheaMalec    01/09/2011    6 recensioni
Hermione Granger frequenta il settimo anno insieme a Ginevra Weasley, ma molte cose dopo la guerra sono cambiate e fra queste l'animo degli studenti di Hogwarts. Con loro, però, ci sarà anche Draco Malfoy. Cosa si cela dietro al Serpeverde?
***
Percepii un rumore di passi davanti a me, ma non me ne curai, sicura che fosse qualche studente o professore che si dirigeva in biblioteca.
Respiro affannato, un singhiozzo strozzato.
Mi fermai, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
Piedi trascinati sul pavimento, passi che si avvicinavano a me.
Un volto ancora celato dal buio, capelli biondi appiccicati alla fronte, testa bassa come a celare un segreto disegnato sul volto.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Panic

 

                         E se Draco Malfoy celasse una debolezza?                       

 

 

 

 

 

 

Lunedì.

Le facce stanche e afflitte dell’intero corpo studentesco si accingevano a fare colazione, pregando che la mattina passasse il più in fretta possibile.

Stavo fissando con svogliatezza il piatto ancora vuoto mentre Ginny continuava a sciorinarmi maledizioni di ogni genere sul nuovo professore di Difesa contro le Arti Oscure, il signor Howard Cardew, amico di vecchia data della preside.

«  Ed è quasi più spregevole del professor Piton, quasi, ovviamente. »

Borbottò lei, gesticolando affannosamente e rischiando di far cadere la brocca stracolma di succo di zucca.

« Le prime due ore del lunedì mattina a sentirci sgridare perché non abbiamo la schiena abbastanza dritta o non osserviamo con devota e minuziosa attenzione la nostra bacchetta! »

Sbuffò, prendendo un paio di biscotti al cioccolato e affogando il proprio dispiacere in essi.

Anche io avevo conosciuto il nuovo insegnante e nonostante, dovevo ammetterlo, fosse un po’ puntiglioso e rigido, insegnava i concetti in modo semplice e lineare.

Un ottimo insegnante, senza dubbio, ma aveva riscontrato subito l’antipatia di tutti  gli studenti assonnati e stanchi dopo il week end di pace.

I gufi incominciarono a planare portando la posta ai propri padroni.

Un gufo color crema si depositò vicino al mio piatto, allungando la zampa sottile alla quale era legata una piccola pergamena.

« E’ la nuova civetta di Harry, mi pare. »

Osservò Ginny, un po’ delusa dal fatto che il suo amato non avesse scritto anche a lei.

Slegai il nastro e lessi tutto d’un fiato il messaggio scritto con una grafia piccola e veloce.

« Cara Hermione, sono riuscito ad avere cinque minuti di pausa dall’allenamento Auror. 
Non pensavo potesse essere così difficile e Ron sta rimpiangendo le giornate a giocare a scacchi nella Sala Comune. 
Spero che tu stia bene e che Ginny non soffra troppo per la mia mancanza. 
Vi vogliamo bene;
Harry e Ron. »

Recitai ad alta voce mentre il viso della mia amica diventava sempre più ombroso e scioccato.

« La povera innocente Ginevra distrutta per la mancanza del Bambino Sopravvissuto, certamente! Ma chi si crede di essere? »

Sbottò, prendendo con una foga mai vista una fetta biscottata e spalmandoci sopra una marmellata all’arancia.

« Stupidi uomini, ingrati, insensibili… »

Incominciò, usando epiteti poco affettuosi per suo fratello ed il suo fidanzato.

Provai a mangiare qualcosa ma lasciai subito perdere sentendo lo stomaco chiuso per chissà quale motivo.

Mi alzai dalla panca, prendendo la borsa stracolma di libri e carta e issandomela sulla spalla.

Barcollai appena sotto quel peso su una sola parte del mio corpo.

« Ci vediamo a lezione. »

Dissi, mentre Ginny si strafogava ancora di succo di zucca e con una torta dal colore terrificante.

Osservai il mio orologio da polso e notai che mancava ancora qualche decina di minuti prima dell’inizio della lezione.

Non sapendo che cosa fare incominciai a gironzolare per la scuola, sapendo ormai tutte le strade che quel castello celava.

Salii un paio di rampe e mi ritrovai davanti all’aula di Difesa.

Anche il mio inconscio voleva farmi studiare?

Ghignai, sedendomi per terra, vicino alla porta dell’aula, ancora chiusa.

Storia di Hogwarts giaceva placidamente sulle mie gambe mentre il silenzio inondava le mie orecchie, infondendomi una calma incredibile.

« Nel 993 D.C. Salazar Serpeverde, Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso e Cosetta Corvonero decisero di fondare una Scuola di Magia. »

 Incominciai a leggere a bassa voce, passando i polpastrelli sulla carta opaca e ingiallita del libro.

« La costruirono in un castello, ben riparato dagli indesiderati sguardi dei Babbani, dove vi sono numerosissimi corridoi e scale, a cui piace cambiare posizione. »

Tirai un momento su lo sguardo e notai che gli studenti incominciavano ad arrivare producendo un chiacchiericcio fastidioso.

Chiusi il libro e lo rimisi diligentemente nella borsa già piena.

Dov’era Ginny?

La cercai, ma la sua chioma rossa sembrava essere invisibile tra tutta quella marmaglia.

Mentre mi facevo spazio tra gli studenti che parlottavano immusoniti dei prossimi punti tolti dal nuovo professore, i miei occhi si scontrarono con una chioma decisamente troppo bionda, che stava vicino al muro, solo.

Sembrava stare molto meglio del giorno precedente e quasi dubitai di aver visto veramente lui in quel corridoio.

Probabilmente era solamente malato, mi convinsi.

Passai oltre ai quei pensieri e continuai la mia ricerca, senza successo.

Di Ginevra nemmeno l’ombra.

Il professor Cardew arrivò con passo elegante, avvolto nel consueto mantello nero.

La sua figura aveva un che di austero che richiamava anticamente la  tenebrosità del professor Piton.

« Serpeverde e Grifondoro in aula! »

Borbottò, rimanendo in disparte intanto che tutti i miei compagni entravano in classe e si sedevano ai banchi, Grifondoro a sinistra e Serpeverde a destra.

Con passo sicuro mi diressi verso la prima fila e posizionai inchiostro, piuma, pergamena e bacchetta sul tavolo di legno.

« Oggi impareremo un nuovo incantesimo: L’incanto Patronus, dal latino “aspetto un protettore”. »

Arrivò vicino alla cattedra e si girò, muovendo agilmente la bacchetta.

La Cioccorana di Mark, un Grifone con la testa sempre tra le nuvole, scomparve con un leggero pop, facendo, però, comparire sul suo volto la solita faccia colpevole.

« Signor Wilson, devo credere che la mia lezione incomincia ad annoiarla già da ora? »

« No, nossignore, non potrebbe mai. »

« Che non ricapiti più, cinque punti in meno a Grifondoro. E dritto con quella schiena! »

Automaticamente raddrizzai anche la mia schiena e scarabocchiai appunti sulla carta.

Sapevo già come si evocava un Patronus, la mia lontra era rimasta fedelmente al mio fianco quando avevo combattuto contro i Dissennatori e non avevo alcuna paura di come avrei affrontato la lezione.

Eccellente, come sempre.

« Dicevo, l’incanto Patronus è un incantesimo molto complesso, che richiede estrema concentrazione. Consiste nell'evocare tramite la bacchetta magica una figura argentea, che difenderà l'evocatore per tutto il tempo in cui quest'ultimo resterà concentrato sul proprio intenso ricordo felice. Il Patronus può manifestarsi sotto forma di nebbiolina argentea, o sotto una forma definita: in tal caso si parla di "Patronus Corporeo". »

La mia mano si muoveva febbrile per incidere tutte le parole che uscivano senza nessun freno dalla bocca del professore.

« Ora, qualcuno di voi è capace di evocarne uno? »

Alzai subito la mano, contenta di poter dimostrare per l’ennesima volta quanto potessi conoscere nonostante le mie origini di nata Babbana.

Gli occhi scuri dell’insegnante si posarono su di me.

« Bene, signorina Granger, può darcene una dimostrazione? »

Il corpo appoggiato alla scrivania e le braccia incrociate.

Mi alzai dalla mia panca e mi spazzolai la gonna lunga, sentendo tutti gli occhi puntati sulla mia figura.

A disagio, per la prima volta.

Mi posizionai davanti a tutta la schiera di banchi e mi rigirai la bacchetta tra le dita leggermente umide di sudore.

« Signorina, vorrei poter far esercitare anche gli altri studenti prima della fine dell’ora. »

« Certo, signore. »

Presi un profondo respiro e mi concentrai su un ricordo felice.

Le braccia di Ron che mi tenevano stretta mentre il rumore degli incantesimi sembrava spazzare via ogni cosa.
Un bacio disperato, labbra contro labbra, con i denti che si scontravano per tutti i sentimenti che galoppavano senza ragione dentro di noi.
Pensieri tristi, dentro la testa e quell’unico appiglio di felicità a cui aggrapparsi.
Gli occhi azzurri socchiusi, come a voler imprimere quel momento per sempre nella mente.
Uno sfiorarsi di pochi secondi e poi il ritorno alla battaglia, con la speranza nei lineamenti stanchi del viso.
Non essere soli, nonostante la morte incombente.

« Expecto Patronum! »

Sillabai, puntando la bacchetta in aria.

Un lieve sbuffo di fumo bianco perlaceo e poi nulla.

Nulla.

I miei occhi si fecero vitrei per un momento nel vedere il fallimento evidente del mio incantesimo.

Bisbigli maligni dalla parte dei Serpeverde, sussurri sbalorditi da parte dei Grifondoro.

Hermione Granger che non riesce a produrre un incanto.

Mi prese il panico. Guardai spaventata il professore che si dimostrò più gentile del solito.

« Signorina Granger, è sicura di aver rivissuto un ricordo felice? »

No.

Ed in quel momento capii il mio errore.

Occorreva un ricordo molto felice e dopo il mio bacio con Ron la situazione era cambiata.


Consapevoli.

Consapevoli di non essere le persone giuste per formare una coppia.
Un sorriso, alla fine della guerra, a confermare che ciò che era accaduto fra di noi  era comandato soltanto dalla debolezza della battaglia, che forse ci avrebbe visti perdenti o, ancora peggio, morti.
« Sapevamo come sarebbe finita. »
Dissi, seduta sugli scalini distrutti di una Hogwarts ancora in fiamme.
« Lo sapevamo. »
Rispose lui, passando una mano nei miei capelli arruffati, in un muto gesto di affetto.

« Posso riprovare? »

Chiesi, non lasciando trasparire il mio timore.

« Certamente. »

Passai lo sguardo su tutta la classe e ogni singola persona ricambiava il mio sguardo.

Finti amici.

Arrivata all’ultimo banco dell’ultima fila a destra.

Una testa bionda era china a fissare il banco, scrivendo ininterrottamente su una sua pergamena, non rivolgendo la propria attenzione a me.


«
Hermione, figlia mia! »
Mia madre, commossa, mi stritolava facendomi quasi faticare a respirare.
Papà mi fissava da poco lontano, le braccia abbandonate lunghi i fianchi e gli occhi leggermente lucidi.
Avevo avuto il permesso dal Ministero per far ritornare la memoria alla mia famiglia ed il miscuglio di emozioni non mi faceva nemmeno parlare.
Mamma, che era sempre stata la prima a mostrarmi il suo affetto, alla mia vista aveva assunto un colore rosato in viso ed aveva incominciato a piangere così forte da incespicare nei suoi stessi singhiozzi.
Papà, invece, era un uomo che non mostrava mai i suoi sentimenti alle persone intorno a lui e poche volte lo avevo sentito confidare a sua moglie l’amore che provava per lei.
Felice di poter far parte nuovamente di una famiglia.
Desiderosa di crearne anche io una, un giorno.

Chiusi gli occhi, sentendo affluire come un fiume in piena, ogni singolo ricordo che mi aveva stretto il cuore in una morsa speciale, spontanea.


I piedi piccoli stretti in delle scarpine scure, abbinate alla divisa troppo larga e rigida che camminavano sul prato bagnato di rugiada.

Gli occhi curiosi che fissavano incantati l’enorme castello che si estendeva a perdita d’occhio davanti al Lago Nero.
Il mio primo giorno ad Hogwarts.
Ero sola mentre tutti chiacchieravano tra loro, cercando di non cedere al panico.
Io ero solamente affascinata da tutto quello.
Bello, magico.
Anche io avevo trovato un posto in cui poter essere me stessa.

« Expecto Patronum! »

Ripetei e finalmente la mia lontra apparve dalla punta della mia bacchetta, girandomi intorno felice.

Sorrisi mentre il professore mi faceva cenno di tornare a posto.

« Esatto, ragazzi. Questo è un Patronus, una lontra. Per evocare un Patronus dovete pensare al ricordo più felice che avete e pronunciare le parole Expecto Patronum. Forza, spostate i banchi e provate! »

Mossi lentamente la bacchetta e feci appoggiare il mio banco vicino al muro, in modo tale da avere lo spazio necessario per far librare la mia lontra in aria.

Mi misi un po’ in disparte, lasciando lo spazio a chi ne aveva più bisogno.

Guardai i miei compagni di corso che non riuscivano a far apparire altro che rari sprazzi di fumo.

Il gruppo E.S. che avevamo fondato al quinto anno aveva dato i suoi risultati, almeno.

Prima di essere scoperti dalla squadra di Inquisizione con a capo Draco Malfoy.

A quel pensiero irritante la mia attenzione si spostò su di lui che stava pochi centimetri lontano da me e sbatteva la bacchetta in maniera buffa.

Lo sguardo fisso davanti a sé, l’espressione irritata.

Sorrisi nel vederlo in difficoltà.

Aveva una postura rigida, con le spalle dritte e la camicia bianca troppo larga per lui, come a rimarcare quanto fosse diventato magro.

Il maglione sembrava essere stato torturato più volte e la cravatta era diligentemente stretta intorno al collo.

Come un cappio troppo stretto al collo dei processati.

« Expetto Patronom! »

Sussurrò lui, mentre agitava convulsamente la stecca di legno.

I capelli gli si ammucchiarono disordinatamente sulla fronte quando lui spostò la testa, sbuffando.

Gli occhi chiari assottigliati in una smorfia infastidita per i continui fallimenti, la pelle pallida, quasi traslucida che, in alcuni punti, mostrava il percorso di piccole vene blu dove scorreva il purissimo sangue di cui andava tanto fiero.

Mi persi scioccamente a fissarlo come se fosse un libro nuovo a cui non avevo mai mostrato particolare attenzione.

Mi chiesi dove fosse quella traccia di stanchezza che possedeva il suo viso lo scorso pomeriggio, in corridoio.

Non si curava così in fretta, una malattia.

Però il suo volto portava ancora il riflesso stonato di una sofferenza, probabilmente erano le occhiaie violacee che circondavano i suoi occhi, evidenziandone il colore particolare.

Cosa celava Draco Malfoy?

Per un attimo quella domanda mi destabilizzò, facendo sparire il mio Patronus.

« Si può sapere che cosa vuoi, Mezzosangue? »

 Guardai il suo viso rivolto verso di me, una traccia disgustata sulle labbra.

« Chi ti ha detto che io voglia qualcosa, Malfoy? »

« Il fatto che continui a fissarmi da minuti interi. Devi fare la maestrina anche con me, Mezzosangue? Non ti sei già messa abbastanza in rilievo, per oggi? »

Mandai giù il boccone amaro, sentendolo bruciare nell’esofago.

Era sempre lo stesso ragazzo di prima.

« Infatti, Malfoy, stai sbagliando come sempre. La formula è Expecto Patronum e tu sbagli pronuncia. »

Lo vidi serrare i denti e girarsi dall’altra parte.

« Expecto Patronum! »

Niente.

Nemmeno uno sbuffo di fumo.

Eppure, questa volta aveva pronunciato le parole correttamente e la bacchetta aveva la giusta inclinazione.

Era un problema di pensieri.

« Stai pensando ad un episodio felice? »

Mi diedi della stupida per aver instaurato ancora una volta una conversazione non voluta da entrambi.

« Certo che lo sto facendo. »

« Evidentemente non è abbastanza. »

« Evidentemente nessuno te l’ha chiesto, so tutto io. »

« Non sei cambiato affatto, Malfoy, sei sempre il viscido Serpeverde che non sa stare al suo posto. »

« Nessuno e niente può cambiare le persone, Granger. Nemmeno la guerra. »

Restai in silenzio dopo quell’affermazione tagliente.

Non era vero.

La guerra cambiava e molte persone avevano assaggiato questo cambiamento sulla propria pelle.

E la morte, la morte non cambiava le cose?

Cercai di osservare i suoi occhi, per capire se lo pensava davvero o fosse solo una frase fatta, ma le sue iridi sembravano fuggire continuamente a qualunque sguardo.

Il professore arrivò vicino a Malfoy, scrutandolo attentamente.

« Non sei riuscito a creare un Patronus? »

« No, signore. »

« Ti stai concentrando, Malfoy? »

« Sì, signore. »

Le risposte dure, di chi vorrebbe trovarsi in qualunque altro posto meno che in quello dove risiede.

« Magari stai sbagliando qualcosa con la pronuncia…  »

Prima che potessi tapparmi la bocca, le parole uscirono senza sosta e senza motivo.

« No, professore, non è un problema di formula. »

L’attenzione del Serpeverde e dell’insegnante piombarono su di me.

« Come dice, signorina Granger? »

« Non è un problema di formula e nemmeno di gestualità. Ha solo bisogno di provare continuamente. »

L’interesse del professore calò ancora su Malfoy.

« Eppure tuo padre diceva che fossi un ottimo duellante. »

Capii subito che quelle parole non sarebbero state di nessun aiuto ma, anzi, avrebbero peggiorato irrimediabilmente la situazione.

La schiena irrigidita, lo sguardo perso nel vuoto.

Draco Malfoy era stato pugnalato a sorpresa.

« Ho solo bisogno di esercitarmi, signore. »

Il professor Cardew se ne andò, lasciando dietro di sé un velo di tensione non indifferente.

Malfoy si girò verso di me, furioso.

« Potevi risparmiarti la tua opera di gentilezza, Sangue Sporco, non ho bisogno di favori da nessuno, tanto meno da te. Non ho bisogno di difese e la prossima volta pensaci bene prima di rivolgermi ancora la parola. Le so tutto io mi provocano l’emicrania. »

Si girò di spalle, provando insieme agli altri l’incantesimo e non potendomi dar modo di replicare.

Alcuni animali incominciarono a volare per l’aula, ma io me ne accorsi a malapena, tant’era lo sbigottimento dovuto a quella risposta.

Freddo, come in tutti quei sette anni.

Cattivo, perché non sapeva cosa volevano dire le parole gentilezza e affetto.

Meschino, come ogni Serpeverde che si rispetti.

Il suo silenzio dall’inizio della scuola era stata solo una copertura per celare la cattiveria che ancora fluiva in lui.

Degno figlio di suo padre.

Alla fine della lezione gli studenti uscirono in massa dalla stanza e si sparpagliarono per i vari corridoi, in attesa della prossima lezione.

Draco Malfoy si diresse quasi correndo giù per le scale che portavano alla Sala d’Ingresso.

Non c’erano aule, lì sotto, ma solo il corridoio che portava in Infermeria.

E poi la certezza, piena e completa, che quasi mi fece capitolare a terra.

Seguii la sua figura allontanarsi e poi presi la mia strada per Astronomia.

Nessuno aveva superato la guerra, nessuno voleva perdonare.

Nemmeno Draco Malfoy era uscito immune da quel disastro.

   
 
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