Panic
E
se Draco Malfoy
celasse una debolezza?
I libri stretti al
petto, il passo lento e deciso, il volto imperscrutabile e pulito.
Gli studenti di Hogwarts erano cambiati
dopo la guerra e
l’armonia e la familiarità del castello era stata
in qualche modo rotta, o
almeno incrinata.
Alcune porzioni del
maniero erano ancora inaccessibili a causa degli incantesimi che
avevano
colpito, e quindi fatto crollare, le antiche mura di pietra.
Quando il Ministero
della Magia aveva offerto a tutto il gruppo del settimo anno la
possibilità di
ritornare a studiare e prendere così i M.A.G.O. tutti avevano osservato il
Ministro della
Magia con sguardo tra il sorpreso e il disgustato, per poi declinare la
gentile
offerta con più o meno eleganza.
Harry e Ron avevano
intrapreso il corso per divenire Auror ed avevo riflettuto a lungo
sulla
possibilità di seguirli e continuare ad essere il solito
trio pronto a tutti i
pericoli, ma la mia voglia di sapere aveva deciso per me, rispedendomi
ad
Hogwarts, la casa che mi aveva visto crescere e combattere, per finire
gli
studi.
Insieme a me ci
sarebbe stata Ginevra che avrebbe frequentato il settimo anno proprio
come me.
La prima volta che
rimisi piede dentro il castello dopo la fine di Voldemort non riuscii
nemmeno a
respirare e vidi tutti i ragazzi che avevano partecipato come me in
quell’inferno, che avevano visto quello che avevo visto io,
che avevano subito
perdite che pochi avrebbero completamente superato, avere la mia stessa
identica reazione.
Da quel momento ci fu
solamente una reazione a catena.
Tutti cercavano di
apparire i più naturali possibili e la Sala Grande non era
più inondata da quel
fragore di chiacchiere allegre che riscaldava l’animo
nonostante fuori imperversasse
la morte e il dolore.
Lutto.
Solo quella parola
riecheggiava sui volti ancora infantili degli studenti di ogni anno, di
solito
nascosta da brevi sorrisi di circostanza.
Soffrivano, ognuno di
loro, soffrivo anche io.
La morte di Fred era
stato un duro colpo per ciascun componente della famiglia Weasley, ma
soprattutto per George che era diventato l’ombra di
sé stesso.
Era passata una sola
settimana dall’inizio della scuola ed io avevo già
compreso quale sarebbe stato
il mio posto in quella recita.
La biblioteca era la
stessa di sempre, semivuota e magica con la vecchia Madama Pince che
richiamava
il silenzio non appena udiva un minimo rumore.
Un porto sicuro nel
quale annegare i propri pensieri.
Passavo tutto il mio
tempo a studiare anche se ancora i compiti non erano eccessivi, mi
portavo
avanti con il programma e mi incantavo a guardare fuori dalla finestra
il Lago
Nero.
I libri stretti al petto, come protezione da un
attacco che non
sarebbe avvenuto, il passo lento e deciso,
per non mostrare la fragilità che aveva dominato la mia
anima dopo la guerra, il volto
imperscrutabile e pulito,
perché, nonostante tutto e tutti, Hermione Granger sarebbe
rimasta sempre la
stessa coraggiosa e saccente Grifondoro.
Passai davanti al
portone principale che dava sull’immenso giardino ancora
colorato di verde e
notai una calca innaturale di persone appostata a cerchio vicino alla
capanna
di Hagrid, probabilmente vuota.
Mi fermai un momento,
percependo la curiosità e il senso del dovere prendere il
sopravvento alla
voglia di recarmi in biblioteca.
Un accertamento non
avrebbe fatto male a nessuno, solo per restare tranquilla.
Marciai spedita verso
il gruppo e, man mano che mi avvicinai, sentii un vociare elevarsi
sempre più
forte segno che non erano riuniti per un’amichevole partita a
Gobbiglie.
Fermai un paio di
ragazze di Grifondoro del quinto anno che stavano per ritornare nel
castello.
«
Cosa
sta succedendo qui fuori? »
Timore
negli occhi.
Riverenza
nei gesti.
Era
sempre quello l’effetto che ricevevo quando osavo parlare con
qualcuno che non
fosse Ginny.
Sembrava
che l’intera gioventù mi venerasse ed era una
situazione che mi creava non poco
fastidio.
«
Le
solite litigate tra Serpeverde e Grifondoro. »
Rispose
una giovane con dei penetranti occhi azzurri.
Le solite
litigate.
Tanto
solite non lo erano più, pensai con un moto di stizza.
L’unica
nota positiva dalla fine della guerra era stata proprio la fine della
rivalità
tra case, o almeno all’apparenza.
Ogni
casata viveva nella propria riservatezza e raramente si vedevano i
bisticci a
cui anche io avevo preso parte molto tempo fa.
Sembravano
passati secoli
dall’ultima futile litigata.
Sembravano
passati secoli
dall’ultima risata.
«
Non
dovreste nemmeno osare rivolgerci la parola! E’ colpa dei
Serpeverde se i
nostri familiari e amici sono morti! »
I miei
preziosi libri quasi scivolarono dalle mie braccia a quella frase.
Alcuni
spettatori applaudirono e fecero urla di incitamento per i compagni.
Mi
avvicinai di più a quello spettacolo orrendo e notai che
coloro che stavano
insultando erano perlopiù ragazzini.
Che cosa
aveva fatto la guerra?
Come ci aveva ridotto?
« Saranno morti
per una ragione, non credete?
Anche noi abbiamo subìto delle perdite, ma non andiamo a
piagnucolare per la
scuola. »
Cattiveria, questo
continuava a scorrere
nelle vene di ogni singolo essere magico.
Rabbia
incontrollata, rabbia
che esplodeva senza più
freni.
Strinsi
di più la presa sui libri, premendoli al petto, il vento
leggero che
scompigliava i capelli crespi.
Feci
scorrere lo sguardo attento su tutti i ragazzini più o meno
divertiti da quel
piccolo siparietto.
Divertiti.
E poi
c’era Malfoy, in disparte.
Draco
Lucius Malfoy non aveva scelto di terminare gli studi, ma era stato
obbligato
dal Ministero, per lui non c’era stata nessuna opzione tra
cui scegliere.
Nonostante,
però, ci si aspettasse da lui il solito comportamento
strafottente e da
gradasso, un minimo di normalità non avrebbe guastato, lui
pareva essere perso
nel suo mondo.
Proprio
come in quel momento, pensai.
Il volto
affilato
e pallido, gli occhi socchiusi per la luce troppo forte, le mani dentro
alle
tasche dei pantaloni scuri della divisa.
L’odioso
Malfoy, ma più taciturno e sopportabile.
«
Dov’è
finita la vostra fedeltà verso Voldemort, ora che
è morto? Perché non l’avete
seguito anche in questo? »
Grifondoro
feroci.
Parole
taglienti.
Non
riuscivo nemmeno a trovare la forza per fermarli.
Era
uscita la verità, dopo giorni di finta cordialità
e sorrisi.
Nessuno aveva
superato, nessuno voleva perdonare.
« Voglio ben sperare che
non ci sia nulla di
cui debba preoccuparmi qui, giusto? »
La
preside McGranitt era arrivata e guardava tutto con un cipiglio
furibondo e
subito calò un silenzio quasi religioso.
«
Speravo
di vedere alunni cresciuti e uniti dopo il disastro che abbiamo passato
e
invece ancora litigate! »
Le labbra
sottili strette in una morsa controllata.
«
Prima
che incominci a togliere cinquanta punti per ogni Casa vi consiglio di
dileguarvi subito. »
Molti
ragazzi incominciarono a ritornare nel castello mentre le ultime parole
della
preside riecheggiavano nell’aria.
«
E che
non si ripeta mai più! »
Seguii la
massa di gente che si divideva nei vari corridoi.
Era ora
di ritornare in biblioteca.
Superai
vari classi vuote e alunni che gironzolavano in cerca di un passatempo
abbastanza divertente, una ragazza che sfogliava la Gazzetta del
Profeta, due
bambini del primo anno che mangiavano delle Gelatine tutti i gusti + 1.
Ricordai
con particolare nostalgia i momenti passati con i miei migliori amici
dentro
quell’immenso castello.
Ne
avevamo passate così tante e niente e nessuno era mai
riuscito a separarci,
nemmeno la morte aveva scalfito la nostra unione, ma crescere
comportava anche
a quello, a delle scelte, a delle nuove strade da intraprendere.
«
Hermione? Hermione! »
La voce
di Ginny mi riscosse dai miei pensieri.
Mi fermai
per salutarla visto che, anche se lei era rimasta la mia unica amica
lì dentro,
non riuscivamo a parlare che per qualche minuto perché i
vari impegni
risucchiavano tutto il nostro tempo.
Per me la
biblioteca era diventata la mia aria, la zona in cui potevo ritornare a
vivere
come prima, per lei era il campo da Quidditch, ritornare sulla scopa
riusciva a
farle dimenticare tutto ciò che aveva visto, anche se per
pochi istanti.
«
Ginny,
che succede? »
Chiesi,
vedendo il suo viso affannato per la corsa, ma anche con una luce
interessata
ad accenderle gli occhi.
«
Hai
sentito cos’è successo in giardino? Una zuffa tra
Grifondoro e Serpeverde! »
«
Sì, ho
sentito. »
Sussurrai,
abbassando lo sguardo e tornando a camminare piano.
Io
c’ero
e non era un bello spettacolo del quale sorridere, le avrei voluto
rivelare, ma
non lo feci.
«
Dove
devi andare? »
Mi
chiese, affiancandomi ed evitando un Pix particolarmente annoiato che
gironzolava tranquillo tra le teste degli studenti impauriti.
«
Sto
andando in biblioteca, vuoi venire? »
Le
domandai, sapendo già la risposta. Se per me quello era un
luogo quasi di
culto, per tutto il resto della popolazione sembrava avesse
all’interno
l’intera gamma di malattie mortali e contagiose.
«
Rifiuto
gentilmente l’offerta, sai che non vado d’accordo
con i libri all’infuori del
necessario. »
Mi
rivolse un piccolo sorriso di scuse che ricambiai affettuosamente.
«
Non
preoccuparti, vai a divertirti. »
«
E tu
cerca di non affondare nella malinconia più nera. »
Mi
urlò,
allontanandosi e andando a sbattere contro un bel giovane Corvonero.
Scossi la
testa, affranta.
Ginevra
era l’unica ragazza ad essere rimasta sempre la stessa, nel
bene e nel male.
Certo,
ogni tanto aveva i suoi crolli emotivi, vuoi per la mancanza di Harry,
vuoi
perché il suo carissimo fratello era morto, ma non aveva mai
ceduto alla
tristezza.
Era una
donna forte, Ginevra Weasley, molto più matura della sua
età.
La
scrutai fino a quando la chioma rosso fuoco sparì dalla mia
visuale, così mi
girai e ritornai a seguire la strada per la biblioteca sperando di non
incontrare più nessuno.
Arrivai
davanti ad una sezione ancora distrutta e cambiai traiettoria, facendo
il giro
lungo e percorrendo un corridoio deserto.
Percepii
un rumore di passi davanti a me, ma non me ne curai, sicura che fosse
qualche
studente o professore che si dirigeva in biblioteca.
Respiro
affannato, un singhiozzo
strozzato.
Mi
fermai, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
Piedi
trascinati sul pavimento,
passi che si avvicinavano a me.
Sfruttai
l’oscurità che si era creata nel corridoio e mi
nascosi vicino al muro,
aspettando di vedere chi fosse e cosa stesse facendo.
Un volto
ancora celato dal buio,
capelli biondi appiccicati alla fronte, testa bassa come a celare un
segreto
disegnato sul volto.
Trattenni
il respiro a vedere Draco Malfoy in quelle condizioni pietose.
Un
braccio disteso fino a toccare il muro per reggersi in piedi, il
respiro
irregolare e l’altra mano ad allentarsi continuamente il nodo
della cravatta.
«
Dannazione! »
Restai ad
osservare la scena, al metà tra la paura e la confusione.
Cos’era
successo a Malfoy per ridurlo in quello stato?
Per un
attimo pensai di aiutarlo, di farmi vedere e tendergli una mano, ma il
pensiero
della sua reazione mi fece restare al mio posto, mentre lui,
arrancando,
spariva dalla mia visuale.
Quando non sentii più i suoi passi risuonare tra le mura uscii dal nascondiglio e ripresi la mia passeggiata continuandomi a chiedere cosa diavolo fosse capitato a Draco Malfoy fino a piegarlo e renderlo umano in quel modo.
Prima long Dramione, non chiedo clemenza perchè so già che è una pietà, ma avevo voglia di scrivere Dramione e io faccio quello che voglio! u.u
Non tartassatemi di insulti ;D
Aistra