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Autore: Fiamma Drakon    02/09/2011    1 recensioni
01. Hermes of Death: «... è morto... per colpa mia...».
02. Son of Darkness: Il giovane Vince era paragonato dalle serve ad un piccolo principe delle tenebre.
03. They simply hate each other: Tra Vincent Nightray e Xerxes Break non correva affatto buon sangue.
04. Like a dark sky: «Tu... vedi tutto con troppa negatività...».
05. Drowsy anger: «Vince, cosa volevi fare con quelle forbici, mh?».
06. Tutor-mode ~ ON: «Cominceremo con le lezioni di pianoforte, lady Ada».
07. It's red like my scissors' wound... and your eye: «Il tuo occhio rosso... ha lo stesso colore delle ferite di Cheshire, quelle delle tue forbici».
08. I want to call you "master"!: «Dai, Vincent... a sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere vecchio...».
09. The Curse of Awareness: «Perché... non è stata colpa mia, Gil...».
10. War on a white blanket: «Una dichiarazione di guerra?».
[scritta per la community dieci&lode]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Vincent Nightray
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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9_The Curse of Awereness Zac. Zac. Zac.
Lento ed inesorabile, quello sforbiciare macabro riempiva l’altrimenti tombale silenzio carico di tenebra e cupezza che opprimeva la stanza.
Le tende erano tutte tirate in modo che tra di esse filtrasse a malapena un debole spiraglio della luce solare dell’esterno, la quale proiettava sottili filamenti dorati sul pavimento.
La penombra della camera rendeva a malapena distinguibili tra loro gli oggetti, ma al proprietario del locale bastava.
Quest’ultimo stava placidamente inginocchiato sul materasso dell’immenso letto a baldacchino che occupava tutta la parte centrale della parete alla destra della porta, con indosso solo un vestito bianco più simile ad una camicia da notte che ad altro.
L’abito era di una misura più grande di quella che portava, difatti la scollatura dell’indumento gli pendeva sulla spalla sinistra, lasciandola scoperta.
La cosa, tuttavia, pareva non solo non preoccuparlo, ma essergli addirittura totalmente indifferente.
Tutto ciò che si limitava a fare era continuare a tagliuzzare un pupazzo di pezza che stringeva con la mano sinistra. Nella destra impugnava un paio di forbici affilate ed appuntite che - benché la luce nella stanza fosse esigua - riuscivano ad assumere un riflesso sinistro lungo la lama.
In silenzio, mutilava tranquillo la sua povera vittima priva di vita, mentre col pensiero vagava alla deriva nei ricordi di tantissimo tempo addietro.
Il piccolo Vincent Nightray stava pensando a suo fratello Gilbert, dal quale si era involontariamente separato viaggiando attraverso il tempo per uscire dall’Abisso.
Sapeva bene in che condizioni l’aveva lasciato - ferito gravemente ed incosciente, moribondo - perciò si chiedeva dove potesse essere finito e si augurava che qualcuno l’avesse trovato e gli avesse prestato aiuto prima che fosse troppo tardi.
Se fosse morto non sapeva come avrebbe reagito, addirittura si chiedeva senza di lui avesse ancora senso continuare a vivere.
Sarebbe stata solamente colpa sua se fosse accaduta una simile disgrazia e non se lo sarebbe mai perdonato: nel momento in cui aveva avuto più bisogno di lui non gli era stato accanto.
Gilbert aveva fatto così tanto per lui quand’erano più piccoli che il solo pensiero che morisse senza che lui avesse potuto fare niente per salvarlo lo considerava un tradimento nei suoi confronti.
Scosse la testa, cercando di allontanare quel mesto pensiero: si sentiva dilaniare il petto da una fitta lancinante di tristezza e dolore al solo prendere remotamente in considerazione la possibilità che una disgrazia del genere accadesse.
Voleva ricongiungersi con lui: era il suo unico desiderio, tutto ciò che aspettava giorno dopo giorno, senza mai riuscire a veder realizzato il suo sogno di veder aprire la porta della sua camera e scorgere Gilbert in piedi sulla soglia anziché una delle tante cameriere dei Nightray.
La sua era come una maledizione, quella della consapevolezza: sapeva bene di essere coinvolto con ciò che era accaduto loro e ciò gli apriva immensi e profondi squarci di tristezza nell’animo.
Con espressione triste e vuota ripensava a lui, a tutto ciò che Gilbert aveva fatto per lui nella loro infanzia e si augurava che tornasse presto da lui.
In quei momenti avrebbe dato qualunque cosa pur di riaverlo.
La sua mente si distrasse dal ricordo del fratello maggiore per concentrarsi sul bambolotto che aveva in mano.
I suoi occhi si corrugarono, assumendo un’espressione aggressiva. Modificò la presa sulle forbici, impugnandole a mo’ di pugnale, quindi l’abbatté con ferocia sul torace della bambola.
Quest’ultima era abbigliata con un lungo abito rosa chiaro ed aveva i capelli castani lunghi e sciolti. Le squarciò il ventre, riversando l’imbottitura sul lenzuolo con soddisfazione.
Quella bambola l’aveva presa appositamente perché gli ricordava Alice. Così facendo poteva sfogarsi su di lei.
La tristezza che l’assaliva sempre più spesso sovente si trasformava in una ferocia impressionante, fuori del comune, che trovava la sua valvola di fuoriuscita proprio in atti del genere.
Era quel senso d’impotenza e tristezza che lo ricolmava ogni volta che si concentrava troppo sui suoi ricordi di un passato lontano e tutto sommato felice, benché drammatico.
«Gilbert...» mormorò, mentre estraeva le forbici e le utilizzava per decapitare il pupazzo.
«Ci rivedremo, vero...?» domandò con voce minata di malinconia e speranza, fissando la bambola con la testa mozzata, come se avesse potuto fornirgli la risposta.
«Perché... non è stata colpa mia, Gil...».





Angolino autrice
Cadenza settimanale precisissima °O° *yes, we can!*
Non me la sento di giudicare questo capitolo, visto che l'ho scritto sul momento, trasportata dall'Ispirazione. Spero solo che sia decente >////<
Ringrazio GMadHattressFromUnderground per la recensione allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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